Re: COUNTDOWN
Inviato: 30/07/2013, 22:56
Dal D - day al giorno più lungo
Mia Ceran, per in Onda ha fatto notare la scarsa presenza di italiani davanti alla Cassazione. Una ventina pro Berlusconi e una ventina contro.
Gli italiani sono stanchi anche di protestare?
Più attenti gli olandesi, presenti con una serie di archi per suonare "Il Padrino", manifestazione proibita dalle forze dell'oradine schierate davanti alla Cassazione.
SENTENZA MEDIASET IL GIORNO DEL GIUDIZIO
(Gianni Barbacetto e Antonella Mascali).
30/07/2013 di triskel182
La frode fiscale e i trucchi finanziari delle società: ecco come e perché la Corte d’appello di Milano ha condannato Silvio Berlusconi a 4 anni di carcere con annessa pena accessoria, cioè quei 5 anni di interdizione dai pubblici uffici che dovrebbero far scattare l’espulsione del condannato dal Senato. Da oggi la parola alla Cassazione.
Il dito ha completamente sostituito la luna. La chiacchiera politica, la ricerca dei retroscena, il dibattito sull’opportunità di una assoluzione o di un rinvio, le contese sulla data della prescrizione, le proteste contro le “toghe rosse” di primo grado e d’appello hanno fatto dimenticare la vera materia del contendere, e cioè la sentenza della Corte d’appello di Milano (giudici Alessandra Galli, Elena Minici, Enrico Scarlini) che l’8 maggio 2013 ha confermato la condanna inflitta a Silvio Berlusconi per frode fiscale: 4 anni di carcere (di cui tre coperti dall’indulto del 2006). È questa condanna che la Cassazione è oggi chiamata a rendere definitiva oppure a cancellare, con annessa pena accessoria, 5 anni di interdizione dai pubblici uffici, che potrebbe far scattare l’espulsione del condannato dal Senato, dopo la dichiarazione di decadenza della Giunta per le immunità. Ecco dunque in queste pagine i fatti, come sono raccontati nella sentenza, che ritiene provato al di là di ogni ragionevole dubbio che Berlusconi, quando già era in politica e formalmente non più al vertice delle sue società, ha nascosto cifre imponenti al fisco italiano e agli altri azionisti di Mediaset. La condanna riguarda “solo” 7,3 milioni di euro, occultati negli anni 2002 e 2003. Altri 6,6 milioni riguardano il 2001 e sono stati cancellati dalla prescrizione già prima della sentenza d’appello. Ma in totale, scrivono i giudici, “le maggiorazioni di costo realizzate negli anni” sono di ben “368 milioni di dollari”. Rase al suolo dalla prescrizione anche le imputazioni di falso in bilancio e appropriazione indebita, in un processo durato 6 anni solo per il primo grado (compresi i 2 di ibernazione per i “lodi” Schifani e Alfano). Prescrizione dimezzata (da 15 anni a 7 e mezzo) grazie alla legge ad personam ex Cirielli. Quanto a una contestata frode fiscale da 120 miliardi di lire di imposte evase, è prosciugata quasi interamente dai condoni fiscali. Molti documenti utili a ricostruire i passaggi dei soldi tra le società offshore di Berlusconi, comunque, erano già svaniti durante le prime perquisizioni ordinate dai pm milanesi: “Quindici anni di carte”, secondo la teste Silvia Cavanna, “furono fatte sparire da Lugano in Lussemburgo, credo con camion”. Eppure, ecco che cosa è stato possibile ricostruire. “Fin dalla seconda meta degli anni ’80 il gruppo Fininvest aveva organizzato un meccanismo fraudolento di evasione, connesso al cosiddetto ‘giro dei diritti televisivi’. I diritti di trasmissione televisiva, provenienti dai produttori, venivano acquistati da società del comparto estero e riservato di Fininvest, venivano sottoposti a una serie di passaggi infragruppo, o con società solo apparentemente terze, giungevano poi a una società maltese che, infine, li cedeva alle società emittenti. I passaggi erano funzionali solo a una artificiosa lievitazione di prezzi. Del resto gran parte delle società intermedie erano prive di una reale struttura commerciale. Prova ne era che l’originaria acquisizione dei diritti era operata direttamente dalla struttura di Reteitalia prima e di Mediaset poi, che faceva capo a Bernasconi e ai suoi collaboratori. Una struttura che riceveva le richieste degli addetti commerciali delle reti e si avvaleva, in particolare, della consulenza tecnica dell’imputato Lorenzano che procedeva alla trattativa per gli acquisti con le majors o altri fornitori. Nessuna funzione svolgevano invece le società del comparto estero che figuravano come prime acquirenti. Il sistema rimaneva riservato, per ovvie ragioni, anche all’interno del gruppo Fininvest, interessando un numero il più esiguo possibile di persone. Il contratto originario di acquisto, definito ‘master’, dopo essere stato sottoscritto, spesso da un mero fiduciario, quale, per esempio, l’imputato Del Bue, non veniva reso pubblico, nemmeno all’interno della struttura Reteitalia-Mediaset. (…) Avvicinatasi la data di prevista decorrenza, si procedeva alla stipulazione dei cosiddetti ‘subcontratti’, di solito per periodi frazionati rispetto a quelli del contratto iniziale .I subcontratti venivano preparati dalla struttura svizzera di Fininvest Service s.a., sulla base delle indicazioni fornite da Bernasconi, recepite dalla incolpevole Cavanna”.
Venivano allora preparate, sempre dalla struttura di Fininvest Service, delle schede, solitamente composte da tre pagine, delle quali la seconda, con l’indicazione dei prezzi, veniva mantenuta presso la sede di Fininvest Service, mentre a Milano venivano inviate solo le schede contenenti le informazioni utili per la programmazione (…). Dal1995 il sistema si modificava. Scomparivano generalmente i passaggi infra-gruppo, e i diritti venivano fatti intermediare da società che apparivano terze, venivano ceduti alla società maltese International Media Service Ltd (di seguito per brevità Ims) che, a sua volta, li cedeva a Mediaset, rimanendo immutato il meccanismo di lievitazione dei prezzi. Il tutto aveva comportato un’evasione notevolissima per le somme individuate in imputazione”.
SOLDI TOLTI ALL’AZIENDA
I fondi accumulati all’estero con il meccanismo della lievitazione dei diritti non finivano come riserva, seppure occulta, per il gruppo, ma venivano sottratti al-l’azienda e messi a disposizione di Berlusconi, proprietario di Fininvest e poi azionista di Mediaset.
“È del tutto chiaro che i fondi costituiti all’estero, che sono uno dei risultati della complessiva illecita operazione di lievitazione del costo dei diritti, non erano tanto destinati (come spiega anche la sentenza Mills) a costituire una riserva per il gruppo medesimo, ma erano, invece, posti a disposizione della sua proprietà… Si trattava pertanto di fondi che venivano comunque sottratti a Fininvest, intesa come autonomo soggetto economico a cui avrebbero dovuto restare”.
