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Re: Come se ne viene fuori ?

Inviato: 02/01/2014, 18:57
da camillobenso
Sfascisti 183

2014 a schede


Scheda – 16 – Ghe pensi mi 2.0

16 – 2 - 2 gennaio 2014

I renzini oggi si sono trovati una sorpresa. Il loro bersaglio politico preferito è stato fatto oggetto delle attenzioni di Matteuccio il Conquistatore.

Quale strategia sta seguendo il Conquistatore fiorentino?


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Renzi (ri)chiama Grillo: “Caro Beppe, insieme faremmo grandi cose”
Il segretario del Pd propone al Movimento 5 Stelle un patto per un obiettivo concreto: trasformare subito il Senato in una Camera degli enti locali per risparmiare un miliardo. Poi attacca: "Nel suo discorso di fine anno Beppe si è preso meriti non suoi: anche le migliori battaglie M5s ottengono risultati solo se c'è la sponda dei democratici". E a Letta dice: "Possiamo sfondare il vincolo Ue del 3 per cento del deficit"

di Stefano Feltri | 2 gennaio 2014Commenti (5634)
Renzi (ri)chiama Grillo: “Caro Beppe, insieme faremmo grandi cose”


Matteo Renzi ci prova sul serio: un’alleanza con il Movimento Cinque Stelle, non per il governo, ma per singoli provvedimenti, cominciando da una drastica riforma del Senato, “si può risparmiare un miliardo di euro, se i senatori Cinque Stelle sono d’accordo lo facciamo domani”. Notte di Capodanno in piazza Stazione a Firenze, sul palco con Max Pezzali, ex 883, poi giornata in famiglia, qualche partita alla Play Station e un po’ di corsa. Il 2014 politico di Renzi comincia con una proposta a Grillo e una rottura con il governo di Enrico Letta, pensando alle elezioni europee di fine maggio: “Se all’Europa proponi riforme istituzionali e un Jobs Act che attiri investimenti stranieri, è evidente che il vincolo del deficit al 3 per cento del Pil si può sfondare”.

Segretario Renzi, nel suo messaggio di fine anno Napolitano ha detto che rimarrà “fino a quando la situazione del Paese e delle istituzioni me lo faranno ritenere necessario”. Pensa che sia il suo ultimo discorso?
Non credo. Ma deciderà lui, non altri.

Il capo dello Stato ha accennato alle polemiche sul suo ruolo e l’eccessivo potere dimostrato.
Difendo il presidente. Quello di San Silvestro è stato un messaggio che invita al coraggio delle riforme e a occuparsi di lavoro e lo condivido: la classe politica dovrebbe pensare a queste cose invece che perdersi in troppe chiacchiere.

Nel suo contro-discorso Beppe Grillo ha detto che è merito dei Cinque Stelle se Berlusconi non è più senatore, grazie al voto palese, se non è passata la riforma dell’articolo 138 della Costituzione e se sono scesi i costi della politica. E’ così?
Mi piacerebbe dirle che è vero, ma non è così. Il Movimento Cinque Stelle da solo non fa nulla. Il voto palese è stata decisione del Pd e determinante è risultato il voto della senatrice Linda Lanzillotta che non mi pare grillina. La riforma del 138 è saltata quando ha cambiato idea Berlusconi, dopo che è uscito dal governo, lo sanno tutti. E sui costi della politica, Grillo ha rinunciato alla propria quota di finanziamento, per circa 40 milioni di euro, ma sul voto che, bloccando le Province, porta a un risparmio come minimo dieci volte più grande, non solo i Cinque Stelle sono stati contrari ma addirittura hanno fatto ostruzionismo agli ordini del compagno Brunetta. Com’è possibile che i ragazzi del Cinque stelle escano dall’Aula quando si vota l’abolizione delle Province? Se Grillo elencando i propri meriti deve dire queste falsità, significa che dentro il Movimento c’è un problema e che ci stiamo perdendo anche lui…

Quindi i Cinque Stelle si prendono meriti non loro?
Grillo da solo non può far niente, perché mancano i numeri. Non è colpa sua, è la politica. Alcune battaglie – anche sacrosante – del M5S possono essere portate a termine solo se i cittadini pentastellati fanno accordi. Limitati, circoscritti, in streaming, dal notaio, in piazza, al bar, come vogliono: ma accordi. Da soli si fa testimonianza, ma non si cambia l’Italia. Senza accordi non solo non combina nulla, ma per giustificare i tre milioni di euro al mese che costano i suoi parlamentari, Grillo è costretto a inseguire le scelte di Brunetta o della Lanzillotta. Per i parlamentari Cinque Stelle il 2014 sarà l’anno chiave, quello in cui devono decidere se cambiare forma mentis: ci sono quelli che credono alle scie chimiche e ai microchip nel cervello, e questi fanno ridere, ma sta anche nascendo un gruppo dirigente molto interessante. Se però si limitano a protestare, il massimo che possono fare è rinunciare al finanziamento pubblico per 42 milioni. Un atto di grande efficacia mediatica, ma per l’appunto soltanto 42 milioni…

Il Pd è pronto a lavorare con il Movimento Cinque Stelle in modo aperto?
Si sono visti due modi di concepire i Cinque Stelle finora. La vecchia guarda dei nostri li ha trattati come dei parvenu della politica, quasi incapaci di intendere e di volere. Io non la penso così e condivido ciò che ha scritto Marco Travaglio: molti di loro stanno imparando il mestiere. Su alcuni temi hanno fatto cose giuste, sul Milleproroghe, sugli affitti d’oro della Camera. Ma le loro posizioni sono passate solo perché qualcuno del Pd ha deciso che bisognava andare in quella direzione, in altri casi l’iniziativa è stata nostra, come per bloccare l’emendamento sulle slot machine. Vede che degli accordi seri, trasparenti, alla luce del sole, non si può fare a meno?

Perché, per dare un segnale a Grillo, non rinuncia spontaneamente ai 45 milioni di euro di finanziamento pubblico che spettano al Pd? Senza proporre uno scambio.
Grillo dice che questi rimborsi sono illegali. Io dico che sono politicamente un errore. Non escludo che lo faremo. Ma come si fa a definire ricatto quella che è una proposta precisa per ridurre i costi della politica?

