Top News
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Re: Top News
Rapina a mano armata
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Parcheggiare 12 ore all'ospedale Cà Granda 35 euro.
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Re: Top News
Allarme laureati, nel 2020 18 milioni in meno
E in Italia il "disallineamento" esiste già
(repubblica-it)
ROMA - Per tanti anni la laurea è stata il passaporto per il salto sociale, lo strumento migliore per il passaggio di classe. Poi è venuta la crisi, e molti giovani si sono ritrovati a rigirarsi per le mani quello che sembra essere diventato a tutti gli effetti un inutile pezzo di carta. Eppure, in futuro ci sarà sempre più spazio per laureati e post-laureati, assicurano Richard Dobbs e Anu Madgavkar, i ricercatori di McKinsey autori dell'indagine "Why the jobs problem is not going away" (perché permangono i problemi del lavoro). L'indagine parla di un "mismatch", di un disallineamento tra la domanda e l'offerta di laureati, che da qui al 2020 si allargherà sempre di più: nelle economie avanzate potrebbero mancare all'appello dai 16 ai 18 milioni di laureati, l'11% in meno rispetto alla domanda, con conseguenze dannose per la crescita del Pil.
Un mismatch preoccupante anche in Italia. Sarà così anche per l'Italia? Al momento il tasso di disoccupazione è al 10,7%, 34,5% per i giovani dai 15 ai 24 anni. Per cui non c'è da stupirsi se "negli ultimi anni la partecipazione dei giovani all'istruzione universitaria mostra una tendenza alla riduzione", dice Cristina Freguja, direttore centrale della Direzione delle statistiche socio-economiche dell'Istat. Infatti il "tasso di passaggio" dalla scuola secondaria all'università è sceso nell'anno accademico 2010-2011 al 61%, rileva l'Istat, contro il 73% dell'anno accademico 2003-2004, e il rapporto tra i laureati e la popolazione venticinquenne è al 32%, "mentre superava il 40% nel 2006". E quindi, conclude Freguja, "considerato il contesto demografico atteso per i prossimi decenni e in assenza di eventuali afflussi di immigrazione altamente qualificata, se questo trend dovesse proseguire, il mismatch tra domanda e offerta di lavoro di persone laureate potrebbe effettivamente assumere dimensioni rilevanti".
Un mercato del lavoro "ingiusto". A scoraggiare i giovani, rileva Andrea Cammelli, direttore di Almalaurea, le difficoltà del mercato del lavoro: "Mentre con il contrarsi dell'occupazione negli altri Paesi è cresciuta la quota di occupati ad alta qualificazione, nel nostro Paese è avvenuto il contrario". Tanto che "probabilmente almeno una parte dei laureati che in questi anni sono emigrati dall'Italia fanno parte del contingente di capitale umano che è andato a rinforzare l'ossatura dei sistemi produttivi dei nostri concorrenti!". Eppure "in Italia la percentuale di giovani laureati è al 27%, tra le più basse del mondo: negli Stati Uniti è al 40%", ricorda Francesco Pastore, professore di Economia Politica all'università di Napoli e segretario dell'Associazione Italiana degli Economisti del lavoro. Pochi laureati, e in difficoltà: la colpa principale, secondo Pastore, è che da noi il "mercato del lavoro è ingessato, ingiusto: la percentuale di persone che trova lavoro grazie ad amici e conoscenti è passata in pochi anni dal 28% a oltre il 40%, i giovani che lo trovano grazie ai centri dell'impiego sono appena il 2,5%, gli addetti in Italia sono pochissimi, uno per ogni 150 disoccupati, contro 1/48 in Germania e 1/24 in Gran Bretagna".
Una classe dirigente arretrata. Cambieranno le cose in futuro? Vale la pena di investire in una laurea? "Abbiamo un Paese che non cresce e che non crea occupazione - ammette Stefano Scabbio, presidente e ad di ManpowerGroup Italia e Iberia - e c'è anche un problema di classe dirigente poco preparata, che fa fatica a introdurre laureati brillanti nella propria organizzazione". Eppure, il sistema attuale fatto di piccole imprese concentrate nel settore manifatturiero, ragiona Scabbio, già non regge la concorrenza con gli altri Paesi: bisognerà passare a un sistema che metta al centro la ricerca e l'innovazione, le nuove tecnologie: "Abbiamo ancora un modello di sviluppo molto tradizionale, con poca tecnologia. Per cui i laureati molto preparati finiscono per andare all'estero, lì trovano opportunità. Ma già le cose stanno cambiando, e ci sono dei profili che già adesso sono molto ricercati in Italia: tutta l'area ingegneristica con indirizzo meccanico, elettronico o elettronico, ingegneria informatica, le lingue, economia e commercio per ruoli di controllo di gestione".
E' già allarme "disallineamento". Dalle indagini di Unioncamere emerge una richiesta non soddisfatta di laureati in Economia bancaria, ingegneria civile, informatica, meccanica e civile, scienze economico aziendale, farmacia, e in discipline sanitarie. Il mismatch tra domanda e offerta di figure professionali altamente qualificate non è un problema futuro, in realtà in Italia esiste già adesso, spiega il presidente di Unioncamere, Ferruccio Dardanello. E superarlo è fondamentale per la crescita: "La competitività di un Paese come il nostro, privo di risorse naturali, oggi come ieri si gioca sulla competenze delle persone, sulla qualità, originalità e innovatività delle loro idee e, soprattutto, sull'esistenza di un sistema-Paese in grado di valorizzare queste idee portandole sul mercato. Per questo è indispensabile che i nostri giovani siano messi in condizioni di scegliere un percorso formativo - a tutti i livelli - coerente con le esigenze delle imprese. Non a caso, da alcuni anni, le imprese hanno accentuato l'attenzione al tema della qualità delle risorse umane, puntando ancora di più sull'eccellenza per competere. Purtroppo il nostro mercato del lavoro continua a scontare un forte mismatch tra domanda e offerta di figure professionali altamente qualificate che, invece, sono oggi indispensabili per il successo di migliaia di piccole e medie imprese, in particolare di quelle impegnate nei settori trainanti del Made in Italy".
(24 ottobre 2012)
E in Italia il "disallineamento" esiste già
(repubblica-it)
ROMA - Per tanti anni la laurea è stata il passaporto per il salto sociale, lo strumento migliore per il passaggio di classe. Poi è venuta la crisi, e molti giovani si sono ritrovati a rigirarsi per le mani quello che sembra essere diventato a tutti gli effetti un inutile pezzo di carta. Eppure, in futuro ci sarà sempre più spazio per laureati e post-laureati, assicurano Richard Dobbs e Anu Madgavkar, i ricercatori di McKinsey autori dell'indagine "Why the jobs problem is not going away" (perché permangono i problemi del lavoro). L'indagine parla di un "mismatch", di un disallineamento tra la domanda e l'offerta di laureati, che da qui al 2020 si allargherà sempre di più: nelle economie avanzate potrebbero mancare all'appello dai 16 ai 18 milioni di laureati, l'11% in meno rispetto alla domanda, con conseguenze dannose per la crescita del Pil.
Un mismatch preoccupante anche in Italia. Sarà così anche per l'Italia? Al momento il tasso di disoccupazione è al 10,7%, 34,5% per i giovani dai 15 ai 24 anni. Per cui non c'è da stupirsi se "negli ultimi anni la partecipazione dei giovani all'istruzione universitaria mostra una tendenza alla riduzione", dice Cristina Freguja, direttore centrale della Direzione delle statistiche socio-economiche dell'Istat. Infatti il "tasso di passaggio" dalla scuola secondaria all'università è sceso nell'anno accademico 2010-2011 al 61%, rileva l'Istat, contro il 73% dell'anno accademico 2003-2004, e il rapporto tra i laureati e la popolazione venticinquenne è al 32%, "mentre superava il 40% nel 2006". E quindi, conclude Freguja, "considerato il contesto demografico atteso per i prossimi decenni e in assenza di eventuali afflussi di immigrazione altamente qualificata, se questo trend dovesse proseguire, il mismatch tra domanda e offerta di lavoro di persone laureate potrebbe effettivamente assumere dimensioni rilevanti".
Un mercato del lavoro "ingiusto". A scoraggiare i giovani, rileva Andrea Cammelli, direttore di Almalaurea, le difficoltà del mercato del lavoro: "Mentre con il contrarsi dell'occupazione negli altri Paesi è cresciuta la quota di occupati ad alta qualificazione, nel nostro Paese è avvenuto il contrario". Tanto che "probabilmente almeno una parte dei laureati che in questi anni sono emigrati dall'Italia fanno parte del contingente di capitale umano che è andato a rinforzare l'ossatura dei sistemi produttivi dei nostri concorrenti!". Eppure "in Italia la percentuale di giovani laureati è al 27%, tra le più basse del mondo: negli Stati Uniti è al 40%", ricorda Francesco Pastore, professore di Economia Politica all'università di Napoli e segretario dell'Associazione Italiana degli Economisti del lavoro. Pochi laureati, e in difficoltà: la colpa principale, secondo Pastore, è che da noi il "mercato del lavoro è ingessato, ingiusto: la percentuale di persone che trova lavoro grazie ad amici e conoscenti è passata in pochi anni dal 28% a oltre il 40%, i giovani che lo trovano grazie ai centri dell'impiego sono appena il 2,5%, gli addetti in Italia sono pochissimi, uno per ogni 150 disoccupati, contro 1/48 in Germania e 1/24 in Gran Bretagna".
