IL REFERENDUM COSTITUZIONALE

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iospero
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Re: IL REFERENDUM COSTITUZIONALE

Messaggio da iospero »

Referendum, la riforma costituzionale è voluta dall’Ue e dalle banche

http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/06 ... e/2797485/
camillobenso
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Re: IL REFERENDUM COSTITUZIONALE

Messaggio da camillobenso »

LIBRE news

Referendum, Renzi e Jp Morgan ci cedono alle multinazionali
Scritto il 16/6/16 • nella Categoria: idee Condividi



Ridurre i costi della politica e accelerare i tempi di decisione.

Sono i due obiettivi agitati da Renzi in vista del referendum sulla “rottamazione” della Costituzione, ma in realtà – ricorda Guglielmo Forges Davanzati – sono la traduzione perfetta dei diktat enunciati nel 2013 da un colosso finanziario come la Jp Morgan, che condanna l’impronta ancora “socialista” della nostra Carta, laddove lascia allo Stato anche funzioni di programmazione economica.

Da Renzi, solo propaganda.

Tagliare i costi della politica?

«Non si capisce per quale ragione non farlo – in modo estremamente più semplice – attraverso l’attuazione delle numerosissime proposte di riduzione degli stipendi e degli emolumenti di chi ci rappresenta».

I futuri senatori non saranno più pagati in qualità di membri del Senato?

Vero, però «le medesime indennità le percepiranno dalle istituzioni da cui sono espressi».

Costi, peraltro, «assolutamente marginali rispetto ai costi che i cittadini italiani (in particolare, i lavoratori dipendenti e le piccole imprese) sostengono per una tassazione che serve solo in misura marginale a pagare il ceto politico».

L’attuale super-tassazione, continua Davanzati in una riflessione su “Micromega”, «serve semmai a generare avanzi di bilancio», prescritti dall’euro-politica Ue (pareggio di bilancio) che, di questo passo, “amazza” lo Stato impedendogli di investire e, di conseguenza, stronca l’economia privata, aziende e famiglie.

Tuttavia, nel confronto con la media europea, «ci troviamo di fronte al paradosso per il quale siamo maggiormente tassati per pagare più di altri una classe politica che, nella sua espressione governativa, ci somministra dosi di austerità fiscale (riduzioni di spesa combinate con aumenti della pressione fiscale) superiori a quanto accade altrove», scrive Davanzati.


Quanto al secondo argomento sventolato da Renzi – la rapidità decisionale («apparentemente inoppugnabile: chi vorrebbe maggiore lentezza delle decisioni?») è quello più rilevante, «giacché attiene ai rapporti fra dimensione economica e sfera delle decisioni politiche».

La Costituzione che si intende ridisegnare è «finalizzata a rendere l’economia italiana più attrattiva per gli investitori esteri», in coerenza con la logica della globalizzazione, che però «è in radicale contrasto con la tutela dei diritti, in particolare dei diritti sociali».

Ecco dunque «la base teorica della riforma che si intende attuare: il passaggio, niente affatto neutrale, da un modello costituzionale pensato per la tutela dei diritti sociali, attraverso un incisivo intervento pubblico in economia, a un modello costituzionale pensato in una logica di perseguimento di obiettivi di efficienza economica, da perseguire mediante il minimo intervento pubblico in economia (si pensi, a riguardo, alla costituzionalizzazione del pareggio di bilancio)».

Governabilità ed efficienza? «Non è affatto scontato che una maggiore rapidità dei tempi della decisione politica implichi un aumento dell’efficienza di sistema, obietta Forges Davanzati.

«In altri termini, appare discutibile l’idea che, se anche il superamento di una Costituzione basata sulla tutela di diritti sociali si renda necessario per garantire la ‘governabilità’, quest’ultima produca benessere per tutti».

Anche perché il decisore politico sarebbe facilmente “catturato” da gruppi di interesse, interessati al proprio business e non al benessere della comunità nazionale.

Attenzione: «Esiste un’ampia letteratura economica che mostra come un fondamentale presupposto per la crescita risieda esattamente nella tutela dei diritti sociali e, a questi connessi, a una più equa distribuzione del reddito».

Certo, si tratta di una letteratura «marginalizzata dal pensiero dominante e palesemente non funzionale all’attuale modello di sviluppo, basato semmai su crescenti diseguaglianze distributive e su quella che Luciano Gallino, nei suoi ultimi scritti, definiva la ‘lotta di classe dall’alto’».

In questo senso, conclude Davanzati, il referendum di ottobre ha una notevole implicazione economica, visto che «pone in evidenza il fondamentale discrimine fra una visione della carta costituzionale come strumento di tutela delle fasce deboli della popolazione e una visione della stessa come dispositivo finalizzato alla governabilità per l’efficienza, laddove quest’ultima passa attraverso il superamento del modello di democrazia economica delineato nella Costituzione attualmente vigente».
camillobenso
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Re: IL REFERENDUM COSTITUZIONALE

Messaggio da camillobenso »

QUANTI ITALIANI SONO AL CORRENTE DEI PERICOLI CHE CORRIAMO??????




Referendum costituzionale e Italicum: la madre di tutte le battaglie

Politica
di Vittorio Agnoletto | 3 luglio 2016
COMMENTI (92)



Vittorio Agnoletto
Medico, professore presso l'Università degli Studi di Milano
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Poche persone sembrano averlo compreso ma il referendum di ottobre è destinato ad essere la scadenza elettorale più importante almeno degli ultimi cinquant’anni: non si decide chi governerà nei prossimi cinque anni il Paese o qualche città, scelte sempre importanti ma modificabili in un arco di tempo tutto sommato non lunghissimo. In ottobre decideremo la qualità della nostra vita democratica che accompagnerà noi e le future generazione nei prossimi decenni; per essere ancora più espliciti e più realisti, decideremo se potremo ancora usare la parola democrazia per descrivere lo Stato nel quale vivremo.

