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Forum per un "Congresso della Sinistra" ... sempre aperto • Come se ne viene fuori ? - Pagina 455
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Re: Come se ne viene fuori ?

Inviato: 06/12/2013, 14:04
da camillobenso
Sfascisti - 69

Assalto a Fort Apache - 8



1. DOPO LA “RUOTA DELLA FORTUNA” DI MIKE BONGIORNO IL CANDIDATO MATTEUCCIO RENZI SFIDA LA “RUOTA DELLA TORTURA”, ALIAS LE PRIMARIE-PACCO DEL PD DI D’ALEMA & C. -

2. MA QUANTI ANDRANNO A VOTARE NELLA SFIDA A TRE PER LA SEGRETERIA DEL PARTITO? -

3. NELLE PASSATE CONSULTAZIONI “ALL’AMERICANA” E’ STATA SEMPRE SUPERATA LA SOGLIA DEI 3 MILIONI DI PARTECIPANTI. DOMENICA C’E’ IL RISCHIO CHE L’AFFLUENZA SI DIMEZZI E PER IL FUTURO LEADER DEMOCRAT SI PROSPETTA UNA VITA DA GENERALE A ROMA CON ALLE SPALLE UNA ARMATA ROSSA IN ROTTA. ANCHE PERCHÉ OSSERVAVA MACHIAVELLI OGNI “INNOVATORE HA I PROPRI NEMICI FRA I CONSERVATORI E HA SOLO TIEPIDI DIFENSORI TRA COLORO CHE SPERANO DI TRARRE VANTAGGIO DALLE NUOVE LEGGI” -




DAGOANALISI

Primarie o fiera delle vanità?
A poche ore dalla consultazione nel Partito democratico per scegliere il nuovo segretario, l'interrogativo sembra tornato d'attualità. Di sicuro la "cavalcata ambiziosa" (Giuliano Ferrara su "il Foglio") di Matteo Renzi così estraneo all'apparato del partito (fino al punto di essere detestato) ma grande favorito nella corsa alla leadership dei post demo-sinistri sembra far pendere il giudizio (in sospeso) sul piatto della bilancia della vanità.

Di là dai meriti (o demeriti) del candidato-favorito, è stato il sindaco di Firenze e il suo giornale di riferimento, "la Repubblica" di Ezio Mauro e Carlo De Benedetti, a trasformare la sua scesa in campo in un défilé mediatico dove la sua faccia da bamboccione faceva premio sulla sostanza delle idee (che pure ci sono e ci saranno).

"Nell'iconografia del giovane leader, la copertina di Vanity Fair rischia di rimanere come pietra miliare e punto di non ritorno nell'estetizzazione del potere", ha osservato puntuale Filippo Ceccarelli nella sua rubrica sul "Venerdì".

Nel magazine de "la Repubblica" ha trovato spazio anche una delle rare voci uscite fuori dal coro delle laudi renziane. "Mancano pochissimi giorni alle primarie per eleggere il segretario del Pd. Una carica che non esiste. Il quasi sicuro vincitore, Matteo Renzi, infatti, non ha alcuna intenzione di ricoprirla. Ha deciso di continuare a fare il sindaco di Firenze", ha scritto pungente Curzio Maltese.
Capovolgendo il ragionamento di Maltese, il vero rischio che corre il Pd dalle tante anime inquiete è quello di ritrovarsi un giovane generale avendo alle spalle un'armata rossa in rotta.

E chissà, allora, se oggi il politologo Arturo Parisi tornerebbe a fare l'elogio delle primarie quando nell'autunno del 2007 i militanti furono consultati per eleggere il segretario (Veltroni con il 75,82%) e i membri della costituente del nuovo partito.

In quell'occasione il numero dei partecipanti fu di 3 milioni e mezzo. Che, due anni dopo (2009), scese di poco, oltre 3 milioni, nella scelta del segretario Pierluigi Bersani (1.623.239 preferenze). E la soglia dei tre milioni è stata toccata pure nel novembre dello scorso anno per indicare il leader della colazione per palazzo Chigi.

Già, la prima volta di Renzi che al secondo turno fu battuto da Bersani (60,9%) contro il 39% del sindaco di Firenze.

Ora sarebbe facile ironizzare sul destino avaro cui sono andati incontro nel giro di qualche anno i vincitori delle primarie in casa del Pd. Prima Walter Veltroni poi Culatello Bersani, indicati dalla base, sono stati "liquidati" in fretta con le solite pratiche interne al partito.

Adesso tocca al "rottamatore" Renzi ribaltare questa feroce tendenza auto-distruggitrice nella sinistra. E domenica sera quando si spegneranno le luci sulla passerella delle primarie, sarà l'affluenza alle urne dei militanti e dei sostenitori della causa (bassa, nella media o alta) Pd a indicare quanto brillerà in futuro e di che luce la nuova stella Renzi.

Anche perché osservava Machiavelli ogni "innovatore ha i propri nemici fra i conservatori e ha solo tiepidi difensori tra coloro che sperano di trarre vantaggio dalle nuove leggi".

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Re: Come se ne viene fuori ?

Inviato: 06/12/2013, 16:23
da mariok
IL RAPPORTO SULLA SOCIETA’ ITALIANA

Censis, gli italiani «sciapi e infelici»
Crescono quelli che fuggono all’estero
In un decennio si è passati da 50mila a ai 106mila. Nell’ultimo anno il trasferimenti all’estero sono cresciuti del 28,8%

«Una società sciapa e infelice in cerca di connettività».Così il Censis definisce la situazione sociale italiana nel suo 47mo illustrato a Roma dal direttore generale Giuseppe Roma e dal presidente Giuseppe De Rita. Una società, quella italiana, che sembra sempre ad un passo dal crollo ma che non crolla. «Negli anni della crisi - si legge nel rapporto del Censis - abbiamo avuto il dominio di un solo processo, che ha impegnato ogni soggetto economico e sociale: la sopravvivenza. C’è stata la reazione di adattamento continuato (spesso il puro galleggiamento) delle imprese e delle famiglie. Abbiamo fatto tesoro di ciò che restava nella cultura collettiva dei valori acquisiti nello sviluppo passato (lo «scheletro contadino», l’imprenditorialità artigiana, l’internazionalizzazione su base mercantile), abbiamo fatto conto sulla capacità collettiva di riorientare i propri comportamenti (misura, sobrietà, autocontrollo), abbiamo sviluppato la propensione a riposizionare gli interessi (nelle strategie aziendali come in quelle familiari).