Una classe dirigente arretrata. Cambieranno le cose in futuro? Vale la pena di investire in una laurea? "Abbiamo un Paese che non cresce e che non crea occupazione - ammette Stefano Scabbio, presidente e ad di ManpowerGroup Italia e Iberia - e c'è anche un problema di classe dirigente poco preparata, che fa fatica a introdurre laureati brillanti nella propria organizzazione". Eppure, il sistema attuale fatto di piccole imprese concentrate nel settore manifatturiero, ragiona Scabbio, già non regge la concorrenza con gli altri Paesi: bisognerà passare a un sistema che metta al centro la ricerca e l'innovazione, le nuove tecnologie: "Abbiamo ancora un modello di sviluppo molto tradizionale, con poca tecnologia. Per cui i laureati molto preparati finiscono per andare all'estero, lì trovano opportunità. Ma già le cose stanno cambiando, e ci sono dei profili che già adesso sono molto ricercati in Italia: tutta l'area ingegneristica con indirizzo meccanico, elettronico o elettronico, ingegneria informatica, le lingue, economia e commercio per ruoli di controllo di gestione".
E' già allarme "disallineamento". Dalle indagini di Unioncamere emerge una richiesta non soddisfatta di laureati in Economia bancaria, ingegneria civile, informatica, meccanica e civile, scienze economico aziendale, farmacia, e in discipline sanitarie. Il mismatch tra domanda e offerta di figure professionali altamente qualificate non è un problema futuro, in realtà in Italia esiste già adesso, spiega il presidente di Unioncamere, Ferruccio Dardanello. E superarlo è fondamentale per la crescita: "La competitività di un Paese come il nostro, privo di risorse naturali, oggi come ieri si gioca sulla competenze delle persone, sulla qualità, originalità e innovatività delle loro idee e, soprattutto, sull'esistenza di un sistema-Paese in grado di valorizzare queste idee portandole sul mercato. Per questo è indispensabile che i nostri giovani siano messi in condizioni di scegliere un percorso formativo - a tutti i livelli - coerente con le esigenze delle imprese. Non a caso, da alcuni anni, le imprese hanno accentuato l'attenzione al tema della qualità delle risorse umane, puntando ancora di più sull'eccellenza per competere. Purtroppo il nostro mercato del lavoro continua a scontare un forte mismatch tra domanda e offerta di figure professionali altamente qualificate che, invece, sono oggi indispensabili per il successo di migliaia di piccole e medie imprese, in particolare di quelle impegnate nei settori trainanti del Made in Italy".
(24 ottobre 2012)
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Re: Top News
Il problema dei laureati della scuola, della preparazione, è vecchio perlomeno di 40 anni.
Non deve stupire se siamo finiti così, questa è ancora una società primitiva che ama discutere di grandissime cazzate, ma dei problemi sociali e dell'evoluzione non ne vuol sapere, preferisce mettere la testa sotto la sabbia come gli struzzi.
Poi scoppiano le tragedie come se fossero cadute dal cielo.
Nun me dicit' niente, nun vogl' sapè niente, nun me chiammat'... E soprattutto... nun rumpit' e pall che oggi è mercoledì... m'aggia rilassà!
Non deve stupire se siamo finiti così, questa è ancora una società primitiva che ama discutere di grandissime cazzate, ma dei problemi sociali e dell'evoluzione non ne vuol sapere, preferisce mettere la testa sotto la sabbia come gli struzzi.
Poi scoppiano le tragedie come se fossero cadute dal cielo.
Nun me dicit' niente, nun vogl' sapè niente, nun me chiammat'... E soprattutto... nun rumpit' e pall che oggi è mercoledì... m'aggia rilassà!
Re: Top News
Italia: i figli dei ministri che sono "poco schizzinosi"
Sicuramente non ha fatto la schizzinosa Maria Maddalena Gnudi quando il padre, ilil ministro Gnudi (ex presidente Enel, quota Udc) le ha proposto di diventare socio del prestigioso Studio Gnudi. E il figlio di Corrado Passera? Che dire poi dei Fornero junior? La lista è lunga: ministro Fornero, prenda nota.
Roma - In un paese dove il 78% dei lavori si trova per «segnalazione» (dato Eurostat), i figli di banchieri, professori universitari, rettori, presidenti di Cda, prefetti, manager pubblici, tutti futuri (attuali) ministri, non hanno tempo per essere choosy, «schizzinosi»: il lavoro arriva e coi fiocchi.
Al di là dei loro sicuri meriti, non deve aver fatto la schizzinosa Maria Maddalena Gnudi quando il padre, il ministro Gnudi (ex presidente Enel, quota Udc) le ha proposto di diventare socio del prestigioso Studio Gnudi (commercialisti in quel di Bologna), il suo. Approdo sicuro anche per Eleonora Di Benedetto, avvocato 35enne, assunta da uno dei più importanti studi legali di Roma, lo studio Severino, quello della madre Paola, ministro della Giustizia.
Ma non tutti i brillanti figli si impiegano indoor, altri lo fanno outdoor, sempre ad altissimi livelli. Come Costanza Profumo, brillante architetto laureata al Politecnico di Torino, figlia del rettore del Politecnico di Torino Francesco Profumo (ora ministro dell'Istruzione), ha lavorato nello studio newyorkese dell'archistar Daniel Libeskind, ora pare sia a Rio de Janeiro. Carlo Clini, figlio del ministro dell'Ambiente Corrado, è rimasto invece in Europa, a Bruxelles, dove coordina progetti per la Regione Veneto.
Ricordate Carlo Malinconico, il sottosegretario tecnico che si è dimesso per una vacanza pagata da altri? Suo figlio, Stefano, avvocato, ha fatto pratica nello studio Malinconico (del padre), poi ha trovato lavoro al ministero dell'Ambiente dov'era direttore generale Corrado Clini (ex collega di governo del padre), e quindi all'Antitrust, quando il presidente era il sottosegretario Catricalà, (ex) collega del padre nel governo Monti. A sua volta il segretario Catricalà, che ha gestito l'Antitrust per sei anni, ha una figlia che è in una società, Terna, partecipata dal ministero dell'Economia, dove da sempre siede Vittorio Grilli, ministro dell'Economia, che però ha figli ancora in età scolare.
Brillante carriera per un altro rampollo, Luigi Passera, figlio del ministro Passera. Passera jr., dopo la laurea in Bocconi (come il padre) si è occupato di marketing per la Piaggio, società di Colaninno, partner dell'ex ad di Intesa nella cordata di salvataggio Alitalia. Ora Passera jr ha un impiego di tutto rispetto presso la multinazionale Procter & Gamble.
Di Monti jr, invece, si sono perse le tracce. Dopo aver lavorato a Londra per Citigroup e Morgan Stanley, il figlio del premier era stato chiamato alla Parmalat da Enrico Bondi (a sua volta poi chiamato da Monti padre come commissario straordinario per la spending review). Dopo le polemiche sul posto fisso (il premier disse che era «noioso») il curriculum del figlio, che nel frattempo ha lasciato Parmalat, è sparito dal web. Si sa però che la seconda figlia di Monti, Federica, ha lavorato nel prestigioso studio Ambrosetti , quelli del Forum Ambrosetti di Cernobbio, dove si riunisce la crème dell'economia italiana. E che poi ha sposato Antonio Ambrosetti, unico figlio maschio degli Ambrosetti.
Benissimo è andata a Giorgio Peluso, 42 anni, figlio del ministro Cancellieri. Già assunto trentenne come direttore di Unicredit, poi direttore generale di Fondiaria Sai a 500mila euro l'anno, l'ha in questi giorni lasciata con una buonuscita di 3,6 milioni, scoperta dal Fatto. Ma non è rimasto a spasso: assunto da Telecom Italia come Chief Financial Officer.
Poi c'è la Fornero. La figlia Silvia ha una cattedra all'Università di Torino (dove madre e padre sono professori ordinari), e lavora in una fondazione finanziata da Intesa (dove la madre era nel consiglio di Sorveglianza). L'altro figlio, Andrea Deaglio, invece, è uno stimato regista e produttore di film socialmente impegnati (emarginazione, minoranze etniche). Chissà cosa pensa dei choosy.