Il combinato disposto tra l’Italicum, nella sua attuale versione, e la riforma costituzionale elaborata da Renzi e approvata dal Parlamento, mette in discussione non solo scelte che affondano le loro radici nella lotta di Liberazione del nostro Paese, ma i presupposti stessi sui quali si è formata l’idea di Stato democratico nel mondo occidentale.

Infatti il premio di maggioranza attribuito dall’Italicum al partito vincitore del ballottaggio, indipendentemente dal risultato raggiunto nel primo turno, sommato alle modalità di formazione del nuovo Senato, previste dalla controriforma costituzionale (che garantiscono un’ulteriore sovrarappresentazione del partito maggiore rispetto ai risultati ottenuti nelle varie regioni) rendono, tra l’altro, fortemente probabile la possibilità che il partito al governo possa eleggere da solo il Presidente della Repubblica e possa fortemente aumentare il proprio peso nell’elezione dei membri laici del Csm.

Ne consegue che in tal modo verrebbero drasticamente posti in discussione sia il bilanciamento tra le varie istituzioni dello Stato, sia l’indipendenza della magistratura dal potere politico.

Se a questo si aggiunge il forte prevalere del potere esecutivo sul potere legislativo, che già si verifica quotidianamente attraverso il moltiplicarsi dei decreti e attraverso la modifica dei regolamenti d’aula e della loro concreta interpretazione, ne consegue che ad essere posto in discussione è lo stesso principio della separazione dei poteri, elemento costitutivo di qualunque Paese democratico dalla Rivoluzione francese in poi.

Quanto all’indipendenza del “quarto potere“, l’informazione, questa da noi è ormai da tempo una chimera (salvo poche e coraggiose eccezioni).
Non va inoltre dimenticato che con l’Italicum, cade anche il principio cardine di una testa=un voto.

I voti, infatti, con il sistema maggioritario a doppio turno, non avrebbero tutti lo stesso peso, anzi potrebbe anche capitare che il voto attribuito al partito che risulterà vittorioso arrivi a contare, nell’elezione dei parlamentari, addirittura il doppio, se non il triplo, del voto dato ad un’altra lista.

L’intreccio tra l’Italicum e la controriforma costituzionale rappresenta quindi un disegno unitario perseguito da Renzi per concentrare l’insieme del potere/dei poteri nelle mani di un solo partito, che, con i capilista bloccati nei vari collegi, significa concretamente la concentrazione di un enorme potere nelle mani di un uomo solo, il leader del partito di maggioranza.

Tutto ciò è ancor più scandaloso se si pensa che la controriforma costituzionale è stata realizzata attraverso un colpo di mano della sola maggioranza senza ricercare alcun confronto con le opposizioni parlamentari, come dovrebbe essere ovvio in materia di modifiche costituzionali.

E’ anche bene precisare che tutto quanto sta avvenendo nulla ha a che vedere con la lotta ai privilegi dei politici, né con la riduzione dei costi della politica: obiettivi sacrosanti ma che possono essere raggiunti con ben altre soluzioni e che vengono invece strumentalizzati dall’attuale esecutivo per altri, inconfessabili, obiettivi politici.


Alla luce di tutto ciò è di inaudità gravità il sostegno fornito a questo abberrante disegno dalla minoranza Pd, la preoccupazione di salvare il posto e di non dispiacere al capo non può portare a sacrificare principi fondanti della democrazia.

Quelli che vengono definiti i lacciuoli dai quali sarebbe necessario liberarsi altro non sono che contrappesi per evitare di scivolare nuovamente in un sistema autoritario; contrappesi costruiti non a caso da chi aveva sperimentato sulla propria pelle la dittatura e aveva studiato a fondo i meccanismi attraverso i quali un partito si era impadronito di tutte le istituzioni del Paese.

Oggi perché questo avvenga non è necessario un colpo di Stato coi militari per strada.
camillobenso
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Re: IL REFERENDUM COSTITUZIONALE

Messaggio da camillobenso »

COLPO DI STATO

Non servono i carri armati, oppure gente ben addestrata per attuare un Colpo di Stato.

Basta far funzionare il cervello ed usare gli stessi cittadini, totalmente ignari di cosa gli può accadere.
camillobenso
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Re: IL REFERENDUM COSTITUZIONALE

Messaggio da camillobenso »

COLPO DI STATO

Se digitate su Google : tentativi di colpo di stato in Italia

ne esce il solito elenco piuttosto nutrito.

Il primo tentativo, noto alla cronaca ed agli storici, risale al 1964. Facendo riferimento, solo a Wikipedia riscontriamo:

Piano Solo - Wikipedia
https://it.wikipedia.org/wiki/Piano_Solo

Il Piano Solo fu un tentativo di colpo di Stato, ideato dal capo dell'Arma dei Carabinieri, ..... Gianni Flamini, L'Italia dei colpi di Stato, Roma, Newton Compton Editori, 2007. Mimmo Franzinelli, Il Piano Solo, Milano, Mondadori, 2009.
‎Il piano • ‎La vicenda • ‎Il dibattito • ‎Note


Piano Solo
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Il Piano Solo fu un tentativo di colpo di Stato, ideato dal capo dell'Arma dei Carabinieri, il generale Giovanni De Lorenzo durante la crisi del I governo Moro.

