Re: Livorno 2014
Inviato: 07/07/2014, 16:00
L’ultimo dei mohicani - 1
Se qualcuno non se ne fosse accorto della morte della sinistra, oggi con la dichiarazione di Vendola ha la possibilità di rendersene perfettamente conto.
Il primo ciclo della sinistra italiana è finito. Punto.
La caratteristica principale di tutto il ciclo della sinistra italiana è stata la sua infinita capacità di dare corso ad una serie infinita di frantumazioni continue.
Dividersi è bello…………………..è stato il loro motto............
Sì certamente,……..in modo particolare per gli avversari.
Un po’ di storia:
Sinistra (politica)
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
La sinistra in Italia
Dalla nascita all'avvento della Repubblica
La fondazione del partito socialista (1892)
Su queste basi nel 1892 nasce a Genova il Partito dei Lavoratori Italiani che fonde in sé l'esperienza delPartito Operaio Italiano (nato nel 1882 a Milano), della Lega Socialista Milanese[13] (d'ispirazione riformista, fondata nel 1889 per iniziativa di Turati) e di molte leghe e movimenti italiani che si rifanno alsocialismo di ispirazione marxista.
La scelta di Genova come città in cui svolgere il congresso il 14 e 15 agosto del 1892, tra le altre cose, fu dovuta alla contemporanea presenza delle manifestazioni Colombiane per il quattrocentenario della scoperta delle Americhe: le ferrovie infatti in tale occasione avevano concesso degli scontri sui biglietti per il capoluogo ligure, che vennero sfruttati dai convenuti al congresso (la maggior parte dei quali provenivano dalle regioni del nord)[14]. La decisione genera attriti con i rappresentanti della locale Confederazione operaia genovese, inizialmente tenuti fuori dall'organizzazione dell'evento, e mediaticamente si rivelerà controproducente, essendo in quei giorni l'interesse dei quotidiani e delle riviste concentrato proprio sugli eventi(gare ginniche e regate) correlati alla grande esposizione colombiana, che finiranno per mettere in ombra il congresso.[14]
Al congresso si presenteranno circa 400 delegati, rappresentanti di interessi e posizioni non sempre allineate tra di loro[15]. Tra i fondatori della nuova formazione politica, si ricordano Filippo Turati e Guido Albertelli. Altri promotori furono Claudio Treves, Leonida Bissolati, Ghisleri, Ferri, che erano provenienti dall'esperienza del Positivismo.
Turati ed altri (Prampolini, Kuliscioff, Bosco, ecc..) furono a Genova fin dal 13 e proprio la sera di quel giorno si riunirono per discutere delle proposte da presentare nel congresso dei giorni seguenti. Gli esponenti anarchici, commentando al tempo questa riunione preparatoria, la descrissero come una riunione che aveva come tematiche le decisioni da prendere contro la corrente anarchica stessa. Gli attriti tra le due anime proseguirono il giorno successivo, nella sala Sivori, con la richiesta della parte anarchica (Pellaco, Galleani e Gori) di sospendere i lavori e la posizione di Turati e Prampolini che invece chiesero ed auspicarono una netta separazione tra le due correnti del movimento.[14] Turati decise quindi di riunire i congressisti che erano fedeli alla sua linea non più alla sala Sivori, ma nella sede dell'associazione garibaldina "Carabinieri Genovesi".
Il 15 agosto si ebbero quindi due incontri, quello degli appartenenti alla linea di Turati (circa i 2/3 dei rappresentanti convenuti a Genova[15]), che, dopo alcuni infruttuosi tentativi di mediazione tra le due correnti portati avanti da Andrea Costa, fonderà il Partito dei Lavoratori Italiani, e quella nella sala Sivori dove l'ala anarchica ed operaista (circa 80 delegati) darà vita ad un omonimo partito, la cui esistenza, di fatto, terminerà con la fine del congresso.[14][15] Turati è erede del radicalismo democratico; nel 1885 si era unito con la rivoluzionaria Anna Kuliscioff; conosce le opere di Marx ed Engels, fu attratto dalla socialdemocrazia tedesca e dalle associazioni operaie lombarde.