Fonte: http://www.wallstreetitalia.com/article ... inosi.aspx
Sicuramente non ha fatto la schizzinosa Maria Maddalena Gnudi quando il padre, ilil ministro Gnudi (ex presidente Enel, quota Udc) le ha proposto di diventare socio del prestigioso Studio Gnudi. E il figlio di Corrado Passera? Che dire poi dei Fornero junior? La lista è lunga: ministro Fornero, prenda nota.
Roma - In un paese dove il 78% dei lavori si trova per «segnalazione» (dato Eurostat), i figli di banchieri, professori universitari, rettori, presidenti di Cda, prefetti, manager pubblici, tutti futuri (attuali) ministri, non hanno tempo per essere choosy, «schizzinosi»: il lavoro arriva e coi fiocchi.
Al di là dei loro sicuri meriti, non deve aver fatto la schizzinosa Maria Maddalena Gnudi quando il padre, il ministro Gnudi (ex presidente Enel, quota Udc) le ha proposto di diventare socio del prestigioso Studio Gnudi (commercialisti in quel di Bologna), il suo. Approdo sicuro anche per Eleonora Di Benedetto, avvocato 35enne, assunta da uno dei più importanti studi legali di Roma, lo studio Severino, quello della madre Paola, ministro della Giustizia.
Ma non tutti i brillanti figli si impiegano indoor, altri lo fanno outdoor, sempre ad altissimi livelli. Come Costanza Profumo, brillante architetto laureata al Politecnico di Torino, figlia del rettore del Politecnico di Torino Francesco Profumo (ora ministro dell'Istruzione), ha lavorato nello studio newyorkese dell'archistar Daniel Libeskind, ora pare sia a Rio de Janeiro. Carlo Clini, figlio del ministro dell'Ambiente Corrado, è rimasto invece in Europa, a Bruxelles, dove coordina progetti per la Regione Veneto.
Ricordate Carlo Malinconico, il sottosegretario tecnico che si è dimesso per una vacanza pagata da altri? Suo figlio, Stefano, avvocato, ha fatto pratica nello studio Malinconico (del padre), poi ha trovato lavoro al ministero dell'Ambiente dov'era direttore generale Corrado Clini (ex collega di governo del padre), e quindi all'Antitrust, quando il presidente era il sottosegretario Catricalà, (ex) collega del padre nel governo Monti. A sua volta il segretario Catricalà, che ha gestito l'Antitrust per sei anni, ha una figlia che è in una società, Terna, partecipata dal ministero dell'Economia, dove da sempre siede Vittorio Grilli, ministro dell'Economia, che però ha figli ancora in età scolare.
Brillante carriera per un altro rampollo, Luigi Passera, figlio del ministro Passera. Passera jr., dopo la laurea in Bocconi (come il padre) si è occupato di marketing per la Piaggio, società di Colaninno, partner dell'ex ad di Intesa nella cordata di salvataggio Alitalia. Ora Passera jr ha un impiego di tutto rispetto presso la multinazionale Procter & Gamble.
Di Monti jr, invece, si sono perse le tracce. Dopo aver lavorato a Londra per Citigroup e Morgan Stanley, il figlio del premier era stato chiamato alla Parmalat da Enrico Bondi (a sua volta poi chiamato da Monti padre come commissario straordinario per la spending review). Dopo le polemiche sul posto fisso (il premier disse che era «noioso») il curriculum del figlio, che nel frattempo ha lasciato Parmalat, è sparito dal web. Si sa però che la seconda figlia di Monti, Federica, ha lavorato nel prestigioso studio Ambrosetti , quelli del Forum Ambrosetti di Cernobbio, dove si riunisce la crème dell'economia italiana. E che poi ha sposato Antonio Ambrosetti, unico figlio maschio degli Ambrosetti.
Benissimo è andata a Giorgio Peluso, 42 anni, figlio del ministro Cancellieri. Già assunto trentenne come direttore di Unicredit, poi direttore generale di Fondiaria Sai a 500mila euro l'anno, l'ha in questi giorni lasciata con una buonuscita di 3,6 milioni, scoperta dal Fatto. Ma non è rimasto a spasso: assunto da Telecom Italia come Chief Financial Officer.
Poi c'è la Fornero. La figlia Silvia ha una cattedra all'Università di Torino (dove madre e padre sono professori ordinari), e lavora in una fondazione finanziata da Intesa (dove la madre era nel consiglio di Sorveglianza). L'altro figlio, Andrea Deaglio, invece, è uno stimato regista e produttore di film socialmente impegnati (emarginazione, minoranze etniche). Chissà cosa pensa dei choosy.
Fonte: http://www.wallstreetitalia.com/article ... inosi.aspx
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Re: Top News
........................................................................................Maucat ha scritto:Io a suo tempo ho studiato Geofisica e posso affermare che prevedere un terremoto con buona probabilità è impossibile e dando allarmi ingiustificati si possono creare problemi ancor maggiori. Si può giudicare non adeguatamente professionale la mancanza di valutazione della situazione al 31/3/2009 ma da quì a parlare di omicidio colposo il passo è troppo lungo. Si può sicuramente sollevare dai loro incarichi accademici gli autori dell'analisi incompleta e avviarli a nuove professioni ma accusarli di omicidio no.peanuts ha scritto:Dico la verità. La sentenza sul terremoto mi lascia un po' perplesso.
Attenzione: ai denni degli aquilani, dopo quella notte, è stato fatto di tutto. Il clown ha fatto le new town (belle eh...) invece di ridargli la città. Gli imprenditori ridevano pensando ai guadagni. Tutt'ora la situazione è uno schifo.
Però.
Per quanto possano esserci una serie di scosse "sospette", come fai ad avere una certezza matematica che possa arrivare una scossa del genere?
Semmai, il grande errore è stato non costruire con criteri antisismici e non mettere in sicurezza preventivamente i palazzi a rischio, conoscendo la sismicità della zona.
Ma che dovevi fare? Evacuare una provincia intera? Per quanto tempo?
Ho idea che siano state messe in mezzo le persone sbagliate. Anche in Irpinia crollarono costruzioni fatte con sabbia e bulloni, uno scandalo. Quelli che costruirono così hanno pagato?
Boh, sono molto perplesso.
Invece chi per anni ha autorizzato costruzioni in zone pericolose, chi ha costruito usando materiali scadenti e non antisismici, chi non ha controllato quello che veniva costruito rimane allegramente fuori dai procedimenti giudiziari.
http://www.presadiretta.rai.it/dl/porta ... e2dc0.html
.........................................................................
Chi non ha visto presa diretta eccolo qui.
Ciao
Paolo11
Re: Top News
No Monti Day, studenti e comunisti in piazza: due mondi a parte uniti dal sogno della protesta. Ma l'Italia non è la Grecia
L'Huffington Post | Di Angela Mauro
Pubblicato: 27/10/2012 19:45 CEST Aggiornato: 27/10/2012 20:10 CEST
“E’ l’Europa che ce lo chiede”. Un semplice slogan sullo striscione di testa evoca tutto il ragionamento che ha portato migliaia di studenti a scendere in piazza per un No Monti Day che non hanno convocato loro. In piazza contro le politiche di austerity imposte dall’Ue e recepite dal governo dei tecnici, in piazza come gli Indignados spagnoli e gli ‘Occupy greci e americani. In piazza anche se le altre sigle che compongono il corteo di oggi nella capitale non c’entrano niente con le organizzazioni studentesche, né con i centri sociali.
Vintage, a dir poco. D’antan, per dirla in altro modo. Studenti a parte, la manifestazione nazionale a Roma è stata una sfilata di falci e martelli, bandiere rosse, sigle ‘comuniste’ di varia origine e natura come non si vedeva da tempo. Niente a che fare con le variegate realtà che scesero in piazza l’anno scorso il 15 ottobre, giornata di scontri (mentre il bilancio è ristretto al danneggiamento di qualche banca) ma anche di numeri più grossi in piazza. Il ‘monocolore’ di oggi colpisce. “Manca la gente normale che ha perso il lavoro, è arrabbiata, eppure qui non c’è...”, riflette guardandosi intorno Tano D’Amico, una vita a fotografare movimenti sociali e sinistra in piazza, dagli anni ’70 a quelli del G8 di Genova e oltre. Corteo militante, in effetti, manca la gente normalmente meno impegnata ma che “in piazza oggi ci sarebbe venuta”, continua Tano. Ci sarebbe venuta, se non fosse che questa manifestazione è nata fin dall’inizio chiusa nel recinto di una sinistra comunista ‘old style’ e del sindacalismo di base, al di là delle stesse intenzioni dei promotori (Usb, Cobas, Prc, la fronda anti-Landini della Fiom capitanata da Giorgio Cremaschi, il Partito Comunista dei Lavoratori di Ferrando…).
