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Forum per un "Congresso della Sinistra" ... sempre aperto • Come se ne viene fuori ? - Pagina 445
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Re: Come se ne viene fuori ?

Inviato: 27/11/2013, 0:26
da camillobenso
Sfascisti - 18

I giorni della confusione - 4


Se cade Roma che succede?
http://www.youtube.com/watch?v=X86iPAiM9yg




l’Unità 26.11.13
Roma, rischio default
Marino: «È il conto di Alemanno»
Il sindaco: «Rissa causata da chi ha lasciato il buco»
Marchini scatena l’ostruzionismo

di Jolanda Bufalini

ROMA Il sindaco Ignazio Marino, in visita al cantiere della Nuvola di Fuksas, rigira il caschetto bianco fra le mani: «Me lo porto in Aula», medita, con riferimento al clima di domenica sera, quando in Campidoglio si è aperta la discussione sul bilancio 2013. Strumento di programmazione della spesa che il predecessore Gianni Alemanno avrebbe dovuto far approvare un anno fa. Fischi, botte, ostruzionismo, l’opposizione di centrodestra ha considerato (non si sa bene perché) offensiva la convocazione di domenica sera, coadiuvata dal gruppo di Marchini che ha depositato 100.000 ordini del giorno con il dichiarato intento di portare la capitale al commissariamento. Così, mentre l’ex presidente dell’aula Giulio Cesare, Marco Pomarici, dirigeva le cacofoniche grida dal pubblico, un altro pasdaran, il fascistissimo
Dario Rossin, si precipitava al banco della presidenza, colpendo con il gomito la testa del primo cittadino, nell’intento di strappare il microfono al presidente. Un fallo «non volontario», si è scusato ieri. «Danno derivante da altro reato» reciterebbe il codice, perché effettivamente, ammesso che il Rossin non si sia accorto di aver colpito il sindaco, la furia con cui si è scagliato non era involontaria e, anzi, è proseguita con un ceffone a freddo contro il capogruppo di Sel Gianluca Peciola, il quale orgogliosamente è rimasto fermo «come un budda».
Dario Rossin è quello dei manifesti elettorali con la frase di Wojtyla, «semo romani damose da fà» subito corretta nel web da un più appropriato «semo coatti». Non è la prima volta che, come si dice a Roma, si è fatto «riconoscere»: contro Alemanno, durante la vicenda della vendita di Acea, rovesciò la scrivania delle stenografe. Poi è passato dalla Destra (Polverini l’aveva nominato, in quota Storace, al vertice dell’istituto Arturo Carlo Jemolo) a Fli e al sostegno dell’ex sindaco, con argomenti di difficile comprensione come questi: «Le forme democratiche di un'eventuale scelta, adottate invece dalla formazione politica alla quale si vorrebbe aprire, non sono state seguite». La sceneggiata sul bilancio pare sia originata da una nuova esigenza di visibilità legata alle spaccature del centrodestra, con la nascita annunciata ieri del gruppo di Forza Italia capitolino.
Purtroppo, la situazione a Roma, se non è seria è molto grave. Il bilancio deve essere approvato per legge entro il 30 novembre, pena il commissariamento e, ieri sera, ordini del giorno ed emendamenti avevano raggiunto quota 160.000, la previsione è che oggi saranno 200.000. Per quanto la discussione generale si concluda questa sera, e le votazioni inizino mercoledì, è fisicamente impossibile, se le cose restano come sono, approvare il bilancio dentro la scadenza. «Complimenti! è la reazione del sindaco Stiamo cercando di riparare al danno del disavanzo di quasi 1 miliardo di euro che coloro che ieri hanno alzato le mani fisicamente in aula, hanno causato». E ha ribadito: «Con serietà e rigore, cercheremo di chiudere il bilancio dell'amministrazione precedente e soprattutto di disegnare il bilancio del 2014 che è quello del rilancio di Roma».
Si sta parlando di soldi già spesi nel primo semestre dell’anno da Alemanno. Per questo appare incomprensibile lo scatenamento di Alfio Marchini e il numero abnorme di emendamenti presentato dalla sua lista. Il sindaco lo punzecchia sulle torri dell’Eur, ormai scheletri stile Beirut, che incombono sul nuovo centro congressi di Fuksas. Marchini nega di essere parte in causa. Però c’è chi ricorda il suo antico legame con Caltagirone. L’estremismo del rampollo «calce e martello» (Alemanno è più cauto e ha espresso solidarietà al sindaco) potrebbe trovare spiegazione nelle tensioni sui cantieri della linea C della metro o quelle su Acea.
«Il miliardario che siede in consiglio non si preoccupa del default? si scandalizza Gianluca Peciola Cioè di 23.000 dipendenti che si troverebbero nella situazione di quelli di Washington quando Obama è stato paralizzato dai Tea Party». Il Pil della Capitale, reagisce Fabrizio Panecaldo, portavoce di maggioranza, è il 7% di quello nazionale, se salta il bilancio il primo effetto «sarebbe un abbassamento del rating, anche il governo nazionale è molto preoccupato». In più, friggono le partecipate come Atac, dove, con il taglio prospettato di altri 100 milioni di euro, si teme per la continuità aziendale.
Lionello Cosentino, segretario del Pd romano, considera «inaccettabile la violenza contro una giunta appena insediata. Si è scatenata una rissa senza argomenti di merito, il consiglio deve poter esercitare il diritto-dovere del voto». Con Marino, con il quale Cosentino si è incontrato ieri sera, sono allo studio gli strumenti. Compresa l’inammissibilità degli emendamenti ripetitivi.

il Fatto 26.11.13
Bernoccoli, guanti e mattoni: Roma sgonfia la bici di Marino
Colpito durante l’ultimo consiglio
Il trattamento che la città sta riservando al “marziano” alle prese con i buchi di bilancio, gli squali e le opere incompute