BERLUSCONI “DOMINUS”
Sostiene la difesa: non si può imputare a Silvio Berlusconi la responsabilità delle scelte aziendali di Mediaset, perché negli anni in cui gli viene contestato un comportamento illecito era impegnato in politica e nelle istituzioni e dunque non si interessava alle decisioni imprenditoriali delle sue aziende. La sentenza ritiene provato il contrario.
“Nell’imputazione Berlusconi è indicato quale fondatore e, fino al 29 gennaio 1994, Presidente di Fininvest spa, proprietario delle societa off shore costituenti il cosiddetto Fininvest B Group, azionista di maggioranza di Mediaset spa, figura di riferimento, a fini decisionali di Bernasconi e Lorenzano, nonché socio occulto di Frank Agrama. Il c.d. ‘giro dei diritti’ si inserisce in un contesto piu generale di ricorso a societa off shore anche non ufficiali ideate e realizzate da Berlusconi avvalendosi di strettissimi e fidati collaboratori quali Berruti (così aveva riferito la teste Cavanna), Mills e Del Bue nonché di alcuni dirigenti finanziari del Gruppo Fininvest. Era riferibile a Berlusconi l’ideazione, creazione e sviluppo del sistema che consentiva la disponibilita di denaro separato da Fininvest e occulto al fine di mantenere e alimentare illecitamente disponibilità patrimoniali estere presso conti correnti intestati a varie società che erano a loro volta amministrate da fiduciari di Berlusconi. (…) Successivamente, su ideazione di Del Bue (…), vengono create le societa maltesi Amt (questa società è formalmente costituita nel 1991 e formalmente terza rispetto a Fininvest), Medint (costituita nel 1994 e inclusa nel bilancio consolidato del Gruppo) e Lion, tutte seguite dalla Arner delle quali Berlusconi e il suo entourage sono i beneficiari economici; tali società risultano intermediarie di ulteriori compravendite di diritti frazionati e poi verranno sostituite con la costituzione di Ims, costituzione che, come si è visto, si è resa necessaria in vista della quotazione in Borsa di Mediaset per rendere ‘cristallino’ il bilancio consolidato del Gruppo Fininvest. Vi è la piena prova, orale e documentale, che Berlusconi abbia direttamente gestito la fase iniziale per così dire del gruppo B e, quindi, dell’enorme evasione fiscale realizzata con le società off shore di cui si è lungamente detto. Questa fase è stata condotta da persone di sicura fiducia del-l’imputato e quando Mills non ha potuto proseguire, a causa della vicenda Edsaco, i tramiti sono stati spostati a Malta sotto il controllo del Del Bue. II meccanismo di frode è proseguito, sotto la stessa regia, con ulteriori nuovi soggetti e con i metodi già sperimentati, secondo lo schema gia collaudato, con la sola eccezione della graduale sostituzione delle consociate estere con i vari Giraudi ed altri. Anche la gestione del nuovo corso ha avuto come indiscussi protagonisti i soggetti preposti ai diritti e cioe Bernasconi e Lorenzano, gia scelti dall’imputato. Berlusconi rimane infatti al vertice della gestione dei diritti posto che, come ha dichiarato il gia citato teste Tatò, Bernasconi rispondeva a Berlusconi senza nemmeno passare per il Cda e nessuno ha riferito che tra Bernasconi e Berlusconi vi fosse un altro soggetto con poteri decisionali nel settore dei diritti, neppure dopo la quotazione in borsa e la c.d. ‘discesa in campo’, nella politica, di Berlusconi. (…) II sistema ha infatti richiesto l’intervento di fiduciari stranieri di alto livello (Mills, Del Bue) a loro volta certo lautamente remunerati per il lavoro svolto; l’apertura di numerosissimi conti correnti presso banche ubicate in vari paesi; la creazione di numerose società all’estero; la contestuale movimentazione di ingentissime somme di denaro; il coinvolgimento di una pluralità di collaboratori; il raggiungimento di accordi illeciti con soggetti inizialmente estranei alla propria sfera d’influenza. Non è dunque verosimile che qualche dirigente di Fininvest/Mediaset abbia organizzato un sistema come quello accertato e, soprattutto, che la società abbia subito per vent’anni truffe per milioni di euro senza accorgersene (non risultano invero denunce nei confronti di Bernasconi o Lorenza-no). (…) Pertanto deve ritenersi che l’interposizione di tutte le suddette entità nelle compravendite dei diritti provenienti dall’estero sia stata ideata per il duplice fine di realizzare un’imponente evasione fiscale e di consentire la fuoriuscita di denaro dal patrimonio di Fininvest/Mediaset a beneficio di Berlusconi. (…) Vi è prova diretta e documentale, con riguardo al primo periodo, che il risultato dell’evasione era confluito nella piena disponibilità dell’imputato, per cui non vi è ragione di ritenere che qualcosa di diverso sia accaduto con riguardo ai fatti di cui al-l’imputazione. I rilevanti importi confluiti sui conti del ‘socio occulto’ Agrama costituiscono palese dimostrazione del mantenimento inalterato del precedente sistema di frode. Il ruolo comunque ricoperto da Berlusconi, di azionista di maggioranza e dominus indiscusso del gruppo, gli consentiva pacificamente qualsiasi possibilità di intervento, anche in mancanza di poteri gestori formali. La permanenza di tutti i suoi fidati collaboratori , ma anche correi, nei ruoli ed incarichi a loro continuativamente affidati ne costituisce la più evidente dimostrazione. In definitiva, secondo il Tribunale, deve affermarsi la responsabilità dell’imputato in ordine al reato ascrittogli”.
ESCLUSO ANCHE TATÒ
L’amministratore delegato di Mediaset Franco Tatò dichiara che perfino a lui, che era formalmente il numero uno dell’azienda, erano tenuti nascosti i veri numeri dei contratti d’acquisto: “Era un’area di attività assolutamente chiusa ed impenetrabile”, dice Tatò al pm Fabio De Pasquale, “gestita a livello più alto da Bernasconi che dava conto della sua attività direttamente a Berlusconi e non riferiva al consiglio di amministrazione”.
“Un nascondimento e una separatezza che erano confermati, anche ai più alti livelli della organizzazione societaria, da quello che era stato designato come l’amministratore che avrebbe dovuto condurre la società dopo l’entrata in politica di Berlusconi, Francesco Tatò, che aveva infatti confermato che, nonostante l’importanza dei diritti nella struttura dei costi aziendali, e quindi nonostante l’interesse suo proprio ad aggredirli per ottenere significativi risparmi, si trovava a esserne sostanzialmente estromesso. (…) Ancorchè il teste avesse precisato che il termine “impenetrabile” era eccessivo, era evidente che non era settore che era stato affidato alla sua cura, ma restava nelle mani di Bernasconi che continuava a riferirne al solo Berlusconi.