GUARDA I VIDEO IN FONDO ALLA PAGINA
Alla fine, gli studenti sono scesi in piazza ugualmente, con riluttanza e distanza verso chi ha indetto la giornata, così ti dicono mentre sfilano dall’Università La Sapienza verso il punto di inizio della manifestazione in piazza della Repubblica. Insomma, c’è anche un po’ di atteggiamento ‘choosy’, per dirla con termini attuali, verso i promotori del corteo. Ma vale la pena esserci, concludono, “ci serve anche per lanciare le giornate di metà novembre”, spiega uno di loro, Francesco Raparelli, ricercatore precario. Il 14 novembre è giornata di sciopero generale in Spagna, Grecia e Portogallo. In Italia il 16 novembre sciopereranno i soli metalmeccanici di Fiom, Fim e Uilm. Una discrasia che le organizzazioni studentesche hanno deciso di contestare, proclamando giornate di mobilitazione in tutt’Italia così come avverrà in altri paesi europei.
Insomma, nello stesso giorno in cui Silvio Berlusconi impreca contro Monti arrivando a minacciare di sfilare la fiducia al governo, il No Monti Day della sinistra nasce e si sviluppa monco. In piazza San Giovanni, punto di arrivo della manifestazione, le due parti della marcia – comunisti e studenti – si sfiorano soltanto, ignorandosi. Appena arrivati, i secondi non si fermano nemmeno per un saluto e proseguono invece in corteo non autorizzato verso Santa Croce in Gerusalemme, da dove andranno a bloccare la tangenziale est, un classico delle ultime mobilitazioni a Roma. Due mondi a parte, questo è. Uniti nell’aspirazione di reagire alla crisi come si fa a Madrid, con le tende in piazza, o come si fa in Grecia, con gli scontri in piazza Sintagma. Niente di tutto questo: l’Italia è un caso a parte.
L'Huffington Post | Di Angela Mauro
Pubblicato: 27/10/2012 19:45 CEST Aggiornato: 27/10/2012 20:10 CEST
“E’ l’Europa che ce lo chiede”. Un semplice slogan sullo striscione di testa evoca tutto il ragionamento che ha portato migliaia di studenti a scendere in piazza per un No Monti Day che non hanno convocato loro. In piazza contro le politiche di austerity imposte dall’Ue e recepite dal governo dei tecnici, in piazza come gli Indignados spagnoli e gli ‘Occupy greci e americani. In piazza anche se le altre sigle che compongono il corteo di oggi nella capitale non c’entrano niente con le organizzazioni studentesche, né con i centri sociali.
Vintage, a dir poco. D’antan, per dirla in altro modo. Studenti a parte, la manifestazione nazionale a Roma è stata una sfilata di falci e martelli, bandiere rosse, sigle ‘comuniste’ di varia origine e natura come non si vedeva da tempo. Niente a che fare con le variegate realtà che scesero in piazza l’anno scorso il 15 ottobre, giornata di scontri (mentre il bilancio è ristretto al danneggiamento di qualche banca) ma anche di numeri più grossi in piazza. Il ‘monocolore’ di oggi colpisce. “Manca la gente normale che ha perso il lavoro, è arrabbiata, eppure qui non c’è...”, riflette guardandosi intorno Tano D’Amico, una vita a fotografare movimenti sociali e sinistra in piazza, dagli anni ’70 a quelli del G8 di Genova e oltre. Corteo militante, in effetti, manca la gente normalmente meno impegnata ma che “in piazza oggi ci sarebbe venuta”, continua Tano. Ci sarebbe venuta, se non fosse che questa manifestazione è nata fin dall’inizio chiusa nel recinto di una sinistra comunista ‘old style’ e del sindacalismo di base, al di là delle stesse intenzioni dei promotori (Usb, Cobas, Prc, la fronda anti-Landini della Fiom capitanata da Giorgio Cremaschi, il Partito Comunista dei Lavoratori di Ferrando…).
GUARDA I VIDEO IN FONDO ALLA PAGINA
Alla fine, gli studenti sono scesi in piazza ugualmente, con riluttanza e distanza verso chi ha indetto la giornata, così ti dicono mentre sfilano dall’Università La Sapienza verso il punto di inizio della manifestazione in piazza della Repubblica. Insomma, c’è anche un po’ di atteggiamento ‘choosy’, per dirla con termini attuali, verso i promotori del corteo. Ma vale la pena esserci, concludono, “ci serve anche per lanciare le giornate di metà novembre”, spiega uno di loro, Francesco Raparelli, ricercatore precario. Il 14 novembre è giornata di sciopero generale in Spagna, Grecia e Portogallo. In Italia il 16 novembre sciopereranno i soli metalmeccanici di Fiom, Fim e Uilm. Una discrasia che le organizzazioni studentesche hanno deciso di contestare, proclamando giornate di mobilitazione in tutt’Italia così come avverrà in altri paesi europei.
Insomma, nello stesso giorno in cui Silvio Berlusconi impreca contro Monti arrivando a minacciare di sfilare la fiducia al governo, il No Monti Day della sinistra nasce e si sviluppa monco. In piazza San Giovanni, punto di arrivo della manifestazione, le due parti della marcia – comunisti e studenti – si sfiorano soltanto, ignorandosi. Appena arrivati, i secondi non si fermano nemmeno per un saluto e proseguono invece in corteo non autorizzato verso Santa Croce in Gerusalemme, da dove andranno a bloccare la tangenziale est, un classico delle ultime mobilitazioni a Roma. Due mondi a parte, questo è. Uniti nell’aspirazione di reagire alla crisi come si fa a Madrid, con le tende in piazza, o come si fa in Grecia, con gli scontri in piazza Sintagma. Niente di tutto questo: l’Italia è un caso a parte.
Re: Top News
Mi sembra di essere a Bisanzio. Come fanno ad avere ragione entrambi?
CENTROSINISTRA
Primarie, Garante Privacy risponde a Renzi
albo degli elettori non può essere pubblicato
L'autorità si esprime sui rilievi presentati dal sindaco di Firenze sulle regole per prendere parte alla consultazione. Il registro potrà essere utilizzato esclusivamente ai fini delle verifiche legate alle operazioni di voto. Esulta il rottamatore: "Sconfitta la prepotenza del Pd". La replica dei bersaniani: "Confermato quanto già previsto"
ROMA - "L'albo degli elettori" delle primarie di coalizione del centrosinistra non sarà diffuso pubblicamente. Il Garante della privacy, rispondendo al parere richiesto da Matteo Renzi, prende "atto che il comitato, con apposita comunicazione inviata all'autorità, ne ha escluso la diffusione. L'albo verrà utilizzato esclusivamente ai fini delle verifiche legate alle operazioni di voto".
Il sindaco di Firenze, così come alcuni privati cittadini interessati a prendere parte alle primarie del centro sinistra, aveva segnalato all'Autorità profili di criticità riguardo alla possibile diffusione delle informazioni concernenti i partecipanti alle elezioni, in particolare relativamente all'eventuale diffusione dei nominativi dei sottoscrittori del "pubblico appello" e degli iscritti all'albo degli elettori e al rilascio del consenso informato in occasione della raccolta dei dati.
Il Garante, si precisa in una nota, "ha formulato le proprie valutazioni riguardo ai soli profili di protezione dati, con l'esclusione di qualsiasi considerazione di merito sulle disposizioni regolamentari adottate che esulano dalla sua competenza, tenuto conto dell'autonomia organizzativa propria delle associazioni politiche". La sottoscrizione del "pubblico appello" e l'iscrizione nell'"albo degli elettori" comportano - ha osservato innanzitutto il Garante - un trattamento di dati personali di natura sensibile, in quanto idonei a rivelare le opinioni politiche o l'adesione a partiti, associazioni o organizzazioni a carattere politico. L'albo verrà utilizzato esclusivamente ai fini delle verifiche legate alle operazioni di voto.
La decisione dell'Autorità lascia tutti contenti. "Dimostra la linearità del nostro lavoro finalizzato a favorire la partecipazione più ampia possibile in una cornice di trasparenza e regole certe. E' una grande sfida di democrazia, dunque, che rispetta le regole della privacy", commenta Luigi Berlinguer, presidente del collegio dei garanti della coalizione di centrosinistra Italiabenecomune. Soddisfatto anche lo staff di Renzi. "Ci ha dato ragione su tutto: ci sarà quindi la possibilità della preiscrizione online e la tutela dei dati sensibili per tutti gli elettori! Avremo quindi primarie più libere di quelle pensate dall'apparato del Pd al quale la prepotenza non ha portato fortuna!!! spiace....", scrive su Facebook Roberto Reggi, coordinatore della campagna del "rottamatore".
Parole alle quali ha prontamente replicato Alessandra Moretti, portavoce del Comitato Bersani. "Stupisce l'entusiasmo dei sostenitori di Renzi - si legge in una nota - per un pronunciamento che non fa altro che confermare l'impostazione già prevista dai garanti delle Primarie. In particolare si conferma che l'albo dei sottoscrittori dell'appello del centrosinistra è pubblico, anche se - esattamente come previsto dal regolamento dei garanti della coalizione - non divulgabile on line".