di Antonello Caporale

“Ho un bernoccolo in testa”. E ha quasi sorriso. Questa forma espressiva conduce Ignazio Marino a resistere ai più feroci trattamenti che Roma, la città di cui è sindaco, gli sta riservando. La gomitata che il consigliere comunale dei Fratelli d’Italia ha sganciato (senza alcuna intenzionalità, come ha poi chiarito) nell’aula Giulio Cesare sul tetto della città, nella fattispecie la testa di Ignazio, è il segno che la Capitale promuove nella continuità il libero confronto delle idee. Se si parla di soldi, palazzi e poltrone si tratta con i guantoni. È successo con Alemanno e prima con Veltroni e ancor prima con Rutelli, e con ogni risma di giunta capitolina, ogni fascia tricolore. Loro, più navigati, hanno schivato, lui da inesperto ciclista della politica s’è trovato il bernoccolo alla prima conta del potere. Più di 850 milioni di euro di debiti, soldi già spesi da chi c’era e che lui si trova a rendicontare. Non aveva compreso, o ha capito male, oppure ha capito tardi che Roma è la capitale dell’ostruzione, in senso proprio e metaforico. Gli sono cascati addosso solo dal gruppo capitanato da Alfio Marchini, costruttore di famiglia di antico lignaggio e di vaste relazioni, 150 mila emendamenti, un mare in cui annegare tutti.
A ROMA l’ostruzionismo non è solo consentito dai regolamenti comunali, ma favorito, incoraggiato, sostenuto. E allora Marino, sorridendo, ha riunito la giunta e ha detto: “Bisogna cambiare passo”. E si è diretto, nella coerenza della sua proiezione visiva, (perciò disteso, ben rasato, col nodo della cravatta perfetto), a salutare la Nuvola di Fuksas, qui siamo all’architettura concettuale, che Roma inaugura ogni anno, nell’attesa che si completi. I lavori singhiozzano e giustamente si sincronizzano con l’indole cittadina al dubbio permanente, al-l’incompiutezza come segno dell’imperfezione umana. È una sorta di allineamento astrale, una condizione necessaria, A Roma ogni prova da completare è una fatica primordiale, ogni consegna dei lavori una ipotesi allo studio, ogni promessa un debito incagliato. Marino col bisturi in mano aveva promesso che no, lui avrebbe inciso e si sarebbe voltato pagina. “Mi sento un marziano. Una definizione che mi si addice”, aveva chiarito agli infedeli perchè fosse chiaro progetto e proposito. Invece, e purtroppo, ogni giorno un guaio. Ha pensato di chiudere i Fori Imperiali, e i commercianti riuniti tra via Labicana e via Merulana, le strade angolari al-l’area interessata alla chiusura, hanno inscenato drammatici sit-in con cartelli apocalittici: “Non vogliamo morire tra i veleni”. Non è stato conveniente cambiare le abitudini e i sensi di marcia. E Ignazio l’ha capito dopo, sempre dopo. Infatti alle proteste è seguito un micro piano di adeguamento della viabilità cittadina. E sempre biciclettando Marino è incappato nei tunnel delle varianti della Metro C, il più grande cantiere italiano, e anche il più buio, il più denso di inghippi e di inguacchi. Il luogo di coagulo del potere eletto della città: le imprese edili, i grandi palazzinari. Senza garbo, o forse senza misura, o anche, e soprattutto, senza ponderazione, la giunta del chirurgo ha preteso di rivedere ogni virgola del progetto e ogni centesimo del suo costo, che era intanto lievitato di alcune centinaia di milioni di euro. Risultato: l’associazione degli appaltatori ha bloccato i lavori, gli operai hanno bloccato la città. E un fiume di inchiostro ha colorato la faccia del sindaco per merito anzitutto del Messaggero, il giornale storico della Capitale, guarda caso di proprietà di Caltagirone, il dominus delle opere, pubbliche e private. Risultato? La Giunta ha corretto gli intendimenti, le varianti sono state accolte, i soldi in qualche modo sganciati. Marino ha capito dopo, tardi e male. E, sorridendo, ha ricevuto l’ingegner Caltagirone nel suo studio. Pace fatta. Ci mette tutto l’impegno che può. Arriva ogni mattina prima delle otto al Campidoglio e indossa i guanti da chirurgo. É così pignolo che non dosa la fatica: con la stessa determinazione duetta su un avverbio, i suoi assistenti hanno dovuto provare lo stupore di vederlo all’opera con la correzione di un comunicato stampa, e sul piano regolatore. “Alla fine della giornata sei stanco morto ma non hai prodotto niente”, confessa uno di loro. “Ignazio è scrupolosissimo, si documenta su tutto. Ma per me la sua destinazione più giusta era il ministero della Salute. Lì sarebbe stato un campione”, dice Felice Casson, suo amico e collega di banco senatoriale. “Che sia onesto non lo discuto, ma che sia ambizioso oltre forse ogni misura è una percezione che si fa più forte ogni giorno che passa”, garantisce Alemanno. É un po’ Forrest Gump e un po’ carogna? “Più carogna che altro”. Questo è il resoconto di un vigile urbano che ciondola nella sala Giulio Cesare. Anche coi pizzardoni, gli storici e dibattuti vigili urbani di Roma che il sindaco vorrebbe rimandare in strada a conquistare la gloria, la questione si è fatta complicata e a tratti così buffa da apparire una piece teatrale.
L’AMORE di Marino verso i curricula, la sua fede incrollabile nel merito (cosa in sé straordinaria se riferita al corso delle nomine italiane) è stata tale che un impappinamento generale ha condotto lo staff a promuovere al comando dei vigili un carabiniere che, in base ai suoi titoli, non aveva i meriti pretesi. E dunque: annuncio, proteste, scuse. Marino, sorridendo, si è ricreduto. É stato scelto un poliziotto e speriamo che se la cavi. Qui dunque la domanda da girare al Pd, il partito che l’ha candidato e poi – vedendolo all’opera – se ne è pentito: è davvero un Forrest Gump o un simulatore professionista? Sorride per inconcludenza o per strategia? Francesco D’Ausilio, quarantenne capogruppo al Comune: “È un uomo che ha rotto l’equilibrio e il patto tra generone e popolo che i suoi predecessori avevano costruito. Per governare Roma devi però trovare una relazione con la città e anche con chi la rappresenta. Io dico sempre ad Ignazio: il potere ce l’hai, adesso trova una grande idea sulla quale organizzare il consenso”.