SCIAPI E INFELICI - Siamo anche una «società sciapa e infelice» secondo il Censis «senza fermento e dove circola troppa accidia, furbizia generalizzata, disabitudine al lavoro, immoralismo diffuso, crescente evasione fiscale, disinteresse per le tematiche di governo del sistema, passiva accettazione della impressiva comunicazione di massa». Di conseguenza siamo anche «infelici, perché viviamo un grande, inatteso ampliamento delle diseguaglianze sociali». A giudizio dei ricercatori del Censis si sarebbe «rotto il “grande lago della cetomedizzazione”, storico perno della agiatezza e della coesione sociale. Troppa gente non cresce, ma declina nella scala sociale. Da ciò nasce uno scontento rancoroso, che non viene da motivi identitari, ma dalla crisi delle precedenti collocazioni sociali di individui e ceti».

FUGA ALL’ESTERO - Ciò avrebbe determinato una vera e propria fuga all’estero. Nell’ultimo decennio il numero di italiani che hanno trasferito la propria residenza all’estero è più che raddoppiato, passando dai circa 50mila del 2002 ai 106mila del 2012. Ma è stato soprattutto nell’ultimo anno che l’aumento dei trasferimenti è stato particolarmente rilevante: (+28,8% tra il 2011 e il 2012).

IL LAVORO CHE NON C’E’ - Una reazione al grave disagio sociale, all’ instabilità lavorativa e sottoccupazione che interessa il 25,9% dei lavoratori: una platea di 3,5 milioni di persone ha contratti a termine, occasionali, sono collaboratori o finte partite Iva. Ci sono poi 4,4 milioni di italiani che non riescono a trovare un’occupazione «pure desiderandola». Per il Censis «2,7 milioni sono quelli che cercano attivamente un lavoro ma non riescono a trovarlo, un universo che dallo scoppio della crisi è quasi raddoppiato (+82% tra il 2007 e il 2012)». Ci sono poi 1,6 milioni di italiani che, «pur disponibili a lavorare, hanno rinunciato a cercare attivamente un impiego perché convinti di non trovarlo».

ALLA LARGA DALLA POLITICA - Cresce sempre più il disinteresse per la politica: il 56% degli italiani (contro il 42% della media europea) non ha attuato nessun tipo di coinvolgimento civico negli ultimi due anni, neppure quelli di minore impegno, come la firma di una petizione. Più di un quarto dei cittadini manifesta una lontananza pressoché totale dalla dimensione politica, non informandosi mai al riguardo. Al contrario, si registrano nuove energie difensive in tanta parte del territorio nazionale contro la chiusura di ospedali, tribunali, uffici postali o presidi di sicurezza.

LE ENERGIE POSITIVE - Tuttavia il Censis vede anche dei segnali positivi e di tenuta sociale. «Si registra una sempre più attiva responsabilità imprenditoriale femminile (nell’agroalimentare, nel turismo, nel terziario di relazione), l’iniziativa degli stranieri, la presa in carico di impulsi imprenditoriali da parte del territorio, la dinamicità delle centinaia di migliaia di italiani che studiano e/o lavorano all’estero (sono più di un milione le famiglie che hanno almeno un proprio componente in tale condizione) e che possono contribuire al formarsi di una Italia attiva nella grande platea della globalizzazione».

WELFARE E DIGITALE - Nuove energie si sprigionano inoltre in due ambiti che permetterebbero anche l’apertura di nuovi spazi imprenditoriali e di nuove occasioni di lavoro. «Il primo -si legge nel rapporto- è il processo di radicale revisione del welfare. Il secondo è quello della economia digitale: dalle reti infrastrutturali di nuova generazione al commercio elettronico, dalla elaborazione intelligente di grandi masse di dati, dallo sviluppo degli strumenti digitali ai servizi innovativi di comunicazione, alla crescita massiccia di giovani “artigiani digitali”».

LA CONNETTIVITA’ - Il nuovo motore dello sviluppo, secondo il Censis, potrebbe essere la connettività (non banalmente la connessione tecnica) fra i soggetti coinvolti in questi processi». Se infatti «restiamo una società caratterizzata da individualismo, egoismo particolaristico, resistenza a mettere insieme esistenze e obiettivi, gusto per la contrapposizione emotiva, scarsa immedesimazione nell’interesse collettivo e nelle istituzioni» avremmo anche raggiunto il punto più basso dal quale non potrà che derivare un progressivo superamento di questa «crisi antropologica». Per fare connettività, secondo il Censis, non si può contare sulle istituzioni «perché autoreferenziali, avvitate su se stesse, condizionate dagli interessi delle categorie, avulse dalle dinamiche che dovrebbero regolare, pericolosamente politicizzate, con il conseguente declino della terzietà necessaria per gestire la dimensione intermedia fra potere e popolo».

SPINTA ORIZZONTALE - Neanche la politica può sviluppare questa connettività perché «più propensa all’enfasi della mobilitazione che al paziente lavoro di discernimento e mediazione necessario per fare connettività, scivolando di conseguenza verso l’antagonismo, la personalizzazione del potere, la vocazione maggioritaria, la strumentalizzazione delle istituzioni, la prigionia decisionale in logiche semplificate e rigide». Se dunque, conclude il Censis, «istituzioni e politica non sembrano in grado di valorizzarla, la spinta alla connettività sarà in orizzontale, nei vari sottosistemi della vita collettiva. A riprova del fatto che questa società, se lasciata al suo respiro più spontaneo, produce frutti più positivi di quanto si pensi».

06 dicembre 2013
http://www.corriere.it/economia/13_dice ... 77a2.shtml

Re: Come se ne viene fuori ?

Inviato: 06/12/2013, 17:33
da peanuts
A quanto è dato il caimano che dice "Io come Mandela"?

Re: Come se ne viene fuori ?

Inviato: 06/12/2013, 17:39
da camillobenso
Sfascisti - 70


06 DIC 2013 16:27
1. RE GIORGIO RISCHIA DI FINIRE INFILZATO DALL’IMPEACHMENT DI BERLUSCONI-GRILLO?

2. DA GIORNI IL BANANA FA SAPERE DI NON ESSERE CONTRARIO ALLA MESSA IN STATO DI ACCUSA DEL MONARCA. I DUE COMICI SILVIO E BEPPE UNITI CONTRO L’ULTIMO COMUNISTA? -

3. IL FALCO MINZO-LINGUA DI FUOCO: “LEGGERÒ ATTENTAMENTE LA MOTIVAZIONE DEI GRILLINI SULL'IMPEACHMENT DI NAPOLITANO. SE MI CONVINCE, NON ESCLUDO DI VOTARLO” -

4. SANTADECHÉ: “NAPOLITANO NON PENSI DI ADDOMESTICARE LA SENTENZA DELLA CONSULTA” -

5. LA RIELEZIONE DI RE GIORGIO SI FONDAVA SULLE PRESUNTE LARGHE INTESE, MA ORA CHE QUASI MEZZO PARLAMENTO LO VUOLE CACCIARE DAL QUIRINALE, COME FA A RIMANERE? -




1. BERLUSCONI TENTATO DALL'ASSE ANTI QUIRINALE CON I GRILLINI
Sonia Oranges per "Il Messaggero"

«E' stata una sentenza politica, hanno trovato il modo per blindare le larghe intese a vita»: un Silvio Berlusconi furibondo, ieri, ha riunito il gotha di Forza Italia per far aprire il dossier sulla legge elettorale, alla luce della sentenza della Corte costituzionale. Dietro la quale, ancora una volta, il Cavaliere sospetta esista una «regia» del Colle. E c'è chi, all'interno del partito, ora gli sussurra che, tramontata l'ipotesi di un ritorno alle urne, tanto vale giocarsi il tutto per tutto e appoggiare il Movimento 5 Stelle che ha annunciato di voler chiedere l'impeachment del Capo dello Stato Giorgio Napolitano.