(31 ottobre 2012)
http://www.repubblica.it/politica/2012/ ... ef=HREC1-7
CENTROSINISTRA
Primarie, Garante Privacy risponde a Renzi
albo degli elettori non può essere pubblicato
L'autorità si esprime sui rilievi presentati dal sindaco di Firenze sulle regole per prendere parte alla consultazione. Il registro potrà essere utilizzato esclusivamente ai fini delle verifiche legate alle operazioni di voto. Esulta il rottamatore: "Sconfitta la prepotenza del Pd". La replica dei bersaniani: "Confermato quanto già previsto"
ROMA - "L'albo degli elettori" delle primarie di coalizione del centrosinistra non sarà diffuso pubblicamente. Il Garante della privacy, rispondendo al parere richiesto da Matteo Renzi, prende "atto che il comitato, con apposita comunicazione inviata all'autorità, ne ha escluso la diffusione. L'albo verrà utilizzato esclusivamente ai fini delle verifiche legate alle operazioni di voto".
Il sindaco di Firenze, così come alcuni privati cittadini interessati a prendere parte alle primarie del centro sinistra, aveva segnalato all'Autorità profili di criticità riguardo alla possibile diffusione delle informazioni concernenti i partecipanti alle elezioni, in particolare relativamente all'eventuale diffusione dei nominativi dei sottoscrittori del "pubblico appello" e degli iscritti all'albo degli elettori e al rilascio del consenso informato in occasione della raccolta dei dati.
Il Garante, si precisa in una nota, "ha formulato le proprie valutazioni riguardo ai soli profili di protezione dati, con l'esclusione di qualsiasi considerazione di merito sulle disposizioni regolamentari adottate che esulano dalla sua competenza, tenuto conto dell'autonomia organizzativa propria delle associazioni politiche". La sottoscrizione del "pubblico appello" e l'iscrizione nell'"albo degli elettori" comportano - ha osservato innanzitutto il Garante - un trattamento di dati personali di natura sensibile, in quanto idonei a rivelare le opinioni politiche o l'adesione a partiti, associazioni o organizzazioni a carattere politico. L'albo verrà utilizzato esclusivamente ai fini delle verifiche legate alle operazioni di voto.
La decisione dell'Autorità lascia tutti contenti. "Dimostra la linearità del nostro lavoro finalizzato a favorire la partecipazione più ampia possibile in una cornice di trasparenza e regole certe. E' una grande sfida di democrazia, dunque, che rispetta le regole della privacy", commenta Luigi Berlinguer, presidente del collegio dei garanti della coalizione di centrosinistra Italiabenecomune. Soddisfatto anche lo staff di Renzi. "Ci ha dato ragione su tutto: ci sarà quindi la possibilità della preiscrizione online e la tutela dei dati sensibili per tutti gli elettori! Avremo quindi primarie più libere di quelle pensate dall'apparato del Pd al quale la prepotenza non ha portato fortuna!!! spiace....", scrive su Facebook Roberto Reggi, coordinatore della campagna del "rottamatore".
Parole alle quali ha prontamente replicato Alessandra Moretti, portavoce del Comitato Bersani. "Stupisce l'entusiasmo dei sostenitori di Renzi - si legge in una nota - per un pronunciamento che non fa altro che confermare l'impostazione già prevista dai garanti delle Primarie. In particolare si conferma che l'albo dei sottoscrittori dell'appello del centrosinistra è pubblico, anche se - esattamente come previsto dal regolamento dei garanti della coalizione - non divulgabile on line".
(31 ottobre 2012)
http://www.repubblica.it/politica/2012/ ... ef=HREC1-7
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Re: Top News
1- DA DESTRA A SINISTRA, DAL “GIORNALE” AL “FATTO” UN GRIDO S’ALZA! ROTTAMATELI!
2- PER I PARAGURU DEL “PARTITO MORALISTA ITALIANO” FAZIO E SAVIANO! E’ NOTTE FONDA -
3- SUL QUOTIDIANO DI SALLUSTI UNA CRITICA A SAVIANO CI STA: “DIVIDETE QUEI DUE. SEPARATELI. IN MODO CONSENSUALE, SENZA SCENATE E SENZA TRAUMI. DA BUONI AMICI, OGNUNO PER LA PROPRIA STRADA TELEVISIVA. È STATO BELLO E ANCHE INTENSO. MA OGGI SAVIANO SI È NORMALIZZATO, OMOLOGATO, ASSORBITO DAL POLITICAMENTE CORRETTO” - 4- E’ SUL GIORNALE DI TRAVAGLIO & PADELLARO CHE FA SOBBALZARE CHÈ INFIERISCE SENZA PIETÀ SUL MARTIRE DI GOMORRA: “MARZIANI IN TELEVISIONE CE NE SONO TANTI, MA NESSUNO ASSOMIGLIA ALL’INDIMENTICABILE MARZIANO A ROMA DI ENNIO FLAJANO PIÙ DI ROBERTO SAVIANO. L’ALTRA SERA TRA LUI E DEL DEBBIO C’ERA POCO PIÙ CHE UN’INCOLLATURA SEGNO CHE IL DISINCANTO GENERALE NON RISPARMIA NESSUNO…” -
Con le vignette di Vauro
http://www.dagospia.com/rubrica-2/media ... -46168.htm
1-CHE BARBA CHE NOIA FAZIO E SAVIANO IN "CRISI DI COPPIA"
Maurizio Caverzan per Il Giornale
ROBERTO SAVIANO E FABIO FAZIO
VAURO SU FAZIO GRILLO SAVIANO
Dividete quei due. Separateli. In modo consensuale, senza scenate e senza traumi. Da buoni amici, ognuno per la propria strada televisiva. È stato bello e anche intenso. Una novità riconosciuta Vieniviaconme, con le milionate di telespettatori e la scia mediatica che aveva generato. Un po' meno dirompente ma sempre tonica Quellochenonho, in libera uscita su La7, che costava un milione a puntata e di ascolti ne faceva quanto un Santoro qualsiasi (13 per cento o giù di lì) che costa un quarto. Adesso nel lunedì di Che tempo che fa siamo precipitati come Baumgartner al 9 per cento.
Certo, qualche punto in più della media di rete che in quel giorno era piuttosto fiacca. Va bene. Ma chi ha negli occhi e nelle orecchie il rutilar di tanti e tali successi come può acconciarsi al galleggiamento? La premiata ditta Fazio&Saviano era sinonimo di evento televisivo, di prime pagine e polemiche infuocate. Come può accettare una normalità così malinconica come quei campioni che hanno vinto Mondiali e Champions League e ora giocano nel campionato svizzero o australiano? Pietà. Ne abbiamo già tante di malinconie da metabolizzare...
L'altra sera Che tempo che fa ha raccolto il 9,36 per cento di share con 2 milioni 700mila telespettatori medi, seicentomila in meno della precedente puntata con Saviano (trecentomila meno dell'ultima, quando Saviano non c'era). Il picco di ascolto è stato toccato all'inizio durante le interviste a Nichi Vendola e a David Grossman, il quale si è accomodato con un Shalom ricambiato dal correttissimo Fazio (a quando Allah è grande?).
FAZIO SAVIANO LITTIZZETTO
SAVIANO FAZIO B
Quando è entrato in scena Saviano, alle 22,20 circa, lo share vivacchiava attorno al 9 per cento ed è lentamente risalito di un punto durante la lunga lezione sulle faide di camorra, culminata nell'appello al governo dopo la tragica ed erronea uccisione di Pasquale Romano detto Lino, avvenuta a metà ottobre. «Questo non è "un" problema; è "il" problema», ha concluso l'autore di Gomorra. Al quale, com'è noto, gli argomenti non mancano. Ma sulla gerarchia delle emergenze italiane ci sarebbe quanto meno da discutere. Tuttavia qui è d'altro che si vuol parlare.
SAVIANO-FAZIO
Fino a qualche uscita fa, Saviano era un crack della tv, un fuoriclasse, un elemento di rottura, portatore di un valore e di spettatori aggiunti nel copione che lo ospitava. Un top-artist, per dirla con linguaggio calcistico. Ora si è lentamente normalizzato, omologato, assorbito dal politicamente corretto che finisce per omogeneizzare tutto e tutti. Si badi, queste osservazioni non avrebbero motivo se i protagonisti si fossero sempre proposti niente più che come intrattenitori.
FAZIO E SAVIANO
Se avessero detto, alla Bennato: è solo televisione. Invece la premiata ditta ha sempre rivendicato una certa carica messianica, un'ambizione pedagogica verso le masse incolte. Ad esser buoni, ha sempre fatto intendere di essere un riflesso nello specchio degli ottimati benpensanti, dei migliori. Eppure, proprio restando sul terreno della televisiùn, cresce la sensazione che Fabio e Roberto siano entrati nella fase delle coppie mature. Quando lui e lei sono così amalgamati che è l'abitudine a permeare la convivenza, ormai incapace di un guizzo, di un sussulto, persino di un litigio aspro ma rigeneratore.