Corriere 26.11.13
In coda e senza soldi: la Capitale dello scontento
Cortei non autorizzati, cantieri fermi, gomitate in consiglio
Venti giorni fa un incontro segreto Marino-Caltagirone

di Goffredo Buccini

La maionese è impazzita. «Magari! Vorrebbe dire che si muove... qua stamo tutti incartati!». Il poliziotto allarga le braccia, davanti alle transenne che sbarrano anche il tratto di solito non proibito dei Fori Imperiali, tra clacson e imprecazioni. «C’è una manifestazione improvvisata. Provi un po’ a parcheggiare là», indica. E là è un groviglio di moto e scooter davanti ai cancelli del Palatino, sotto gli occhi di turisti allibiti e finti centurioni indifferenti.
Mezzogiorno. In duecento, forse trecento accorsi qui da tutta Italia invocano il metodo Stamina, innalzano striscioni (Vite a tempo ) e rabbie anche legittime: paralizzando il cuore di Roma, senza autorizzazione, com’è ovvio. Confusi tra i malati campani, con le stesse maglie nere della manifestazione ma molta legittimazione in meno, tifosi della Nocerina e della Salernitana, teste calde che vogliono arrivare alla chetichella sotto Montecitorio a fare ammuina (ne identificheranno una ventina). Cinquecento metri più su, i senzacasa occupano un pezzo di piazza Santi Apostoli. Una fila di autobus di linea e pullman turistici è ferma per tre ore da piazza Venezia a piazza Colonna e oltre. Via Cavour è un serpente di macchine fino alla Stazione. Sembra una vecchia domenica di austerity, il centro della capitale, in questa bolla di immobilità rancorosa. Invece è un lunedì, e non un «lunedì nero», come piace ai titolisti. È un dannato lunedì quasi di routine, perché a Roma si scaricano ormai senza preavviso tensioni e umori di un Paese sempre più teso e di malumore.
Alemanno non se ne faceva una ragione, e aveva pensato — tra molti sberleffi — di mettere addirittura una tassa sui cortei. Che non erano colpa sua, almeno quelli. Come non sono colpa di Ignazio Marino, il nuovo contestatissimo sindaco, eletto dal Pd: un genovese di madre svizzera con lunga esperienza da chirurgo in America, non proprio un prodigio di sintonia con l’anima buiaccara di Rugantino e i motti di Pasquino. Come direbbe Guccini, il cuore è di simboli pieno. Il simbolo della Roma mariniana, e del suo ripiegarsi sui propri guai, sta in questa marmellata di lamiere immote, di appuntamenti saltati, di lavori impossibili: capitale stracotta, nazione in ginocchio; Roma incarna più che mai, in peggio, la povera Italia dei nostri giorni. Questo lunedì non è colpa di Marino, ripetiamolo.
E però Marino ha un sesto senso per stare nel posto sbagliato al momento sbagliato (era a Cracovia mentre gli antagonisti assaltavano i Palazzi romani: per una visita ad Auschwitz sacrosanta ma infelice nella tempistica). Sicché adesso, mentre i romani boccheggiano nel caos del centro, lui è all’Eur, a concionare sulla Nuvola di Fuksas, «nuovo punto di forza dello skyline cittadino». Peccato che la struttura («l’edificio inesistente più famoso del mondo dopo la torre di Babele», scriveva ieri Giuseppe Pullara sul Corriere romano), costata finora 200 milioni per soli tre quarti, avrebbe bisogno, per essere completata dopo sei anni (!) di 170 milioni che, valli a trovare, di questi tempi. Sulla Nuvola e dintorni duellano acidi a distanza il sindaco e il suo maggiore avversario, Alfio Marchini, famiglia dei costruttori «rossi» di Botteghe Oscure, molto appoggiato in campagna elettorale dall’imprenditore più potente e ricco di Roma, Francesco Gaetano Caltagirone. «Sarà un omonimo, non quello di Amo Roma , chi ha lasciato questa visione tipo Beirut all’Eur», sibila Ignazio, alludendo agli scheletri delle Torri ex Finanze, ancora lì in brutta vista. «Non posseggo le Torri delle ex Finanze», fa sapere Alfio: «Il sindaco è inadeguato e superficiale. E, da permaloso, confonde questioni politiche con squallidi attacchi personali».
Il clima politico è questo. Il deficit di 867 milioni di euro (ereditato e denunciato) non aiuta. Per uscire dall’angolo, tre settimane fa, Marino ha invitato in gran segreto al Campidoglio proprio Caltagirone. Per dare un’idea dei rapporti tra i due, avvelenati anche dalle tensioni sull’Acea, basta un titolo del Foglio: «L’Ingegnere e il Marziano. Quer pasticciaccio brutto tra il Messaggero e il sindaco di Roma ». Mesi di attacchi, attribuiti alla volontà dell’editore (non molto generosamente verso l’autonomia dei colleghi del maggior quotidiano romano). Poi l’incontro: un’ora tesa, nell’ufficio con vista sui Fori. «Andato male», dicono voci vicine a Marino. Il sindaco sperava di parlare di metro C, «che è strategica». Tradotto: altra grana infinita, tre miliardi e mezzo per 30 stazioni, tremila posti di lavoro a rischio ora che i soldi mancano, gli stipendi ballano e il capolinea ipotizzato si sposta indietro allo spostarsi in giù del budget. Il 12 novembre i lavoratori hanno, tanto per cambiare, bloccato centro storico e dintorni.
Marino dà una forte sensazione di solitudine anche ai suoi: «Stiamo sfidando i poteri forti della città, costruttori, editori, imprenditori», proclama, saltato l’abboccamento con Caltagirone. Poi saltano le sedute di consiglio comunale perché la giunta produce poco. Dicono sia in freddo persino con Bettini (saluti formali alla festa di compleanno di Goffredo, un tempo appuntamento imperdibile della Roma potentona ). Dicono anche che l’eterno kingmaker si sfoghi ogni tanto: «Se non mi chiama lui, dovrei chiamarlo io?». Chissà. Di sicuro, da qualche giorno, Marino convoca i suoi assessori più importanti come martiri perseguitati, in colloqui più o meno catacombali in cui invoca un secondo tempo, un 2014 che mandi «forti segnali alla città». Ma è una parola.
Joyce diceva che i romani campano mostrando ai turisti il cadavere della nonna in cantina. Ora non ci sono nemmeno più i soldi per scenderci, in cantina. Il bilancio impossibile (tardivamente preventivo, ossia del 2013) va approvato entro il 30 novembre. L’opposizione (Marchini soprattutto) gli ha scaricato sopra 130 mila emendamenti: «Meglio il default e il commissario piuttosto che questo sindaco». Maurizio Gasparri gongola: «Marino ha fallito, la chiuda qui». In consiglio comunale, all’esordio della maratona proprio per l’approvazione del bilancio, l’altra sera sono volati gli schiaffi, il sindaco ha rimediato una gomitata in testa da Dario Rossin, Fratelli d’Italia. «Gomitata non involontaria », sostiene adesso, con un contorcimento lessicale che la dice lunga sulla sua capacità di parlare dritto al cuore della gente. Rossin s’era scusato. Ora dice: «Ho rivisto il filmato, Marino è un simulatore». Peggio del peggior Cristiano Ronaldo, insomma.
La verità è che, per rimettere insieme la città in pezzi com’è, occorrerebbe carisma. Molti dubitano che ne abbia, con quell’aria da giovane marmotta stralunata e una certa tendenza a sbagliare le scelte-chiave, assessori e comandanti dei vigili compresi.
«Ma io lo difendo», dice Lionello Cosentino, neosegretario del Pd romano: «C’è una sproporzione tra la guerra che gli fanno in consiglio e i pochi mesi di governo della città. Dico: 130 mila emendamenti su un bilancio previsionale, cioè già speso... non mi tornano, è una farsa. Certo, i problemi di Roma ci sono e grossi. Ma la crisi delle grandi città non è da mettere sulle spalle di Ignazio». Cosentino fa il suo mestiere, da politico navigato. Secondo alcuni maligni, sarebbe una specie di tutore che il partito avrebbe messo accanto al sindaco, per un ultimo salvataggio. Chissà.
Di sicuro le grane si susseguono. Quasi tutte le istituzioni culturali romane ballano coi vertici sotto rinnovo (l’assessore Flavia Barca è alquanto sulla graticola). Ieri sera in una riunione infinita si è riusciti a scacciare lo spettro dello sciopero al teatro dell’Opera per la prima dell’Ernani, un ceffone mondiale all’immagine della città. Scricchiola persino la Camera di commercio, che con Andrea Modello fu volano del Modello Roma, e che ancora ha soldi in cassa ma è paralizzata dal lungo dimissionamento del presidente Cremonesi. Insomma, i Fori pedonalizzati da Ignazio il ciclista rischiano a questo punto, nella migliore delle ipotesi, di passare come un’operazione di pura immagine all’insediamento; nel peggiore, di finire come il lungomare «liberato» di Giggino de Magistris, l’icona del disastro... Marchini rilancia: «Nel 2014 avremo un miliardo di disavanzo. Rischiamo di finire come la Grecia. Marino ha fatto promesse elettorali su beni non reali, ora squarci il velo di ipocrisia sul default». Nella lunga sera delle trattive per l’Ernani, il centro si blocca di nuovo. Stavolta è Putin, con un sobrio corteo imperiale di una trentina di macchine. Il nostro governo pare sogni di rifilargli una parte delle grane nazionali dell’Ilva. Tutti fermi, aspettando. I pullman coraggiosamente scoperti tengono in ostaggio turisti americani ormai rassegnati. Sulla fiancata la scritta in inglese recita: tour raccontato, ci prendiamo cura di te. Ciao Roma .

