Re: ITALIA-termometro elettorale politiche 2013
Inviato: 20/10/2012, 8:25
la stampa.
Grillo senza freni nei sondaggi
sale al 21 per cento
Il Pdl crolla al 14,3%,
il Pd primo con quasi il 26%
Si rafforza l’ipotesi
di una Grande coalizione
CARLO BERTINI
ROMA
Ha tutte le carte in regola per esser definito un sondaggio choc, perché per la prima volta fotografa una realtà finora temuta dai partiti, ma ancora mai certificata da un numero così dirompente: la Swg di Trieste assegna al Movimento 5 Stelle di Grillo un 21% tondo tondo, che colloca la forza politica del comico genovese sopra il Pdl (al 14,3%) e al secondo posto dopo il Pd (al 25,9%).
E’ la rilevazione diffusa ieri ad Agorà, che vede gli altri partiti più o meno stabili e la fiducia in Monti in leggero calo dal 39 al 37%. E da cui si evince che la crescita dei consensi grillini stavolta è a discapito Di Pietro, che perde l’1,5% dei consensi, al 4,3% rispetto ad una settimana fa, mentre l’M5S cresce appunto dell’1,6%. Saranno pure gli scandali che hanno coinvolto esponenti dell’Idv nel Lazio, saranno le inchieste lombarde e il caos che regna nel centrodestra, altro bacino di pesca in potenziale espansione; sarà pure merito del successo della campagna a tappeto di Grillo in Sicilia, dove ogni sera le piazze traboccano. Fatto sta che oggi i 5 Stelle sono il secondo partito d’Italia, anche in diverse rilevazioni più riservate fatte da altri autorevoli istituti. E se ha ragione Roberto Weber di Swg a dire al Corriere Tv che quello di Grillo «è un partito spugna» come fu la Lega dei tempi migliori; un partito che se arrivasse all’8% in Sicilia potrebbe tranquillamente raggiungere il 21% su scala nazionale, allora le implicazioni sul piano istituzionale sarebbero molteplici. E le forze politiche già tremano.
Solo a livello teorico, al primo partito di opposizione, chiunque vinca le elezioni, spetta indicare un suo esponente per la presidenza del Copasir, il comitato di controllo sui servizi segreti; è vero che bisogna sia votato dalla maggioranza della commissione e che la scelta del nome non per forza debba cadere su un membro di questo o quel partito di opposizione; è vero che i 5 Stelle potrebbero subito tirarsi fuori da tutte le trattative e rinunciare ad ogni incarico istituzionale. Detto questo, la prassi parlamentare vuole pure che due vicepresidenze su quattro della Camera, stessa cosa al Senato, vadano alle opposizioni: oggi ad esempio i vice di Fini sono la Bindi del Pd e Buttiglione dell’Udc, oltre a Lupi e Leone del Pdl.
E al Senato sono la Bonino e Chiti del Pd, oltre a Nania del Pdl e a Rosy Mauro della Lega. Quindi, sempre restando nell’ipotesi fissata dai sondaggi, anche Grillo potrebbe far eleggere uno dei suoi sugli scranni più alti, ma non solo: la prassi vuole che all’opposizione tocchi anche un vicepresidente per ognuna delle 14 commissioni permanenti, la presidenza della Vigilanza Rai e quella delle giunte per le elezioni e della giunta per le autorizzazioni. «Sono convinto che Grillo in prima battuta non accetterebbe nulla di tutto ciò - sostiene Osvaldo Napoli, vicecapogruppo del Pdl - perché se accettasse una vicepresidenza di Camera e Senato, si tarperebbe le ali per dar battaglia in aula e mettere in pratica ostruzionismi vari; stessa cosa avverrebbe con le vicepresidenze delle commissioni. Ma non credo rifiuterebbe la Vigilanza Rai o le presidenze di quelle giunte. Certo se diventasse il secondo partito, la grande coalizione diverrebbe una scelta obbligata e si correrebbe il rischio di avere un Parlamento ingovernabile».
Quelli che nel Pd da sempre tengono d’occhio tutti i sondaggi, come Paolo Gentiloni, non credono che Grillo arriverà secondo, «ma un partito anti-sistema con un risultato a due cifre, in un sistema tendenzialmente più proporzionale, può avere una forza micidiale: può far eleggere una valanga di parlamentari che possono avere un’influenza determinante, tale da costringere tutti gli altri alla grande coalizione. Come si può frenare questa tendenza? Con la capacità di rinnovarsi dei partiti: il Pd grazie alle primarie e indirettamente al ruolo di Renzi». E non sarà un caso se da giorni Renzi sia diventato il primo bersaglio di Grillo che lo definisce «il giovane-vecchio» e lo copre di simpatici epiteti come «ebetino inconsapevole, vuoto con il buco intorno»; salvo poi dire che «se si comporta bene valuterò la sua iscrizione al Movimento come attivista: si sentirà a casa...».