MILLS, SOCIETÀ & BUGIE
Centrale la figura dell’avvocato inglese David Mills. È lui il creatore delle società estere usate per gonfiare i costi dei diritti. È lui che mente per salvare Berlusconi, in alcuni processi milanesi in cui l’ex presidente del Consiglio è accusato di condotte illecite (maxitangente a Bettino Craxi tramite la società All Iberian; tangenti alla Guardia di finanza; occultamento del possesso di Telepiù per aggirare la legge Mammì sulle tv). Compensato con almeno 600 mila dollari, davanti ai giudici ha “distanziato” Berlusconi dalle società offshore che aveva creato: le stesse utilizzate nel giro dei diritti Mediaset.
“Le risultanze del processo cosiddetto Mills (sottoposte alla doppia verifica di merito ed analizzate dal consesso più largo della Corte di legittimità) sono particolarmente significative, perché illustrano l’antefatto, societario, gestionale e patrimoniale, di quanto poi accaduto e sottoposto alla verifica di questa Corte. È innanzitutto significativo che alla vicenda siano interessate le stesse due persone che si vedranno poi essere il punto di riferimento della vicenda del giro dei diritti. Ovverossia il dominus del gruppo, Berlusconi, in posizione talmente defilata che il processo Mills nasce proprio dall’intento (raggiunto dal Mills e per questo ripagato) di supportarne l’estraneità ai fatti, e quel Bernasconi che ne assumerà la gestione concreta, pur, ovviamente, agendo sempre nel-l’interesse del gruppo, anzi, in questo caso, più direttamente del suo dominus. (…) Così fornendo logica spiegazione anche al successivo ‘giro dei diritti’, anch’esso spiegabile oltre alle evidenti ragioni di illecito risparmio fiscale, nella medesima ottica: conservare all’estero fondi di problematica individuazione e tracciamento. (…) La sentenza Mills dà innanzitutto conto della presenza di società estere (…) destinate a rimanere occulte (e quindi costituite in ‘paradisi fiscali’) perché create per raggiungere scopi quantomeno elusivi della normativa italiana, in specie della legge Mammì (che dettava limiti al possesso di reti televisive). (…) Con riferimento all’addebito relativo al fatto di avere Mills celato l’identità della proprietà delle società offshore del cosiddetto Gruppo Fininvest B, la sentenza emessa nel processo ‘Arces ed altri’ aveva accertato in maniera definitiva che la Guardia di finanza era stata corrotta affinché non venissero svolte approfondite indagini in ordine alle società del Gruppo Fininvest e non ne emergesse la reale proprietà, pur non essendo stato ritenuto certo il collegamento diretto fra i funzionari corrotti e Silvio Berlusconi, collegamento invece definitivamente provato rispetto ad altro dirigente di Fininvest, Salvatore Sciascia, responsabile del servizio centrale fiscale della società, condannato con sentenza irrevocabile. Alcune delle destinazioni di rilievo penale di quelle disponibilità economiche erano state peraltro accertate e, in esse, anche il diretto coinvolgimento di Berlusconi, solo prosciolto per prescrizione del reato. Parimenti, i fatti relativi all’illecito finanziamento in favore di Bettino Craxi da parte di Fininvest, tramite All Iberian, erano stati, sulla base di plurime prove testimoniali e documentali, definitivamente dimostrati (visto che la sentenza di primo grado, di condanna dei vertici della società e fra di essi di Silvio Berlusconi, non è stata riformata nel merito, ma per intervenuta prescrizione), così come si era accertato che All Iberian e le società offshore collegate erano state costituite su iniziativa del Gruppo Fininvest e che All Iberian era stata utilizzata quale tesoreria delle altre offshore inglesi costituite per conto del Gruppo Fininvest (…). E peraltro laddove, nel processo Arces citato, non si era giunti a risalire la catena delle responsabilita fino a Berlusconi, ciò era, appunto, dovuto alla colpevole reticenza dell’avvocato Mills”.
IL TRUCCHETTO
Ecco come un contabile della Fox racconta ai suoi superiori il sistema Berlusconi.
“Significativa era la email del 12.12.1994 con la quale tale Douglas Schwalbe, un contabile della Fox, scrive a Mark Kaner, all’epoca Presidente della Distribuzione intemazionale della Twenty Century Fox. Del seguente tenore: “Oggetto SBC Meeting: Mi sono incontrato con Guido Pugnetti venerdì. Lui mi ha spiegato che Carlo Bernasconi stava ancora pensando a cosa fare per i contratti della Fox, che avrebbe voluto incontrarsi con noi a Los Angeles (…). Mi ha spiegato quanto segue con la speranza che il tutto rimanesse tra me e lui. In due parole l’impero di Berlusconi funziona come un elaborato ‘shell game’. È un gioco che consiste nel prendere tre gusci di noci vuoti e nascondere sotto uno di essi il nocciolo di una ciliegia. Chi gioca deve indovinare dove il nocciolo è stato nascosto. Con la finalità di evadere le tasse italiane. La Principal, con sede a Lugano, compra licenze dei prodotti dagli Studios e successivamente li vende a Reteitalia. Se la Principal compra Mrs Doubtfire per 2 milioni di dollari, poi Canale 5 potrebbe acquistare la licenza per questo film (per esempio) per 3 milioni di dollari. Questi 3 milioni in realtà rappresentano (…) un trasferimento perché non si vuole che Reteitalia faccia utili (o faccia figurare utili). I profitti vengono tenuti in Svizzera (come sappiamo le banche svizzere proteggono la privacy dei loro clienti). (…) Ti prego di tenere per te queste informazioni visto che mi sono state comunicate in modo confidenziale.
AGRAMA-B. UNA COSA SOLA
Il produttore Frank Agrama, formalmente indipendente, è in realtà socio occulto di Berlusconi.