Il piano[modifica | modifica wikitesto]
Il progetto si proponeva di assicurare all'Arma dei Carabinieri (il cui comandante generale era al tempo il generale Giovanni De Lorenzo) il controllo militare dello Stato per mezzo dell'occupazione dei cosiddetti «centri nevralgici» e, soprattutto, prevedeva un progetto di «enucleazione», cioè il prelevamento e il conseguente rapido allontanamento di 731 persone considerate pericolose del mondo della politica e del sindacato: costoro sarebbero dovuti essere raggruppati e raccolti nella sede del Centro Addestramenti Guastatori di Poglina, vicina a Capo Marrargiu, nel territorio di Alghero (in seguito principale base militare di addestramento della struttura clandestinaGladio), adattata a tempo di record dal SIFAR, e dove sarebbero stati «custoditi» sino alla cessazione dell'emergenza. La lista dei soggetti da prelevare sarebbe stata ricavata ed elaborata sulla base delle risultanze di riservati fascicoli del SIFAR, pretesi da De Lorenzo qualche anno prima. Nel frattempo l'Arma avrebbe assunto il controllo delle istituzioni e dei servizi pubblici principali, compresi la televisione, le ferrovie ed i telefoni[1].
In pratica, all'ordine del comandante generale (che in teoria avrebbe potuto impartirlo anche sua sponte, cioè anche sprovvisto di istruzioni superiori), i carabinieri avrebbero catturato quei personaggi politici loro indicati e li avrebbero inviati in Sardegna via mare o su aerei coi finestrini oscurati, detenendoli in uno dei siti più impervi del territorio nazionale[1]. Una delle varianti del piano prevedeva l'uso di sommergibili, ma la circostanza che gli unici adatti fossero posseduti dalla marina degli Stati Uniti fece ripiegare su navi ordinarie della Marina Militare Italiana[senza fonte].

Per saperne di più: https://it.wikipedia.org/wiki/Piano_Solo
camillobenso
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Re: IL REFERENDUM COSTITUZIONALE

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COLPO DI STATO


Il secondo tentativo di Colpo di Stato nell’era repubblicana avvenne 6 anni dopo il tentativo del generale De Lorenzo, nel 1970.

Solo tre anni dopo che Eugenio Scalfari e Lino Jannuzzi, sull’Espresso, ancora in forma gigante, avevano rivelato l’esistenza del primo tentativo di sovvertimento dello Stato. Ovviamente promosso dalla destra.

Nel 1971, il generale De Lorenzo divenne parte del MSI in Parlamento.

Anche il secondo tentativo di Colpo di Stato avvenne per mano della destra.

Golpe Borghese
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

Con golpe Borghese (citato anche come golpe dei forestali o golpe dell'Immacolata) si indica un tentato colpo di Stato in Italia durante la notte tra il 7 e l'8 dicembre 1970 (chiamata anche notte di Tora Tora, in ricordo dell'attacco giapponese a Pearl Harbor del 7 dicembre 1941) e organizzato da Junio Valerio Borghese, sotto la sigla Fronte Nazionale, in stretto rapporto con Avanguardia Nazionale.
Borghese, noto anche con il soprannome di principe nero, era in precedenza conosciuto per essere stato il comandante della Xª Flottiglia MAS fin dal 1º maggio 1943 e dopo l'8 settembre 1943 con il proprio reparto aveva aderito alla Repubblica Sociale Italiana. Il golpe fu annullato dallo stesso Borghese mentre era in corso di esecuzione, per motivi mai chiariti.

Il piano[modifica | modifica wikitesto]
Il golpe era stato progettato nei minimi particolari: dal 1969 erano stati formati gruppi clandestini armati con stretti rapporti con le Forze Armate. In accordo con diversi vertici militari e membri dei Ministeri, il golpe prevedeva l'occupazione del Ministero dell'Interno, del Ministero della Difesa, delle sedi RAI e dei mezzi di telecomunicazione (radio e telefoni) e la deportazione degli oppositori presenti nel Parlamento.
Nei piani c'erano anche il rapimento del capo dello stato Giuseppe Saragat e l'assassinio del capo della poliziaAngelo Vicari. A tutto questo sarebbe stato accompagnato un proclama ufficiale alla nazione, che Borghese stesso avrebbe letto dagli studi RAI occupati. Il testo seguente venne ritrovato nei suoi cassetti:
« Italiani, l'auspicata svolta politica, il lungamente atteso colpo di stato ha avuto luogo. La formula politica che per un venticinquennio ci ha governato, e ha portato l'Italia sull'orlo dello sfacelo economico e morale ha cessato di esistere. Nelle prossime ore, con successivi bollettini, si saranno indicati i provvedimenti più importanti ed idonei a fronteggiare gli attuali squilibri della Nazione. Le forze armate, le forze dell'ordine, gli uomini più competenti e rappresentativi della nazione sono con noi; mentre, d'altro canto, possiamo assicurarvi che gli avversari più pericolosi, quelli che per intendersi, volevano asservire la patria allo straniero, sono stati resi inoffensivi. Italiani, lo stato che creeremo sarà un'Italia senza aggettivi né colori politici. Essa avrà una sola bandiera. Il nostro glorioso tricolore! Soldati di terra, di mare e dell'aria, Forze dell'Ordine, a voi affidiamo la difesa della Patria e il ristabilimento dell'ordine interno. Non saranno promulgate leggi speciali né verranno istituiti tribunali speciali, vi chiediamo solo di far rispettare le leggi vigenti. Da questo momento nessuno potrà impunemente deridervi, offendervi, ferirvi nello spirito e nel corpo, uccidervi. Nel riconsegnare nelle vostre mani il glorioso TRICOLORE, vi invitiamo a gridare il nostro prorompente inno all'amore: ITALIA, ITALIA, VIVA L'ITALIA! »
(Con queste parole - peraltro mai pronunziate - Junio Valerio Borghese avrebbe dovuto proclamare il buon esito del Golpe[1])


Per saperne di più: https://it.wikipedia.org/wiki/Golpe_Borghese
aaaa42
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Re: IL REFERENDUM COSTITUZIONALE

Messaggio da aaaa42 »

l articolo 70 prima e dopo recitato da un attore
http://www.patriaindipendente.it/person ... n-perdere/
camillobenso
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Re: IL REFERENDUM COSTITUZIONALE

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COLPO DI STATO


Il terzo tentativo di Colpo di Stato, regolarmente andato a vuoto è quello del 1974.