«Non so...», aveva glissato mercoledì sera a chi gli chiedeva lumi in proposito. Senza smentire. Anche perché, davanti a quest'ennesima strettoia, il Cavaliere non esclude nulla. Nemmeno di dare ascolto ai falchi forzisti, a cominciare da Daniela Santanchè, che avrebbero parlato apertamente di creare un asse anti-Quirinale, con i grillini. E di certo ieri il capogruppo alla Camera Renato Brunetta ieri strizzava l'occhio ai grillini in aula, nella concitazione della protesta per trasferire il file elettorale da Palazzo Madama a Montecitorio.

«Mi chiedo se sia legittimo il presidente della Repubblica nominato due volte da un Parlamento votato con il Porcellum, dichiarato illegittimo dalla Consulta», ha detto, mentre i berlusconiani facevano fronte comune con i pentastellati. «Non c'è alcun dialogo con il Movimento, decideremo volta per volta se opporci insieme», frena una fonte vicina al Cavaliere, confermando però che il clima nei rapporti tra i due gruppi è mutato, più cordiale, per evitare di consegnare al M5S il monopolio dell'opposizione. Non a caso, ieri mattina, Luigi Zanda commentava alla buvette del Senato con Anna Finocchiaro: «Tra un po' Forza Italia e i grillini voteranno allo stesso modo...».

Nel frattempo, il leader pensa al partito e fino a tarda sera ha presieduto una riunione operativa in vista della convention di domenica, in cui sarà celebrata la nascita ufficiale dei primi mille club Forza Silvio. Sul palco ha fatto sapere che non vuole senatori e deputati, ma solo «volti nuovi» e giovani. Prenderà per la prima volta la parola pure Marcello Fiori, ex braccio destro di Bertolaso, cui il Cav ha affidato la macchina organizzativa. L'idea però che Fiori parli dal palco non piace al vertice azzurro.

La riunione di ieri serviva anche a sedare il malumore con lo stato maggiore di Fi assente dalla manifestazione di domenica. Che senso ha lanciare una novità sei poi si vedono sempre gli stessi?, sarebbe la motivazione addotta dall'ex capo del governo. Ecco dunque l'idea di affidare la presidenza dei club a dei giovani a cui verranno dati dei kit sul modello di quelli che furono distribuiti con la discesa in campo nel 1994.


2. NAPOLITANO: MINZOLINI, IMPEACHMENT? SE M5S CONVINCE PERCHE NO?
(AGI) - "Leggerò attentamente la motivazione M5s sull'impeachment di Napolitano. Se mi convince, non escludo di votarlo". E' il senatore FI Augusto Minzolini a uscire allo scoperto, via Twitter, per dire che "e meglio la Repubblica che una strana monarchia". Anche perche, osserva ancora il falco 'azzurro', "Napolitano ora si erge a difensore del maggioritario e del Parlamento delegittimato: in realtà gli interessa solo che il governo Letta vada avanti".

3. L. ELETTORALE: SANTANCHÉ, NAPOLITANO SIA ARBITRO E NON GIOCATORE
(AGI) - "Dopo la sentenza della Corte Costituzionale siamo tutti illegittimi e tutti decaduti, e il Presidente della Repubblica dovrebbe prenderne atto", ha ribadito Daniela Santanché nel corso di un incontro che si e tenuto stamattina presso la sede del coordinamento regionale Lombardia per lanciare la manifestazione dei comitati 'Forza Silvio' dell'8 dicembre, a Roma. "Le sentenze non si commentano, ma si applicano, e allora mi viene sempre più la certezza che in questo paese ci sono due pesi e due misure", ha proseguito Santanché. "Siamo nel caos assoluto, di questo bisogna prendere atto, e dovrebbe prenderne atto il Presidente della Repubblica e comportarsi da arbitro e non da giocatore", ha detto ancora.

Santanché ha rilevato che "se anche questa sentenza verrà addomesticata o giustificata, se si ritiene che l'interesse sia quello di tenere in piedi un governo di 'sottintese' e non un governo per l'Italia e per gli italiani, allora significa che il Presidente Napolitano può tutto". A proposito delle primarie Pd, invece, l'esponente FI ha detto che "Renzi sembra un rivoluzionario solo a parole, ma nei fatti sembra molto predisposto all'inciucio, cosa che a me personalmente non piace"

Re: Come se ne viene fuori ?

Inviato: 06/12/2013, 17:41
da camillobenso
@ peanuts

Tu conosci il regista di Agorà (Rai 3)?

Re: Come se ne viene fuori ?

Inviato: 06/12/2013, 17:51
da camillobenso
peanuts ha scritto:A quanto è dato il caimano che dice "Io come Mandela"?

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Berlusconi: "Mandela è un eroe della libertà, chi mi vuole male prenda esempio da lui""Nelson Mandela è un eroe della libertà". Comincia così la nota in cui Silvio Berlusconi ricorda la figura di Nelson Mandela, morto a 95 anni.

"Il suo insegnamento - si legge - la sua testimonianza la sua forza d'animo capace di non arrendersi mai anche quando le forze del male sembravano essere imbattibili, sono e saranno un esempio per tutti noi. Mi auguro che molti, tra coloro che in queste ore ne tessono le lodi, imparino a praticare quella riconciliazione nella verità e nel rispetto reciproco che è stato il suo più grande merito e la sua più grande vittoria."

Da "0" a "100" quanto sei d'accordo?

Valore Attuale
45.45

Re: Come se ne viene fuori ?