E cosa sta aspettando?
Dal punto di vista tecnico la due diligence dei conti del partito. Dal punto di vista politico che sia chiaro l’iter della proposta del governo. E posso anticiparle che non ci fermeremo qui. Vogliamo occuparci anche dei contributi ai gruppi parlamentari.

Province a parte, su cosa potete lavorare insieme, Pd e M5S?
La madre di tutte le battaglie è la trasformazione del Senato in Camera delle autonomie locali. Basterebbe un sì dei senatori Cinque Stelle e cambieremmo la storia italiana. Ma loro nicchiano, chissà perché…

Il Senato riformato avrebbe membri eletti, e quindi cambierebbe poco rispetto a oggi, o solo rappresentanti degli enti locali come membri di diritto?
Una parte del Pd e tutto Ncd dicono: non possiamo abolire il Senato, facciamo una elezione di secondo grado. Io la penso diversamente: se sei presidente di una Regione o sindaco, sei automaticamente senatore, senza indennità aggiuntive. E in Senato puoi esprimere il tuo parere solo sulle materie, quelle che riguardano gli enti locali. Finisce il bicameralismo perfetto e macchina burocratica drasticamente semplificata. Non capisco come Grillo possa dire di no: chiedere l’abolizione tout court del Senato è il modo migliore per non ottenere nulla.

Il problema è solo che manca il via libera del capo? I parlamentari M5S sono propensi a collaborare?
Nessuno gliel’aveva chiesto con questa chiarezza, finora. Vedremo. Anche io ho resistenze interne e incontrerò i nostri senatori il 14 gennaio. Ho però un punto di forza: le primarie non le ho fatte sulle mie cravatte, sul ciuffo di Civati o sullo sguardo di Cuperlo, ma sulla base di linee politiche, e io ho espresso con grande chiarezza questa posizione. Quindi la posizione delle primarie è la posizione di tutto il Pd. Però il Pd da solo, paradossalmente, non ce la fa. Noi facciamo lo stesso appello a tutte le forze politiche, ma quello che mi colpisce di Grillo è che questa palla lui ce l’ha pronta. Come fa a rinunciare?

E se Grillo rifiuta?
Dovrei pensare che non riesce a convincere i suoi senatori a firmare una legge che serve a cancellare le loro 60 poltrone.

Nel suo video-messaggio Grillo ha evocato un referendum e la possibile uscita dell’Italia dall’Euro. Ci sono margini di dialogo anche su questo?
No, in modo categorico. Uscire oggi dall’euro avrebbe ripercussioni decisamente negative sulla vita degli italiani, schizzerebbero i tassi di interesse, sarebbe più difficile lavorare per le imprese, si indebolirebbe ancora la capacità d’acquisto delle famiglie. Sono pronto a una discussione, ma nel merito sono in disaccordo. L’eccesso di tecnocrazia nella gestione dell’euro si risolve non eliminando l’euro, ma riportando la politica a fare il suo mestiere.

Il governo Letta continua a difendere il rigore e il rispetto del vincolo del 3 per cento al rapporto tra deficit e Pil. Lei ha criticato più volte quel parametro. In attesa di riformare i trattati, lei sarebbe disposto a violarlo?
Se all’Europa proponi un deciso cambio delle regole del gioco, a partire dalle riforme Costituzionali, con un risparmio sui costi della politica da un miliardo di euro che non è solo simbolico, un Jobs Act capace di creare interesse negli investitori internazionali, fai vedere che riparti da scuola, cultura e sociale, allora in Europa ti applaudono anche se sfori il 3 per cento. L’Europa ha bisogno di un’Italia viva.

Quindi possiamo sforare?
E’ evidente che si può sforare: si tratta di un vincolo anacronistico che risale a 20 anni fa. Non è l’Europa che ci ha cacciato in questa crisi, ma la mancanza di visione. Lo ha detto bene il Censis: l’emergenza continua è diventata la polizza assicurativa di una classe politica che solo grazie alla crisi, vera o presunta, giustifica il proprio potere. Se c’è una leadership con una visione, non vedo problemi a superare il tetto del deficit, anche se poi va fatta una battaglia per cambiare le regole. Non solo sui conti pubblici.

Pensa alla web tax, per far pagare più imposte alle grandi società che vendono servizi su Internet?
Anche. Tutti devono pagare le tasse, ma le modalità con cui questa battaglia è stata impostata da qualche nostro parlamentare sono un errore. Per come era scritta, la legge non apriva un dibattito, ma una procedura di infrazione europea. E chi lo paga poi il conto?

Hanno detto che lei ha preso questa linea sotto l’influenza di Google e delle lobby americane.
Spero che chi lo ha fatto, dopo aver parlato, abbia posato il fiasco.

A proposito di grandi aziende, lei ha denunciato spesso la privatizzazione di Telecom degli anni Novanta, ma non si è mai espresso sull’attuale passaggio di controllo dai soci italiani agli spagnoli di Telefònica.
Su Telecom e Monte dei Paschi il segretario del Pd sconta il peso di una eredità: in passato su queste vicende chi aveva responsabilità nella sinistra non si è comportato in modo politicamente inappuntabile, per usare un eufemismo. Su Monte Paschi, se fossi stato sindaco di Siena, e quindi di fatto azionista della banca, avrei detto la mia. Il mio silenzio da segretario del Pd non è di chi non ha niente da dire, ma di chi anzi ne avrebbe troppo. Ma tace, per rispetto delle istituzioni preposte a risolvere il problema.

Il governo cosa può o deve fare su Telecom e Monte Paschi?
Prescindendo dai tecnicismi, un governo ha un potere enorme di moral suasion, che non è banale, indipendentemente dagli appigli legislativi. Nella vicenda Telecom il governo dovrebbe usarlo per chiarire che lo scorporo della rete è una priorità, o che comunque bisogna avere l’assoluta garanzia di investimenti sull’infrastruttura, attraverso i meccanismi più vari. Su questo settore abbiamo perso troppo tempo. E su Mps il governo dovrebbe usare la moral suasion per evitare che i soldi prestati dai contribuenti italiani vengano messi a rischio.