Re: Come se ne viene fuori ?

Inviato: 27/11/2013, 0:41
da camillobenso
Sfascisti - 19

I giorni della confusione - 5



LO STRAPPO DI BERLUSCONI
Forza Italia esce dalla maggioranzaAlfano: «Un errore sabotare Letta»
Rottura sulla manovra. La nota di Napolitano: «La verifica
sarà il voto sulla fiducia al maxi-emendamento»




Forza Italia, la rinata formazione del centrodestra guidata da Silvio Berlusconi, boccia la Legge di Stabilità ed esce dopo sette mesi dal governo di larghe intese di Enrico Letta. L’annuncio è stato dato in conferenza stampa dal capogruppo alla Camera, Renato Brunetta, e dal capogruppo in Senato, Paolo Romani. «Le larghe intese sono finite», spiega Brunetta senza esitazioni. La notizia conferma quanto anticipato dallo stesso Berlusconi durante la conferenza dei capigruppo a Montecitorio nel primo pomeriggio. «Siamo pronti a passare all’opposizione - ha detto - Questa legge è solo per la stabilità delle poltrone». Alla vigilia del voto sulla decadenza (mercoledì alle 19), dunque l’ex premier si muove su un doppio binario: da un lato annuncia la mobilitazione con una manifestazione indetta mercoledì a Roma, mentre sul versante politico Forza Italia esce dalla maggioranza e segna la fine delle «larghe intese».

NAPOLITANO VEDE LETTA - Dopo l’annuncio dell’uscita di Forza Italia dalla maggioranza, arriva una nota del presidente della Repubblica. Giorgio Napolitano ha ricevuto il premier Enrico Letta al Quirinale. «La necessità di verificare la sussistenza di una maggioranza a sostegno dell’attuale governo sarà soddisfatta in brevissimo tempo durante la seduta in corso al Senato con la discussione e la votazione sulla già posta questione di fiducia», si legge in una nota diffusa dal Quirinale.

FI ALL’OPPOSIZIONE - «Non ci sono più le condizioni per proseguire nella collaborazione con questo governo», ha detto il capogruppo di Forza Italia al Senato, Paolo Romani, nel corso di una conferenza stampa insieme con il presidente dei deputati forzisti, Renato Brunetta. «Ci siamo sentiti emarginati, buttati fuori dalla maggioranza, ma abbiamo continuato a inseguire il governo nella ricerca di un confronto», ha spiegato Romani, che ha aggiunto: «Il maxiemendamento alla legge di stabilità è assolutamente irricevibile». «Abbiamo un grande rammarico, sulla politica economica siamo di fronte a un totale fallimento - ha continuato Brunetta - Questa legge di stabilità è sbagliata, costruita male e discussa peggio, anche in ragione della mancanza di confronto che il governo ha dimostrato nei confronti della parte più rilevante della sua maggioranza insieme con il Partito Democratico. Per quanto riguarda le larghe intese sono finite». E ancora: «Forza Italia non voterà la fiducia sulla legge di Stabilità: non sono state accolte le richieste avanzate su casa, Iva, concessioni demaniali, circolazione del contante, sicurezza, ecc». Sulla carta Letta, grazie alla spaccatura del centrodestra (una parte del Pdl, guidato da Alfano, è confluito nel partito Nuovo centro destra, che resta nel governo), ha una maggioranza anche senza Forza Italia. Ma secondo Romani,«se qualcuno pensa che Forza Italia sia irrilevante per la maggioranza di larghe intese si sbaglia di gran lunga». E Brunetta aggiunge: « Il Governo delle larghe intese è finito, chiamatelo delle piccole intese, di sinistra, di centro sinistra». E a chi gli chiede se ora il presidente del Consiglio, Enrico Letta, dovrà salire al Quirinale per dimettersi, risponde: «Sarebbe opportuno, per prassi».