Da Wikipedia

Golpe bianco

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

Il cosiddetto golpe bianco è stato il progetto di un presunto colpo di statodi stampo liberale e presidenzialista in Italia, promosso da ex partigianiantifascisti e anticomunisti, e scoperto nel 1974.
Esso sarebbe dovuto avvenire nei primi anni settanta, venne predisposto nell'agosto del 1974, al fine di costringere l'allora Presidente della Repubblica Giovanni Leone a nominare un governo che mettesse mano alle riforme istituzionali, per ostacolare, nell'ambito della guerra freddacontro l'Unione Sovietica, l'ascesa del Partito Comunista Italiano o di altri gruppi comunisti, e realizzare una repubblica semipresidenziale come quella di Charles de Gaulle in Francia, relegando fuori dalla vita politica anche i gruppi post-fascisti come il Movimento Sociale Italiano.
Il progetto ebbe come principali promotori il monarchico Edgardo Sogno (ex PLI) e il repubblicano Randolfo Pacciardi, e venne portato alla luce dall'allora magistrato Luciano Violante (in seguito deputato comunista e delPDS), ma non venne mai attuato né venne mai accertato a livello giudiziario, rimanendo al solo stato di ideazione teorica.
La locuzione "golpe bianco" (in alternativa "golpe silenzioso" o "golpe morbido") è entrata poi nel linguaggio comune per indicare più in generale un colpo di Stato svolto senza ricorso alla forza, da parte di un governo che eserciti il potere in modo anticostituzionale.[1]

Per saperne di più. vedi: https://it.wikipedia.org/wiki/Golpe_bianco

Poi avviene annoverato anche questo, anche se molti tricolori non se ne sono mai accorti:

IL COLLOQUIO
Ciampi: "La notte del '93
con la paura del golpe"

Parla l'ex presidente della Repubblica: "Alle quattro di notte parlai con Scalfaro al Quirinale e gli dissi 'dobbiamo reagire'. Grasso dice cose giuste"
di MASSIMO GIANNINI

ARTICOLO
Il Pdl contro Ciampi e Veltroni "Spregiudicati e irresponsabili"
ROMA - "Non c'è democrazia senza verità. Questo è il tempo della verità. Chi c'è dietro le stragi del '92 e '93? Chi c'è dietro le bombe contro il mio governo di allora? Il Paese ha il diritto di saperlo, per evitare che quella stagione si ripeta...". Dopo la denuncia di Piero Grasso, dopo l'appello di Walter Veltroni, ora anche Carlo Azeglio Ciampi chiede al governo e al presidente del Consiglio di rompere il muro del silenzio, di chiarire in Parlamento cosa accadde tra lo Stato e la mafia in uno dei passaggi più oscuri della nostra Repubblica.

L'ex presidente, a Santa Severa per un weekend di riposo, è rimasto molto colpito dalle parole del procuratore nazionale antimafia, amplificate dall'ex leader del Pd. E non si sottrae a una riflessione e, prima ancora, a un ricordo di quei terribili giorni di quasi vent'anni fa. "Proprio la scorsa settimana ho parlato a lungo con Veltroni, che è venuto a trovarmi, di quelle angosciose vicende. E ora mi ritrovo al 100 per cento nei contenuti dell'intervista che ha rilasciato a "Repubblica". Quelle domande inevase, quel bisogno di sapere e di capire, riflettono pienamente i miei pensieri. Tuttora noi non sappiamo nulla di quei tragici attentati. Chi armò la mano degli attentatori? Fu solo la mafia, o dietro Cosa Nostra si mossero anche pezzi deviati dell'apparato statale, anzi dell'anti-Stato annidato dentro e contro lo Stato, come dice Veltroni? E perché, soprattutto, partì questo attacco allo Stato? Tuttora io stesso non so capire... ".

Il ricordo di Ciampi è vivissimo. E il presidente emerito, all'epoca dei fatti presidente del Consiglio di un esecutivo di emergenza, che prese in mano un Paese sull'orlo del collasso politico (dopo Tangentopoli) e finanziario (dopo la maxi-svalutazione della lira) non esita ad azzardare l'ipotesi più inquietante: l'Italia, in quel frangente, rischiò il colpo di Stato, anche se è ignoto il profilo di chi ordì quella trama. "Il mio governo fu contrassegnato dalle bombe. Ricordo come fosse adesso quel 27 luglio, avevo appena terminato una giornata durissima che si era conclusa positivamente con lo sblocco della vertenza degli autotrasportatori. Ero tutto contento, e me ne andavo a Santa Severa per qualche ora di riposo. Arrivai a tarda sera, e a mezzanotte mi informarono della bomba a Milano. Chiamai subito Palazzo Chigi, per parlare con Andrea Manzella che era il mio segretario generale. Mentre parlavamo al telefono, udimmo un boato fortissimo, in diretta: era l'esplosione della bomba di San Giorgio al Velabro. Andrea mi disse "Carlo, non capisco cosa sta succedendo...", ma non fece in tempo a finire, perché cadde la linea. Io richiamai subito, ma non ci fu verso: le comunicazioni erano misteriosamente interrotte. Non esito a dirlo, oggi: ebbi paura che fossimo a un passo da un colpo di Stato. Lo pensai allora, e mi creda, lo penso ancora oggi... ".