“In una missiva del 29.10.03, diretta all’Avv. Aldo Bonomo, all’epoca Presidente di Fininvest, e al dott. Alfredo Messina, direttore di Fininvest, Agrama dichiara di aver lavorato per le società del gruppo fin dal 1976 in qualità di loro rappresentante, precisando che Fininvest non spende un centesimo di più acquistando per il suo tramite e specificando, al riguardo, che i corrispettivi per le concessioni vengono trattati e concordati tra gli incaricati di Fininvest e gli Studios. II medesimo concetto viene ribadito al punto 7 della missiva dove si afferma che la sua funzione nei confronti di Fininvest è quella di agente negli Usa senza alcun costo aggiuntivo per l’acquirente europeo in quanto la commissione dell’agente viene corrisposta dagli Studios americani e non da Fininvest. Nel corso di detta lettera, Agrama spiega qual è la sua funzione e Ia sua utilità in relazione agli Studios, e non a Fininvest, in quanto sottolinea che gli affari conclusi con loro non sono soggetti alla ritenuta alla fonte e gli Studios apprezzano notevolmente questo aspetto (…). Lo stesso concetto è espresso in un’altra missiva di Agrama del 30.10.2001 (…) nella quale Agrama dice che la sua intermediazione non comporta alcun costo aggiuntivo per le entità di Berlusconi, precisando al riguardo che il prezzo non viene trattato da Agra-ma con i produttori americani, bensì direttamente dalle societa di Berlusconi. Invece, Agrama maggiorava non solo i prezzi aggiuntivi, ma addirittura i costi dei materiali tanto che Silvia Cavanna riferiva che i prezzi praticati da Agrama sui materiali erano il doppio di quelli richiesti da altre società produttrici (“Prezzi che non esistevano”). (…) Vi è poi una lettera inviata via fax su carta intestata Harmony Gold (in realtà si tratta di un memo) da Frank Agrama a Daniele Lorenzano, in cui Agrama afferma: ‘Ti allego una lettera che ti è stata mandata in precedenza da Robert Cohen, che riguarda 13 film, (…) solo per rinfrescarti la memoria. Robert Cohen ha incontrato altre persone, Mike Adler, Francesco Nespiga, nell’ufficio di Mike Adler e loro vogliono sapere da te direttamente se sei d’accordo con il contenuto di quella lettera per quanta riguarda i prezzi, le fee, il costo della distribuzione, l’allocazione e quant’altro. Non vogliono iniziare a lavorare sul contratto a meno che tu non dica loro che sei d’accordo. Per cortesia manda un fax a Mike Adler, dicendogli che sei d’accordo oppure telefonagli in modo che possano iniziare a preparare il contratto’. Se ne ricava che era Daniele Lorenzano che stabiliva e concordava con Paramount i prezzi e altre condizioni contrattuali”. (…) Si ribadiscono: il rapporto continuativo con Berlusconi e con Bernasconi; il ‘costo zero’ dei diritti da lui intermediati; la sua natura di mero agente; il fatto che tutti i contratti vengano stipulati in realtà non da lui stesso ma dagli uomini del gruppo (e quindi da Lorenzano). La lettera datata 11.2.99 inviata da Agrama a Me Kluggage dimostra anch’essa la particolarità del rapporto tra Berlusconi e Agrama (Harmony Gold) posto che Agrama utilizza, riferendosi al Gruppo Berlusconi, il noi: ‘Noi siamo diventati i vostri più importanti clienti in Italia e Spagna’. (…) Ed ancora il 24.12.1998 una rappresentante della Wiltshire Trading, tale Hoffmann, scrive a Paramount a proposito della violazione di un accordo del 1993 per la trasmissione di un film dicendo di aver contattato ‘le nostre emittenti’, riferendosi con ciò chiaramente alle società di Berlusconi. (…) Il 21 dicembre 1993 Bruce Gordon di Paramount in una lettera al collega Lucas conferma ‘la totale sovrapponibilità tra Agrama e Berlusconi, posto che non vi è distinzione né tra le società né tra le persone, né tra le cifre’. (…) In una lettera del 7 ottobre 1997, due contabili di Paramount, Taylor e Schlaffer, a proposito di crediti nei confronti di società di Agrama le definiscono ’Berlusconi’s companies’.
SPIFFERI INTERNI
Alcuni testimoni dentro il sistema raccontano dall’interno il metodo per gonfiare i prezzi e la presenza determinante di Silvio Berlusconi.
“Silvia Cavanna (che, si ricorda, era rimasta in Mediaset fino al 1999 seppure, negli ultimi anni, come consulente) ricordava che l’ufficio di Lugano, gestito prima da Candia Camaggi e poi, dal 1995, dalla odierna coimputata Gabriella Galetto, spediva a Milano i contratti senza i dati economici, che venivano riservatamente ed ufficiosamente comunicati, ma che poi venivano gonfiati, su istruzione di Bernasconi (“Picchia giù sui prezzi”), in modo da fornire una (cosidetta) ‘gestione equilibrata’ dei flussi finanziari volta, quindi, non al mero pagamento dei diritti (di costo, alla fonte, molto minore del flusso finanziario stesso) ma alle esigenze, di tutt’altra natura, di illecita costituzione di fondi finanziari in territorio estero e di corrispettivo ‘risparmio fiscale’ nel nostro territorio. (…) La teste Marina Baldi, addetta all’ufficio gestione e contratti di Reteitalia prima e Mediaset dopo, alle dipendenze della Cavanna, fin dal 1985, si era occupata della redazione di quei subcontratti che servivano per non inviare a Milano i master (i contratti originari). Tanto che i prezzi da inserire nei subcontratti le erano indicati dalla Cavanna, la quale rispondeva direttamente a Bernasconi . (…) Il teste Daniele Belotti, dipendente proprio di Fininvest Service di Lugano, ha riferito di essersi occupato della predisposizione delle schede sulla base dei contratti di acquisto dei diritti, precisando che la scheda contenente Ia parte economica veniva consegnata alla Camaggi (e poi alla Galetto) per l’amministrazione, mentre la parte contenente tutti gli altri dati contrattuali veniva spedita a Milano”.
È SEMPRE MEDIATRADE?
La difesa mediatica di Berlusconi sostiene che l’ex presidente del Consiglio è già uscito indenne dalle accuse di frode fiscale e appropriazione indebita del processo Mediatrade, sia a Milano che a Roma; poiché questo è sostanzialmente la stessa cosa di quello Mediaset, deve dunque essere assolto anche in questo. La sentenza Mediaset lo nega, perché le nuove accuse “riguardano condotte ulteriori che attengono a un diverso periodo di tempo e sono fondate su un substrato probatorio che nulla prova essere identico”.
“Non possono incidere sul giudizio formulato i diversi arresti a cui erano pervenuti i Gup di Milano e Roma (con sentenze confermate dalla Cassazione) che attengono a diversi periodi di tempo e a distinti quadri probatori. Perché attengono agli anni in cui a Ims era stata sostituita Mediatrade e alla operatività condotta con tale diversa società. Sostanzialmente da chi aveva ritenuto di dare una svolta, anche di ‘trasparenza’, al precedente modo di agire”.
NO ATTENUANTI GENERICHE
A Berlusconi non vengono concesse le attenuanti generiche in ragione di “un sistema di società e conti esteri portato avanti per molti anni, proseguito nonostante i ruoli pubblici assunti, e condotto in posizione di assoluto vertice”. E per “la particolare capacità a delinquere dimostrata nell’esecuzione del disegno, consistito nel-l’architettare un complesso meccanismo fraudolento ramificato in infiniti paradisi fiscali, con miriadi di società satelliti e conti correnti costituiti esclusivamente in funzione del disegno delittuoso”.
“La pena stabilita in prime cure è del tutto proporzionata alla gravità materiale dell’addebito e all’intensità del dolo dimostrato. Si tratta di una operazione illecita organizzata e portata a termine costituendo società e conti esteri a ciò dedicati, un sistema portato avanti per molti anni. Parallelo alla ordinaria gestione delle società e del gruppo. Sfruttando complicità interne (ed esterne) a esso. Proseguito nonostante i ruoli pubblici assunti. E condotto in posizione di assoluto vertice. A fronte di ciò, e in relazione alla oggettiva gravità del reato, è ben chiara l’impossibilità di concedere le attenuanti generiche (l’incensuratezza. e tanto più l’età, sono del tutto recessive rispetto a un simile quadro); la particolare intensità del dolo impone altresì di commisurare la pena in misura adeguata, che oltretutto neppure si è avvicinata al massimo edittale”.