Turati considera il socialismo non dal punto di vista insurrezionale, ma come un ideale da calare nelle specifiche situazioni storiche. È nel 1893, nel Congresso di Reggio Emilia, che il partito si dà un'autonomia e un nome ufficiale come Partito Socialista dei Lavoratori Italiani, inglobando anche il Partito Socialista Rivoluzionario Italiano. Nell'ottobre del 1894 il partito venne sciolto per decreto a causa della repressione crispina. In contrapposizione alla repressione vi fu un'alleanza democratico-socialista alle elezioni del 1895, mentre gli attivisti si riorganizzavano come Partito Socialista Italiano.
L'uscita dei sindacalisti rivoluzionari (1907)
La repressione dei moti popolari del 1898 affievolisce il partito, che decide di promuovere l'alleanza di tutti partiti dell'estrema sinistra(socialista, repubblicano e radicale). La direzione turatiana vede di buon occhio l'apertura liberale di Giovanni Giolitti nel 1901 ma, in reazione alla politica dei blocchi popolari e al ministerialismo dei riformisti, dal 1902 appare una corrente rivoluzionaria - guidata daArturo Labriola - che condivide con l'intransigente Enrico Ferri la direzione del partito dal 1904 al 1906.
Dopo lo sciopero generale del settembre 1904 - il primo di questa ampiezza in Italia - questa corrente propugna i metodi delsindacalismo rivoluzionario mentre i suoi rapporti con il resto del partito vanno peggiorando a tal punto che in un suo congresso, avvenuto a Ferrara nel 1907, è decisa l'uscita dal partito e l'incremento dell'azione autonoma sindacale. Nel 1906, Ferri, a capo della corrente "integralista" e in accordo con i riformisti di Turati, riuscì a conservare la direzione del partito, nonostante la rottura con Labriola, tenendo anche la direzione dell'Avanti!, fino alle sue dimissioni nel 1908, quando Ferri cederà di nuovo la segreteria a Turati.
Crescenti divisioni, la presenza di Mussolini (1910)
Il congresso tenuto a Milano nel 1910 mette in luce crescenti insoddisfazioni e nuove divisioni: Leonida Bissolati e Ivanoe Bonomi criticano Turati da destra, Giuseppe Emanuele Modigliani e Gaetano Salvemini da sinistra. All'estrema sinistra si schiera invece Benito Mussolini che, in qualità di rappresentante della federazione di Forlì, partecipa per la prima volta ad un congresso nazionale del partito.
La scissione del PSRI di Bissolati (1912)
Il congresso straordinario, convocato a Reggio Emilia, inasprisce le divisioni che attraversano il Partito riguardo all'impresa di Libia. Trionfa la corrente massimalista e si sancisce l'espulsione di una delle aree riformiste, capeggiata da Bonomi e Bissolati: quest'ultimo, nel 1911 si era recato al Quirinale per le consultazioni susseguenti la crisi del Governo Luzzatti, causando il malcontento del resto del partito, compreso quello di Turati, esponente di spicco dell'altra corrente riformista[16]. In merito all'espulsione dei tre esponenti, deve essere ricordato un fatto importante. Chi, prendendo la parola al congresso, vi si scagliò ferocemente contro, aizzando la folla contro di loro, fu un delegato politico della Romagna allora poco conosciuto: Mussolini, esponente nella corrente massimalista. In virtù di quell'arringa, Mussolini si guadagnerà una certa fama all'interno del PSI; una fama che, da lì a poco, gli consentirà anche di diventare direttore dell'Avanti!. Bissolati e i suoi, cacciati dal partito, daranno vita vita al Partito Socialista Riformista Italiano (PSRI).
