Diario della caduta di un regime.
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Re: Diario della caduta di un regime.
Marino: “Mi hanno aggredito Un giorno capirò perché”
(LUCA DE CAROLIS)
11/10/2015 di triskel182
https://triskel182.wordpress.com/2015/1 ... more-81671
(LUCA DE CAROLIS)
11/10/2015 di triskel182
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Re: Diario della caduta di un regime.
L’uomo di Messina Denaro spaventa Rossi e il Pd toscano
(GIORGIO MELETTI E DAVIDE VECCHI)
11/10/2015 di triskel182
Sospetti Senza che nessuno glielo chiedesse, il governatore smentisce di aver preso soldi dal costruttore legato ai boss. Che però ha sempre avuto legami con la politica locale.
Non c’era alcun riferimento alla politica nell’inchiesta sul costruttore trapanese Andrea Bulgarella, trapiantato a Pisa e ritenuto fiancheggiatore della Cosa Nostra di Matteo Messina Denaro. Non c’era nessun riferimento fino a venerdì sera. Quando il presidente della Toscana, Enrico Rossi, ha sentito la necessità di rilasciare una dichiarazione passata tanto in silenzio sui giornali quanto rumorosamente nel Pd. Dopo le frasi di rito sulla necessità di “svolgere le indagini” perché in Toscana“esiste una presenza importante della mafia”, il governatore si è soffermato su Bulgarella dicendo di non conoscerlo, “non credo di averlo neppure mai incontrato”. Politico di lungo corso, capace a sopravvivere (e bene) anche nelle sabbie del potere renziano, Rossi avrebbe potuto fermarsi qui.
E invece ha voluto aggiungere, seppur non incalzato: “A quanto mi risulta non ho mai ricevuto da lui finanziamenti per la campagna elettorale”.Un messaggio chiaro. E un’indicazione precisa: andate a cercare chi tra i politici ha ricevuto sostegno economico dall’imprenditore siciliano. NEL PD FIORENTINO le parole di Rossi sono state interpretate anche tenendo conto della delicata segreteria politica regionale che si è tenuta a inizio settimana: c’è uno scontro frontale proprio sul governatore che, per quanto sia stato confermato alla guida della Toscana pochi mesi fa, molti vorrebbero sostituire lasciando intendere possibili problemi con la giustizia. In politica mezze parole e sospetti pesano più delle carte giudiziarie. E nell’universo renziano, dove i coltelli sono affilatissimi, trovare qualcuno che riferisca apertamente cos’è accaduto in segreteria – tanto da spingere lo stesso Rossi a cancellare i suoi appuntamenti pubblici fino a venerdì – è impossibile. Ma la moneta dell’anonimato funziona anche qui. Seppure per un laconico: “È successo di tutto,qualcunoparlavadiguai da Pisa altri da Livorno”. Era lunedì cinque ottobre. Dopo tre giorni,giovedì otto,è emersa l’inchiesta Bulgarella. Ma primaèaccadutounaltrofatto “molto rilevante” nel Pd: il segretario e il vice segretario vicario regionale, Dario Parrini e Antonio Mazzeo, nel tardo pomeriggio del 7 ottobre sono stati ricevuti da Renzi a Palazzo Chigi e in assenza di Luca Lotti. Il primo è un parlamentare. Il secondo è l’uomo che gestisce l’esercito renziano a Pisa. Mostrina conquistata sul campo dopo aver ripulito il Pd della cittadina dai fedeli di Massimo D’Alema e di Enrico Letta e di chiunque altro diverso da Matteo di Rignano. A lui sarebbe stato chiesto di ripetere la stessa “campagna di sensibilizzazione”inRegione. Senza alcun riguardo per nessuna porta, tanto meno quella del governatore. Quando mercoledì deflagra l’inchiesta tutti trattengono le parole.Ma come venerdì Rossi sibila, il partito ritrova la voce. In particolare da Pisa, dove Bulgarella ha realizzato un impero – secondo gli inquirenti accumulando “ingenti capitali grazie ai vantaggi ottenuti da rapporti con l’associazione mafiosa facente capo al latitante Messina Denaro – arrivando ad acquistare la squadra di calcio nel 2007: “Ho sentito il bisogno di raccogliere la richiesta che arrivava dalla città che mi aveva ben accolto”, disse. Ben accolto è un eufemismo: ha costruitoalberghi,restauratopalazzo storici e persino la torre. A pensar bene i legami con la politica cittadina sono scontati. Così, dopo Rossi, i primi a parlare sono stati l’ex sindaco e oggi deputato, Paolo Fontanelli, e l’attuale sindaco della città, Filippeschi. Negando rapporto con Bulgarella.
Articolo intero su Il Fatto Quotidiano del 11/10/2015.
(GIORGIO MELETTI E DAVIDE VECCHI)
11/10/2015 di triskel182
Sospetti Senza che nessuno glielo chiedesse, il governatore smentisce di aver preso soldi dal costruttore legato ai boss. Che però ha sempre avuto legami con la politica locale.