Lei è più d’accordo con il senatore Pd Mucchetti che voleva cambiare la legge sull’Opa per costringere gli spagnoli a pagare qualche miliardo per Telecom o sta con Letta che quella norma l’ha affossata?
Che la legge sull’Opa vada cambiata è un dato di fatto. Che cambiarla adesso dia l’mpressione di un intervento a gamba tesa, prendendo le posizioni di un giocatore contro un altro è altrettanto vero. Non si cambiano le regole in corsa. Ma il governo su Telecom può giocare un ruolo molto più deciso, nel rispetto delle regole, del mercato, degli azionisti. Presenti e futuri.

Nel duro scontro tra il presidente di Mps Profumo e quello della Fondazione, Mansi, lei con chi sta?
E secondo lei mi schiero in un derby tra banchieri? A me interessa che il denaro dei cittadini italiani sia speso bene e il quadro delle regole, ma non entro nelle vicende gestionali. Posso chiedere di cambiare la legge sulle fondazioni bancarie, ma non sostituirmi a chi ha responsabilità gestionali.

Nel 2014 si apre una stagione di importanti nomine pubbliche in società controllate dal Tesoro, su tutte l’Eni. Se ne occuperà?
Il Pd non è interessato alla discussione sui nomi. Ma alle strategie aziendali sì. E su questo abbiamo molto da dire, vedrà.

Su cosa si fonda la sua intesa con Maurizio Landini, la Fiom sembra più renziana della Cgil…
Non è renziano neanche il Pd, figuriamoci la Fiom. Certo, su alcune cose potrebbe esserci condivisione: dalla legge sulla rappresentanza alla presenza di persone elette dai lavoratori nei consigli d’amministrazione. E poi condividiamo un concetto semplice: chi ci ha portati fino a qui, con polemiche ideologiche e scarsi risultati, non è adatto a portarci fuori da qui.

Lei non parla più di pensioni. Si possono chiedere sacrifici a chi beneficia del sistema retributivo?
Si possono chiedere contributi – non parlerei di sacrifici – a chi usufruisce di una pensione d’oro senza aver versato tutto il corrispettivo. Non perché ciò cambierà il bilancio italiano, ma perché è giusto. Si può, si deve. É un principio di equità sociale, non una punizione divina: se prendi 10mila euro al mese di pensione e sei andato in pensione a 55 anni con il retributivo, puoi darci una mano così che il tuo contributo lo mettiamo a disposizione di chi non ce la fa più? Ma solo per le pensioni d’oro, non per tutte le pensioni retributive.

Tra pochi giorni presenterà il Jobs Act. Ci sarà il contratto unico di inserimento?
Ci saranno molte cose. Il Jobs Act non è un trattato giuslavoristico, come pensa chi lo ha criticato senza aspettare di leggerlo, ma un documento con alcune cose concrete da fare subito e altre più di prospettiva. Nei prossimi giorni iniziativa sulle riforme, poi presentiamo il Jobs Act. Non c’è molto da aspettare.

Twitter @stefanofeltri

Da Il Fatto Quotidiano del 2 gennaio 2013

Re: Come se ne viene fuori ?

Inviato: 03/01/2014, 0:18
da pancho
camillobenso ha scritto:Sfascisti - 177
2014 a schede

Scheda – 14 - Sottovoce

14 – 1 – 1 gennaio 2014
(la scheda 14 – 1 – 1 gennaio 2014, è dedicata a pancho.)

Ho ripassato un paio di 3D ma non ho trovato l’affermazione di pancho : “Io non mi arrendo”. Ci sono senz’altro, almeno in due occasioni, occorre guardare meglio. Cmq, ci sono quest’altre:
Come vedi, caro amico, ce n'e' da fare ancora ed e' per questo che non dobbiamo arrenderci.

Dobbiamo ricostruire tutto uno stato sociale distrutto in questo ventennio. Quindi, chi piu' di noi puo dare una mano?*

Vedi, caro amico, quanto lavoro abbiamo davanti se vogliamo dar una mano ai ns. figli.

pancho

*
Pancho ha ragione in linea di principio quando afferma che non bisogna mollare e che c’è molto lavoro per dare una mano a ns. figli, e nel mio caso anche ad un nipote.

Poi però bisogna toccare con mano la realtà, e questa realtà è difficile da cambiare, perché insormontabile.

Come è insormontabile il livello culturale delle masse.

Anche se comprensibile dal punto di vista socio politico la resistenza di uno zoccolo duro del 21% intorno a Berlusconi, in quanto bisogna fare riferimento alla durevole persistenza nel tempo di una visione fascista e nazista, oggi in rimonta,..dal punto di vista della logica non lo è. .....omissis
Caro amico Zione, queste tue analisi son piu' che perfette!
Nelle conclusioni un po' meno.

Come potrei contraddirle se gia' negli anni "lontani" in cui iniziai a postare nel vecchio forum fui proprio io a porle subito come tema di discussione proprio Il Potere Economico e la Democrazia

?de Il potere economico/finanziario e' il vero padrone che tira le fila e i loro burattinai, in un certo qual modo, sono chi ci governa.

Certo, come detto anche in qualche post prima, ci vorrebbe una rivoluzione culturale che riuscisse a cambiar le menti atrofizzate ed appiattite in un unico sistema sociale che non puo' essere diverso da quello attuale.

Certo, il comunismo per quello che abbiamo conosciuto(reale), ha fallito ma avrebbe potuto nascere quello "dal volto umano" se non fosse stato messo alle corde da questo potere con i loro media. I problemi per cui era nato son rimasti gli stessi. Anzi direi che sono piu' che peggiorati.

La domanda allora che dovremmo porci potrebbe essere proprio quella su qui e' stato gia' aperto un tema:Come venirne fuori?
Su questo tema dovrei spostarmi nell'altro ma visto che sono qui e per non interrompere il discorso, qui proseguo.