Da Il Fatto Quotidiano del 30/07/2013.
Mia Ceran, per in Onda ha fatto notare la scarsa presenza di italiani davanti alla Cassazione. Una ventina pro Berlusconi e una ventina contro.
Gli italiani sono stanchi anche di protestare?
Più attenti gli olandesi, presenti con una serie di archi per suonare "Il Padrino", manifestazione proibita dalle forze dell'oradine schierate davanti alla Cassazione.
SENTENZA MEDIASET IL GIORNO DEL GIUDIZIO
(Gianni Barbacetto e Antonella Mascali).
30/07/2013 di triskel182
La frode fiscale e i trucchi finanziari delle società: ecco come e perché la Corte d’appello di Milano ha condannato Silvio Berlusconi a 4 anni di carcere con annessa pena accessoria, cioè quei 5 anni di interdizione dai pubblici uffici che dovrebbero far scattare l’espulsione del condannato dal Senato. Da oggi la parola alla Cassazione.
Il dito ha completamente sostituito la luna. La chiacchiera politica, la ricerca dei retroscena, il dibattito sull’opportunità di una assoluzione o di un rinvio, le contese sulla data della prescrizione, le proteste contro le “toghe rosse” di primo grado e d’appello hanno fatto dimenticare la vera materia del contendere, e cioè la sentenza della Corte d’appello di Milano (giudici Alessandra Galli, Elena Minici, Enrico Scarlini) che l’8 maggio 2013 ha confermato la condanna inflitta a Silvio Berlusconi per frode fiscale: 4 anni di carcere (di cui tre coperti dall’indulto del 2006). È questa condanna che la Cassazione è oggi chiamata a rendere definitiva oppure a cancellare, con annessa pena accessoria, 5 anni di interdizione dai pubblici uffici, che potrebbe far scattare l’espulsione del condannato dal Senato, dopo la dichiarazione di decadenza della Giunta per le immunità. Ecco dunque in queste pagine i fatti, come sono raccontati nella sentenza, che ritiene provato al di là di ogni ragionevole dubbio che Berlusconi, quando già era in politica e formalmente non più al vertice delle sue società, ha nascosto cifre imponenti al fisco italiano e agli altri azionisti di Mediaset. La condanna riguarda “solo” 7,3 milioni di euro, occultati negli anni 2002 e 2003. Altri 6,6 milioni riguardano il 2001 e sono stati cancellati dalla prescrizione già prima della sentenza d’appello. Ma in totale, scrivono i giudici, “le maggiorazioni di costo realizzate negli anni” sono di ben “368 milioni di dollari”. Rase al suolo dalla prescrizione anche le imputazioni di falso in bilancio e appropriazione indebita, in un processo durato 6 anni solo per il primo grado (compresi i 2 di ibernazione per i “lodi” Schifani e Alfano). Prescrizione dimezzata (da 15 anni a 7 e mezzo) grazie alla legge ad personam ex Cirielli. Quanto a una contestata frode fiscale da 120 miliardi di lire di imposte evase, è prosciugata quasi interamente dai condoni fiscali. Molti documenti utili a ricostruire i passaggi dei soldi tra le società offshore di Berlusconi, comunque, erano già svaniti durante le prime perquisizioni ordinate dai pm milanesi: “Quindici anni di carte”, secondo la teste Silvia Cavanna, “furono fatte sparire da Lugano in Lussemburgo, credo con camion”. Eppure, ecco che cosa è stato possibile ricostruire. “Fin dalla seconda meta degli anni ’80 il gruppo Fininvest aveva organizzato un meccanismo fraudolento di evasione, connesso al cosiddetto ‘giro dei diritti televisivi’. I diritti di trasmissione televisiva, provenienti dai produttori, venivano acquistati da società del comparto estero e riservato di Fininvest, venivano sottoposti a una serie di passaggi infragruppo, o con società solo apparentemente terze, giungevano poi a una società maltese che, infine, li cedeva alle società emittenti. I passaggi erano funzionali solo a una artificiosa lievitazione di prezzi. Del resto gran parte delle società intermedie erano prive di una reale struttura commerciale. Prova ne era che l’originaria acquisizione dei diritti era operata direttamente dalla struttura di Reteitalia prima e di Mediaset poi, che faceva capo a Bernasconi e ai suoi collaboratori. Una struttura che riceveva le richieste degli addetti commerciali delle reti e si avvaleva, in particolare, della consulenza tecnica dell’imputato Lorenzano che procedeva alla trattativa per gli acquisti con le majors o altri fornitori. Nessuna funzione svolgevano invece le società del comparto estero che figuravano come prime acquirenti. Il sistema rimaneva riservato, per ovvie ragioni, anche all’interno del gruppo Fininvest, interessando un numero il più esiguo possibile di persone. Il contratto originario di acquisto, definito ‘master’, dopo essere stato sottoscritto, spesso da un mero fiduciario, quale, per esempio, l’imputato Del Bue, non veniva reso pubblico, nemmeno all’interno della struttura Reteitalia-Mediaset. (…) Avvicinatasi la data di prevista decorrenza, si procedeva alla stipulazione dei cosiddetti ‘subcontratti’, di solito per periodi frazionati rispetto a quelli del contratto iniziale .I subcontratti venivano preparati dalla struttura svizzera di Fininvest Service s.a., sulla base delle indicazioni fornite da Bernasconi, recepite dalla incolpevole Cavanna”.
Venivano allora preparate, sempre dalla struttura di Fininvest Service, delle schede, solitamente composte da tre pagine, delle quali la seconda, con l’indicazione dei prezzi, veniva mantenuta presso la sede di Fininvest Service, mentre a Milano venivano inviate solo le schede contenenti le informazioni utili per la programmazione (…). Dal1995 il sistema si modificava. Scomparivano generalmente i passaggi infra-gruppo, e i diritti venivano fatti intermediare da società che apparivano terze, venivano ceduti alla società maltese International Media Service Ltd (di seguito per brevità Ims) che, a sua volta, li cedeva a Mediaset, rimanendo immutato il meccanismo di lievitazione dei prezzi. Il tutto aveva comportato un’evasione notevolissima per le somme individuate in imputazione”.
SOLDI TOLTI ALL’AZIENDA
I fondi accumulati all’estero con il meccanismo della lievitazione dei diritti non finivano come riserva, seppure occulta, per il gruppo, ma venivano sottratti al-l’azienda e messi a disposizione di Berlusconi, proprietario di Fininvest e poi azionista di Mediaset.
“È del tutto chiaro che i fondi costituiti all’estero, che sono uno dei risultati della complessiva illecita operazione di lievitazione del costo dei diritti, non erano tanto destinati (come spiega anche la sentenza Mills) a costituire una riserva per il gruppo medesimo, ma erano, invece, posti a disposizione della sua proprietà… Si trattava pertanto di fondi che venivano comunque sottratti a Fininvest, intesa come autonomo soggetto economico a cui avrebbero dovuto restare”.