Inviato: 06/12/2013, 18:37
da camillobenso
Sfascisti - 71

Caos - 1

La chiarezza dovrebbe arrivare da chi possiede la materia. Invece ci spinge dentro il caos.


l’Unità 6.12.13
Piero A. Capotosti
Ex Presidente della Corte costituzionale
Professore emerito di Diritto costituzionale e di Giustizia Costituzionale presso la Facoltà di Scienze Politiche dell'Università degli Studi di Roma La Sapienza
«Assemblee, leggi e Colle pienamente legittimi ma dopo la pubblicazione della sentenza i nuovi atti di queste Camere non lo saranno più»
«Le Camere sono a rischio. La sentenza della Corte è retroattiva»
«Dopo le motivazioni il Parlamento decade»
«La rappresentanza è viziata: i parlamentari non convalidati ora rischiano»
«Un premio si potrà reintrodurre solo con una soglia minima di accesso»

di Andrea Carugati

«La sentenza della Corte costituzionale è retroattiva, dunque annulla la legge elettorale da quando è stata emanata. Non si tratta di una mera abrogazione, come potrebbe essere nel caso di un referendum». Piero Alberto Capotosti, professore emerito di Diritto costituzionale alla Sapienza ed ex presidente della Consulta, considera la sentenza sul Porcellum «un fatto di enorme portata, che non si era mai verificato nelle altre grandi democrazie». Secondo lei sono a rischio di illegittimità tutti i governi dal 2006, le leggi approvate e anche la doppia elezione di Napolitano al Quirinale? «Sicuramente no, tutte queste sono situazioni giuridicamente chiuse e dunque non più riesaminabili. Esistono nell’ordinamento alcuni principi, in particolare il principio della certezza giuridica, che mitigano la portata retroattiva della sentenza. Dunque i Parlamenti eletti dal 2006, le leggi e il Capo dello Stato sono situazioni che non si possono cancellare, “irretrattabili”. Discorso opposto per tutti gli atti che questo Parlamento dovesse esaminare dopo la pubblicazione della sentenza sul Porcellum, che avverrà tra qualche settimana. A mio avviso dopo la pubblicazione l’ombra dell’illegittimità costituzionale potrebbe estendersi a tutto il Parlamento, anche se in proposito ci sono diverse scuole di pensiero». Questo vuol dire che i parlamentari non ancora convalidati rischiano?
«Se non saranno convalidati prima, rischiano di essere illegittimi».
Sta dicendo che anche le norme che il Parlamento approverà dopo saranno illegittime?
«A mio avviso c’è lo stesso rischio, perché provengono da un organo eletto attraverso una procedura illegittima».
Significa che il Parlamento ha tempo solo fino alla pubblicazione per modificare la legge elettorale?
«Questa è la mia opinione. Sempre che la Corte, nelle motivazioni, non chiarisca esplicitamente che gli effetti della sentenza decorrono solo dall’elezione del prossimo Parlamento. Ma questo differimento degli effetti di una sentenza secondo il modello tedesco -sarebbe un caso eccezionale. Nel passato è successo pochissime volte». Dunque questo Parlamento ha vita breve e rischiamo di tornare alle urne a breve?
«La mia opinione è che, se non ci sarà un differimento esplicito degli effetti, la Corte abbia dato un ultimatum alle forze politiche: se il Parlamento non dovesse procedere ad approvare una nuova legge, in caso di elezioni anticipate si dovrà votare con quello spezzone di Porcellum che è rimasto in piedi, dunque senza premio di maggioranza e con le preferenze».
Il Parlamento dovrebbe scrivere la nuova legge prima delle motivazioni della Consulta?
«Secondo me per stare dalla parte del sicuro è necessario muoversi prima». In assenza di una crisi di governo, come si può arrivare allo scioglimento delle Camere?
«Il potere di scioglimento spetta esclusivamente al Capo dello Stato. E tuttavia ricordo che nel 1993, dopo il referendum Segni che abrogava la legge elettorale per il Senato, si arrivò rapidamente a nuove elezioni, dopo aver approvato la legge Mattarella. L’allora presidente Scalfaro disse che il Parlamento non corrispondeva più alla volontà popolare, c’era un vizio di rappresentanza. È una situazione per certi versi analoga a quella attuale: la rappresentanza è viziata dal fatto che i parlamentari sono stati immessi nel loro ufficio in base a una legge incostituzionale».
Ritiene che si possa votare con quello che resta del Porcellum?
«Serve una ricognizione norma per norma. Di certo la Corte, annullando le liste bloccate, non ha introdotto le preferenze. Non è una sentenza autoapplicativa su questo punto. Dunque un passaggio parlamentare per introdurre le preferenze, a mio parere, andrebbe fatto».
Dunque sbaglia chi dice che questa sentenza allunga la vita della legislatura almeno fino al 2015?
«Salvo sorprese nelle motivazioni della sentenza, io vedo una grande urgenza di modificare la legge elettorale per poi tornare al voto».
In che modo andrà modificata la legge?
«Un premio di maggioranza si potrà reintrodurre solo con una soglia minima di accesso. E non ci potranno più essere liste bloccate. L’elettore potrà scegliere il parlamentare con le preferenze oppure con i collegi uninominali. Su questo resta una amplissima discrezionalità del Parlamento».
Un sistema maggioritario con i collegi è ancora possibile?
«Certamente sì. Come è possibile un nuovo premio con una soglia e preferenze».
La legge che esce dalla Consulta è un proporzionale puro. Non è anche questo in contraddizione con la volontà popolare espressa nel referendum del 1993?
«Esiste questo rischio di un ritorno al passato. E tuttavia le sentenze della Corte, pur criticabili, non sono modificabili. La sentenza indubbiamente reca un vulnus per tutto il sistema istituzionale. Non si può fare finta di niente e continuare come se non fosse successo nulla».
Come si può ragionare di un percorso di riforme costituzionali nel 2014 da parte di questo Parlamento? Il ministro Quagliariello ha proposto proprio questo percorso per rispondere alla pronuncia della Consulta.
«Sono consapevole che esiste questa interpretazione, che è diversa dalla mia. Io ritengo che questo Parlamento debba sicuramente fare una legge elettorale quanto prima. Sarebbe opportuno che la legge fosse approvata almeno da un ramo del Parlamento prima delle motivazioni della Consulta. A quel punto si potrebbe sperare in un rinvio della pubblicazione della decisione per consentire l’approvazione definitiva».
Lei disegna uno scenario da tsunami politico-istituzionale...
«È una sentenza di enorme portata, un precedente di peso anche allargando lo sguardo ad altri paesi. È tuttavia sempre possibile che la Corte, nelle motivazioni, mitighi la portata di questa sentenza. Ma non è scontato che ciò accada».