Grillo senza freni nei sondaggi
sale al 21 per cento
Il Pdl crolla al 14,3%,
il Pd primo con quasi il 26%
Si rafforza l’ipotesi
di una Grande coalizione
CARLO BERTINI
ROMA
Ha tutte le carte in regola per esser definito un sondaggio choc, perché per la prima volta fotografa una realtà finora temuta dai partiti, ma ancora mai certificata da un numero così dirompente: la Swg di Trieste assegna al Movimento 5 Stelle di Grillo un 21% tondo tondo, che colloca la forza politica del comico genovese sopra il Pdl (al 14,3%) e al secondo posto dopo il Pd (al 25,9%).
E’ la rilevazione diffusa ieri ad Agorà, che vede gli altri partiti più o meno stabili e la fiducia in Monti in leggero calo dal 39 al 37%. E da cui si evince che la crescita dei consensi grillini stavolta è a discapito Di Pietro, che perde l’1,5% dei consensi, al 4,3% rispetto ad una settimana fa, mentre l’M5S cresce appunto dell’1,6%. Saranno pure gli scandali che hanno coinvolto esponenti dell’Idv nel Lazio, saranno le inchieste lombarde e il caos che regna nel centrodestra, altro bacino di pesca in potenziale espansione; sarà pure merito del successo della campagna a tappeto di Grillo in Sicilia, dove ogni sera le piazze traboccano. Fatto sta che oggi i 5 Stelle sono il secondo partito d’Italia, anche in diverse rilevazioni più riservate fatte da altri autorevoli istituti. E se ha ragione Roberto Weber di Swg a dire al Corriere Tv che quello di Grillo «è un partito spugna» come fu la Lega dei tempi migliori; un partito che se arrivasse all’8% in Sicilia potrebbe tranquillamente raggiungere il 21% su scala nazionale, allora le implicazioni sul piano istituzionale sarebbero molteplici. E le forze politiche già tremano.
Solo a livello teorico, al primo partito di opposizione, chiunque vinca le elezioni, spetta indicare un suo esponente per la presidenza del Copasir, il comitato di controllo sui servizi segreti; è vero che bisogna sia votato dalla maggioranza della commissione e che la scelta del nome non per forza debba cadere su un membro di questo o quel partito di opposizione; è vero che i 5 Stelle potrebbero subito tirarsi fuori da tutte le trattative e rinunciare ad ogni incarico istituzionale. Detto questo, la prassi parlamentare vuole pure che due vicepresidenze su quattro della Camera, stessa cosa al Senato, vadano alle opposizioni: oggi ad esempio i vice di Fini sono la Bindi del Pd e Buttiglione dell’Udc, oltre a Lupi e Leone del Pdl.
E al Senato sono la Bonino e Chiti del Pd, oltre a Nania del Pdl e a Rosy Mauro della Lega. Quindi, sempre restando nell’ipotesi fissata dai sondaggi, anche Grillo potrebbe far eleggere uno dei suoi sugli scranni più alti, ma non solo: la prassi vuole che all’opposizione tocchi anche un vicepresidente per ognuna delle 14 commissioni permanenti, la presidenza della Vigilanza Rai e quella delle giunte per le elezioni e della giunta per le autorizzazioni. «Sono convinto che Grillo in prima battuta non accetterebbe nulla di tutto ciò - sostiene Osvaldo Napoli, vicecapogruppo del Pdl - perché se accettasse una vicepresidenza di Camera e Senato, si tarperebbe le ali per dar battaglia in aula e mettere in pratica ostruzionismi vari; stessa cosa avverrebbe con le vicepresidenze delle commissioni. Ma non credo rifiuterebbe la Vigilanza Rai o le presidenze di quelle giunte. Certo se diventasse il secondo partito, la grande coalizione diverrebbe una scelta obbligata e si correrebbe il rischio di avere un Parlamento ingovernabile».
Quelli che nel Pd da sempre tengono d’occhio tutti i sondaggi, come Paolo Gentiloni, non credono che Grillo arriverà secondo, «ma un partito anti-sistema con un risultato a due cifre, in un sistema tendenzialmente più proporzionale, può avere una forza micidiale: può far eleggere una valanga di parlamentari che possono avere un’influenza determinante, tale da costringere tutti gli altri alla grande coalizione. Come si può frenare questa tendenza? Con la capacità di rinnovarsi dei partiti: il Pd grazie alle primarie e indirettamente al ruolo di Renzi». E non sarà un caso se da giorni Renzi sia diventato il primo bersaglio di Grillo che lo definisce «il giovane-vecchio» e lo copre di simpatici epiteti come «ebetino inconsapevole, vuoto con il buco intorno»; salvo poi dire che «se si comporta bene valuterò la sua iscrizione al Movimento come attivista: si sentirà a casa...».