Resta da capire per mano di chi. Su questo Ciampi allarga le braccia. "Non so dare risposte. So che allora corsi come un pazzo in macchina, e mi precipitai a Roma. Arrivai a Palazzo Chigi all'una e un quarto di notte, convocai un Consiglio supremo di difesa alle 3, perché ero convinto che lo Stato dovesse dare subito una risposta forte, immediata, visibile. Alle 4 parlai con Scalfaro al Quirinale, e gli dissi "presidente, dobbiamo reagire". Alle 8 del mattino riunii il Consiglio dei ministri, e subito dopo partii per Milano. Il golpe non ci fu, grazie a dio. Ma certo, su quella notte, sui giorni che la precedettero e la seguirono, resta un velo di mistero che è giunto il momento di squarciare, una volta per tutte". La certezza che esponeva ieri Veltroni è la stessa che ripete Ciampi: non furono solo stragi di mafia, ed anzi, sulla base delle inchieste si dovrebbe smettere di definirle così. Furono stragi di un "anti-Stato", ancora tutto da scoprire. E come Veltroni anche Ciampi aggiunge un dubbio: perché a un certo punto, poco dopo la nascita del suo governo, le stragi cominciano? E perché, a un certo punto, dopo gli eccidi di Falcone e Borsellino, le stragi finiscono? Perché la mafia comincia a mettere le bombe? Perché la mafia smette di mettere le bombe?

È lo scenario ipotizzato dal procuratore Grasso: gli attentati servirono forse a preparare il terreno alla nascita di una nuova "entità politica", che doveva irrompere sulla scena tra le macerie di Mani Pulite. Un "aggregato imprenditoriale e politico" che doveva conservare la situazione esistente. Quell'entità, quell'aggregato, secondo questo scenario, potrebbe essere Forza Italia. Nel momento in cui quel partito si prepara a nascere, e siamo al '94, Cosa Nostra interrompe la strategia stragista. E' uno scenario credibile? Ciampi non si avventura in supposizioni: "Non sta a me parlare di tutto questo. Parlano gli avvenimenti di quel periodo. Parlano i fatti di allora, che sono quelli richiamati da Grasso. Il procuratore antimafia dice la verità, e io condivido pienamente le sue parole".

Per questo, in nome di quella verità troppo a lungo negata, l'ex capo dello Stato oggi rilancia l'appello: è sacrosanto che chi sa parli. Ed è sacrosanto, come chiede Veltroni, che "Berlusconi e il governo non tacciano", perché la lotta alla mafia non è questione di parte, "ma è il tema bipartisan per eccellenza". Si apra dunque una sessione parlamentare, dedicata a far luce su quegli avvenimenti. Perché il clima che si respira oggi, a tratti, sembra pericolosamente rievocare quello del '92-'93. Ciampi stesso ne parlerà, in un libro autobiografico scritto insieme ad Arrigo Levi, che uscirà per "il Mulino" tra pochi giorni. "Lì è tutto scritto, ciò che accadde e ciò che penso. Così come lo riportai, ora per ora, sulle mie agende dell'epoca... ". Deve restare memoria, di tutto questo. Ma insieme alla memoria deve venir fuori anche la verità. "Perché senza verità - conclude l'ex presidente della Repubblica - non c'è democrazia".
(29 maggio 2010)© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Re: IL REFERENDUM COSTITUZIONALE

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COLPO DI STATO


POI CI SI METTE DI MEZZO ANCHE QUEL KOMUNISTONE DE' NOANTRI

EDWARD LUTTAW, BONO PER I CALLI.




Luttwak: “Come si organizza un golpe in Italia”
Il consulente e stratega americano spiega perché un colpo di Stato militare è improbabile. Abbondano, però, le congiure. E intanto il governo di Renzi sbaglia ad affidarsi alle "ragazzine"
di Dario Ronzoni
Paula Bronstein / Afp / Getty Images
20 Febbraio 2016 - 14:12
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Cancellare l’establishment, rovesciare il potere, imporne uno nuovo. Così funziona un colpo di Stato. Ma è un’impresa difficile: per riuscire non ci si può affidare all’improvvisazione. Serve una tecnica precisa. Le istruzioni fornite a suo tempo da Curzio Malaparte nel suo Tecnica del colpo di Stato, pubblicato nel 1921, «sono interessanti, ma non insegnano nulla». Meglio quelle del consulente strategico Edward Luttwak, scritte in un manualetto del 1968, Colpo di stato: una guida pratica. «Qui spiego, passo passo, come si fa. Sono un tipo che bada al sodo».

E chi lo nega: la sua qualifica (autoproclamata) di “grande stratega” gli è valsa una fortuna. Tutti cercano i suoi consigli in ambito politico e militare: oltre alle varie amministrazioni Usa, il Kazakhistan lo ha ingaggiato per definire una questione territoriale; il presidente del Messico gli ha chiesto un metodo per liberarsi delle gang di una città; perfino il Dalai Lama, in un tentativo di chiudere la questione tra Cina e Tibet, lo ha scelto come consulente. Lui va dai buoni e dai cattivi, dagli stati e dalle aziende (ad esempio, l’Eternit). Quando ha tempo, anche in televisione. E poi scrive libri, come appunto il suo manuale sul golpe. John Le Carré lo ha apprezzato, Hobsbawm no. Ma nel 1972, quando il generale Mohammed Oukfir fu ucciso nel tentativo di prendere il potere in Marocco, si racconta che, vicino al suo cadavere, giacesse una copia del libro di Luttwak. Il miglior product placement del mondo. Chi meglio di lui può spiegare se, per caso, anche in Italia il fantasma del golpe può ancora avere un senso.

Il golpe appare sempre come un fenomeno lontano, che non ci riguarda. È ancora possibile, invece, un colpo di stato militare qui?
Fino a che esistono le forze dell’ordine, sì. La possibilità c’è sempre. Ma si badi: può avvenire solo di fronte a una catastrofe.

In che senso?
Penso a una situazione estrema, un disastro enorme, ad esempio, una bomba che esplode in Parlamento e stermina la classe politica. In quel caso, i vertici militari prenderebbero in mano il potere. Invece, non è un’ipotesi credibile un colpo di Stato dove tre colonnelli si mettono d’accordo e sottraggono il potere ai politici. Quello no.