La crisi dell'interventismo, Mussolini e il socialismo nazionale (1914-1919)
Allo scoppio della Prima guerra mondiale il partito sviluppò un forte impegno per la neutralità dell'Italia, ma con forti spaccature al suo interno che troveranno un punto di mediazione nella formula "né aderire né sabotare" di Costantino Lazzari. Allo stesso tempo con l'espulsione di Mussolini, dichiaratosi interventista, i nuovi socialisti nazionali da lui guidati e racchiusi intorno al giornale Il Popolo d'Italia daranno vita nel marzo 1919 ai Fasci italiani di combattimento, movimento di ispirazione - almeno inizialmente - socialrivoluzionaria e nazionalista. A partire dagli anni venti, con l'emergere del Partito Nazionale Fascista, le diverse anime del movimento socialista si mossero separatamente dando vita a tre differenti partiti.
La scissione comunista, quella riformista e la clandestinità
Nel 1921 si tiene a Livorno il XVII congresso del partito. Dopo giorni di dibattito serrato, i massimalisti unitari di Giacinto Menotti Serratiraccolgono 89.028 voti, i comunisti puri 58.783 ed i riformisti concentrazionisti 14.695[17]. I comunisti di Amadeo Bordiga escono dal congresso e fondano il Partito Comunista d'Italia, con lo scopo di aderire ai 21 punti dell'Internazionale Comunista: Lenin, infatti, aveva invitato il PSI a conformarsi ai dettami e ad espellere la corrente riformista di Turati, Treves e Prampolini, ricevendo tuttavia il diniego da parte di Menotti Serrati, che non intendeva affatto rompere con alcune delle voci più autorevoli, seppur minoritarie, del partito.
Nell'estate del 1922 Turati, senza rispettare la disciplina del partito, si reca da Vittorio Emanuele III per le rituali consultazioni per risolvere la crisi di governo, ma non fu possibile raggiungere un accordo con Giolitti e il re diede l'incarico a Luigi Facta. Per aver violato il divieto di collaborazione con i partiti borghesi, nell'ottobre del 1922 la corrente riformista viene espulsa a pochi giorni dellaMarcia su Roma di Mussolini. Turati e i suoi danno quindi vita al Partito Socialista Unitario, il cui segretario, Giacomo Matteotti, sarà rapito e ucciso da alcuni fascisti il 10 giugno 1924.
Tra il 1925 e il 1926 Mussolini vieta i partiti e costringe all'esilio o al confino i socialisti. È proprio durante l'esilio che, nel 1930, in Francia, avviene la riunificazione tra i riformisti di Turati e i massimalisti, guidati dal giovane Pietro Nenni.
***
Repubblica 7.7.14
La tentazione di Vendola: emigrare in Canada “Da Sel troppe delusioni”
Il leader amareggiato dalla scissione: “Mollo tutto”
L’idea di seguire il compagno in un Paese che ammira
di Francesco Bei
ROMA. Lo sfogo - ché di sfogo si tratta - risalirebbe a qualche settimana fa, all’indomani delle Europee e delle polemiche laceranti dentro Sinistra ecologia e libertà. Parole dette con il cuore pesante e gli occhi velati di tristezza per lo spettacolo di un partito che implode e vede lo sgocciolio all’esterno di uno, due, tre, quattro, dieci, dodici deputati. Il capogruppo persino! E dunque ecco riaffacciarsi nel leader la tentazione dell’abbandono, la suggestione di una via di fuga da una politica che non riconosce più. «Mi viene da mollare tutto e andarmene in Canada quando avrò concluso il mio mandato da governatore».