FAZIO BENIGNI E SAVIANO A VIENI VIA CON ME
Fazio e Saviano sono entrambi così perbene, educati, corretti, professionali da divenire ritualmente indissolubili. Per ascoltare uno devi sorbirti anche l'altro e viceversa.
Non si sa molto dei lavori in corso per il prossimo Festival di Sanremo. Solo che con Fazio ci sarà immancabilmente Luciana Littizzetto. Qui vorremmo preventivamente scongiurare l'obbligo di prenderne uno e pagarne tre. Fabio e Roberto, separatevi. È un consiglio amichevole. In fondo, se ci pensate, è la via migliore per reinventarvi.
2-SAVIANO, IL MARZIANO A ORARIO CONTINUATO
Nanni Delbecchi per Il Fatto
Marziani in televisione ce ne sono tanti, ma nessuno assomiglia all'indimenticabile Marziano a Roma di Ennio Flajano più di Roberto Saviano. Quando l'autore di Gomorra atterrò sui teleschermi due anni fa, con il comitato di accoglienza presieduto da Fabio Fa-zio, si gridò al miracolo, all'inizio di una nuova era catodica dove grandi ascolti e grande impegno, i fini più nobili e i mezzi più umili potevano finalmente darsi la mano. In quell'atterraggio Saviano parve davvero un marziano nella nostra miserabile tv, dove uno scrittore anchorman non si era ancora visto (di solito in Italia le cose vanno al contrario: prima si diventa anchormen, e subito dopo scrittori).
GOMORRA ROBERTO SAVIANO03 FAZIO LAP
Un anno dopo, quando l'alieno si vide costretto a emigrare alla 7, e il fido Fazio venne via con lui, il fido Fazio annunciò "Riporterò Saviano in Rai", proprio come se fosse Pippo Baudo. Così è stato, e ora il fido Fazio promette di portarlo addirittura al Festival di Sanremo. Bene; ma intanto che ne è del nostro marziano? Ogni lunedì sera lo vediamo su Raitre a Che tempo che fa, dove interpreta il monologo conclusivo, e dove i suoi ascolti sono in lento ma costante declino. L'altra sera tra lui e Del Debbio c'era poco più che un'incollatura; segno che il disincanto generale non risparmia nessuno, e insomma, il nostro eroe si sta avviando a una normalità che, se si addice ai comuni mortali, non si addice affatto agli extraterrestri.
FABIO FAZIO E ROBERTO SAVIANO DURANTE UNA PUNTATA DI VIENI VIA CON ME
Come spiegarsi questa normalizzazione? Prima di tutto, creare un evento alla settimana è epistemologicamente impossibile, come è impensabile un alieno a orario continuato, che timbri il cartellino. In secondo luogo, il contesto non aiuta. La versione del lunedì di Che tempo che fa ha qualcosa di compunto, di grave, di cupo; quando poi Saviano si prepara a officiare, lo stesso Fazio è sempre più simile a un chierichetto, e in questa sua metamorfosi, se osservata in controluce, nella penombra vespertina dello show, appare in filigrana la parabola di troppa sinistra, quel Partito Moralista Italiano che ama far sentire in colpa gli altri, e, se si diverte, si sente in colpa lui.
Al più inedito ricatto della forma, segue poi il tradizionale ricatto del contenuto. È vero che i monologhi di Saviano, si parli di camorra, di crisi, di giovani disoccupati o di morti ammazzati (come lunedì scorso), non mancano mai di intensità; ma vivono di una una tecnica ormai sperimentata, affidata al gusto della narrazione, questo termine vendoliano che non si capisce bene che cosa significhi (a meno che non significhi quello che non si capisce bene).
FAZIO E SAVIANO
FABIO FAZIO E ROBERTO SAVIANO
Insomma, a Che tempo che fa Saviano, più che essere se stesso, lo fa. Lo fa bene, benissimo, ma non fa altro, e alla lunga è inevitabile che gli spettatori lo diano per scontato. Dovessimo dare un consiglio al nostro marziano, sarebbe quello di riprendere la sua astronave, abbandonare le narrazioni televisive e magari scrivere quel seguito di Gomorra che aspettiamo da sei anni. Poi, naturalmente, qualcuno dirà che andare a Sanremo sarà un modo per sensibilizzare le grandi masse, parlare alla pancia del Paese e, perché no, pure agli intestini.
Qualche anno fa girava in video un prete ballerino che diceva di andare tutte le sere in discoteca per evangelizzare i giovani; chissà se qualcuno gli ha spiegato che a volte, a forza di indicare agli altri la retta via, si rischia di smarrire se stessi.
2- PER I PARAGURU DEL “PARTITO MORALISTA ITALIANO” FAZIO E SAVIANO! E’ NOTTE FONDA -
3- SUL QUOTIDIANO DI SALLUSTI UNA CRITICA A SAVIANO CI STA: “DIVIDETE QUEI DUE. SEPARATELI. IN MODO CONSENSUALE, SENZA SCENATE E SENZA TRAUMI. DA BUONI AMICI, OGNUNO PER LA PROPRIA STRADA TELEVISIVA. È STATO BELLO E ANCHE INTENSO. MA OGGI SAVIANO SI È NORMALIZZATO, OMOLOGATO, ASSORBITO DAL POLITICAMENTE CORRETTO” - 4- E’ SUL GIORNALE DI TRAVAGLIO & PADELLARO CHE FA SOBBALZARE CHÈ INFIERISCE SENZA PIETÀ SUL MARTIRE DI GOMORRA: “MARZIANI IN TELEVISIONE CE NE SONO TANTI, MA NESSUNO ASSOMIGLIA ALL’INDIMENTICABILE MARZIANO A ROMA DI ENNIO FLAJANO PIÙ DI ROBERTO SAVIANO. L’ALTRA SERA TRA LUI E DEL DEBBIO C’ERA POCO PIÙ CHE UN’INCOLLATURA SEGNO CHE IL DISINCANTO GENERALE NON RISPARMIA NESSUNO…” -
Con le vignette di Vauro
http://www.dagospia.com/rubrica-2/media ... -46168.htm
1-CHE BARBA CHE NOIA FAZIO E SAVIANO IN "CRISI DI COPPIA"
Maurizio Caverzan per Il Giornale
ROBERTO SAVIANO E FABIO FAZIO
VAURO SU FAZIO GRILLO SAVIANO
Dividete quei due. Separateli. In modo consensuale, senza scenate e senza traumi. Da buoni amici, ognuno per la propria strada televisiva. È stato bello e anche intenso. Una novità riconosciuta Vieniviaconme, con le milionate di telespettatori e la scia mediatica che aveva generato. Un po' meno dirompente ma sempre tonica Quellochenonho, in libera uscita su La7, che costava un milione a puntata e di ascolti ne faceva quanto un Santoro qualsiasi (13 per cento o giù di lì) che costa un quarto. Adesso nel lunedì di Che tempo che fa siamo precipitati come Baumgartner al 9 per cento.
Certo, qualche punto in più della media di rete che in quel giorno era piuttosto fiacca. Va bene. Ma chi ha negli occhi e nelle orecchie il rutilar di tanti e tali successi come può acconciarsi al galleggiamento? La premiata ditta Fazio&Saviano era sinonimo di evento televisivo, di prime pagine e polemiche infuocate. Come può accettare una normalità così malinconica come quei campioni che hanno vinto Mondiali e Champions League e ora giocano nel campionato svizzero o australiano? Pietà. Ne abbiamo già tante di malinconie da metabolizzare...
L'altra sera Che tempo che fa ha raccolto il 9,36 per cento di share con 2 milioni 700mila telespettatori medi, seicentomila in meno della precedente puntata con Saviano (trecentomila meno dell'ultima, quando Saviano non c'era). Il picco di ascolto è stato toccato all'inizio durante le interviste a Nichi Vendola e a David Grossman, il quale si è accomodato con un Shalom ricambiato dal correttissimo Fazio (a quando Allah è grande?).
FAZIO SAVIANO LITTIZZETTO
SAVIANO FAZIO B
Quando è entrato in scena Saviano, alle 22,20 circa, lo share vivacchiava attorno al 9 per cento ed è lentamente risalito di un punto durante la lunga lezione sulle faide di camorra, culminata nell'appello al governo dopo la tragica ed erronea uccisione di Pasquale Romano detto Lino, avvenuta a metà ottobre. «Questo non è "un" problema; è "il" problema», ha concluso l'autore di Gomorra. Al quale, com'è noto, gli argomenti non mancano. Ma sulla gerarchia delle emergenze italiane ci sarebbe quanto meno da discutere. Tuttavia qui è d'altro che si vuol parlare.
SAVIANO-FAZIO
Fino a qualche uscita fa, Saviano era un crack della tv, un fuoriclasse, un elemento di rottura, portatore di un valore e di spettatori aggiunti nel copione che lo ospitava. Un top-artist, per dirla con linguaggio calcistico. Ora si è lentamente normalizzato, omologato, assorbito dal politicamente corretto che finisce per omogeneizzare tutto e tutti. Si badi, queste osservazioni non avrebbero motivo se i protagonisti si fossero sempre proposti niente più che come intrattenitori.
