Contro la ferocia della sinistra, che l'ha portata alla rovina (anche grazie al web)
Luigi Manconi
Un antico conoscente, Massimo Falchi, del quale conservavo un ricordo cordiale e certamente amichevole, mi ha indirizzato un'invettiva di toni e contenuti che più aggressivi non si può. Un suo interlocutore sul web ha voluto irrobustirne la violenza verbale col seguente commento: "non ti viene voglia di spaccargli le gengive [a Manconi] a colpi di spranga"? (Va da sé che la sola risposta adeguata a un simile gentiluomo sarebbe il romanesco: manname tu' sorella. Ma siamo stati educati in un collegio del Cantone dei Grigioni o dei cari salesiani, chi lo ricorda più).
Una simile ferocia è dovuta al fatto che "come tanti colleghi del Pd" avrei votato "a favore dell'acquisto dei caccia F-35". In realtà l'affermazione non corrisponde al vero: ho votato, infatti, una mozione che chiede al governo di "non procedere a nessuna fase di ulteriore acquisizione [degli F-35] senza che il Parlamento si sia espresso nel merito, ai sensi dell'articolo 4 della legge 31 dicembre 2012, n. 244".
Capisco bene che la cosa possa non piacere e accetto volentieri critiche e contestazioni a proposito della posizione assunta. Ma questa vicenda è infinitamente più istruttiva, perché rivela due o tre cose assai importanti sulla rovina della cultura di sinistra in Italia. Nella violenta censura di quel singolo atto si manifesta una strana forma di sineddoche politica: la parte (l'adesione a quella mozione) vale per il tutto (la sinistra), e chi non la risolva nel modo in cui l'intransigentissimo Tribunale del Popolo pretende, non può che essere espulso dal suo campo politico.
Dunque, non mi si chiede conto delle mie scelte a proposito di esodati e immigrati, detenuti e pazienti psichiatrici, cassaintegrati e minoranze sessuali, bensì di una mia firma sotto una mozione di mediazione politica.
Questo è il procedimento logico-argomentativo di chi si affida a tal punto a presunte "discriminanti" fino a farne un feticcio simbolico e una norma etica. Oggi sugli F35 o sull'art.138 della Costituzione, domani sulle modalità di un intervento di protezione umanitaria dei civili in Siria o in un'altra crisi internazionale.
Al contrario, ogni opzione politica, pur con tutte le proprie implicazioni simboliche, non è altro che un'opzione politica contingente. Che matura alle condizioni date, e anche il critico più feroce (proprio per essere un critico incisivo) dovrebbe essere capace di valutare quelle condizioni prima di trasformare una singola e specifica decisione politica nel Massimo Principio Ordinatore.
Per le mie convinzioni politiche e culturali non avrei avuto alcuna difficoltà a sottoscrivere una qualsiasi altra bella mozione parlamentare contro gli F-35. Così come mi è capitato, nella contingenza della scelta e in considerazione degli attuali rapporti politici, di votarne una che non ne interrompe immediatamente il programma di acquisizione da parte dell'Italia.
La distanza tra le due opzioni è quella da sempre esistente tra l'etica della convinzione e l'etica della responsabilità: l'una e l'altra vanno bilanciate, con il loro valore, appunto, "etico"; non ce n'è una morale e una immorale, una "di sinistra" e una "di destra".
Ogni altra semplificazione è una forma di manicheismo, che tanto piace agli accademici della sineddoche politica, ma che non produrrà un giorno di pace in più in Medio Oriente.
Ma nemmeno questo rappresenta il cuore della questione, che si ritrova, a mio avviso, altrove. Ovvero in una gravissima alterazione del senso profondo della politica e delle poste in gioco che essa deve affrontare. So benissimo che la scelta a proposito degli F35 ha una forte valenza simbolica e che, anche se a questo fosse limitata, sarebbe sciocco sottovalutarla. Ma ciò che emerge è, in questo caso, la superfetazione ideologica alla quale vengono sottoposte quella scelta o altre simili.
La dichiarazione, perché proprio di questo si tratta (pronunciamento retorico e declamatorio), a proposito degli F35 o della Tav o di non so che, sussume tutta la politica, la surroga, pretende di rappresentarla nella sua totalità. E diventa - tanto più sul web - indicatore e discrimine di una scelta tra noi e gli altri, tra sinistra e destra e, poteva mancare?, tra Bene e Male. E questo è drammaticamente interessante (e desolante). Quella dichiarazione, infatti, è esattamente dichiarazione, flatus vocis, suono.