I suoi collaboratori, l’onnipresente Paolo Fedeli, assicurano che si tratta di una bufala, magari di una voce messa in giro ad arte dagli avversari. Eppure, mettendo l’orecchio a terra, nella prateria di Sel si sente alzarsi una domanda tra i dirigenti e militanti rimasti fedeli: «Ma Nichi che fa?». A chi invece si chiedesse perché mai il Canada, la risposta è presto detta. Il compagno di vita di Vendola, Eddy Testa, è canadese. Ha studiato alla Concordia University di Montreal e alla Ottawa University. Con il suo paese natale mantiene ovviamente rap- porti, pur abitando insieme a Nichi a Terlizzi da una decina d’anni. Vendola poi ama il Canada. Al Corriere canadese, cinque anni fa, confessò tutta la sua ammirazione: «Il Canada è una realtà che ha un mix straordinariamente avanzato di diritti sociali, individuali e umani. La destra canadese in Italia sarebbe considerata non dico di estrema sinistra, ma quasi».
Un Eldorado dunque, verso il quale Vendola già guardava con struggimento nella terribile estate del 2012, quando si scoprì indagato per abuso d’ufficio in merito alla nomina di un primario all’ospedale San Paolo di Bari. Il processo lo vide assolto con formula piena, ma «la botta » era stata forte. E ancora adesso pesa su Vendola l’inchiesta che lo vede imputato di concussione aggravata nell’ambito dell’inchiesta sul disastro ambientale causato dall’Ilva. Nichi vorrebbe essere giudicato subito, liberarsi da un fardello che ne appesantisce la leadership, ma non è tanto semplice. I Riva infatti hanno chiesto lo spostamento del processo da Taranto e la Cassazione non si esprimerà prima di settembre-ottobre. Fino ad allora Vendola resterà sulla griglia.
Intanto la crisi di Sel non ha ancora trovato un punto di arrivo. Il capogruppo in sostituzione di Gennaro Migliore, che ha dato vita a Led, non è ancora stato trovato. Si parla di Arturo Scotto, un pontiere tra vendoliani e dissidenti (almeno quelli rimasti). Di questo e di come far uscire il partito dall’angolo si discuterà il 12 luglio nell’assemblea nazionale. Sperando che quello sul Canada non sia altro che uno sfogo. E finisca come quello di Veltroni sull’Africa.
Se qualcuno non se ne fosse accorto della morte della sinistra, oggi con la dichiarazione di Vendola ha la possibilità di rendersene perfettamente conto.
Il primo ciclo della sinistra italiana è finito. Punto.
La caratteristica principale di tutto il ciclo della sinistra italiana è stata la sua infinita capacità di dare corso ad una serie infinita di frantumazioni continue.
Dividersi è bello…………………..è stato il loro motto............
Sì certamente,……..in modo particolare per gli avversari.
Un po’ di storia:
Sinistra (politica)
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
La sinistra in Italia
Dalla nascita all'avvento della Repubblica
La fondazione del partito socialista (1892)
Su queste basi nel 1892 nasce a Genova il Partito dei Lavoratori Italiani che fonde in sé l'esperienza delPartito Operaio Italiano (nato nel 1882 a Milano), della Lega Socialista Milanese[13] (d'ispirazione riformista, fondata nel 1889 per iniziativa di Turati) e di molte leghe e movimenti italiani che si rifanno alsocialismo di ispirazione marxista.
La scelta di Genova come città in cui svolgere il congresso il 14 e 15 agosto del 1892, tra le altre cose, fu dovuta alla contemporanea presenza delle manifestazioni Colombiane per il quattrocentenario della scoperta delle Americhe: le ferrovie infatti in tale occasione avevano concesso degli scontri sui biglietti per il capoluogo ligure, che vennero sfruttati dai convenuti al congresso (la maggior parte dei quali provenivano dalle regioni del nord)[14]. La decisione genera attriti con i rappresentanti della locale Confederazione operaia genovese, inizialmente tenuti fuori dall'organizzazione dell'evento, e mediaticamente si rivelerà controproducente, essendo in quei giorni l'interesse dei quotidiani e delle riviste concentrato proprio sugli eventi(gare ginniche e regate) correlati alla grande esposizione colombiana, che finiranno per mettere in ombra il congresso.[14]
Al congresso si presenteranno circa 400 delegati, rappresentanti di interessi e posizioni non sempre allineate tra di loro[15]. Tra i fondatori della nuova formazione politica, si ricordano Filippo Turati e Guido Albertelli. Altri promotori furono Claudio Treves, Leonida Bissolati, Ghisleri, Ferri, che erano provenienti dall'esperienza del Positivismo.