FAZIO E SAVIANO
Se avessero detto, alla Bennato: è solo televisione. Invece la premiata ditta ha sempre rivendicato una certa carica messianica, un'ambizione pedagogica verso le masse incolte. Ad esser buoni, ha sempre fatto intendere di essere un riflesso nello specchio degli ottimati benpensanti, dei migliori. Eppure, proprio restando sul terreno della televisiùn, cresce la sensazione che Fabio e Roberto siano entrati nella fase delle coppie mature. Quando lui e lei sono così amalgamati che è l'abitudine a permeare la convivenza, ormai incapace di un guizzo, di un sussulto, persino di un litigio aspro ma rigeneratore.
FAZIO BENIGNI E SAVIANO A VIENI VIA CON ME
Fazio e Saviano sono entrambi così perbene, educati, corretti, professionali da divenire ritualmente indissolubili. Per ascoltare uno devi sorbirti anche l'altro e viceversa.
Non si sa molto dei lavori in corso per il prossimo Festival di Sanremo. Solo che con Fazio ci sarà immancabilmente Luciana Littizzetto. Qui vorremmo preventivamente scongiurare l'obbligo di prenderne uno e pagarne tre. Fabio e Roberto, separatevi. È un consiglio amichevole. In fondo, se ci pensate, è la via migliore per reinventarvi.
2-SAVIANO, IL MARZIANO A ORARIO CONTINUATO
Nanni Delbecchi per Il Fatto
Marziani in televisione ce ne sono tanti, ma nessuno assomiglia all'indimenticabile Marziano a Roma di Ennio Flajano più di Roberto Saviano. Quando l'autore di Gomorra atterrò sui teleschermi due anni fa, con il comitato di accoglienza presieduto da Fabio Fa-zio, si gridò al miracolo, all'inizio di una nuova era catodica dove grandi ascolti e grande impegno, i fini più nobili e i mezzi più umili potevano finalmente darsi la mano. In quell'atterraggio Saviano parve davvero un marziano nella nostra miserabile tv, dove uno scrittore anchorman non si era ancora visto (di solito in Italia le cose vanno al contrario: prima si diventa anchormen, e subito dopo scrittori).
GOMORRA ROBERTO SAVIANO03 FAZIO LAP
Un anno dopo, quando l'alieno si vide costretto a emigrare alla 7, e il fido Fazio venne via con lui, il fido Fazio annunciò "Riporterò Saviano in Rai", proprio come se fosse Pippo Baudo. Così è stato, e ora il fido Fazio promette di portarlo addirittura al Festival di Sanremo. Bene; ma intanto che ne è del nostro marziano? Ogni lunedì sera lo vediamo su Raitre a Che tempo che fa, dove interpreta il monologo conclusivo, e dove i suoi ascolti sono in lento ma costante declino. L'altra sera tra lui e Del Debbio c'era poco più che un'incollatura; segno che il disincanto generale non risparmia nessuno, e insomma, il nostro eroe si sta avviando a una normalità che, se si addice ai comuni mortali, non si addice affatto agli extraterrestri.
FABIO FAZIO E ROBERTO SAVIANO DURANTE UNA PUNTATA DI VIENI VIA CON ME
Come spiegarsi questa normalizzazione? Prima di tutto, creare un evento alla settimana è epistemologicamente impossibile, come è impensabile un alieno a orario continuato, che timbri il cartellino. In secondo luogo, il contesto non aiuta. La versione del lunedì di Che tempo che fa ha qualcosa di compunto, di grave, di cupo; quando poi Saviano si prepara a officiare, lo stesso Fazio è sempre più simile a un chierichetto, e in questa sua metamorfosi, se osservata in controluce, nella penombra vespertina dello show, appare in filigrana la parabola di troppa sinistra, quel Partito Moralista Italiano che ama far sentire in colpa gli altri, e, se si diverte, si sente in colpa lui.
Al più inedito ricatto della forma, segue poi il tradizionale ricatto del contenuto. È vero che i monologhi di Saviano, si parli di camorra, di crisi, di giovani disoccupati o di morti ammazzati (come lunedì scorso), non mancano mai di intensità; ma vivono di una una tecnica ormai sperimentata, affidata al gusto della narrazione, questo termine vendoliano che non si capisce bene che cosa significhi (a meno che non significhi quello che non si capisce bene).
FAZIO E SAVIANO
FABIO FAZIO E ROBERTO SAVIANO
Insomma, a Che tempo che fa Saviano, più che essere se stesso, lo fa. Lo fa bene, benissimo, ma non fa altro, e alla lunga è inevitabile che gli spettatori lo diano per scontato. Dovessimo dare un consiglio al nostro marziano, sarebbe quello di riprendere la sua astronave, abbandonare le narrazioni televisive e magari scrivere quel seguito di Gomorra che aspettiamo da sei anni. Poi, naturalmente, qualcuno dirà che andare a Sanremo sarà un modo per sensibilizzare le grandi masse, parlare alla pancia del Paese e, perché no, pure agli intestini.
Qualche anno fa girava in video un prete ballerino che diceva di andare tutte le sere in discoteca per evangelizzare i giovani; chissà se qualcuno gli ha spiegato che a volte, a forza di indicare agli altri la retta via, si rischia di smarrire se stessi.
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Re: Top News
CORRADO GUZZANTI, L’ANTI-NANNI MORETTI: “ALLE PRIMARIE NON PARTECIPO, LA SCELTA È TRA CHI HA FATTO DANNI E CHI ANCORA NON LI HA POTUTI FARE. PER IL FUTURO NON ESCLUDO GRILLO”
IN TV GUARDA CROZZA E I SOLITI IDIOTI, E BATTEZZA I “COMICRONISTI”: “TRAVAGLIO E TELESE, PER LA TV, FANNO ANCHE INTRATTENIMENTO” –
“USO FACEBOOK MA NON TWITTER, RISCHIEREI LA DIPENDENZA” (MA HA INVENTATO IL CULT #SAPEVATELO…)
Luca Mastrantonio per Corriere.it
Corrado Guzzanti non vede l'ora che si facciano le primarie del Pd. Per non andare a votare. «La scelta - dice - è tra chi ha fatto danni e chi ancora non li ha potuti fare. Cioè Bersani e Renzi.
Il primo ha fallito, senza averci provato, il secondo lo sto studiando. Comunque si tratta delle prime vere primarie, con due visioni diverse. Per ora, però, non partecipo. E per il futuro non escludo Grillo».
Resta attuale allora la battuta detta a Vieni via con me (2010): «Il Pd è il primo partito in Italia a usare le primarie; il primo partito del mondo a perderle».
Contenuta nell'auto-antologia Parola di Corrado (con cui Sergio Fanucci lancia la collana per autori dello spettacolo). In libreria dal 25 ottobre, raccoglie i testi dal Libro de Kipli , del '92, ad Aniene2 (Sky).
LA TV - Un ottimo palliativo per i fan in attesa di rivederlo in tv. «Magari in Rai - dice - ma vorrei fare un nuovo film, una commedia nera, con quell'umorismo che da piccolo trovavo in Raimondo Vianello, a Tante scuse.
Nella sigla finale trovava un modo sempre diverso per far fuori i Ricchi e Poveri. Mi piacerebbe un Sanremo così, sadico con i cantanti di Amici ».
La tv che apprezza oggi? «Crozza, e poi I soliti idioti , con il loro politicamente scurrile derivato dal format inglese Little Britain . Amo i documentari scientifici. In Italia mi piacerebbe doppiarne uno, magari sotto pseudonimo. Seguo i talk show. Per aggiornarmi e - sogghigna - per masochismo».
IN UFFICIO - Corrado Guzzanti è nel suo studio romano, a Prati. Zona vicina al Vaticano, alla Rai, uffici d'avvocati e di produzione televisiva. Sulla scrivania il Mac dove scrive e memorie esterne: «Dopo il trauma di aver perso un romanzo dentro un'Amiga faccio il backup di tutto». Dietro la sedia, in basso, macchie di caffè sulla parete, per i rimbalzi dei bicchieri mezzi vuoti. A lato, una bici regalata dalla fidanzata. Le gomme piuttosto intonse. Accanto al Mac, iPad e iPhone: «Scrivo per strada liste con tutto: "finito detersivo per piatti", "Aniene, divinità di serie C"».
LA RETE - Il web? «Ha tenuto viva la satira quando in tv ce ne era davvero poca e molti si limitavano a disegnare i baffetti di Hitler mentre i nazisti invadevano la Polonia». Poi l'evoluzione, con i social network. «Uso Facebook, non Twitter, rischierei la dipendenza». Ma in spirito anche lì Guzzanti è presentissimo, con il tormentone #sapevatelo: «Un verbo impossibile - ride - il passato dell'imperativo di sapere!».