BERLUSCONI “DOMINUS”
Sostiene la difesa: non si può imputare a Silvio Berlusconi la responsabilità delle scelte aziendali di Mediaset, perché negli anni in cui gli viene contestato un comportamento illecito era impegnato in politica e nelle istituzioni e dunque non si interessava alle decisioni imprenditoriali delle sue aziende. La sentenza ritiene provato il contrario.
“Nell’imputazione Berlusconi è indicato quale fondatore e, fino al 29 gennaio 1994, Presidente di Fininvest spa, proprietario delle societa off shore costituenti il cosiddetto Fininvest B Group, azionista di maggioranza di Mediaset spa, figura di riferimento, a fini decisionali di Bernasconi e Lorenzano, nonché socio occulto di Frank Agrama. Il c.d. ‘giro dei diritti’ si inserisce in un contesto piu generale di ricorso a societa off shore anche non ufficiali ideate e realizzate da Berlusconi avvalendosi di strettissimi e fidati collaboratori quali Berruti (così aveva riferito la teste Cavanna), Mills e Del Bue nonché di alcuni dirigenti finanziari del Gruppo Fininvest. Era riferibile a Berlusconi l’ideazione, creazione e sviluppo del sistema che consentiva la disponibilita di denaro separato da Fininvest e occulto al fine di mantenere e alimentare illecitamente disponibilità patrimoniali estere presso conti correnti intestati a varie società che erano a loro volta amministrate da fiduciari di Berlusconi. (…) Successivamente, su ideazione di Del Bue (…), vengono create le societa maltesi Amt (questa società è formalmente costituita nel 1991 e formalmente terza rispetto a Fininvest), Medint (costituita nel 1994 e inclusa nel bilancio consolidato del Gruppo) e Lion, tutte seguite dalla Arner delle quali Berlusconi e il suo entourage sono i beneficiari economici; tali società risultano intermediarie di ulteriori compravendite di diritti frazionati e poi verranno sostituite con la costituzione di Ims, costituzione che, come si è visto, si è resa necessaria in vista della quotazione in Borsa di Mediaset per rendere ‘cristallino’ il bilancio consolidato del Gruppo Fininvest. Vi è la piena prova, orale e documentale, che Berlusconi abbia direttamente gestito la fase iniziale per così dire del gruppo B e, quindi, dell’enorme evasione fiscale realizzata con le società off shore di cui si è lungamente detto. Questa fase è stata condotta da persone di sicura fiducia del-l’imputato e quando Mills non ha potuto proseguire, a causa della vicenda Edsaco, i tramiti sono stati spostati a Malta sotto il controllo del Del Bue. II meccanismo di frode è proseguito, sotto la stessa regia, con ulteriori nuovi soggetti e con i metodi già sperimentati, secondo lo schema gia collaudato, con la sola eccezione della graduale sostituzione delle consociate estere con i vari Giraudi ed altri. Anche la gestione del nuovo corso ha avuto come indiscussi protagonisti i soggetti preposti ai diritti e cioe Bernasconi e Lorenzano, gia scelti dall’imputato. Berlusconi rimane infatti al vertice della gestione dei diritti posto che, come ha dichiarato il gia citato teste Tatò, Bernasconi rispondeva a Berlusconi senza nemmeno passare per il Cda e nessuno ha riferito che tra Bernasconi e Berlusconi vi fosse un altro soggetto con poteri decisionali nel settore dei diritti, neppure dopo la quotazione in borsa e la c.d. ‘discesa in campo’, nella politica, di Berlusconi. (…) II sistema ha infatti richiesto l’intervento di fiduciari stranieri di alto livello (Mills, Del Bue) a loro volta certo lautamente remunerati per il lavoro svolto; l’apertura di numerosissimi conti correnti presso banche ubicate in vari paesi; la creazione di numerose società all’estero; la contestuale movimentazione di ingentissime somme di denaro; il coinvolgimento di una pluralità di collaboratori; il raggiungimento di accordi illeciti con soggetti inizialmente estranei alla propria sfera d’influenza. Non è dunque verosimile che qualche dirigente di Fininvest/Mediaset abbia organizzato un sistema come quello accertato e, soprattutto, che la società abbia subito per vent’anni truffe per milioni di euro senza accorgersene (non risultano invero denunce nei confronti di Bernasconi o Lorenza-no). (…) Pertanto deve ritenersi che l’interposizione di tutte le suddette entità nelle compravendite dei diritti provenienti dall’estero sia stata ideata per il duplice fine di realizzare un’imponente evasione fiscale e di consentire la fuoriuscita di denaro dal patrimonio di Fininvest/Mediaset a beneficio di Berlusconi. (…) Vi è prova diretta e documentale, con riguardo al primo periodo, che il risultato dell’evasione era confluito nella piena disponibilità dell’imputato, per cui non vi è ragione di ritenere che qualcosa di diverso sia accaduto con riguardo ai fatti di cui al-l’imputazione. I rilevanti importi confluiti sui conti del ‘socio occulto’ Agrama costituiscono palese dimostrazione del mantenimento inalterato del precedente sistema di frode. Il ruolo comunque ricoperto da Berlusconi, di azionista di maggioranza e dominus indiscusso del gruppo, gli consentiva pacificamente qualsiasi possibilità di intervento, anche in mancanza di poteri gestori formali. La permanenza di tutti i suoi fidati collaboratori , ma anche correi, nei ruoli ed incarichi a loro continuativamente affidati ne costituisce la più evidente dimostrazione. In definitiva, secondo il Tribunale, deve affermarsi la responsabilità dell’imputato in ordine al reato ascrittogli”.
ESCLUSO ANCHE TATÒ
L’amministratore delegato di Mediaset Franco Tatò dichiara che perfino a lui, che era formalmente il numero uno dell’azienda, erano tenuti nascosti i veri numeri dei contratti d’acquisto: “Era un’area di attività assolutamente chiusa ed impenetrabile”, dice Tatò al pm Fabio De Pasquale, “gestita a livello più alto da Bernasconi che dava conto della sua attività direttamente a Berlusconi e non riferiva al consiglio di amministrazione”.
“Un nascondimento e una separatezza che erano confermati, anche ai più alti livelli della organizzazione societaria, da quello che era stato designato come l’amministratore che avrebbe dovuto condurre la società dopo l’entrata in politica di Berlusconi, Francesco Tatò, che aveva infatti confermato che, nonostante l’importanza dei diritti nella struttura dei costi aziendali, e quindi nonostante l’interesse suo proprio ad aggredirli per ottenere significativi risparmi, si trovava a esserne sostanzialmente estromesso. (…) Ancorchè il teste avesse precisato che il termine “impenetrabile” era eccessivo, era evidente che non era settore che era stato affidato alla sua cura, ma restava nelle mani di Bernasconi che continuava a riferirne al solo Berlusconi.