Turati ed altri (Prampolini, Kuliscioff, Bosco, ecc..) furono a Genova fin dal 13 e proprio la sera di quel giorno si riunirono per discutere delle proposte da presentare nel congresso dei giorni seguenti. Gli esponenti anarchici, commentando al tempo questa riunione preparatoria, la descrissero come una riunione che aveva come tematiche le decisioni da prendere contro la corrente anarchica stessa. Gli attriti tra le due anime proseguirono il giorno successivo, nella sala Sivori, con la richiesta della parte anarchica (Pellaco, Galleani e Gori) di sospendere i lavori e la posizione di Turati e Prampolini che invece chiesero ed auspicarono una netta separazione tra le due correnti del movimento.[14] Turati decise quindi di riunire i congressisti che erano fedeli alla sua linea non più alla sala Sivori, ma nella sede dell'associazione garibaldina "Carabinieri Genovesi".
Il 15 agosto si ebbero quindi due incontri, quello degli appartenenti alla linea di Turati (circa i 2/3 dei rappresentanti convenuti a Genova[15]), che, dopo alcuni infruttuosi tentativi di mediazione tra le due correnti portati avanti da Andrea Costa, fonderà il Partito dei Lavoratori Italiani, e quella nella sala Sivori dove l'ala anarchica ed operaista (circa 80 delegati) darà vita ad un omonimo partito, la cui esistenza, di fatto, terminerà con la fine del congresso.[14][15] Turati è erede del radicalismo democratico; nel 1885 si era unito con la rivoluzionaria Anna Kuliscioff; conosce le opere di Marx ed Engels, fu attratto dalla socialdemocrazia tedesca e dalle associazioni operaie lombarde.
Turati considera il socialismo non dal punto di vista insurrezionale, ma come un ideale da calare nelle specifiche situazioni storiche. È nel 1893, nel Congresso di Reggio Emilia, che il partito si dà un'autonomia e un nome ufficiale come Partito Socialista dei Lavoratori Italiani, inglobando anche il Partito Socialista Rivoluzionario Italiano. Nell'ottobre del 1894 il partito venne sciolto per decreto a causa della repressione crispina. In contrapposizione alla repressione vi fu un'alleanza democratico-socialista alle elezioni del 1895, mentre gli attivisti si riorganizzavano come Partito Socialista Italiano.
L'uscita dei sindacalisti rivoluzionari (1907)
La repressione dei moti popolari del 1898 affievolisce il partito, che decide di promuovere l'alleanza di tutti partiti dell'estrema sinistra(socialista, repubblicano e radicale). La direzione turatiana vede di buon occhio l'apertura liberale di Giovanni Giolitti nel 1901 ma, in reazione alla politica dei blocchi popolari e al ministerialismo dei riformisti, dal 1902 appare una corrente rivoluzionaria - guidata daArturo Labriola - che condivide con l'intransigente Enrico Ferri la direzione del partito dal 1904 al 1906.
Dopo lo sciopero generale del settembre 1904 - il primo di questa ampiezza in Italia - questa corrente propugna i metodi delsindacalismo rivoluzionario mentre i suoi rapporti con il resto del partito vanno peggiorando a tal punto che in un suo congresso, avvenuto a Ferrara nel 1907, è decisa l'uscita dal partito e l'incremento dell'azione autonoma sindacale. Nel 1906, Ferri, a capo della corrente "integralista" e in accordo con i riformisti di Turati, riuscì a conservare la direzione del partito, nonostante la rottura con Labriola, tenendo anche la direzione dell'Avanti!, fino alle sue dimissioni nel 1908, quando Ferri cederà di nuovo la segreteria a Turati.