LA REPLICA DI ALFANO - Le posizioni di Berlusconi sono state così commentate da Alfano: «Avevamo visto giusto, avevamo visto lontano. Sapevamo che sarebbe finita così e adesso siamo alla cronaca di un esito ampiamente annunciato. Avevamo detto e ripetiamo che è sbagliato sabotare il governo e portare il Paese al voto, per di più con questa legge elettorale, a seguito della decadenza del presidente Berlusconi. Decadenza che consideriamo del tutto ingiusta. La legge di stabilità, che comunque non aumenta le tasse ed è ancora migliorabile alla Camera, però, è diventata una scusa, un pretesto che non regge di fronte alla difficoltà di un Paese che ha bisogno di buongoverno e non del buio di una crisi senza sbocco e senza prospettive. Noi, dunque, continueremo a lavorare per l’Italia».

LEGGE DI STABILITA’ - L’annuncio del no alla legge di Stabilità e dell’uscita di Fi dalla maggioranza era stato anticipato da quanto detto da Berlusconi nel primo pomeriggio durante la riunione con i capigruppo di Fi. «Questa è la legge di stabilità delle poltrone», ha detto il Cavaliere nella sala della Regina a Montecitorio . Un passaggio che i parlamentari sottolineano con un applauso. «Per senso di responsabilità attendiamo il maxiemendamento del governo - ha detto ancora Berlusconi ai suoi - Voteremo contro se sarà, come è atteso, pieno di tasse».

IN PIAZZA - Berlusconi parla anche della manifestazione di mercoledì . «Domani scendono in piazza tutti i cittadini che sono fortemente preoccupati per quanto sta accadendo e che hanno a cuore il futuro del nostro Paese e scendono in piazza non per difendere Silvio Berlusconi ma perché hanno a cuore la democrazia del Paese». Silvio Berlusconi prosegue la sua offensiva mediatica e sottolinea che la manifestazione convocata per mercoledì alle 14 poche ore prima del voto sulla decadenza da senatore del Cavaliere (il voto sarà alle 19 ) sarà «assolutamente pacifica e legittima». Una implicita risposta alla dura nota de Colle di domenica, accompagnata peraltro dalla promessa che «sarà solo l’inizio». Ma non solo.

LA REAZIONE DEL PD - Le parole dell’ex premier sulla manifestazione di mercoledì scatenano la reazione Pd.«Stiamo assistendo a un’escalation con toni sempre più violenti da parte di Berlusconi», è l’allarme di Danilo Leva, responsabile Giustizia del Partito Democratico, per dire che «invocare la piazza contro una sentenza emessa da un tribunale rappresenta un punto di rottura con la storia della Repubblica e con il nostro sistema democratico». Di piu, osserva il dirigente Pd, «è una strategia che mira a produrre tensione logorando il Paese e che rende Berlusconi sempre più anti-Stato».

DECADENZA - Il Cavaliere è arrivato all’incontro dei capigruppo, martedì nel primo pomeriggio, accompagnato da Raffaele Fitto e Denis Verdini ed è stato accolto da un applauso. Non manca una battuta contro l’ex delfino Angelino Alfano. «È bello vedervi, essere qui - dice - E poi, adesso si ha un bel vantaggio ad essere un po’ di meno: ora sono tutti simpatici, prima non si poteva dire la stessa cosa...». L’ex premier, parlando ai suoi, ha affrontato anche il tema della decadenza (il voto ci sarà mercoledì) e le sue vicende giudiziarie. «È in atto una gara di velocità tra le Procure di Napoli e Milano a chi mi agguanta prima», ha detto Berlusconi. Poi annuncia: «Domani alle 21 sono da Vespa a “Porta a Porta”, ho ripreso a comunicare». La trasmissione, confermano in Rai, andrà in onda in diretta a partire dalle 21.10. È probabile che proprio a quell’ora (si inizia con gli ordini del giorno alle 19) si voterà a palazzo Madama sulla sua decadenza. L’ex premier potrà perciò commentare in diretta l’esito del voto. «Speriamo che vada tutto bene - ha detto ancora Berlusconi ai suoi lasciandosi andare ad una battuta - altrimenti vuol dire che mi verrete a trovare a San Vittore...».

LA TELEFONATA DI BARROSO - Sempre secondo indiscrezioni , durante l’incontro con i capigruppo, Berlusconi si è assentato per alcuni minuti perché - come ha rife rito lo stesso ex premier - ha ricevuto una telefonata dal «suo amico» Josè Manuel Barroso, presidente della Commissione Ue (ed esponente del Ppe, schieramento nel quale si collocava in Europa anche il Pdl). «Berlusconi ci ha fatto capire che quello di Barroso è stato un estremo tentativo di tenere Forza Italia nell’area della maggioranza. Ma, come quello di Pierferdinando Casini ieri sulla decadenza, è stato un tentativo destinato a fallire perché la decisione è ormai virtualmente presa», ha riferito un altro parlamentare di FI.

ELEZIONI - Parlando davanti ai gruppi di Fi riuniti a Montecitorio, il Cavaliere parla anche di elezioni e rispolvera le «sentinelle del voto» parlando di «un milione di voti persi per brogli». Inoltre spiegala sua prossima strategia: «Dobbiamo spiegare agli italiani che solo concentrando i voti sul principale partito di centrodestra si può arrivare a governare il Paese».

26 novembre 2013
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Redazione Online

http://www.corriere.it/politica/13_nove ... 5961.shtml

Re: Come se ne viene fuori ?

Inviato: 27/11/2013, 7:34
da camillobenso
Salùtem' a ssòret




Sfascisti - 20

I giorni della confusione - 6
Gianburrasca Sbrodoloni nel Paese delle Meraviglie - 1


...e sempre a Porta a Porta: non va rottamata anche certa Tv?
«Sa qual è il vero problema dell'Italia? Non dove va il politico, ma come ci va. Il politico ci va con la scorta, con l'auto blu, con i lampeggianti. A me piace stare in mezzo alla gente. L'altro giorno dovevo andare a colazione qui vicino e sono andato a piedi, ci vogliono 10 minuti, ma ci ho messo un'ora, perche gli elettori si fermavano, facevano polemiche, critiche, complimenti. I politici devono sapere che non sono in missione per conto di Dio.
Che sono persone normali, come tutti, e a un certo punto devono anche lasciare. E quando ci stanno devono dare il massimo, perché ci butti il cuore, perche l'Italia ne ha bisogno, perché tu vuoi bene a questo Paese, a questa città, alla comunità che rappresenti. Invece ci sono politici che dicono: "Lo facciamo perché è un servizio...".

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Ma dite la verità, per favore! Dite che è bello, che è entusiasmante, che è appassionante. Quando non è più bello, andate a fare un'altra cosa».
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Matteo Renzi (Firenze, 11 gennaio 1975)

*

Rino Formica
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

Salvatore Formica detto Rino[1] (Bari, 1 marzo 1927) è un politicoitaliano. Fu varie volte ministro, spesso a capo di dicasteri importanti. Fu un membro di rilievo del Partito Socialista Italiano durante la segreteria di Bettino Craxi.