MILLS, SOCIETÀ & BUGIE
Centrale la figura dell’avvocato inglese David Mills. È lui il creatore delle società estere usate per gonfiare i costi dei diritti. È lui che mente per salvare Berlusconi, in alcuni processi milanesi in cui l’ex presidente del Consiglio è accusato di condotte illecite (maxitangente a Bettino Craxi tramite la società All Iberian; tangenti alla Guardia di finanza; occultamento del possesso di Telepiù per aggirare la legge Mammì sulle tv). Compensato con almeno 600 mila dollari, davanti ai giudici ha “distanziato” Berlusconi dalle società offshore che aveva creato: le stesse utilizzate nel giro dei diritti Mediaset.
“Le risultanze del processo cosiddetto Mills (sottoposte alla doppia verifica di merito ed analizzate dal consesso più largo della Corte di legittimità) sono particolarmente significative, perché illustrano l’antefatto, societario, gestionale e patrimoniale, di quanto poi accaduto e sottoposto alla verifica di questa Corte. È innanzitutto significativo che alla vicenda siano interessate le stesse due persone che si vedranno poi essere il punto di riferimento della vicenda del giro dei diritti. Ovverossia il dominus del gruppo, Berlusconi, in posizione talmente defilata che il processo Mills nasce proprio dall’intento (raggiunto dal Mills e per questo ripagato) di supportarne l’estraneità ai fatti, e quel Bernasconi che ne assumerà la gestione concreta, pur, ovviamente, agendo sempre nel-l’interesse del gruppo, anzi, in questo caso, più direttamente del suo dominus. (…) Così fornendo logica spiegazione anche al successivo ‘giro dei diritti’, anch’esso spiegabile oltre alle evidenti ragioni di illecito risparmio fiscale, nella medesima ottica: conservare all’estero fondi di problematica individuazione e tracciamento. (…) La sentenza Mills dà innanzitutto conto della presenza di società estere (…) destinate a rimanere occulte (e quindi costituite in ‘paradisi fiscali’) perché create per raggiungere scopi quantomeno elusivi della normativa italiana, in specie della legge Mammì (che dettava limiti al possesso di reti televisive). (…) Con riferimento all’addebito relativo al fatto di avere Mills celato l’identità della proprietà delle società offshore del cosiddetto Gruppo Fininvest B, la sentenza emessa nel processo ‘Arces ed altri’ aveva accertato in maniera definitiva che la Guardia di finanza era stata corrotta affinché non venissero svolte approfondite indagini in ordine alle società del Gruppo Fininvest e non ne emergesse la reale proprietà, pur non essendo stato ritenuto certo il collegamento diretto fra i funzionari corrotti e Silvio Berlusconi, collegamento invece definitivamente provato rispetto ad altro dirigente di Fininvest, Salvatore Sciascia, responsabile del servizio centrale fiscale della società, condannato con sentenza irrevocabile. Alcune delle destinazioni di rilievo penale di quelle disponibilità economiche erano state peraltro accertate e, in esse, anche il diretto coinvolgimento di Berlusconi, solo prosciolto per prescrizione del reato. Parimenti, i fatti relativi all’illecito finanziamento in favore di Bettino Craxi da parte di Fininvest, tramite All Iberian, erano stati, sulla base di plurime prove testimoniali e documentali, definitivamente dimostrati (visto che la sentenza di primo grado, di condanna dei vertici della società e fra di essi di Silvio Berlusconi, non è stata riformata nel merito, ma per intervenuta prescrizione), così come si era accertato che All Iberian e le società offshore collegate erano state costituite su iniziativa del Gruppo Fininvest e che All Iberian era stata utilizzata quale tesoreria delle altre offshore inglesi costituite per conto del Gruppo Fininvest (…). E peraltro laddove, nel processo Arces citato, non si era giunti a risalire la catena delle responsabilita fino a Berlusconi, ciò era, appunto, dovuto alla colpevole reticenza dell’avvocato Mills”.
IL TRUCCHETTO
Ecco come un contabile della Fox racconta ai suoi superiori il sistema Berlusconi.
“Significativa era la email del 12.12.1994 con la quale tale Douglas Schwalbe, un contabile della Fox, scrive a Mark Kaner, all’epoca Presidente della Distribuzione intemazionale della Twenty Century Fox. Del seguente tenore: “Oggetto SBC Meeting: Mi sono incontrato con Guido Pugnetti venerdì. Lui mi ha spiegato che Carlo Bernasconi stava ancora pensando a cosa fare per i contratti della Fox, che avrebbe voluto incontrarsi con noi a Los Angeles (…). Mi ha spiegato quanto segue con la speranza che il tutto rimanesse tra me e lui. In due parole l’impero di Berlusconi funziona come un elaborato ‘shell game’. È un gioco che consiste nel prendere tre gusci di noci vuoti e nascondere sotto uno di essi il nocciolo di una ciliegia. Chi gioca deve indovinare dove il nocciolo è stato nascosto. Con la finalità di evadere le tasse italiane. La Principal, con sede a Lugano, compra licenze dei prodotti dagli Studios e successivamente li vende a Reteitalia. Se la Principal compra Mrs Doubtfire per 2 milioni di dollari, poi Canale 5 potrebbe acquistare la licenza per questo film (per esempio) per 3 milioni di dollari. Questi 3 milioni in realtà rappresentano (…) un trasferimento perché non si vuole che Reteitalia faccia utili (o faccia figurare utili). I profitti vengono tenuti in Svizzera (come sappiamo le banche svizzere proteggono la privacy dei loro clienti). (…) Ti prego di tenere per te queste informazioni visto che mi sono state comunicate in modo confidenziale.
AGRAMA-B. UNA COSA SOLA
Il produttore Frank Agrama, formalmente indipendente, è in realtà socio occulto di Berlusconi.