E perché?
Perché gli italiani interverrebbero per impedirlo. Un golpe funziona nei Paesi dove la popolazione è passiva, e in Italia non è così.

E i Paesi alleati? La Nato? L’Europa?
No, a loro non importa granché. È proprio la popolazione, piuttosto, che non lo accetta.

Questo perché l’Italia è un Paese democratico.
No, non è così. È che ci sono molti cittadini che credono, pensano, che il potere politico non possa essere rubato, o tolto al dibattito democratico. Per questo un’azione guidata da militari non avrebbe il consenso della popolazione ed è destinata a fallire.

Se l’esercito vuole impadronirsi del potere, deve giustificare la sua azione in modo morale, cioè deve convincere e convincersi che sta operando per il salvataggio dello Stato. Insomma, per salvaguardarlo da un pericolo più grande
E, invece, altre azioni del genere sono possibili? Colpi di stato più sofisticati, meno armati?
Nemmeno questo. Può succedere in altri Paesi, dove c’è il senso per la democrazia è scarso e dove un presidente – facciamo un nome a caso: Erdogan – fa arrestare i direttori di giornali che parlano male di lui e tirano fuori storie che lo imbarazzano, come quella sul petrolio comprato dall’Isis. Ecco, in un Paese come questo – facciamo un nome a caso: la Turchia – ci sono persone semi-educate che parlano, in uno stato semi-democratico, di “golpe postmoderno”, o di “Stato profondo”, indicando fantomatici organismi di potere opachi che agirebbero contro il governo. Come se il disordine che adesso agita la Turchia non fosse il risultato della guerra messa in piedi da Erdogan, come è, ma fosse invece lo svolgersi di una congiura di regime, oscura e tentacolare. È chiaro che, in questo modo, si perde di vista la realtà.

In Italia, però, congiure ci sono state.
Certo, ad esempio quella per rimuovere Silvio Berlusconi nel 2011. Misero insieme persone che odiavano Berlusconi e altre che, invece, non lo odiavano affatto. Di fronte, c’era il crollo dell’economia del Paese. A questo si aggiungono le dichiarazioni di Giulio Tremonti che, pur essendo ministro dell’Economia, sosteneva di non essere in grado di raggiungere il Presidente del Consiglio. Per fargli firmare quei provvedimenti che avrebbero riportato la calma nei mercati. A quel punto, sì: è nata la congiura.

Ma non c’era anche una manina europea, come dicono?
No. Era una congiura italiana, con attori italiani. C’è stato il supporto di alcuni elementi stranieri, ma erano pochi. L’Europa era contenta, lo approvava. Ma non lo hanno provocato gli stranieri. È nato ai vertici del Paese, per mettere al sicuro il Paese.

Renzi vuole riformare, vuole cambiare davvero, ma ha sbagliato tutto. Non ha voluto servirsi di un esercito di uomini forti e ha scelto, invece, di usare le ragazzine
Alcuni dicono che anche quello di Mani Pulite nel 1992 è un colpo di Stato.
E farneticano. Mani Pulite fu una stagione in cui un gruppo di magistrati italiani abusarono dei loro poteri. Questo perché in Italia, a differenza degli altri Paesi democratici, la magistratura è indipendenti dal ministero della Giustizia. E anche perché non hanno organi di controllo sopra di loro (il Csm non lo considero un organo valido). Insomma: una minoranza rumorosa molto attiva che ha cercato di estendere il suo potere in modo non democratico.

Eh, ma appunto: non è questo un golpe?
Secondo la definizione che do io no. È l’azione di una casta, che usa i poteri propri di una casta, per sovvertire l’ordine costituzionale. La politica li teme perché, a ogni critica, c’è sempre il rischio che parta un avviso di garanzia, o un’indagine.

Torniamo all’esercito, allora. Non è che i generali non organizzano colpi di Stato anche perché sono tutti di nomina politica?
No, non è necessario. I vertici militari sono burocrati, funzionari. Hanno un alto senso dello Stato e non nutrono l’intenzione di sovvertirlo. Se l’esercito vuole impadronirsi del potere, deve giustificare la sua azione in modo morale, cioè deve convincere e convincersi che sta operando per il salvataggio dello Stato. Insomma, per salvaguardarlo da un pericolo più grande. È quello che hanno fatto in Egitto contro l’islamizzazione che i Fratelli Musulmani stavano mettendo in atto.

Ma come si fa, oggi un colpo di stato? Malaparte aveva scritto un manuale di tecnica, ma risale al 1921.
Quello di Malaparte, che ha un titolo molto bello e che gli invidio, è un libro che promette di insegnare una tecnica, ma che in realtà non lo fa. Il mio sì. Sono un tipo pratico, e bado al sodo. Il primo passo (gli altri li trova nel libro) è appunto dare una giustificazione morale. Trovare un pericolo grave che autorizzi la presa delle armi. Tutto qui. Sa che cosa farei io, se potessi fare un colpo di Stato in Italia?

Cosa farebbe?
La trascinerei fuori dall’Euro, dalla Ue, dall’Onu, dall’Ocse, dalla Nato, e da tutte queste organizzazioni. E poi responsabilizzerei i leader italiani, che da troppo tempo si appoggiano, per le loro scelte, sugli organismi sovranazionali. Poi attuerei un decentramento, come voleva Einaudi, dando più poteri agli enti locali, e abolirei i prefetti. Via i lacci e lacciuoli, e tanti incentivi agli italiani che vogliono lavorare. Una politica alla Federico II. Ecco: farei un’Italia normanna.