Crescenti divisioni, la presenza di Mussolini (1910)
Il congresso tenuto a Milano nel 1910 mette in luce crescenti insoddisfazioni e nuove divisioni: Leonida Bissolati e Ivanoe Bonomi criticano Turati da destra, Giuseppe Emanuele Modigliani e Gaetano Salvemini da sinistra. All'estrema sinistra si schiera invece Benito Mussolini che, in qualità di rappresentante della federazione di Forlì, partecipa per la prima volta ad un congresso nazionale del partito.
La scissione del PSRI di Bissolati (1912)
Il congresso straordinario, convocato a Reggio Emilia, inasprisce le divisioni che attraversano il Partito riguardo all'impresa di Libia. Trionfa la corrente massimalista e si sancisce l'espulsione di una delle aree riformiste, capeggiata da Bonomi e Bissolati: quest'ultimo, nel 1911 si era recato al Quirinale per le consultazioni susseguenti la crisi del Governo Luzzatti, causando il malcontento del resto del partito, compreso quello di Turati, esponente di spicco dell'altra corrente riformista[16]. In merito all'espulsione dei tre esponenti, deve essere ricordato un fatto importante. Chi, prendendo la parola al congresso, vi si scagliò ferocemente contro, aizzando la folla contro di loro, fu un delegato politico della Romagna allora poco conosciuto: Mussolini, esponente nella corrente massimalista. In virtù di quell'arringa, Mussolini si guadagnerà una certa fama all'interno del PSI; una fama che, da lì a poco, gli consentirà anche di diventare direttore dell'Avanti!. Bissolati e i suoi, cacciati dal partito, daranno vita vita al Partito Socialista Riformista Italiano (PSRI).
La crisi dell'interventismo, Mussolini e il socialismo nazionale (1914-1919)
Allo scoppio della Prima guerra mondiale il partito sviluppò un forte impegno per la neutralità dell'Italia, ma con forti spaccature al suo interno che troveranno un punto di mediazione nella formula "né aderire né sabotare" di Costantino Lazzari. Allo stesso tempo con l'espulsione di Mussolini, dichiaratosi interventista, i nuovi socialisti nazionali da lui guidati e racchiusi intorno al giornale Il Popolo d'Italia daranno vita nel marzo 1919 ai Fasci italiani di combattimento, movimento di ispirazione - almeno inizialmente - socialrivoluzionaria e nazionalista. A partire dagli anni venti, con l'emergere del Partito Nazionale Fascista, le diverse anime del movimento socialista si mossero separatamente dando vita a tre differenti partiti.
La scissione comunista, quella riformista e la clandestinità
Nel 1921 si tiene a Livorno il XVII congresso del partito. Dopo giorni di dibattito serrato, i massimalisti unitari di Giacinto Menotti Serratiraccolgono 89.028 voti, i comunisti puri 58.783 ed i riformisti concentrazionisti 14.695[17]. I comunisti di Amadeo Bordiga escono dal congresso e fondano il Partito Comunista d'Italia, con lo scopo di aderire ai 21 punti dell'Internazionale Comunista: Lenin, infatti, aveva invitato il PSI a conformarsi ai dettami e ad espellere la corrente riformista di Turati, Treves e Prampolini, ricevendo tuttavia il diniego da parte di Menotti Serrati, che non intendeva affatto rompere con alcune delle voci più autorevoli, seppur minoritarie, del partito.