“In una missiva del 29.10.03, diretta all’Avv. Aldo Bonomo, all’epoca Presidente di Fininvest, e al dott. Alfredo Messina, direttore di Fininvest, Agrama dichiara di aver lavorato per le società del gruppo fin dal 1976 in qualità di loro rappresentante, precisando che Fininvest non spende un centesimo di più acquistando per il suo tramite e specificando, al riguardo, che i corrispettivi per le concessioni vengono trattati e concordati tra gli incaricati di Fininvest e gli Studios. II medesimo concetto viene ribadito al punto 7 della missiva dove si afferma che la sua funzione nei confronti di Fininvest è quella di agente negli Usa senza alcun costo aggiuntivo per l’acquirente europeo in quanto la commissione dell’agente viene corrisposta dagli Studios americani e non da Fininvest. Nel corso di detta lettera, Agrama spiega qual è la sua funzione e Ia sua utilità in relazione agli Studios, e non a Fininvest, in quanto sottolinea che gli affari conclusi con loro non sono soggetti alla ritenuta alla fonte e gli Studios apprezzano notevolmente questo aspetto (…). Lo stesso concetto è espresso in un’altra missiva di Agrama del 30.10.2001 (…) nella quale Agrama dice che la sua intermediazione non comporta alcun costo aggiuntivo per le entità di Berlusconi, precisando al riguardo che il prezzo non viene trattato da Agra-ma con i produttori americani, bensì direttamente dalle societa di Berlusconi. Invece, Agrama maggiorava non solo i prezzi aggiuntivi, ma addirittura i costi dei materiali tanto che Silvia Cavanna riferiva che i prezzi praticati da Agrama sui materiali erano il doppio di quelli richiesti da altre società produttrici (“Prezzi che non esistevano”). (…) Vi è poi una lettera inviata via fax su carta intestata Harmony Gold (in realtà si tratta di un memo) da Frank Agrama a Daniele Lorenzano, in cui Agrama afferma: ‘Ti allego una lettera che ti è stata mandata in precedenza da Robert Cohen, che riguarda 13 film, (…) solo per rinfrescarti la memoria. Robert Cohen ha incontrato altre persone, Mike Adler, Francesco Nespiga, nell’ufficio di Mike Adler e loro vogliono sapere da te direttamente se sei d’accordo con il contenuto di quella lettera per quanta riguarda i prezzi, le fee, il costo della distribuzione, l’allocazione e quant’altro. Non vogliono iniziare a lavorare sul contratto a meno che tu non dica loro che sei d’accordo. Per cortesia manda un fax a Mike Adler, dicendogli che sei d’accordo oppure telefonagli in modo che possano iniziare a preparare il contratto’. Se ne ricava che era Daniele Lorenzano che stabiliva e concordava con Paramount i prezzi e altre condizioni contrattuali”. (…) Si ribadiscono: il rapporto continuativo con Berlusconi e con Bernasconi; il ‘costo zero’ dei diritti da lui intermediati; la sua natura di mero agente; il fatto che tutti i contratti vengano stipulati in realtà non da lui stesso ma dagli uomini del gruppo (e quindi da Lorenzano). La lettera datata 11.2.99 inviata da Agrama a Me Kluggage dimostra anch’essa la particolarità del rapporto tra Berlusconi e Agrama (Harmony Gold) posto che Agrama utilizza, riferendosi al Gruppo Berlusconi, il noi: ‘Noi siamo diventati i vostri più importanti clienti in Italia e Spagna’. (…) Ed ancora il 24.12.1998 una rappresentante della Wiltshire Trading, tale Hoffmann, scrive a Paramount a proposito della violazione di un accordo del 1993 per la trasmissione di un film dicendo di aver contattato ‘le nostre emittenti’, riferendosi con ciò chiaramente alle società di Berlusconi. (…) Il 21 dicembre 1993 Bruce Gordon di Paramount in una lettera al collega Lucas conferma ‘la totale sovrapponibilità tra Agrama e Berlusconi, posto che non vi è distinzione né tra le società né tra le persone, né tra le cifre’. (…) In una lettera del 7 ottobre 1997, due contabili di Paramount, Taylor e Schlaffer, a proposito di crediti nei confronti di società di Agrama le definiscono ’Berlusconi’s companies’.
SPIFFERI INTERNI
Alcuni testimoni dentro il sistema raccontano dall’interno il metodo per gonfiare i prezzi e la presenza determinante di Silvio Berlusconi.
“Silvia Cavanna (che, si ricorda, era rimasta in Mediaset fino al 1999 seppure, negli ultimi anni, come consulente) ricordava che l’ufficio di Lugano, gestito prima da Candia Camaggi e poi, dal 1995, dalla odierna coimputata Gabriella Galetto, spediva a Milano i contratti senza i dati economici, che venivano riservatamente ed ufficiosamente comunicati, ma che poi venivano gonfiati, su istruzione di Bernasconi (“Picchia giù sui prezzi”), in modo da fornire una (cosidetta) ‘gestione equilibrata’ dei flussi finanziari volta, quindi, non al mero pagamento dei diritti (di costo, alla fonte, molto minore del flusso finanziario stesso) ma alle esigenze, di tutt’altra natura, di illecita costituzione di fondi finanziari in territorio estero e di corrispettivo ‘risparmio fiscale’ nel nostro territorio. (…) La teste Marina Baldi, addetta all’ufficio gestione e contratti di Reteitalia prima e Mediaset dopo, alle dipendenze della Cavanna, fin dal 1985, si era occupata della redazione di quei subcontratti che servivano per non inviare a Milano i master (i contratti originari). Tanto che i prezzi da inserire nei subcontratti le erano indicati dalla Cavanna, la quale rispondeva direttamente a Bernasconi . (…) Il teste Daniele Belotti, dipendente proprio di Fininvest Service di Lugano, ha riferito di essersi occupato della predisposizione delle schede sulla base dei contratti di acquisto dei diritti, precisando che la scheda contenente Ia parte economica veniva consegnata alla Camaggi (e poi alla Galetto) per l’amministrazione, mentre la parte contenente tutti gli altri dati contrattuali veniva spedita a Milano”.
È SEMPRE MEDIATRADE?
La difesa mediatica di Berlusconi sostiene che l’ex presidente del Consiglio è già uscito indenne dalle accuse di frode fiscale e appropriazione indebita del processo Mediatrade, sia a Milano che a Roma; poiché questo è sostanzialmente la stessa cosa di quello Mediaset, deve dunque essere assolto anche in questo. La sentenza Mediaset lo nega, perché le nuove accuse “riguardano condotte ulteriori che attengono a un diverso periodo di tempo e sono fondate su un substrato probatorio che nulla prova essere identico”.
“Non possono incidere sul giudizio formulato i diversi arresti a cui erano pervenuti i Gup di Milano e Roma (con sentenze confermate dalla Cassazione) che attengono a diversi periodi di tempo e a distinti quadri probatori. Perché attengono agli anni in cui a Ims era stata sostituita Mediatrade e alla operatività condotta con tale diversa società. Sostanzialmente da chi aveva ritenuto di dare una svolta, anche di ‘trasparenza’, al precedente modo di agire”.
NO ATTENUANTI GENERICHE
A Berlusconi non vengono concesse le attenuanti generiche in ragione di “un sistema di società e conti esteri portato avanti per molti anni, proseguito nonostante i ruoli pubblici assunti, e condotto in posizione di assoluto vertice”. E per “la particolare capacità a delinquere dimostrata nell’esecuzione del disegno, consistito nel-l’architettare un complesso meccanismo fraudolento ramificato in infiniti paradisi fiscali, con miriadi di società satelliti e conti correnti costituiti esclusivamente in funzione del disegno delittuoso”.
“La pena stabilita in prime cure è del tutto proporzionata alla gravità materiale dell’addebito e all’intensità del dolo dimostrato. Si tratta di una operazione illecita organizzata e portata a termine costituendo società e conti esteri a ciò dedicati, un sistema portato avanti per molti anni. Parallelo alla ordinaria gestione delle società e del gruppo. Sfruttando complicità interne (ed esterne) a esso. Proseguito nonostante i ruoli pubblici assunti. E condotto in posizione di assoluto vertice. A fronte di ciò, e in relazione alla oggettiva gravità del reato, è ben chiara l’impossibilità di concedere le attenuanti generiche (l’incensuratezza. e tanto più l’età, sono del tutto recessive rispetto a un simile quadro); la particolare intensità del dolo impone altresì di commisurare la pena in misura adeguata, che oltretutto neppure si è avvicinata al massimo edittale”.
Da Il Fatto Quotidiano del 30/07/2013.