Punto di riferimento dell'organizzazione dei quadri del PSI, mantenne sempre una spiccata autonomia intellettuale.

Rimane famosa una sua dichiarazione sull'attività politica: "la politica è sangue e merda".

Un'altra volta Formica affermò che "il convento è povero, ma i monaci sono ricchi"[2], riferendosi ai problemi finanziari del PSI, in cui alcuni dirigenti mantenevano uno stile di vita principesco.

Altrettanto nota la sua definizione dell'ultima Assemblea Nazionale (il parlamentino del Psi) del 1991, vista come una "corte di nani e ballerine"[3], con riferimento ai tanti personaggi dello spettacolo e della cultura con la quale era stata infarcita l'Assemblea, di cui Formica giunse a chiedere la chiusura.



25 NOV 2013 11:06
1. LA POLITICA È SANGUE E MERDA, DICEVA RINO FORMICA AI TEMPI DI BOTTINO CRAXI. MA QUI SCARSEGGIA IL SANGUE, CAUSA LEADERINI PLASTIFICATI, E SI ESAGERA CON LA MERDA
Dagospia


Formica : Anni 86 nel 2013
Renzi…..: Anni 38 nel 2013

Il primo ha completato il ciclo della vita e conosce come funziona l’ambaradan su questo pianeta
Il secondo vive ancora nel mondo dei sogni del Paese delle Meraviglie, che va per la maggiore all’Asilo Mariuccia.

Gli storici diranno che il primo ciclo repubblicano è iniziato con Alcide De Gasperi e si è chiuso con l'Asilo Mariuccia.

Re: Come se ne viene fuori ?

Inviato: 27/11/2013, 14:00
da paolo11
Ciao camillobenso.Lasciamo stare per un momento le schifezze politiche.
Come stai.
Ciao
Paolo11

Re: Come se ne viene fuori ?

Inviato: 27/11/2013, 17:08
da camillobenso
paolo11 ha scritto:Ciao camillobenso.Lasciamo stare per un momento le schifezze politiche.
Come stai.
Ciao
Paolo11

Per il momento, facendo i debiti scongiuri direi bene, grazie…E tu?

Re: Come se ne viene fuori ?

Inviato: 27/11/2013, 17:20
da camillobenso
Sfascisti - 21

I giorni della confusione - 7


Diretta Rai 3 e La7, con il discorso di Berlusconi.

Un intervento di tipo criminale improntato all'odio.

L'ultimissima speranza del Caimano è la rivolta dell'esercito di Silvio.

Re: Come se ne viene fuori ?

Inviato: 27/11/2013, 18:04
da camillobenso
Sfascisti - 22

I giorni della confusione - 8


Situazione altamente drammatica.

Bianca Berlinguer, intervista Roberto Speranza alla Camera.

Il capogruppo alla Camera del PPE, è perfettamente intercambiabile con Alessandro Natta e Gianni Cervetti.

Trent’anni di politica buttati via.

Questi giovani sono un’autentica frana.

Roberto Speranza potrebbe riuscirebbe ad entusiasmare solo qualche gatto di marmo.

Guai grossi in vista per questo Paese. Manca completamente il ricambio.

La cosa assurda, totalmente assurda, è che la generazione che è uscita dal fascismo, che non ha avuto le possibilità a disposizione di queste ultime due generazioni, era molto, molto, molto più preparata e più matura.

Non ci si raccapezza sul perché.

Hanno a disposizione mezzi culturali di massa non paragonabili con quelli di 70 anni fa.

Eppure, non c'è paragone.

Re: Come se ne viene fuori ?

Inviato: 27/11/2013, 20:05
da paolo11
http://www.youtube.com/watch?v=iBXTDuaO ... ploademail
Taverna umilia Berlusconi, il PDL sbrocca
............................................
Caro camillobenso.Oggi al Senato si è visto una ragazza con le Palle altro che i vecchi marpioni.
Ciao
Paolo11

Re: Come se ne viene fuori ?

Inviato: 27/11/2013, 21:44
da camillobenso
Sfascisti - 23

I giorni della confusione - 9


Gianburrasca Sbrodoloni si duole del fatto che Crozza lo considera il vuoto assoluto. Beh, non è solo Crozza a fare queste considerazioni.

Evidentemente come in tutti casi analoghi, Gianburrasca si crede il nuovo Superman.

I suoi consiglieri economici, Yoram Gutgeld e Davide Serra sono stati entrambi dalla Gruber, e in materia hanno tutt’altro che convinto.

Sono fermi alla vecchia politica dei cerotti. Forse Gutgeld intende impiegare cerotti un po’ più grandi di quelli che hanno applicato Monti e Letta, ma sostanzialmente cambia poco.

Già in partenza intendono tirare a campare come sta facendo Enry baalls of stell.

Quello che si stenta a capire come mai si evitano con cura di applicare le regole fondamentali dell’economia che durano da 6000 anni e ne dureranno altrettanti se qualche scapestrato non farà esplodere il pianeta.

Quello che non si capisce è perché non si voglia prendere in esame l’unico provvedimento che si deve prendere in questi casi: mettere in atto uno shock economico.

Ero convinto che lo mettesse in atto il preside della Bocconi, Prof. Monti, subito nel novembre del 2011.

Monti doveva lavorare su due direttrici, tamponare la situazione finanziaria ed avviare lo shock economico.

Si è impegnato sulla prima direttrice trascurando completamente la seconda.

Un mese fa il Prof. Giulio Sapelli, professore ordinario di Storia Economica presso l'Università degli Studi di Milano, a Omnibus ha insistito per l’attivazione di uno shock economico. Lo ha fatto anche Cesare Romiti lunedì scorso ad Agorà.

I fallimenti viaggiano a rotta di collo.

1. Boom dei fallimenti… Oltre 10.000 nei primi 9 mesi 2013 - Business ...
http://www.businessdefence.it/.../boom- ... rimi-9...‎
7 giorni fa - Tra luglio e settembre hanno dichiarato fallimento 2.500 imprese (+9,2% rispetto ... nei primi nove mesi il numero dei fallimenti quota 10 mila (+14,8%), ... Se allarghiamo lo sguardo nel terzo trimestre in Italia si registrano anche ... le società dicapitale, nella prima parte del 2013 i default sono aumentati con ...