l’Unità 6.12.13
Ora la riforma, ma si può votare anche così
di Claudia Fusani

In queste ore fioriscono ipotesi di ogni tipo, «parlamento illegittimo e quindi decaduto», «vuoto legislativo», «la morte del bipolarismo». Abbiamo cercato di mettere un po’ d’ordine con Felice Besostri, uno dei quattro avvocati autori del ricorso accolto dalla Corte Costituzionale che ha giudicato incostituzionale il Porcellum. Undici domande e undici risposte chiave. Al netto delle motivazioni della decisione necessarie per una parola definitiva.
1.Abbiamo una legge elettorale o si è creato un vuoto legislativo?
«Se la Consulta non ha cambiato il suo orientamento giurisprudenziale e non mi risulta lo abbia fatto abbiamo una legge applicabile. È la 270 del 2005, la vecchia legge Calderoli, privata delle parti annullate con sentenza della Consulta. Ovverosia potremmo andare a votare senza il premio di maggioranza, con le soglie di accesso previste (4 per cento alla Camera e 8 al Senato, ndr) e, attenzione, resta la possibilità di esprimere la preferenza».
2.In che modo?
«Annullando la disposizione nel testo di legge che faceva divieto di fare sulla scheda un altro segno diverso da quello del voto per la lista. Dal punto di vista tecnico esistono diverse soluzioni. Ad esempio facendo un segno sui nomi della lista, per indicare un candidato o per escluderlo alterando così l’ordine della lista. Piuttosto, la discussione già iniziata è se serve una norma di legge per dare la preferenza. Io credo possa bastare un provvedimento regolamentare».
3.Dopo la sentenza della Consulta l’attuale Parlamento è legittimo?
«Sì. La decisione della Consulta non è retroattiva, questo faceva e fa tuttora parte del terrorismo di chi si è opposto e si oppone all’accoglimento del nostro ricorso. Alcuni cavalcano questa tesi per ragioni politiche, ma non riguarda noi tecnici. L’attuale Parlamento è legittimo perché l’articolo 66 della Costituzione stabilisce che solo le Camere sono giudici di ammissione o decadenza dei loro membri. Certo, possiamo dire che abbiamo un Parlamento legittimo ma sotto sorveglianza. E che sarebbe meglio se si astenesse dal fare cose esagerate, ad esempio stravolgere la Costituzione o modificare l’articolo138».
4.Duecento deputati devono ancora essere convalidati dalla Giunta delle elezioni. Rischiano di essere giudicati illegittimi?
«No, a meno che la Giunta per le elezioni nella sua autonomia decida di non convalidarli sapendo però che deve poi procedere alla nomina del successore. La sentenza della Consulta non ha alcun potere, nell’immediato, sulle Camere che sono protette dall’autodichia. È chiaro che sarebbe meglio che la Giunta proceda con la convalida prima del deposito delle motivazioni».
5.Perché nel comunicato della Consulta si è voluto precisare che «la decorrenza degli effetti giuridici della sentenza avrà luogo con la pubblicazione delle motivazioni»?
«Proprio per evitare le speculazioni a cui invece stiamo assistendo. In ogni caso, tutto cambia dal momento in cui saranno pubblicate le motivazioni sulla Gazzetta Ufficiale, cioè tra 3, 4 settimane».
6.E se per qualche motivo dovessimo votare ora, subito, al netto dei 30 giorni per i comizi elettorali, quale sistema di voto dovremmo usare? Porcellum o semi-Porcellum? «Impossibile, dovremmo avere un Presidente della Repubblica che scioglie le Camere in questa situazione. Sarebbe un colpo di Stato. Può essere vero che il Presidente Napolitano ha rafforzato il suo ruolo. Ma va detto che dall’altra parte, vista la qualità dei nominati, non c’è più Parlamento.
7.La decisione della Consulta ha ucciso il bipolarismo?«È mai esistito? Di sicuro è morto quello finto, artificiale, che abbiamo avuto finora. Per avere il premio di maggioranza più soggetti si sono uniti fintamente in un polo. Come diceva Chou En-Lai, “Stati Uniti e Russia dormono nello stesso letto ma fanno sogni diversi”. Detto questo il bipolarismo non è morto: va introdotta una soglia molto alta per il premio di maggioranza e va previsto un sistema uninominale a turno semplice o doppio. Ma neppure questo assicura un vero bipolarismo».
8.La decisione più difficile ha riguardato il secondo motivo di ricorso, quello delle liste bloccate. I giudici scrivono che sono incostituzionali i sistemi che non consentono ai cittadini-elettori di esprimere una preferenza.
Il Mattarellum, secondo lei, con il 75% dei collegi uninominali e il 25% con sistema proporzionale e liste bloccate, può sopravvivere?
«Come ho detto anche davanti alla Corte, anche un sistema a collegi uninominali consente un voto personale e diretto. Fondamentale è che vengano rispettati gli articoli 48-56 e 58 della Carta, ovverosia che l’elettore possa scegliere direttamente e personalmente il proprio candidato ed eletto».
9.Molti esultano dicendo che la Corte definisce il proporzionale il sistema migliore. Forse l’unico. Siamo condannati per sempre alla larghe intese?
«La sentenza non impone il proporzionale puro. Fossi un legislatore io cercherei di superare questa crisi partendo da quella che ritengo una pietra miliare: dare sostanza all’articolo 49 della Carta che pretende una legge sul funzionamento e l’organizzazione dei partiti. Se avessimo dei partiti veri, organizzati in base a una legge, potrebbero essere ammesse anche le liste bloccate. Perché chi finisce in lista avrebbe superato un libero congresso».
10.Entro quando deve agire il Parlamento?
«C’è tempo fino alle prossime elezioni. Certo sarebbe meglio prima. Ma questa è opportunità politica».
11.Avete presentato ricorso anche sulla legge elettorale europea?
«Si, per tre motivi: il sistema di voto riconosce tre minoranze linguistiche (francese, tedesca e slovena) mentre una legge del 1999 in Italia ne riconosce 12; c’è una soglia di accesso anche se con il Parlamento europeo non si nomina un governo e quindi non si deve garantire una governabilità; solo alle liste di minoranze linguistiche è consentito di coalizzarsi con una lista nazionale mentre non si possono coalizzare liste nazionali che pure si identificano nello stesso partito europeo».