Nell'estate del 1922 Turati, senza rispettare la disciplina del partito, si reca da Vittorio Emanuele III per le rituali consultazioni per risolvere la crisi di governo, ma non fu possibile raggiungere un accordo con Giolitti e il re diede l'incarico a Luigi Facta. Per aver violato il divieto di collaborazione con i partiti borghesi, nell'ottobre del 1922 la corrente riformista viene espulsa a pochi giorni dellaMarcia su Roma di Mussolini. Turati e i suoi danno quindi vita al Partito Socialista Unitario, il cui segretario, Giacomo Matteotti, sarà rapito e ucciso da alcuni fascisti il 10 giugno 1924.
Tra il 1925 e il 1926 Mussolini vieta i partiti e costringe all'esilio o al confino i socialisti. È proprio durante l'esilio che, nel 1930, in Francia, avviene la riunificazione tra i riformisti di Turati e i massimalisti, guidati dal giovane Pietro Nenni.
***
Repubblica 7.7.14
La tentazione di Vendola: emigrare in Canada “Da Sel troppe delusioni”
Il leader amareggiato dalla scissione: “Mollo tutto”
L’idea di seguire il compagno in un Paese che ammira
di Francesco Bei
ROMA. Lo sfogo - ché di sfogo si tratta - risalirebbe a qualche settimana fa, all’indomani delle Europee e delle polemiche laceranti dentro Sinistra ecologia e libertà. Parole dette con il cuore pesante e gli occhi velati di tristezza per lo spettacolo di un partito che implode e vede lo sgocciolio all’esterno di uno, due, tre, quattro, dieci, dodici deputati. Il capogruppo persino! E dunque ecco riaffacciarsi nel leader la tentazione dell’abbandono, la suggestione di una via di fuga da una politica che non riconosce più. «Mi viene da mollare tutto e andarmene in Canada quando avrò concluso il mio mandato da governatore».
I suoi collaboratori, l’onnipresente Paolo Fedeli, assicurano che si tratta di una bufala, magari di una voce messa in giro ad arte dagli avversari. Eppure, mettendo l’orecchio a terra, nella prateria di Sel si sente alzarsi una domanda tra i dirigenti e militanti rimasti fedeli: «Ma Nichi che fa?». A chi invece si chiedesse perché mai il Canada, la risposta è presto detta. Il compagno di vita di Vendola, Eddy Testa, è canadese. Ha studiato alla Concordia University di Montreal e alla Ottawa University. Con il suo paese natale mantiene ovviamente rap- porti, pur abitando insieme a Nichi a Terlizzi da una decina d’anni. Vendola poi ama il Canada. Al Corriere canadese, cinque anni fa, confessò tutta la sua ammirazione: «Il Canada è una realtà che ha un mix straordinariamente avanzato di diritti sociali, individuali e umani. La destra canadese in Italia sarebbe considerata non dico di estrema sinistra, ma quasi».
Un Eldorado dunque, verso il quale Vendola già guardava con struggimento nella terribile estate del 2012, quando si scoprì indagato per abuso d’ufficio in merito alla nomina di un primario all’ospedale San Paolo di Bari. Il processo lo vide assolto con formula piena, ma «la botta » era stata forte. E ancora adesso pesa su Vendola l’inchiesta che lo vede imputato di concussione aggravata nell’ambito dell’inchiesta sul disastro ambientale causato dall’Ilva. Nichi vorrebbe essere giudicato subito, liberarsi da un fardello che ne appesantisce la leadership, ma non è tanto semplice. I Riva infatti hanno chiesto lo spostamento del processo da Taranto e la Cassazione non si esprimerà prima di settembre-ottobre. Fino ad allora Vendola resterà sulla griglia.
Intanto la crisi di Sel non ha ancora trovato un punto di arrivo. Il capogruppo in sostituzione di Gennaro Migliore, che ha dato vita a Led, non è ancora stato trovato. Si parla di Arturo Scotto, un pontiere tra vendoliani e dissidenti (almeno quelli rimasti). Di questo e di come far uscire il partito dall’angolo si discuterà il 12 luglio nell’assemblea nazionale. Sperando che quello sul Canada non sia altro che uno sfogo. E finisca come quello di Veltroni sull’Africa.