In sostanza, eliminerebbe il cosiddetto “vincolo esterno”.
Che è solo una scusa per non fare le cose. Si accumula debito e poi si chiedono interventi dalla Bce. Il problema riguarda anche Matteo Renzi: lui sa benissimo che l’Italia vive in una situazione di fantasia finanziaria, dove si firmano promesse di ripagamento di un debito enorme. Renzi vuole riformare, vuole cambiare davvero, ma ha sbagliato tutto. Non ha voluto servirsi di un esercito di uomini forti e ha scelto, invece, di usare le ragazzine. Così non si va da nessuna parte.

In che senso ci vorrebbe “un esercito di uomini forti”?
Penso a Reagan: lui aveva un governo con personaggi decisi, difficili da comandare. Ma è così che ha riformato gli Stati Uniti. Lui ha detto: “Voglio raddoppiare il potenziale militare americano”, e lo ha fatto. Così ha rovesciato l’Unione Sovietica: litigando ogni giorno (e lo dicono i suoi diari), ma mandando in campo uomini validi e decisi. E Renzi? Che fa? Ripeto: si circonda di ragazzine.

Ma chi avrebbe dovuto mettere, per essere come Reagan?
Doveva prendere Bersani e dirgli: porta avanti il decreto Bersani. Doveva prendere Prodi e dirgli: finisci le privatizzazioni. Poi a Letta: cancella le burocratizzazioni, le lungaggini, la pesantezza dello Stato. E anche D’Alema. È un governo difficile da condurre, pieno di personalità forti e decise. Ma risolverebbe tutto. E invece, adesso, è circondato da ragazzini e chiede di poter spendere di più.
camillobenso
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Re: IL REFERENDUM COSTITUZIONALE

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COLPO DI STATO


POI CI SI METTE DI MEZZO ANCHE QUEL KOMUNISTONE DE' NOANTRI

EDWARD LUTTAW, BONO PER I CALLI.




Luttwak: “Come si organizza un golpe in Italia”
Il consulente e stratega americano spiega perché un colpo di Stato militare è improbabile. Abbondano, però, le congiure. E intanto il governo di Renzi sbaglia ad affidarsi alle "ragazzine"
di Dario Ronzoni
Paula Bronstein / Afp / Getty Images
20 Febbraio 2016 - 14:12
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Cancellare l’establishment, rovesciare il potere, imporne uno nuovo. Così funziona un colpo di Stato. Ma è un’impresa difficile: per riuscire non ci si può affidare all’improvvisazione. Serve una tecnica precisa. Le istruzioni fornite a suo tempo da Curzio Malaparte nel suo Tecnica del colpo di Stato, pubblicato nel 1921, «sono interessanti, ma non insegnano nulla». Meglio quelle del consulente strategico Edward Luttwak, scritte in un manualetto del 1968, Colpo di stato: una guida pratica. «Qui spiego, passo passo, come si fa. Sono un tipo che bada al sodo».

E chi lo nega: la sua qualifica (autoproclamata) di “grande stratega” gli è valsa una fortuna. Tutti cercano i suoi consigli in ambito politico e militare: oltre alle varie amministrazioni Usa, il Kazakhistan lo ha ingaggiato per definire una questione territoriale; il presidente del Messico gli ha chiesto un metodo per liberarsi delle gang di una città; perfino il Dalai Lama, in un tentativo di chiudere la questione tra Cina e Tibet, lo ha scelto come consulente. Lui va dai buoni e dai cattivi, dagli stati e dalle aziende (ad esempio, l’Eternit). Quando ha tempo, anche in televisione. E poi scrive libri, come appunto il suo manuale sul golpe. John Le Carré lo ha apprezzato, Hobsbawm no. Ma nel 1972, quando il generale Mohammed Oukfir fu ucciso nel tentativo di prendere il potere in Marocco, si racconta che, vicino al suo cadavere, giacesse una copia del libro di Luttwak. Il miglior product placement del mondo. Chi meglio di lui può spiegare se, per caso, anche in Italia il fantasma del golpe può ancora avere un senso.

Il golpe appare sempre come un fenomeno lontano, che non ci riguarda. È ancora possibile, invece, un colpo di stato militare qui?
Fino a che esistono le forze dell’ordine, sì. La possibilità c’è sempre. Ma si badi: può avvenire solo di fronte a una catastrofe.

In che senso?
Penso a una situazione estrema, un disastro enorme, ad esempio, una bomba che esplode in Parlamento e stermina la classe politica. In quel caso, i vertici militari prenderebbero in mano il potere. Invece, non è un’ipotesi credibile un colpo di Stato dove tre colonnelli si mettono d’accordo e sottraggono il potere ai politici. Quello no.

E perché?
Perché gli italiani interverrebbero per impedirlo. Un golpe funziona nei Paesi dove la popolazione è passiva, e in Italia non è così.

E i Paesi alleati? La Nato? L’Europa?
No, a loro non importa granché. È proprio la popolazione, piuttosto, che non lo accetta.

Questo perché l’Italia è un Paese democratico.
No, non è così. È che ci sono molti cittadini che credono, pensano, che il potere politico non possa essere rubato, o tolto al dibattito democratico. Per questo un’azione guidata da militari non avrebbe il consenso della popolazione ed è destinata a fallire.

Se l’esercito vuole impadronirsi del potere, deve giustificare la sua azione in modo morale, cioè deve convincere e convincersi che sta operando per il salvataggio dello Stato. Insomma, per salvaguardarlo da un pericolo più grande
E, invece, altre azioni del genere sono possibili? Colpi di stato più sofisticati, meno armati?
Nemmeno questo. Può succedere in altri Paesi, dove c’è il senso per la democrazia è scarso e dove un presidente – facciamo un nome a caso: Erdogan – fa arrestare i direttori di giornali che parlano male di lui e tirano fuori storie che lo imbarazzano, come quella sul petrolio comprato dall’Isis. Ecco, in un Paese come questo – facciamo un nome a caso: la Turchia – ci sono persone semi-educate che parlano, in uno stato semi-democratico, di “golpe postmoderno”, o di “Stato profondo”, indicando fantomatici organismi di potere opachi che agirebbero contro il governo. Come se il disordine che adesso agita la Turchia non fosse il risultato della guerra messa in piedi da Erdogan, come è, ma fosse invece lo svolgersi di una congiura di regime, oscura e tentacolare. È chiaro che, in questo modo, si perde di vista la realtà.