A questa domanda pertinente si potrebbe ipotizzare:
1- O far scoppiare il sistema come ha detto lo stesso Pintor e poi ricominciare
2- O adottare il sistema dei piccoli passi e quindi far pulizia di questo marciume anche con chi potrebbe avere obiettivi diversi dai nostri. Anche se i dubbi non sono tanti ma tantissimi(http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/01 ... ga/830042/)
3- O ritornare ai vecchi tempi in cui, pur essendo all'opposizione, siamo riusciti con le lotte a conquistarci quei diritti che ora pian piano se li stanno riprendendo con troppa facilita' poiché e' lo stesso sistema che non permette di fare altrimenti. Quindi, lotta dura senza paura e infischiarsene se poi qualcuno ci fara' passare per populisti o rivoluzionari. Dovremmo aspettare le direttive della EU?

Crediamo ancora che in questo sistema si possa dar valore all'essere umano e non al capitale economico/finanziario/lobbies ?

Se si', allora le soluzioni non possono essere che le ultime due che ho citato se invece siamo per il no, allora dobbiamo scegliere la soluzione di Pintor.

Lavorare per stretti rapporti con tutti i movimenti di protesta a questo potere che oramai non sono pochi in Europa e non solo e continuare su questa strada. Costi quel che costi.

Non ci sono altre vie.

Il problema e' piuttosto capire se qualcuno sarebbe in grado di seguirci o invece son sempre li' a criticare e come al solito mandare avanti gli altri ?

Il problema credo stia proprio qui.

In questi anni son riusciti a farci perdere la voglia di lottare facendoci capire che comunque nulla sarebbe potuto cambiare per il semplice fatto(dicono loro) che siamo in un sistema dal quale non possiamo sganciarci se non (dicono sempre loro) vogliamo pagare poi il tutto anche con gli interessi.

Quindi(dicono sempre loro) rassegnarci che cmq e' la strada migliore.

LA PAURA DEL CAMBIAMENTO ci e' stata inculcata fin dall'inizio e ora ne siamo succubi!

Caro amico mio, siamo arrivati alla fine della corsa(anche se e' da tempo che lo ribadisco ) e ora dobbiamo fare delle scelte. Scelte che decideranno il ns. sia presente che futuro.

Non sarà poi ammesso alcuna critica se non avremmo fatto le scelte giuste.

Ognuno dovrà prendersi le proprie responsabilità poiché la situazione non e' grave ma gravissima. E' DI SISTEMA!

Son queste le domande sulle quali noto poca discussione fra di noi. Sembra quasi si voglia sfuggire

Lo so che mi ripeto in continuazione ma che posso dire diversamente?


un salutone da Juan il compagno

Re: Come se ne viene fuori ?

Inviato: 03/01/2014, 12:53
da mariok
Queste analisi mi sembrano caratterizzate da una grande miopia, che impedisce di vedere oltre il cortile di casa e culla nell'illusione che la partita fra due diverse concezioni socio-economiche si possa giocare dentro l'ambito nazionale.

Sfugge completamente il nesso tra la crisi della sinistra nei singoli stati e la fine dell'esperienza comunista e del blocco sovietico contrapposto all'imperialismo capitalistico.

L'idea del comunismo (o comunque vogliamo chiamare un sistema alternativo a quello imperante) non può che avere una dimensione sovranazionale. Nel '900 questa dimensione era assicurata dal riferimento ad uno "stato guida", che non a caso, pur con molte critiche e riserve, i partiti nazionali non hanno mai completamente rinnegato.

Enrico Berlinguer intuì l'avvicinarsi della crisi e della vittoria del capitalismo più selvaggio, tentando la carta dell'eurocomunismo. Un'idea alternativa al modello capitalista, che valorizzasse le esperienze e le conquiste sociali e democratiche realizzate in Europa.

Non a caso, in ogni suo intervento, Berlinguer dedicava una parte consistente al quadro internazionale, alla liberazione di molti popoli, alla necessità di nuovi equilibri economici e politici.

Con la morte di un grande leader (non esistono i leader che possono risolvere tutto, caro camillo, ma è pur vero che i grandi leader contano) e con la minaccia ai nostri privilegi di "paesi ricchi" rappresentata dalla globalizzazione, ci siamo arroccati ed ancor oggi anche a sinistra farnetichiamo sulle nostre sovranità nazionali perdute.

Se non ripartiamo da una dimensione almeno europea dello scontro di classe, non andiamo da nessuna parte.

Re: Come se ne viene fuori ?

Inviato: 03/01/2014, 13:05
da Maucat
mariok ha scritto:Queste analisi mi sembrano caratterizzate da una grande miopia, che impedisce di vedere oltre il cortile di casa e culla nell'illusione che la partita fra due diverse concezioni socio-economiche si possa giocare dentro l'ambito nazionale.

Sfugge completamente il nesso tra la crisi della sinistra nei singoli stati e la fine dell'esperienza comunista e del blocco sovietico contrapposto all'imperialismo capitalistico.

L'idea del comunismo (o comunque vogliamo chiamare un sistema alternativo a quello imperante) non può che avere una dimensione sovranazionale. Nel '900 questa dimensione era assicurata dal riferimento ad uno "stato guida", che non a caso, pur con molte critiche e riserve, i partiti nazionali non hanno mai completamente rinnegato.

Enrico Berlinguer intuì l'avvicinarsi della crisi e della vittoria del capitalismo più selvaggio, tentando la carta dell'eurocomunismo. Un'idea alternativa al modello capitalista, che valorizzasse le esperienze e le conquiste sociali e democratiche realizzate in Europa.

Non a caso, in ogni suo intervento, Berlinguer dedicava una parte consistente al quadro internazionale, alla liberazione di molti popoli, alla necessità di nuovi equilibri economici e politici.

Con la morte di un grande leader (non esistono i leader che possono risolvere tutto, caro camillo, ma è pur vero che i grandi leader contano) e con la minaccia ai nostri privilegi di "paesi ricchi" rappresentata dalla globalizzazione, ci siamo arroccati ed ancor oggi anche a sinistra farnetichiamo sulle nostre sovranità nazionali perdute.