Repubblica 6.12.13
Le ragioni della Corte
di Stefano Rodotà

SONO francamente incomprensibili alcuni attacchi alla Corte costituzionale, la cui unica colpa è quella di aver toccato un nervo da troppo tempo scoperto di una politica che ha perduto la dimensione istituzionale. La Corte ha rifiutato d’essere normalizzata, d’essere risucchiata nelle logica delle convenienze e dei rinvii, d’essere considerata parte di un sistema che sfugge regolarmente le proprie responsabilità. Ha così dato un buon esempio di autonomia, mostrando come ogni istituzione possa e debba fare correttamente la sua parte.
La vera decisione “politica” sarebbe stata quella di piegarsi alle richieste di ritardare la sentenza, per dare al Parlamento altro tempo oltre quello che già gli era stato generosamente concesso.
Non dobbiamo dimenticare, infatti, che la Corte aveva segnalato fin dal 2008 (e con ben tre sentenze) il fatto che la legge elettorale conteneva un vizio di incostituzionalità. Lo aveva fatto con un linguaggio prudente, ma assolutamente chiaro: “l’impossibilità di dare un giudizio anticipato di legittimità costituzionale non esime questa Corte dal dovere di segnalare al Parlamento l’esigenza di considerare con attenzione gli aspetti problematici di una legislazione che non subordina l’attribuzione di un premio di maggioranza al raggiungimento di una soglia minima di voti e di seggi”. Queste parole erano state scritte dall’attuale presidente della Corte, Gaetano Silvestri, che all’indomani del suo insediamento, nel settembre di quest’anno, aveva voluto ribadire una volta di più la necessità di un intervento parlamentare che ci liberasse da una legge costituzionalmente viziata. Lo aveva fatto anche il suo predecessore, Franco Gallo.
La sentenza appena pronunciata, dunque, era assolutamente prevedibile, e nessuno nel mondo politico può dire d’esser stato colto di sorpresa. Ma proprio questa sua prevedibilità rende ancora più pesante la responsabilità di un Parlamento che è andato avanti per cinque anni come se nulla fosse, portandoci addirittura a nuove elezioni con una legge incostituzionale proprio nel suo punto più significativo, quello della composizione della rappresentanza, radicalmente distorta da un abnorme premio di maggioranza. Il punto chiave è proprio questo. In una democrazia rappresentativa vi è una soglia oltre la quale la manipolazione delle regole finisce con il vanificare il valore del voto espresso da ciascun elettore. E probabilmente è anche questa la preoccupazione che ha indotto la Corte a dichiarare illegittime le norme che, escludendo la possibilità di esprimere preferenze, privano i cittadini della possibilità concreta di scegliere i loro rappresentanti. La legge Calderoli ci aveva trascinato fuori dalla logica rappresentativa, e ci aveva abbandonato in una sorta di vuoto dove la logica costituzionale era stata sostituita dal potere assoluto di oligarchie ristrettissime (venti, trenta persone) di scegliere arbitrariamente 945 parlamentari. E tutto questo era avvenuto all’insegna della pura “governabilità”, parola che aveva cancellato, con una evidente e grave forzatura, il riferimento alla rappresentanza.
Bisognerà attendere le motivazioni della sentenza per valutarne tutte le conseguenze. Ma l’attenzione oggi deve essere rivolta proprio a questi temi generali, senza introdurre argomentazioni improprie come quelle riguardanti il fatto che la Corte ci riporterebbe alla Prima Repubblica. Qual è il senso di questa critica? La Corte avrebbe dovuto evitare di fare il proprio dovere? O doveva addirittura manipolare la legge vigente in modo da renderla gradita a quanti oggi immaginano questa o quella riforma elettorale alla quale affidare equilibri e dinamiche politiche? Davvero in questo modo la Corte si sarebbe sostituita impropriamente alla politica, alla quale invece è stata restituita la responsabilità della decisione. Questo è un segno ulteriore del rigore con il quale la Corte si è mossa, eliminando il vizio rappresentato dal premio di maggioranza, senza cedere ad alcuna tentazione di interventi manipolativi. I critici dovrebbero essere consapevoli di tutto questo.
Nell’esercitare il potere di approvare una nuova legge elettorale, al quale fa esplicito riferimento il comunicato ufficiale della Corte, il Parlamento dovrà tuttavia tenere ben fermi alcuni vincoli che già emergono con grande nettezza. Il primo riguarda il fatto che, legiferando nella materia elettorale, il Parlamento si era finora sostanzialmente ritenuto immune dal controllo di costituzionalità, per la difficoltà tecnica di far arrivare queste leggi davanti alla Corte. Così che proprio le norme fondative della rappresentanza politica avevano finito con il costituire una categoria a sé, autoreferenziale, una zona franca, un territorio dove nessuno poteva penetrare, con effetti negativi per la generalità dei cittadini. Ora questo non sarà più possibile, e la legalità costituzionale potrà ovunque essere ricostruita. Il secondo tipo di vincolo riguarda l’illegittimità costituzionale di meccanismi che alterano il rapporto tra voti e seggi attraverso forzature maggioritarie. In questo modo è possibile restaurare quella democrazia perduta negli anni tristi del Porcellum.
La sentenza non travolge formalmente il Parlamento. Ma sicuramente incide, e profondamente, sulla sua legittimazione politica. Ferma la possibilità di approvare una nuova legge elettorale, comunque rispettosa del contesto ridefinito dalla Corte, davvero non sembra possibile che un Parlamento con un così profondo vizio d’origine possa mettere le mani sulla Costituzione. Fino a ieri questa poteva essere considerata una presa di posizione polemica di qualche politico o studioso. Ora è un dato istituzionale, ineludibile per tutti.
La Costituzione è tornata, e dobbiamo tenerne conto.

Repubblica 6.12.13
Chieppa, ex presidente della Consulta: gli atti compiuti non decadono
“Le Camere sono in carica dovrebbero legiferare prima delle motivazioni”

intervista di Vladimiro Polchi

ROMA — «La sentenza non provoca uno sfascio istituzionale, ma il Parlamento dovrebbe legiferare prima dell’arrivo delle motivazioni». Riccardo Chieppa, presidente emerito della Consulta, si dice «lieto che sia caduta una legge tanto illegittima », ma esclude che si aprano «voragini che facciano precipitare nel caos le istituzioni».
È dunque d’accordo con la bocciatura del Porcellum?
«Ho sempre sostenuto che ci fosse un grave dubbio di costituzionalità sul difetto assoluto di esprimere preferenze. Sarei addirittura favorevole che si tornasse all’antico sistema elettorale dei piccoli comuni. Quando da giovane facevo il presidente di seggio, l’elettore poteva cancellare un candidato dalla lista. Era una bocciatura esplicita, un voto di preferenza negativo».
Cosa succede ora dopo la sentenza della Consulta?
«Allo stato attuale, in attesa delle motivazioni, si possono fare solo congetture. I giudici della Corte non travolgono tutto. Le norme di legge non sono più applicabili per il futuro, ma non decadono atti e nomine compiuti dal Parlamento. La dichiarazione di illegittimità può travolgere solo nomine e atti ancora suscettibili di contestazione. Del resto la Consulta si è sempre preoccupata di non creare vuoti nell’ordinamento».
Un Parlamento eletto con legge incostituzionale è illegittimo?
«Dal punto di vista giuridico lo escludo. La questione eventualmente è politica: il Parlamento non è delegittimato dalla pronuncia della Corte, ma semmai dalla sua inerzia».
Le Camere dovrebbero correre ai ripari?
«Il Parlamento ha tutti i poteri e per evitare il rischio che riviva il Mattarellum dovrebbe intervenire prima delle motivazioni».
Quando usciranno le motivazioni della sentenza?
«Dipende dalla discussione: i giudici devono trovare l’accordo non solo sul dispositivo, ma anche sulle motivazioni. Sarebbe auspicabile pure in Italia il sistema tedesco, dove la Corte dichiara l’illegittimità a scoppio ritardato: dà un termine al Parlamento per permettergli di intervenire prima della sentenza».
Che ne sarà dei 148 deputati eletti, ma non ancora convalidati dalla Giunta per le elezioni?
«Su questo la sentenza non influisce, resta indifferente. Se non ci sono altri elementi ostativi, la Camera può convalidarli».
Per Calderoli diventano illegittimi anche i consigli regionali eletti con liste bloccate e premi di maggioranza.
«Non credo. Le regionali hanno norme che prevedono diverse proporzioni nei premi e non sono toccate dalla sentenza».