1. Boom di fallimenti nel 2013 continua la morìa di imprese | il ...
http://www.ilquotidianofvg.it/boom-di-f ... moria-...‎
16/nov/2013 - In Italia continua la morìa di imprese e dilagano i fallimenti: quasi 10 mila ... Il fallimento di un'azienda rappresenta uno dei termometri più efficaci per ...risulta di conseguenza quella col maggior numero assoluto di fallimenti: ...


La Confersercenti segnala:

1. Crisi: chiuse 50mila imprese nel 2013. L'allarme di Confesercenti: "È ...
http://www.huffingtonpost.it/2013/.../c ... 3-lall...‎
28/set/2013 - Il 2013 è ancora "profondo rosso" per le imprese del commercio e del turismo: ... per quasi 30mila imprese e si perderanno almeno 90mila posti di lavoro. ...licenzianti (in particolare THEHUFFINGTONPOST Holdings LLC) IVA n. ... In Italia, lo stesso paio di jeans, fra il 2002 e il 2005 è passato da 100.000 a ...


1. Crisi Italia 2013: chiuse 55mila imprese manifatturiere. A rischio ...
http://www.notizievideoblog.it/.../cris ... e-mani...‎
05/giu/2013 - ... ha fatto sapere che nel settore manifatturiero il numero di occupati è sceso ... Parole chiave: italia crisi 2013 imprese chiuse dati confindustria.

Stamani Agorà ha aperto con gli esuberi (230) della Nokia di Cassina di Pecchi.

1. Contro la "svendita" dei posti di lavoro di Nokia Siemens Networks ...
https://www.facebook.com/ControLasvendi ... iDiLavoro‎
NOKIA SIEMENS NETWORKS ha dimostrato, in questi anni, di saper vender meglio i... Nokia: Aprea e Melazzini, no ai 230 licenziamenti a Cassina de' Pecchi ...


Monti vedeva la luce in fondo al tunnel.

Letta & Saccomanni & Co, raccontano balle gigantesche sulla ripresa.

Poi arriva Gianburrasca che continua la tradizione pallografa tricolore ancora prima di diventare segretario del PPE.

«Chi in questi anni ha detto che noi dobbiamo fare la fine della Grecia? - si è chiesto - chi lo ha detto non conosce l'economia italiana che oggi è la seconda manifattura tradizionale europea, che è al secondo posto dopo la Germania».

Giamburrasca vive permanentemente nel Paese delle Meraviglie.

Scenderanno in piazza il 9 dicembre e sembrano molto molto determinati.

<< Bloccheremo tutto, lo faremo a oltranza fino a che questi cialtroni non se ne vanno via tutti….>>urla un’imprenditrice.

<<Condannati per alto tradimento, tutti>> rispondono gli altri che gli stanno intorno.

Sono fortemente determinati a combattere lo Stato.

Sostengono di aver fatto l’inciucio polentoni, terroni, fascisti, comunisti, milanisti, interisti. <<Abbiamo fatto un’inciucio che li ribalterà>>.


Vedi:
Agorà – 25 novembre 2013
http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/me ... 8fe42.html

Punto
09:18:45

Cliccare direttamente su:
09:18:45
“La Protesta Degli Imprenditori”

Sulla destra nella colonna Highlights

*

Inutile dire che, con questa battuta, Renzi si è guadagnato «l'attenzione» di Crozza per molto tempo, ma lui ieri ci ha tenuto a spiegare il perché di questo suo atteggiamento che può apparire superficiale, ma non lo è: «I leader della sinistra - ha spiegato - pensano che sorridere sia o un atto del nemico o un modo di essere vuoti e superficiali. Come se le cose serie fossero solo quelle che vengono dette con la faccia triste. Io dico che non è così; la politica deve avere un atteggiamento fatto di entusiasmo, di leggerezza...».

Ma che in quale fiaba crede di stare vivendo???




27 NOV 2013 17:03
VIDEO-CAFONAL “BASTA PIANGERE” (FACCE RIDE’) - RENZI, MENTANA E BRUCHI PRESENTANO IL LIBRO DI CAZZULLO - MATTEUCCIO: “CROZZA DICE CHE SONO IL VUOTO ASSOLUTO? ALLA POLITICA SERVE LEGGEREZZA”
Il pubblico delle grandi occasioni (ovvero quelli che di martedì alle 17 si possono accomodare al teatro Argentina) si raduna alla corte del Sindaco - Si cazzulleggia duro a suon di slogan post-berlusconiani e pre-veltroniani: “entusiasmo, visione larga, servono sogni non extra small ma extra large” - In platea i due berluscones Guzzanti e Gawronski, qualche renziano, Lupo Rattazzi, Marina StraRipa e Anna Kanakis…

Da http://www.lanazione.it

"Basta, la sinistra deve smettere di «piangere», serve «una visione più larga», incita Matteo Renzi. Che a dieci giorni dal traguardo delle primarie, ha deciso di dichiarare guerra a chi sta minando la sua immagine vincente. Basta, dunque, anche con questa storia «che io sono giovane, ho 38 anni, a gennaio saranno 39, sono un giovane per finta...».

Ma, soprattutto, basta con l'essere dipinto come «vuoto assoluto», immagine che Maurizio Crozza regala al pubblico quando lo imita: «Crozza, più che la leggerezza, sta cercando di dire che io sono il niente assoluto - si è difeso il sindaco di Firenze - e descrive la mia figura con riferimenti agli anni ‘80 e ‘90. Credo che sbagli».

Inutile dire che, con questa battuta, Renzi si è guadagnato «l'attenzione» di Crozza per molto tempo, ma lui ieri ci ha tenuto a spiegare il perché di questo suo atteggiamento che può apparire superficiale, ma non lo è: «I leader della sinistra - ha spiegato - pensano che sorridere sia o un atto del nemico o un modo di essere vuoti e superficiali. Come se le cose serie fossero solo quelle che vengono dette con la faccia triste. Io dico che non è così; la politica deve avere un atteggiamento fatto di entusiasmo, di leggerezza...».

E a proposito di quel «basta piangere», nuovo slogan renziano mutuato dal titolo del libro di Aldo Cazzullo, Renzi ha sostenuto che l'incitazione, oltre che per la sinistra, deve valere anche per l'Italia. «Chi in questi anni ha detto che noi dobbiamo fare la fine della Grecia? - si è chiesto - chi lo ha detto non conosce l'economia italiana che oggi è la seconda manifattura tradizionale europea, che è al secondo posto dopo la Germania».

Renzi, quindi, ha invitato a un mutamento di prospettiva: «La mia generazione ha smesso di avere sogni grandi. Abbiamo dei sogni extra small. Ma se torniamo ad avere dei sogni extra large, l'Italia può smettere di piangere». E sul Cavaliere avverte: «Ha iniziato la campagna elettorale, occhio».