Se non ripartiamo da una dimensione almeno europea dello scontro di classe, non andiamo da nessuna parte.
Sottoscrivo tutto fino all'ultima parola... :mrgreen:

Re: Come se ne viene fuori ?

Inviato: 03/01/2014, 13:08
da pancho
mariok ha scritto:Queste analisi mi sembrano caratterizzate da una grande miopia, che impedisce di vedere oltre il cortile di casa e culla nell'illusione che la partita fra due diverse concezioni socio-economiche si possa giocare dentro l'ambito nazionale.

Sfugge completamente il nesso tra la crisi della sinistra nei singoli stati e la fine dell'esperienza comunista e del blocco sovietico contrapposto all'imperialismo capitalistico.

L'idea del comunismo (o comunque vogliamo chiamare un sistema alternativo a quello imperante) non può che avere una dimensione sovranazionale. Nel '900 questa dimensione era assicurata dal riferimento ad uno "stato guida", che non a caso, pur con molte critiche e riserve, i partiti nazionali non hanno mai completamente rinnegato.

Enrico Berlinguer intuì l'avvicinarsi della crisi e della vittoria del capitalismo più selvaggio, tentando la carta dell'eurocomunismo. Un'idea alternativa al modello capitalista, che valorizzasse le esperienze e le conquiste sociali e democratiche realizzate in Europa.

Non a caso, in ogni suo intervento, Berlinguer dedicava una parte consistente al quadro internazionale, alla liberazione di molti popoli, alla necessità di nuovi equilibri economici e politici.

Con la morte di un grande leader (non esistono i leader che possono risolvere tutto, caro camillo, ma è pur vero che i grandi leader contano) e con la minaccia ai nostri privilegi di "paesi ricchi" rappresentata dalla globalizzazione, ci siamo arroccati ed ancor oggi anche a sinistra farnetichiamo sulle nostre sovranità nazionali perdute.

Se non ripartiamo da una dimensione almeno europea dello scontro di classe, non andiamo da nessuna parte.
Se non ripartiamo da una dimensione almeno europea dello scontro di classe, non andiamo da nessuna parte
Non e' che non condivida questa tua analisi Mario,ma il problema, pur essendo un problema globalizzato, deve pur partire da una singola situazione sia essa concepita come stato nazionale che come movimento nazionale.
Queste "nuove idee" se cosi vogliamo definirle, dovranno cmq essere estese all'interno di ogni singolo paese e in questo interno discusse, elaborate e quindi poi porle come alternative a queste societa' corrotte e al servizio del potere.
Sono questi rapporti inter europei e non solo che potranno dare alternative serie. Se no come altrimenti fare x cambiare questo andazzo?


un salutone da Juan

Re: Come se ne viene fuori ?

Inviato: 03/01/2014, 15:29
da paolo11
Se non ripartiamo da una dimensione almeno europea dello scontro di classe, non andiamo da nessuna parte.
Mariok.
.................................................................
Questo è difficile da fare: Motivo le nazioni sono diverse una dall'altra.Ci sono nazioni che stanno bene come Germania.Paesi Dell'est entrati nell'euro come Polonia Romania ora Lituania ecc..... ora si possono permettere anche l'auto, e qualche mutuo per la casa.Altri sono diventati imprenditori ecc....Per loro si è aperta una porta nuova del capitalismo.Noi che veniamo da un capitalismo all'italiana, si vede dove siamo arrivati con questi personaggi, sia politici che grossi industriali.
Ciao
Paolo11

Re: Come se ne viene fuori ?

Inviato: 03/01/2014, 16:56
da camillobenso
pancho ha scritto:
mariok ha scritto:Queste analisi mi sembrano caratterizzate da una grande miopia, che impedisce di vedere oltre il cortile di casa e culla nell'illusione che la partita fra due diverse concezioni socio-economiche si possa giocare dentro l'ambito nazionale.

Sfugge completamente il nesso tra la crisi della sinistra nei singoli stati e la fine dell'esperienza comunista e del blocco sovietico contrapposto all'imperialismo capitalistico.

L'idea del comunismo (o comunque vogliamo chiamare un sistema alternativo a quello imperante) non può che avere una dimensione sovranazionale. Nel '900 questa dimensione era assicurata dal riferimento ad uno "stato guida", che non a caso, pur con molte critiche e riserve, i partiti nazionali non hanno mai completamente rinnegato.

Enrico Berlinguer intuì l'avvicinarsi della crisi e della vittoria del capitalismo più selvaggio, tentando la carta dell'eurocomunismo. Un'idea alternativa al modello capitalista, che valorizzasse le esperienze e le conquiste sociali e democratiche realizzate in Europa.

Non a caso, in ogni suo intervento, Berlinguer dedicava una parte consistente al quadro internazionale, alla liberazione di molti popoli, alla necessità di nuovi equilibri economici e politici.

Con la morte di un grande leader (non esistono i leader che possono risolvere tutto, caro camillo, ma è pur vero che i grandi leader contano) e con la minaccia ai nostri privilegi di "paesi ricchi" rappresentata dalla globalizzazione, ci siamo arroccati ed ancor oggi anche a sinistra farnetichiamo sulle nostre sovranità nazionali perdute.

Se non ripartiamo da una dimensione almeno europea dello scontro di classe, non andiamo da nessuna parte.
Se non ripartiamo da una dimensione almeno europea dello scontro di classe, non andiamo da nessuna parte
Non e' che non condivida questa tua analisi Mario,ma il problema, pur essendo un problema globalizzato, deve pur partire da una singola situazione sia essa concepita come stato nazionale che come movimento nazionale.
Queste "nuove idee" se cosi vogliamo definirle, dovranno cmq essere estese all'interno di ogni singolo paese e in questo interno discusse, elaborate e quindi poi porle come alternative a queste societa' corrotte e al servizio del potere.
Sono questi rapporti inter europei e non solo che potranno dare alternative serie. Se no come altrimenti fare x cambiare questo andazzo?


un salutone da Juan



La gerarchia dei problemi



I problemi si dividono in :

1) A livello mondiale
2) A livello continentale (Unione europea)
3) A livello nazionale (Italia)
4) A livello regionale
5) A Livello comunale


Piero Ignazi,
http://it.wikipedia.org/wiki/Piero_Ignazi

scrive stamani su La Repubblica:

I partiti hanno talmente perso fiducia e credibilità che stanno trascinando a fondo anche l’idea stessa di democrazia.