La cosa più facile del mondo e, allo stesso tempo, la più reazionaria interpretazione della politica che si possa immaginare. E lo è in un duplice significato. Perché - tanto più sul web - sostituisce l'azione, la mobilitazione, la militanza stessa. Si pavoneggia di sé e si esaurisce in sé.
E poi perché occulta tutto il resto (ho presente decine e decine di parlamentari, ma anche decine e decine di militanti che, dietro quella o quell'altra dichiarazione, celano il proprio spudorato tenace e furioso fancazzismo). Dunque, il dichiarare - quasi come un tempo il firmare appelli, quando non strettamente indispensabili, fa passare totalmente in secondo piano la politica, quella spesso non visibile o comunque modesta, quella della militanza quotidiana e dei piccoli passi, quella del lavoro oscuro e spesso "sporco" (ma perfino quello di molti parlamentari sconosciuti ai più).
Ormai per molti la sinistra, e la sinistra più sinistra, è quella di Antonio Di Pietro che grida a Silvio Berlusconi: Sei lo stupratore della democrazia ("forte, no? Tonino si che è coraggioso!"), e non il lavoro di Antigone e di A Buon Diritto per abrogare l'ergastolo. La sinistra, e la sinistra più sinistra, è la sottoscrizione online dell'urlo "giù le mani dalla Costituzione" e non la battaglia di Lasciatecientrare per garantire la tutela dei diritti umani nei Centri di identificazione e di espulsione.
E ancora: la sinistra, e la sinistra sinistra che più sinistra non si può, è quella che si mobilita, ogni due per tre, "contro l'inciucio" (termine talmente degradato dal sentirmi in imbarazzo anche solo a richiamarlo), e non quella che faticosamente tenta di trovare un percorso che, a Taranto e non solo lì, possa conciliare tutela della salute e difesa del lavoro.
Per ovvie ragioni di gusto non parlo di me, ma è difficile non pensare alla sorte capitata a Emma Bonino: il risibile sospetto sulla sua appartenenza al club Bilderberg rischia di oscurare lo straordinario lavoro compiuto a favore della Corte Penale Internazionale e contro le mutilazioni genitali femminili.
L'estrema e paradossale conseguenza di tutto ciò è che un grido sgangherato sul web, purché sia adeguatamente feroce, conta più "a sinistra" dell'attività di un volontario della Caritas. Non solo. Una simile alterazione del concetto di politica e del concetto di sinistra è, insieme, causa ed effetto di quella parte di opinione pubblica deforme e deformata che si manifesta attraverso il web.
Sappiamo fin troppo bene le straordinarie virtù e le grandi conquiste che la comunicazione online sta determinando. Ma questo rischia di farci sottovalutare i guasti quasi altrettanto profondi che sta producendo. L'ampliamento abnorme della platea e la diffusa presa di parola sembrano moltiplicare il numero degli interlocutori, ma allo stesso tempo, deteriorano la qualità dell'interlocuzione.
Lo stravolgimento delle parole e il conseguente ribaltamento semantico portano, con rapidità impressionante, all'abbrutimento del confronto. Il passaggio dal ruolo di oppositore al ruolo di nemico conosce una celerità che nessun'altra sede di confronto pubblico aveva finora consentito. E la natura immateriale del web incentiva viltà inenarrabili nell'aggressione verso chi la pensa diversamente; e non permette in alcun modo una relazione reale tra oppositori e rispettive opinioni.
Come faccio io a comunicare, a persuadere o a essere persuaso se il mio interlocutore si presenta come "plexiglas"? E quest'ultimo può essere un bravo militante di sinistra motivato e appassionato, e deluso da me e dalla mia parte politica, oppure un umbratile fan di Forza Nuova o, ancora, un sedentario la cui più attiva forma di partecipazione è stato quel clic sul proprio pc o, infine, un internettista totalmente disinteressato alla cosa pubblica che, inopinatamente, abbia deciso di "scendere in campo". Tutte, probabilmente, degnissime persone, ma più maschere che individui. Come io per loro.
http://www.huffingtonpost.it/luigi-manc ... _ref=italy