il Fatto 6.12.13
Porcellum da buttare. E adesso che succede?
di Bruno Tinti

LI CHIAMAVANO i frutti dell’albero avvelenato. È una teoria nata negli Stati Uniti: se un certo atto è stato eseguito illegittimamente tutti gli atti e i fatti che ne derivano sono nulli. Così, se in una perquisizione fatta senza mandato del giudice è stato trovato un fucile che è stato usato per commettere un omicidio, il proprietario non potrà essere condannato; salvo che non esistano altre prove indipendenti dalla perquisizione. È quanto tutti, più o meno, stanno sostenendo a proposito della sentenza della Corte costituzionale che ha dichiarato l’illegittimità della legge elettorale: tutti a casa, Parlamento, presidente della Repubblica, giudici della Corte costituzionale e altri nominati da Parlamento e pdR. Ma non solo: dovrebbero essere nulle tutte le leggi emanate, tutti i provvedimenti adottati.
Proprio vero? Mah.
Il principio generale è che la legge dichiarata incostituzionale cessa di esistere e di esplicare i suoi effetti dalla data della pubblicazione della sentenza. Esaminando la cosa dal punto di vista opposto, questo vuol dire che, fino ad allora, tutto quanto avvenuto nel periodo antecedente è legittimo. Immaginiamo una sentenza di condanna per adulterio pronunciata nel 1967; la donna (il reato si applicava solo alle mogli) finiva in carcere: tutto regolare. Nel 1968 l’art. 559 codice penale che lo prevedeva fu dichiarato incostituzionale. A quel punto la poveretta era scarcerata; ma la condanna restava legittima. Così è per l’elezione dei parlamentari avvenuta con il Porcellum: è legittima; come lo sono tutte le leggi e gli atti da costoro emanati, elezione del presidente della Repubblica compresa. Il problema perciò riguarda il futuro: cosa succederà quando la sentenza verrà depositata?
Ipotesi 1. L’elezione è avvenuta legalmente e le conseguenti funzioni istituzionali sono da considerarsi legittime. L’incostituzionalità della legge elettorale significa solo che, alle prossime elezioni, bisognerà utilizzarne un’altra. Conseguenza paradossale ma inevitabile di questa tesi è che, teoricamente, tutto potrebbe restare com’è fino alla scadenza naturale della legislatura.
Ipotesi 2. Ogni figura istituzionale che deve la sua posizione direttamente o indirettamente alla legge elettorale dichiarata incostituzionale si trova priva di legittimità. Proprio come per la moglie adultera la cui carcerazione è diventata illegittima perché la legge che la presuppone non esiste più, queste persone perdono automaticamente la loro funzione il cui presupposto legale è stato spazzato via dal-l’ordinamento
DUNQUE servono nuove elezioni; fino ad allora si applica l’art. 61 comma 2 della Costituzione: “Finché non siano riunite le nuove Camere sono prorogati i poteri delle precedenti”. Che dunque potrebbero emanare legittimamente una nuova legge elettorale.
Questa seconda ipotesi solleva drammatici interrogativi. Gente che, per anni, non è stata capace di sostituire l’incostituzionale (lo dicevano tutti) Porcellum, riuscirà a farlo ora, in un mese? E sarà consapevole del fatto che, a sentenza della Corte depositata, saranno tutti inesistenti e che ogni loro atto non avrà alcuna efficacia giuridica? Si renderanno conto dello tsunami di ricorsi che i cittadini presenteranno contro ogni nuova legge che si azzardassero a emanare? La risposta, scontata, è no.
Vuoi vedere che tutti si metteranno d’accordo sul fatto che l’ipotesi giusta è la numero 1?

il Fatto 6.12.13
Il politologo Roberto D’Alimonte
“Intervento invasivo, è peggio del Porcellum”

intervista di Marco Palombi

Intanto bisogna chiarire una cosa: non è stato solo bocciato il cosiddetto Porcellum, ora c’è una nuova legge elettorale. Lo status quo adesso è proporzionale e la mia opinione è che sia uno status quo estremamente negativo: questa legge è il male assoluto, molto peggio dello stesso Porcellum”. Roberto D’Alimonte, tra i massimi esperti italiani di sistemi elettorali e professore alla Luiss, non ha affatto gradito la decisione con cui la Consulta ha dichiarato incostituzionale la legge elettorale quanto al premio di maggioranza e all’assenza delle preferenze.
Professore, lei rivaluta il Porcellum.
Senta, avendone criticato molti aspetti prima ancora che fosse approvato ho qualche credenziale: era una legge elettorale imperfetta, ma andava corretta o sostituita con un maggioritario migliore, non certo così.
Si torna al proporzionale puro della Prima Repubblica.
Ma nemmeno: allora almeno c’erano due grandi partiti. Questa sarebbe la Repubblica Zero.
Che succede se si va al voto senza una nuova legge?
Un disastro. Sarebbe come istituzionalizzare lo stallo che si è verificato a febbraio, ma in maniera assai più marcata visto che non ci sarebbe nemmeno il premio di maggioranza. Siamo di fronte ad una possibile degenerazione del sistema.
Insomma, la sentenza non le è piaciuta.
Sono inorridito. Io ero convinto che la Corte non dovesse decidere, ma avendo deciso di farlo speravo almeno che avrebbe scelto un’altra strada, cioè quello di resuscitare il Mattarellum.
E invece...
E invece ha fatto un intervento molto più invasivo, sostituendo una legge maggioritaria con una proporzionale.
Peraltro anche il Mattarellum ora sarebbe incostituzionale visto che elegge il 25 per cento dei deputati con le liste bloccate.
Dopo questa sentenza è così: faccio, però, notare che con le liste bloccate si elegge l’intero Parlamento spagnolo e la metà di quello tedesco.
Lei ha sottolineato un altro aspetto della sentenza: anche le leggi elettorali regionali ora sono incostituzionali.
Assolutamente sì, visto che assegnano un premio di maggioranza al vincente senza alcuna soglia minima di voti. Voglio vedere che succede, anche perché sono convinto che i 15 giudici costituzionali non si sono neanche accorti degli effetti che la loro sentenza avrebbe avuto sulle Regioni.
Questo Parlamento adesso è
delegittimato?
Un parere tecnico dovrebbe chiederlo ad un costituzionalista, ma per me lo è politicamente. E anche il presidente della Repubblica eletto da questo Parlamento. E pure la stessa Corte Costituzionale i cui membri sono stati in parte eletti da Camere delegittimate e da un capo dello Stato delegittimato...
Lei sostiene che l’esito delle primarie del Pd è fondamentale
per capire in che direzione si andrà.
È così: se Renzi ne esce ammaccato si rafforza il fronte dei proporzionalisti, quelli che hanno stappato lo champagne mercoledì sera. Da questo punto di vista, oltre che da quello dell’efficacia comunicativa, Renzi è come il Berlusconi del 1994, un campione del bipolarismo e della democrazia dell’alternanza.
Allora è vero che lei è renziano.
Io sono al massimo “dalimontiano”. Capita che io e Renzi in questo momento diciamo le stesse cose. È oggettivo che per lui una nuova legge elettorale sia una priorità assoluta: se resta il proporzionale della Consulta è finito. Ce lo vede a fare le trattative post-voto sul governo e le poltrone? Troppo vecchia politica: perderebbe tutto il suo appeal.
Professore, un’ultima domanda: secondo lei bisogna tornare al voto?
Assolutamente sì, ma dopo aver fatto una legge elettorale migliore di questa, cioè maggioritaria.