Come ha rilevato Ilvo Diamanti, ormai il numero di coloro che ritengono inconcepibile una democrazia senza partiti è sceso al livello di chi ne vuole fare a meno.

Certo, i partiti hanno fatto di tutto per meritare questa pessima considerazione.

In Italia più che altrove, anche se la malattia è diffusa ovunque.

Sedi chiuse, iscritti in calo e, soprattutto, disistima generalizzata accomunano tutte le democrazie mature, dalla Scandinavia ai paesi mediterranei.


Ovvio quindi che queste affermazioni devono essere prese in considerazione ed approfondite.

La società italiana fa parte a sé rispetto alle altre, perché ha delle sue specificità particolari che la differenziano dalle altre nazioni.

Questa è la terra :

1) Dove é presente il Vaticano, sede ufficiale della cattolicità mondiale. Solo da 150 anni il potere temporale della Chiesa cattolica non esercita ufficialmente il dominio politico sullo stivalone.

Di fatto lo esercita indirettamente attraverso le organizzazioni dei cattolici in politica e alla presenza di preti e organizzazioni cattoliche in tutti i campi.

2) L’Italia presenza 4 tipi diversi di mafie, come se già una non bastasse ed avanza.
Due a livello mondiale, di cui una è il dominus ufficiale planetario da almeno 10 anni, l’’ndrangheta. L’altra è la Mafia Spa di matrice siciliana. La terza è la Camorra, che esercita a livello europeo, ed infine la Sacra Corona Unita a livello regionale (Puglia).

Dato che siamo abituati a non farci mancare niente, di recente abbiamo accolto la mafia georgiana composta da elementi spietati che non hanno problemi ad eliminare chi intralcia il loro percorso.

Oltre alla mafia cinese che controlla l’invasione degli uomini e delle merci del Dragone.

Continua

Re: Come se ne viene fuori ?

Inviato: 03/01/2014, 18:18
da camillobenso
Continua


3) Soffriamo di questo problema:

Immagine

http://www.forexinfo.it/corruzione-clas ... diale-2013


Come si può vedere, noi siamo, la schifezza, della schifezza, della schifezza, della schifezza e’ uommane.
http://www.youtube.com/watch?v=7v1WgakpqDU

Senza recuperare posizioni in questa classifica particolare, potremmo avere le migliori intenzioni del mondo, ma non ne verremmo mai fuori.

La nostra crisi, a differenza degli altri Paesi Ue, è totale perché tocca tutti i settori della vita sociale italiana.

E qui l’eterna domanda: Come se ne viene fuori?

Ignoravo che la crisi nei confronti dei partiti colpisse anche le democrazie mature, come la Scandinavia, come sostiene Piero Ignazi.

Questo complica e non semplifica l'oggetto del tema che stiamo affrontando. Perché sembra che i Paesi più sobri alla fine ce li troviamo su binari paralleli ai nostri.

Il Corriere della Sera cartaceo, riporta stamani che la Grosse koalition ha già cominciato a litigare come noi.

In questa fase neppure i mangia patate sono quelli di una volta. Si comportano come noi.

Il problema non è quello di essere pessimisti, ma di guardare da vicino le malattie del vecchio Continente.

Come capita abitualmente, chi riesce a vedere questi problemi, vorrebbe venirne fuori anche con una certa premura, ma il problema è gigantesco.

Anche l’inerzia di massa è gigantesca.

Basti pensare, che ieri mattina, ad Omnibus hanno passato più di un’ora a discutere del sesso degli angeli.

Cioè ad interpretare cosa aveva detto Napolitano l’ultimo dell’anno.

E per fortuna erano solo giornalisti. Un pò più svegli dei politicanti.

Figuriamoci se questa fascia intellettuale, obbligata per professione a scrutare tutto quello che avviene, si adagia a passare il tempo su delle stupidaggini che possono essere liquidate in cinque minuti. Cosa può intuire il resto della popolazione tricolore, che spesso pende dalle labbra dal verbo dei giornalisti e dei politicanti.

E’ vero quanto ha sostenuto ieri Maucat, che :

Le domande che poni caro Camillobenso sono tante e tutte per adesso senza una valida risposta tranne questa: non la Sinistra ha fallito ma gli uomini e soprattutto i leader della Sinistra si.

E’ un dato di fatto che sono gli uomini della sinistra ad aver fallito.

Occorre però fare tre considerazioni in merito.

1) Sono dovuti passare vent’anni prima che una parte dell’elettorato se ne accorgesse.

2) Quegli uomini sono stati votati dalla sinistra di base.

3) Alle primarie, come riporta un sondaggio in merito, Renzi è stato sostenuto maggiormente dalla sinistra, anche quella non piddina. Convinti che Renzi potesse fare i miracoli come ha cercato di far credere loro.

Nei momenti in cui noi discutiamo di un’eventuale “nuova sinistra”, tutti i giorni incontro persone di sinistra, che si rendono conto che per risolvere i problemi che abbiamo accumulato in tutti questi anni occorre l’uomo forte.

Qualcuno aggiunge, magari per soli due anni. Il tempo per raddrizzare la baracca.

E qui mi tocca fare da memoria storica, invitandoli a ricordarsi che da queste parti tra il 1919 e il 1922, anche a sinistra si dicevano esattamente le stesse cose, perchè non ne potevano più.

Guardando le carte che abbiamo in mano, l’ipotesi sollevata questa settimana da Vittorio Feltri è tutt’altro che trascurabile.

Sfascisti - 180


2014 a schede


Scheda – 8 – Ciak si gira – Girlfiend in a coma – Atto finale

8 – 4 – 1 gennaio 2014


Feltri, non ha fatto altro che tradurre nero su bianco il pensiero popolare di queste parti.