Durante la diretta Twitter di ieri, Renzi è poi tornato sulle sue parole verso il governo («se non fa come diciamo noi, finish!») che gli avevano fatto guadagnare una risposta sferzante, sempre via Twitter, da Gianni Cuperlo («Se il governo non fa quello che diciamo noi, Dash!»). «Certo che questi candidati fanno un sacco di battute...», ha stemperato la tensione il sindaco. Ma le battute non sono solo dei candidati. Visto il clima, Francesco Sanna del Pd, lettiano di ferro, ha ammonito con una battuta: «C'è un tempo per Dash, uno per Finish, poi arriva e vince Coccolino...».

Re: Come se ne viene fuori ?

Inviato: 28/11/2013, 18:57
da camillobenso
Sfascisti - 24

I giorni della confusione - 10

Nel Paese delle Meraviglie - 1



IO SPERIAMO CHE ME LA CAV - ORA ORFANI E VEDOVE NERE DEL BANANA HANNO PAURA: “QUANTO POTRÀ DURARE L’OPPOSIZIONE?” - CICCHITTO: SE SI VOTA TRA 6 MESI VINCONO, ALTRIMENTI SONO MORTI”
Berlusconi ripete che si va a votare in primavera anche per Camera e Senato ma i fedelissimi non ci credono – La Carfagna sente “odore malevole di mandorle amare”, Minzolini profetizza la resurrezione di Silvio – Sarà Renzi il casellante che aprirà l’autostrada elettorale al cav?

Amedeo La Mattina per "La Stampa"

E ora? Quale bussola guiderà i superstiti rimasti al fianco del generalissimo Silvio? Cosa si sprigionerà da quello scranno vuoto del Senato dove non siederà più Silvio Berlusconi? Annamaria Bernini, combattivo nuovo capogruppo vicario di Forza Italia, esce dall'aula di nero vestita con i lucciconi agli occhi. Donne senatrici a lutto, Elisabetta Alberti Casellati, Cinzia Bonfrisco, Maria Rizzotti, la stretta collaboratrice Maria Rosaria Rossi e Paolo Pelino. La quale Pelino cerca di rendere meno amara la giornata di «lutto per la democrazia» e si mette a distribuire tra i banchi del suo gruppo parlamentare confetti che produce la sua ditta.

Con un'immagine poetica crepuscolare, Mara Carfagna sente «odore malevole di mandorle amare». Ed è infatti tanta amarezza che rimane in fondo alla gola dei graduati e dei soldati berlusconiani. Si chiedono cosa succederà adesso che il loro generalissimo è decaduto, interdetto, non più candidabile e si avvia verso i servizi sociali.

Battaglia dura e senza paura, certo. Opposizione al governo Letta e fulmini contro i cugini di Alfano che rimangono «inchiodati» alle loro poltrone di ministro accanto ai pugnalatori del Pd. Augusto Minzolini sturm und drang profetizza la «resurrezione» di Berlusconi che ora, libero di parlare, cresce nei consensi mentre Letta e Alfano dovranno giustificare di fronte al popolo una legge di stabilità impopolare e vedersela con lo sfascia carrozze Matteo Renzi. Sì, ma sotto il pelo dell'acqua, dietro quel silenzio di tomba che è calato quando si è chiusa la seduta della decadenza, c'è l'angoscia, la paura, il fascio di timori per il futuro di decine di parlamentari.

Davanti a un ascensore di Palazzo Madama, in trasferta da Montecitorio per partecipare all'assemblea dei parlamentari del Nuovo Centrodestra, Fabrizio Cicchitto parla di «terrore». L'ex capogruppo del Pdl conosce bene cosa si agita nell'animo profondo dei suoi ex amici di partito.

Si dirà, la sua è una tesi di parte. È vero, ma il suo ragionamento, al contrario, vale pure per lui e per color che non hanno seguito Berlusconi in Forza Italia. Dice: «Gli orfani del senatore Berlusconi sono terrorizzati dalla possibilità che il governo duri fino al 2015. Se tra sei mesi si vota, allora la loro scelta di rimanere in Forza Italia sarà azzeccata.

Se invece la maggioranza tiene e Letta va avanti, fa le riforme e aggancia un minimo di ripresa, i miei amici sono morti». E a quel punto comincerà il fuggi fuggi, a Roma come in periferia. Questo Cicchitto non lo dice, ma è la logica conseguenza delle sue considerazioni.

Berlusconi, stanco provato, fisicamente ha somatizzato la botta, annulla Porta a Porta, il medico Zangrillo gli consiglia di riguardarsi, cerca di galvanizzare truppe e peones dal palco di via del Plebiscito. «Io resto in campo, farò la mia battaglia anche fuori dal Parlamento come Renzi e Grillo. Io sarò sempre con voi».

Già, come Grillo e Renzi, pensando, da extraparlamentare, di fare il botto alle elezioni europee e mostrare plasticamente un Parlamento italiano non più rappresentativo della volontà popolare. Ai colonnelli e capitani dice «vedrete che si va a votare in primavera anche per Camera e Senato», ma i graduati si guardano negli occhi e non ci credono. Anzi pensano a non ci creda nemmeno il generalissimo Silvio.

E allora, quanto durerà l'opposizione? Sarà il prossimo segretario del Pd Renzi il casellante che aprirà l'autostrada elettorale al Cavaliere? Sono queste le domande più ricorrenti che si fanno nei capannelli dei senatori e deputati di Forza Italia. Falchi, lealisti e mediatori che dentro il partito cercano un equilibrio anche su cosa fare nel giorno della decadenza. Summit nella sede del partito in Piazza San Lorenzo in Lucina dopo il voto del Senato. Tutti vogliono far sentire forte la protesta, che rimbombi al Quirinale.

Si pensa a cortei e marce fino al portone di Giorgio Napolitano. Si dividono. La pitonessa pensa a una fiaccolata di tutti i parlamentari. Magari una delegazione potrebbe essere ricevuta, ma poi si scopre che il capo dello Stato è al teatro. I più moderati, Fitto e Romani, bocciano l'idea che sa tanto di veglia funebre, di processione con il morto (Berlusconi).

E poi neanche il presunto morto vuole la marcia con le candele sul Palazzo più alto. Alla fine di opta per una richiesta di incontro dei capigruppo Brunetta e Romani con il presidente della Repubblica. Berlusconi intanto a Villa San Martino, con figli e fidanzata, accarezza piani di battaglia. Ma quanto durerà la sua opposizione?