In Italia, però, congiure ci sono state.
Certo, ad esempio quella per rimuovere Silvio Berlusconi nel 2011. Misero insieme persone che odiavano Berlusconi e altre che, invece, non lo odiavano affatto. Di fronte, c’era il crollo dell’economia del Paese. A questo si aggiungono le dichiarazioni di Giulio Tremonti che, pur essendo ministro dell’Economia, sosteneva di non essere in grado di raggiungere il Presidente del Consiglio. Per fargli firmare quei provvedimenti che avrebbero riportato la calma nei mercati. A quel punto, sì: è nata la congiura.

Ma non c’era anche una manina europea, come dicono?
No. Era una congiura italiana, con attori italiani. C’è stato il supporto di alcuni elementi stranieri, ma erano pochi. L’Europa era contenta, lo approvava. Ma non lo hanno provocato gli stranieri. È nato ai vertici del Paese, per mettere al sicuro il Paese.

Renzi vuole riformare, vuole cambiare davvero, ma ha sbagliato tutto. Non ha voluto servirsi di un esercito di uomini forti e ha scelto, invece, di usare le ragazzine
Alcuni dicono che anche quello di Mani Pulite nel 1992 è un colpo di Stato.
E farneticano. Mani Pulite fu una stagione in cui un gruppo di magistrati italiani abusarono dei loro poteri. Questo perché in Italia, a differenza degli altri Paesi democratici, la magistratura è indipendenti dal ministero della Giustizia. E anche perché non hanno organi di controllo sopra di loro (il Csm non lo considero un organo valido). Insomma: una minoranza rumorosa molto attiva che ha cercato di estendere il suo potere in modo non democratico.

Eh, ma appunto: non è questo un golpe?
Secondo la definizione che do io no. È l’azione di una casta, che usa i poteri propri di una casta, per sovvertire l’ordine costituzionale. La politica li teme perché, a ogni critica, c’è sempre il rischio che parta un avviso di garanzia, o un’indagine.

Torniamo all’esercito, allora. Non è che i generali non organizzano colpi di Stato anche perché sono tutti di nomina politica?
No, non è necessario. I vertici militari sono burocrati, funzionari. Hanno un alto senso dello Stato e non nutrono l’intenzione di sovvertirlo. Se l’esercito vuole impadronirsi del potere, deve giustificare la sua azione in modo morale, cioè deve convincere e convincersi che sta operando per il salvataggio dello Stato. Insomma, per salvaguardarlo da un pericolo più grande. È quello che hanno fatto in Egitto contro l’islamizzazione che i Fratelli Musulmani stavano mettendo in atto.

Ma come si fa, oggi un colpo di stato? Malaparte aveva scritto un manuale di tecnica, ma risale al 1921.
Quello di Malaparte, che ha un titolo molto bello e che gli invidio, è un libro che promette di insegnare una tecnica, ma che in realtà non lo fa. Il mio sì. Sono un tipo pratico, e bado al sodo. Il primo passo (gli altri li trova nel libro) è appunto dare una giustificazione morale. Trovare un pericolo grave che autorizzi la presa delle armi. Tutto qui. Sa che cosa farei io, se potessi fare un colpo di Stato in Italia?

Cosa farebbe?
La trascinerei fuori dall’Euro, dalla Ue, dall’Onu, dall’Ocse, dalla Nato, e da tutte queste organizzazioni. E poi responsabilizzerei i leader italiani, che da troppo tempo si appoggiano, per le loro scelte, sugli organismi sovranazionali. Poi attuerei un decentramento, come voleva Einaudi, dando più poteri agli enti locali, e abolirei i prefetti. Via i lacci e lacciuoli, e tanti incentivi agli italiani che vogliono lavorare. Una politica alla Federico II. Ecco: farei un’Italia normanna.

In sostanza, eliminerebbe il cosiddetto “vincolo esterno”.
Che è solo una scusa per non fare le cose. Si accumula debito e poi si chiedono interventi dalla Bce. Il problema riguarda anche Matteo Renzi: lui sa benissimo che l’Italia vive in una situazione di fantasia finanziaria, dove si firmano promesse di ripagamento di un debito enorme. Renzi vuole riformare, vuole cambiare davvero, ma ha sbagliato tutto. Non ha voluto servirsi di un esercito di uomini forti e ha scelto, invece, di usare le ragazzine. Così non si va da nessuna parte.

In che senso ci vorrebbe “un esercito di uomini forti”?
Penso a Reagan: lui aveva un governo con personaggi decisi, difficili da comandare. Ma è così che ha riformato gli Stati Uniti. Lui ha detto: “Voglio raddoppiare il potenziale militare americano”, e lo ha fatto. Così ha rovesciato l’Unione Sovietica: litigando ogni giorno (e lo dicono i suoi diari), ma mandando in campo uomini validi e decisi. E Renzi? Che fa? Ripeto: si circonda di ragazzine.

Ma chi avrebbe dovuto mettere, per essere come Reagan?
Doveva prendere Bersani e dirgli: porta avanti il decreto Bersani. Doveva prendere Prodi e dirgli: finisci le privatizzazioni. Poi a Letta: cancella le burocratizzazioni, le lungaggini, la pesantezza dello Stato. E anche D’Alema. È un governo difficile da condurre, pieno di personalità forti e decise. Ma risolverebbe tutto. E invece, adesso, è circondato da ragazzini e chiede di poter spendere di più.
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