E’ la conclusione che da settimane circola da queste parti.

Anche ieri mattina in una giornata tutto sommato tranquilla in previsione anche di una serata diversa dalle altre, più leggera delle altre, il pensiero comune di circa il 70 % di chi si è espresso volge verso la necessità di un uomo forte che raddrizzi la baracca.

L’aspetto sorprendente, è che questo giudizio proviene interamente dalla sinistra.

Ai tempi, quarant’anni fa erano sulle barricate. Non ne volevano sapere di colpi di Stato. Aveva disturbato parecchio il tentativo del generale De Lorenzo nel 1964.

1. Piano Solo - Wikipedia
it.wikipedia.org/wiki/Piano_Solo‎
Disambiguazione – Se stai cercando l'album di Alessandro Esseno, vedi Piano solo. ...all'Arma dei Carabinieri il potere in Italia, sul punto di essere attuato nell'estate del 1964, definibile anche come un tentativo di colpo di stato (golpe).
‎Il piano - ‎Solo o non solo? - ‎Parate militari e parate di ... - ‎La scoperta del piano

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A seguire il tentativo del Golpe Borghese del 1970

1. Golpe Borghese - Wikipedia
it.wikipedia.org/wiki/Golpe_Borghese‎
Il colpo di Stato in questione sarebbe stato appoggiato anche da Luciano ... ma non si trattò di impulso alle indagini, bensì di un tentativo di ostacolare .... Italiani, lo Stato che insieme creeremo, sarà un'Italia senza aggettivi né colori politici.

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Poi il tentativo del 1993, ..poco pubblicizzato.

1. Sventato colpo di Stato in Italia nel 1993 - Militariforum.it
http://www.militariforum.it › Forum › La Divisa › La Storia‎
06/feb/2011 - 10 post - ‎4 autori
Le rivelazioni di un mercenario ad un giornalista editore, fanno scoprire un progetto di tentativo di golpe poi naufragato, quello che le cronache ...

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Parere strettamente personale.

La destra golpista ci ha provato 3 volte. Tutte e 3 andate male. Potremmo dire, con limitato sarcasmo, che manco i colpi di Stato sanno più fare. Non hanno più la Buonanima a disposizione.

Non credo che la Massoneria e la Massoneria deviata in tutti questi anni abbia mollato. Tra l’altro i media di questo settore non se ne occupa più, facendoci credere che non esiste più.

Ma Licio Gelli è ancora in vita, e di solito, personaggi di quel genere, morirebbero contenti nel vedere il ritorno del fascismo.

Se io fossi uno di loro avrei fatto dal punto di vista tecnico, quello che loro hanno fatto in questi anni.

Mandare in malora il Paese, ed obbligare i cittadini, soprattutto quelli di sinistra a dire” Basta non ce la faccio più”.

In questo caso non è più uno sparuto numero di dissidenti che prepara un golpe, ma lo fanno i cittadini stessi, a cui da voce Vittorio Feltri.

Questa è una possibile chiave di lettura per quanto accaduto nell’ultimo ventennio.

Nulla di altamente scientifico, solo riproporre nel tessuto sociale le condizioni del 1919 – 1922.

Un'altra chiave di lettura è la casualità. Ci stiamo spegnendo lentamente per via del mancato ricambio nei partiti.



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L'OPINIONE
Feltri: "Cari partiti buona morte a tutti"
Il fondatore di Libero racconta un Paese ormai "stanco della democrazia. Gli italiani hanno capito che i partiti fanno solo i loro interessi. Scompariranno"

31/12/2013

"La democrazia ha stufato tutti, cari partiti buona morte a tutti".

Vittorio Feltri guarda al nuovo anno che sta per arrivare ed è sicuro di una cosa: sarà l'anno della fine dei partiti.

Il fondatore di Libero prende spunto da un sondaggio apparso ieri, lunedì 30 dicembre, su Repubblica in cui emerge una totale sfiducia da parte degli italiani nella classe politica, per lanciarsi in una profezia sul 2014: "La democrazia - è opinione diffusa - non esiste più. Non gode di alcuna stima.

I nostri compatrioti hanno capito che è una finzione e voteranno, se voteranno, contro chi la tiene in vita per mero interesse di bottega.

Chi fa politica non pensi di farla franca.

Sul teatrino sta per calare il sipario.



Mentre si va diffusamente in questa direzione, comprenderete bene che diventa estremamente complicato pensare alla ripartenza della sinistra italiana.

In tantissimi non si sono accorti che Pd, Partito Democratico è in realtà la nuova Democrazia cristiana.

Mentre giornalisti e politicanti definiscono bellamente il Pd la sinistra italiana.

E’ il massimo della confusione.

Di solito le nazioni in queste condizioni vanno a sbattere e poi ricominciano.

Solo che per capire cosa c’è dietro l’angolo in questo momento, ci vuole la sfera di cristallo e una chiromante di alta professionalità.

Re: Come se ne viene fuori ?

Inviato: 03/01/2014, 20:18
da camillobenso
Repubblica 3.1.14
Soldi ai partiti, la cura sbagliata
di Piero Ignazi

I PARTITI hanno talmente perso fiducia e credibilità che stanno trascinando a fondo anche l’idea stessa di democrazia. Come ha rilevato Ilvo Diamanti, ormai il numero di coloro che ritengono inconcepibile una democrazia senza partiti è sceso al livello di chi ne vuole fare a meno. Certo, i partiti hanno fatto di tutto per meritare questa pessima considerazione. In Italia più che altrove, anche se la malattia è diffusa ovunque.
Sedi chiuse, iscritti in calo e, soprattutto, disistima generalizzata accomunano tutte le democrazie mature, dalla Scandinavia ai paesi mediterranei.


Il voto di febbraio ha espresso il disgusto dell’opinione pubblica italiana per una classe politica arruffona e forchettona.