Re: Come se ne viene fuori ?

Inviato: 06/12/2013, 18:50
da iospero
Il caos è appena all'inizio.

da Il Fatto
Legge elettorale, “il terremoto può arrivare alle regioni. E la prima è la Lombardia”
La sentenza della Corte costituzionale apre un varco impensato: potrebbe ricadere sulle norme con cui si eleggono le assemblee regionali con il rischio di travolgerle una dopo l’altra. Magari a partire da quella governata da Roberto Maroni, dove un ricorso pende proprio davanti alla Consulta che – con ogni probabilità – non smentirà se stessa.
perché anche governatori e consiglieri delle assemblee regionali sono stati eletti dai cittadini con un sistema elettorale che prevede premio di maggioranza e (in alcune) listino bloccato senza preferenze, esattamente come il Porcellum.

Re: Come se ne viene fuori ?

Inviato: 06/12/2013, 19:38
da camillobenso
Sfascisti - 72
Caos - 2

I pareri - 1

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«Assemblee, leggi e Colle pienamente legittimi ma dopo la pubblicazione della sentenza i nuovi atti di queste Camere non lo saranno più
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1) A.Capotosti - Ex Presidente della Corte costituzionale




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Le Camere sono a rischio
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1) A.Capotosti - Ex Presidente della Corte costituzionale




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Le Camere non sono a rischio
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<<La sentenza della Corte è retroattiva»
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1) A.Capotosti - Ex Presidente della Corte costituzionale




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«Dopo le motivazioni il Parlamento decade»
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1) A.Capotosti - Ex Presidente della Corte costituzionale




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Dopo la sentenza della Consulta l’attuale Parlamento è legittimo? SI
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1) Felice Besotri – Avvocato ricorso alla Corte Costituzionale
2) Riccardo Chieppa - presidente emerito della Consulta



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«La rappresentanza è viziata: i parlamentari non convalidati ora rischiano»
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1) A.Capotosti - Ex Presidente della Corte costituzionale





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«Un premio si potrà reintrodurre solo con una soglia minima di accesso»
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1) A.Capotosti - Ex Presidente della Corte costituzionale





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il terremoto può arrivare alle regioni
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Re: Come se ne viene fuori ?

Inviato: 06/12/2013, 20:15
da camillobenso
Sfascisti - 73
Caos - 3


Porcellum e made in Italy: caos immobile
di Antonio Padellaro | 6 dicembre 2013Commenti (279)


Tutti contro tutti. L’Italia è una barca alla deriva come forse mai nella storia repubblicana. Di drammi, di momenti difficili il nostro paese ne ha vissuti tanti, eppure perfino nei giorni bui del terrorismo si avvertiva l’esistenza di una bussola collettiva politica e morale che orientava le persone e le faceva sentire partecipi di una comunità e non un popolo allo sbando. Oggi su giornali e nei tg compaiono solo scene di battaglia.

Al Brennero, dove sulle barricate del made in Italy si agita il ministro De Girolamo di lotta e di governo, magari animata dalle migliori intenzioni, ma che finisce per essere il simbolo di una grottesca confusione dei ruoli.

Fino alla Sicilia, dove le truppe furiose dei Forconi annunciano: “Bloccheremo l’Italia” e si preparano a passare lo Stretto con carovane di tir per unirsi alla protesta veneta.

Mentre nella Capitale non c’è categoria in rivolta che non cinga d’assedio Montecitorio, il palazzo più odiato d’Italia. La colonna sonora della nazione, del resto, sono le urla delle piazze o gli strilli che escono dai televisori, dove gli ascolti si misurano con i decibel della rabbia.

In un momento così difficile, con la sentenza sulla porcata elettorale, la Corte costituzionale ha cercato di richiamare ai propri doveri i partiti e il governo.

Oltre ai rilievi in punta di diritto, la Consulta ha trasmesso alle istituzioni di ogni ordine e grado un messaggio chiarissimo: sono anni che non riuscite a mettervi d’accordo su una legge elettorale degna di questo nome, adesso non avete più scuse. Il giorno dopo questo ceffone, una classe politica e di governo degna di questo nome si sarebbe messa al lavoro. E invece la rissa divampa più di prima. Non esiste uno straccio di accordo, ma Camera e Senato trovano il modo di litigare su chi abbia la precedenza nella discussione sulla riforma che non c’è.

Dal Quirinale, il presidente Napolitano rassicura sulla totale legittimità dell’attuale Parlamento e di quello precedente, che infatti lo hanno eletto per la prima e per la seconda volta. Tesi discussa e discutibile poiché si obietta che una legge costituzionalmente malata è difficile che dia risultati sani. Senza contare la guerriglia in corso tra chi vorrebbe andare a nuove elezioni subito (Berlusconi, Grillo e forse anche Renzi) e chi invece vuole conservare lo status quo (Napolitano, Letta, Alfano). E tutto resta fermo. Siamo il Paese del caos immobile.

Il Fatto Quotidiano, 6 dicembre 2013