LE LETTURE - I libri li compra su Amazon. «In blocco. Ho sempre letto in maniera compulsiva. Tutto Bukowski a 15 anni, poi nausea, giramento di testa. Basta. Crescendo ho avuto la fase Kùndera. O Kundéra. Márquez, fino a L'amore ai tempi del colera . Ora è la fase Lansdale. Un noir al giorno. Gli italiani? Veronesi, Ammaniti e Piccolo. E poi amo la saggistica». Guzzanti, che ogni tanto si alza per fumare e camminare sugli stessi passi, prende dagli scaffali sopra i divanetti Armi, acciaio e malattie. Breve storia del mondo negli ultimi tredicimila anni (Einaudi). «Bellissimo. Spiega come mai alcune civiltà si sono rapidamente evolute e altre sono restate indietro».
Sembra un libro per Vulvia, la conduttrice di Rieducational Channel. «Sì, a lei piacciono anche i libri di fisica quantistica. Leggendo nutro i miei personaggi». Ed è a loro che si rivolge per una dichiarazione di voto: «Vulvia voterebbe Renzi. Bello, giovane...». Il poeta Robertetti voterebbe Bersani. Così: «Se fossi gatto, miao/ se fosse tardi... ciao!». E Quèlo, il santone? «Non so, è indecifrabile, come è giusto che sia». Il voto di Lorenzo, il giovane coatto? «A Grillo, sicuro».
E quello di Guzzanti? «Oggi dovrei tirare la monetina». Grillo? «È ancora un comico. Lui usa la lingua satirica perché la satira ha invaso tutti i campi. Anche il giornalismo: Travaglio e Telese, per la tv, fanno anche intrattenimento. Grillo è riuscito dove Moretti ha fallito. Vero. Ma sbaglia a dire ai suoi di non andare nei talk show. Come politico va verificato. Politico è chi in un posto deputato, istituzionale trova una soluzione, fa una legge. Lui è ancora fermo alla fase comiziale».
http://www.dagospia.com/rubrica-2/media ... -46562.htm
IN TV GUARDA CROZZA E I SOLITI IDIOTI, E BATTEZZA I “COMICRONISTI”: “TRAVAGLIO E TELESE, PER LA TV, FANNO ANCHE INTRATTENIMENTO” –
“USO FACEBOOK MA NON TWITTER, RISCHIEREI LA DIPENDENZA” (MA HA INVENTATO IL CULT #SAPEVATELO…)
Luca Mastrantonio per Corriere.it
Corrado Guzzanti non vede l'ora che si facciano le primarie del Pd. Per non andare a votare. «La scelta - dice - è tra chi ha fatto danni e chi ancora non li ha potuti fare. Cioè Bersani e Renzi.
Il primo ha fallito, senza averci provato, il secondo lo sto studiando. Comunque si tratta delle prime vere primarie, con due visioni diverse. Per ora, però, non partecipo. E per il futuro non escludo Grillo».
Resta attuale allora la battuta detta a Vieni via con me (2010): «Il Pd è il primo partito in Italia a usare le primarie; il primo partito del mondo a perderle».
Contenuta nell'auto-antologia Parola di Corrado (con cui Sergio Fanucci lancia la collana per autori dello spettacolo). In libreria dal 25 ottobre, raccoglie i testi dal Libro de Kipli , del '92, ad Aniene2 (Sky).
LA TV - Un ottimo palliativo per i fan in attesa di rivederlo in tv. «Magari in Rai - dice - ma vorrei fare un nuovo film, una commedia nera, con quell'umorismo che da piccolo trovavo in Raimondo Vianello, a Tante scuse.
Nella sigla finale trovava un modo sempre diverso per far fuori i Ricchi e Poveri. Mi piacerebbe un Sanremo così, sadico con i cantanti di Amici ».
La tv che apprezza oggi? «Crozza, e poi I soliti idioti , con il loro politicamente scurrile derivato dal format inglese Little Britain . Amo i documentari scientifici. In Italia mi piacerebbe doppiarne uno, magari sotto pseudonimo. Seguo i talk show. Per aggiornarmi e - sogghigna - per masochismo».
IN UFFICIO - Corrado Guzzanti è nel suo studio romano, a Prati. Zona vicina al Vaticano, alla Rai, uffici d'avvocati e di produzione televisiva. Sulla scrivania il Mac dove scrive e memorie esterne: «Dopo il trauma di aver perso un romanzo dentro un'Amiga faccio il backup di tutto». Dietro la sedia, in basso, macchie di caffè sulla parete, per i rimbalzi dei bicchieri mezzi vuoti. A lato, una bici regalata dalla fidanzata. Le gomme piuttosto intonse. Accanto al Mac, iPad e iPhone: «Scrivo per strada liste con tutto: "finito detersivo per piatti", "Aniene, divinità di serie C"».
LA RETE - Il web? «Ha tenuto viva la satira quando in tv ce ne era davvero poca e molti si limitavano a disegnare i baffetti di Hitler mentre i nazisti invadevano la Polonia». Poi l'evoluzione, con i social network. «Uso Facebook, non Twitter, rischierei la dipendenza». Ma in spirito anche lì Guzzanti è presentissimo, con il tormentone #sapevatelo: «Un verbo impossibile - ride - il passato dell'imperativo di sapere!».
LE LETTURE - I libri li compra su Amazon. «In blocco. Ho sempre letto in maniera compulsiva. Tutto Bukowski a 15 anni, poi nausea, giramento di testa. Basta. Crescendo ho avuto la fase Kùndera. O Kundéra. Márquez, fino a L'amore ai tempi del colera . Ora è la fase Lansdale. Un noir al giorno. Gli italiani? Veronesi, Ammaniti e Piccolo. E poi amo la saggistica». Guzzanti, che ogni tanto si alza per fumare e camminare sugli stessi passi, prende dagli scaffali sopra i divanetti Armi, acciaio e malattie. Breve storia del mondo negli ultimi tredicimila anni (Einaudi). «Bellissimo. Spiega come mai alcune civiltà si sono rapidamente evolute e altre sono restate indietro».
Sembra un libro per Vulvia, la conduttrice di Rieducational Channel. «Sì, a lei piacciono anche i libri di fisica quantistica. Leggendo nutro i miei personaggi». Ed è a loro che si rivolge per una dichiarazione di voto: «Vulvia voterebbe Renzi. Bello, giovane...». Il poeta Robertetti voterebbe Bersani. Così: «Se fossi gatto, miao/ se fosse tardi... ciao!». E Quèlo, il santone? «Non so, è indecifrabile, come è giusto che sia». Il voto di Lorenzo, il giovane coatto? «A Grillo, sicuro».
E quello di Guzzanti? «Oggi dovrei tirare la monetina». Grillo? «È ancora un comico. Lui usa la lingua satirica perché la satira ha invaso tutti i campi. Anche il giornalismo: Travaglio e Telese, per la tv, fanno anche intrattenimento. Grillo è riuscito dove Moretti ha fallito. Vero. Ma sbaglia a dire ai suoi di non andare nei talk show. Come politico va verificato. Politico è chi in un posto deputato, istituzionale trova una soluzione, fa una legge. Lui è ancora fermo alla fase comiziale».
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Re: Top News
Magaraaaa................................
Casini: “Via Porcellum, o saremo spazzati via. Ma nuova legge non è anti Grillo”
http://tv.ilfattoquotidiano.it/2012/11/ ... lo/210664/
“Non possiamo darla vinta all’antipolitica. Se non ci mettiamo d’accordo sulla nuova legge elettorale, saremo spazzati via”.
Così il leader dell’Udc Pier Ferdinando Casini è tornato a parlare della necessità di cambiare il Porcellum, dopo la polemica con il segretario del Pd Pier Luigi Bersani sul premio di maggioranza.
Secondo Casini una nuova legge elettorale non va però vista in funzione anti Movimento 5 stelle, come invece ha affermato il presidente del Senato Renato Schifani nei giorni scorsi : “Cambiamo il Porcellum o Grillo va all’80%”
di Luigi Franco
Casini: “Via Porcellum, o saremo spazzati via. Ma nuova legge non è anti Grillo”
http://tv.ilfattoquotidiano.it/2012/11/ ... lo/210664/
“Non possiamo darla vinta all’antipolitica. Se non ci mettiamo d’accordo sulla nuova legge elettorale, saremo spazzati via”.
Così il leader dell’Udc Pier Ferdinando Casini è tornato a parlare della necessità di cambiare il Porcellum, dopo la polemica con il segretario del Pd Pier Luigi Bersani sul premio di maggioranza.
Secondo Casini una nuova legge elettorale non va però vista in funzione anti Movimento 5 stelle, come invece ha affermato il presidente del Senato Renato Schifani nei giorni scorsi : “Cambiamo il Porcellum o Grillo va all’80%”
di Luigi Franco
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