Per rimediare, già due anni fa, in luglio, venne varata una nuova norma sul finanziamento pubblico (legge 96/2012) con la quale si riduceva drasticamente la cifra erogata dallo Stato, si richiedeva un 30% di cofinanziamento, e si reintroducevano le detrazioni fiscali. Lo tsunami di Beppe Grillo ha reso evidente che non bastava. In effetti quella legge era timida e contraddittoria. Ecco quindi una nuova norma, già approvata dalla Camera in ottobre, e varata pochi giorni fa con un decreto legge governativo.

L’impostazione di questa norma deriva dal successo del Movimento 5 Stelle alle ultime elezioni.

Solo che, agendo in tal senso, si sono commessi due errori strategici.

Il primo è quello di aver dato ragione a un contendente nell’arena politica.

Se approvi una norma che viene richiesta a gran voce da un’altra forza politica, ti metti al suo traino.

E non potrai mai raggiungerla, come la mitica tartaruga di Achille, perché chi riesce a introdurre, e poi a imporre, un tema rilevante nel dibattito politico, poi ne diventa il proprietario.

La moralizzazione della vita politica e l’abbattimento del finanziamento pubblico costituiscono il codice identificativo dei 5Stelle.

Poi potranno sbagliare tutto, ma per l’elettorato sono loro i portabandiera di questi temi.

Rincorrerli sul loro terreno non fa che aiutarli.

Esattamente come fece maldestramente il governo di centrosinistra nel 2000 quando modificò il titolo V della Costituzione per compiacere le domande di devolution della Lega.

Fu un regalo bello e buono al Carroccio.

Anche adesso il governo Letta e gran parte del Pp seguono l’onda montante della demagogia antipartitica e si accodano alla protesta grillina contro il finanziamento pubblico.

E questo è il secondo errore strategico.

Un governo e un partito che vogliano difendere la funzione del partito politico devono proporre una visione alternativa, non un azzeramento completo, facile e dannoso.


Altrimenti non ci si può stupire se poi quasi la metà degli italiani pensa di poter fare a meno dei partiti.

Purtroppo il decreto va nella direzione sbagliata per cinque ragioni specifiche e per una di portata più generale.

Nello specifico: a) abolisce in toto l’erogazione di fondi pubblici verso i partiti allontanandosi da tutti gli altri paesi europei (Svizzera esclusa) che invece prevedono forme di finanziamento pubblico, lasciando tutto nelle mani dei donors;

b) reintroduce la norma, già sperimentata nella legge del 1997, della destinazione di una quota del reddito ai partiti (allora era il 4 per mille ora il 2 per mille), norma che fallì clamorosamente e di cui non vennero mai fornite cifre ufficiali sull’entità delle donazioni;

c) si introducono le detrazioni fiscali, tra l’altro più generose rispetto alle Onlus, che sono una forma surrettizia di finanziamento pubblico;

d) il controllo sui bilanci si limita alla loro regolarità e conformità e le sanzioni sono solo amministrative;

e) non si pone un limite al tetto delle spese.

Inoltre, sul piano generale, affidare il sostegno finanziario completamente ai cittadini, benché sembri il non plus ultra di una democrazia partecipante, rinforza la natura privatistica dei partiti e allontana la prospettiva di una loro regolazione. La richiesta ai partiti di depositare uno statuto, contenuta nel decreto legge, non ha alcun valore se non ci sono linee guida cogenti da rispettare. Mentre in 18 dei 28 paesi membri della Ue sono state introdotte leggi che definiscono il quadro entro cui operino i partiti e, a compensazione di questa intrusione, viene garantito un contributo finanziario, da noi si esclude questa opzione.

Sperare che i partiti vivano di risorse proprie, trasparenti e rintracciabili, in una fase di montante anti-partitismo senza fornire loro né un quadro normativo vincolante per le loro attività, né adeguati controlli e limiti, rischia di sospingerli ancora una volta verso pratiche opache.

È curioso che su un tema così delicato si segua la demagogia e non si guardi al di là delle Alpi. Ancora una volta ci fermiamo a Chiasso.

Re: Come se ne viene fuori ?

Inviato: 03/01/2014, 20:27
da paolo11
Feltri: "Cari partiti buona morte a tutti"
Il fondatore di Libero racconta un Paese ormai "stanco della democrazia. Gli italiani hanno capito che i partiti fanno solo i loro interessi. Scompariranno"
"La democrazia ha stufato tutti, cari partiti buona morte a tutti". Vittorio Feltri guarda al nuovo anno che sta per arrivare ed è sicuro di una cosa: sarà l'anno della fine dei partiti. Il fondatore di Libero prende spunto da un sondaggio apparso ieri, lunedì 30 dicembre, su Repubblica in cui emerge una totale sfiducia da parte degli italiani nella classe politica, per lanciarsi in una profezia sul 2014: "La democrazia - è opinione diffusa - non esiste più. Non gode di alcuna stima. I nostri compatrioti hanno capito che è una finzione e voteranno, se voteranno, contro chi la tiene in vita per mero interesse di bottega. Chi fa politica non pensi di farla franca. Sul teatrino sta per calare il sipario. Quel che succederà dopo non siamo capaci di prevederlo. Cari partiti, buona morte a tutti", scrive Feltri su il Giornale. Poi snocciola i dati del sondaggio: "Benché nel nostro Paese la mentalità anticapitalistica domini, l'associazione degli imprenditori è più riverita del peggiore sindacato, la Cgil: il 29 per cento contro il 20,8. Il dato dovrebbe far riflettere. Lo Stato è poco apprezzato: 18,9. Che equivale a una bocciatura senza appello. Le banche, poverine, sono malviste: 12,9 per cento. E il Parlamento è poco più quotato dei partiti: 7,1 per cento contro il 5,1. Sono segnali molto chiari". Così arriva il verdetto finale di Vittorio: "La fiducia nelle istituzioni è crollata, ammesso e non concesso che in passato fosse alta. All'ultimo posto della graduatoria ci sono i partiti, di cui si fidano soltanto 5 italiani su 100. Lo sapevamo già. Ma trovarcelo scritto nero su bianco fa un certo effetto. Significa che i partiti si sono irrimediabilmente sputtanati e che difficilmente torneranno in auge".
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Ciao
Paolo11