Non c’era alcun riferimento alla politica nell’inchiesta sul costruttore trapanese Andrea Bulgarella, trapiantato a Pisa e ritenuto fiancheggiatore della Cosa Nostra di Matteo Messina Denaro. Non c’era nessun riferimento fino a venerdì sera. Quando il presidente della Toscana, Enrico Rossi, ha sentito la necessità di rilasciare una dichiarazione passata tanto in silenzio sui giornali quanto rumorosamente nel Pd. Dopo le frasi di rito sulla necessità di “svolgere le indagini” perché in Toscana“esiste una presenza importante della mafia”, il governatore si è soffermato su Bulgarella dicendo di non conoscerlo, “non credo di averlo neppure mai incontrato”. Politico di lungo corso, capace a sopravvivere (e bene) anche nelle sabbie del potere renziano, Rossi avrebbe potuto fermarsi qui.
E invece ha voluto aggiungere, seppur non incalzato: “A quanto mi risulta non ho mai ricevuto da lui finanziamenti per la campagna elettorale”.Un messaggio chiaro. E un’indicazione precisa: andate a cercare chi tra i politici ha ricevuto sostegno economico dall’imprenditore siciliano. NEL PD FIORENTINO le parole di Rossi sono state interpretate anche tenendo conto della delicata segreteria politica regionale che si è tenuta a inizio settimana: c’è uno scontro frontale proprio sul governatore che, per quanto sia stato confermato alla guida della Toscana pochi mesi fa, molti vorrebbero sostituire lasciando intendere possibili problemi con la giustizia. In politica mezze parole e sospetti pesano più delle carte giudiziarie. E nell’universo renziano, dove i coltelli sono affilatissimi, trovare qualcuno che riferisca apertamente cos’è accaduto in segreteria – tanto da spingere lo stesso Rossi a cancellare i suoi appuntamenti pubblici fino a venerdì – è impossibile. Ma la moneta dell’anonimato funziona anche qui. Seppure per un laconico: “È successo di tutto,qualcunoparlavadiguai da Pisa altri da Livorno”. Era lunedì cinque ottobre. Dopo tre giorni,giovedì otto,è emersa l’inchiesta Bulgarella. Ma primaèaccadutounaltrofatto “molto rilevante” nel Pd: il segretario e il vice segretario vicario regionale, Dario Parrini e Antonio Mazzeo, nel tardo pomeriggio del 7 ottobre sono stati ricevuti da Renzi a Palazzo Chigi e in assenza di Luca Lotti. Il primo è un parlamentare. Il secondo è l’uomo che gestisce l’esercito renziano a Pisa. Mostrina conquistata sul campo dopo aver ripulito il Pd della cittadina dai fedeli di Massimo D’Alema e di Enrico Letta e di chiunque altro diverso da Matteo di Rignano. A lui sarebbe stato chiesto di ripetere la stessa “campagna di sensibilizzazione”inRegione. Senza alcun riguardo per nessuna porta, tanto meno quella del governatore. Quando mercoledì deflagra l’inchiesta tutti trattengono le parole.Ma come venerdì Rossi sibila, il partito ritrova la voce. In particolare da Pisa, dove Bulgarella ha realizzato un impero – secondo gli inquirenti accumulando “ingenti capitali grazie ai vantaggi ottenuti da rapporti con l’associazione mafiosa facente capo al latitante Messina Denaro – arrivando ad acquistare la squadra di calcio nel 2007: “Ho sentito il bisogno di raccogliere la richiesta che arrivava dalla città che mi aveva ben accolto”, disse. Ben accolto è un eufemismo: ha costruitoalberghi,restauratopalazzo storici e persino la torre. A pensar bene i legami con la politica cittadina sono scontati. Così, dopo Rossi, i primi a parlare sono stati l’ex sindaco e oggi deputato, Paolo Fontanelli, e l’attuale sindaco della città, Filippeschi. Negando rapporto con Bulgarella.
Articolo intero su Il Fatto Quotidiano del 11/10/2015.
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Re: Diario della caduta di un regime.
Tra la manifestazione di oggi e chi si sta dando da fare per una lista civica per Marino una buona parte di voti verranno sottratti al candidato PD alle prossime elezioni.
Che Marino possa rivincere sembra una mission impossibile.
Comunque sottrarrà voti al PD, e qui Alfano e Verdini risulteranno ininfluenti.
Molto probabilmente vincerà il M5S.
La destra, anche se dovesse candidare Marchini, che piace tanto alle donne, non dovrebbe impensierire il M5S.
In caso di ballottaggio il PD non ha nessuna possibilità di vincere.
Adesso La Qualunque deve affrontare la dura realtà di una sconfitta.
Stamani ad Omnibus è stata ventilata la candidatura della Madia. Io spero che sia così perché la sconfitta diventa più che certa.
Se non azzecca la candidatura per Milano sarà segno che la proverbiale “fortuna” che lo sorregge, ha esaurito il carburante.
In caso di ballottaggio a Roma i sostenitori di Marino voteranno per il M5S o non voteranno affatto.
Che Marino possa rivincere sembra una mission impossibile.
Comunque sottrarrà voti al PD, e qui Alfano e Verdini risulteranno ininfluenti.
Molto probabilmente vincerà il M5S.
La destra, anche se dovesse candidare Marchini, che piace tanto alle donne, non dovrebbe impensierire il M5S.
In caso di ballottaggio il PD non ha nessuna possibilità di vincere.
Adesso La Qualunque deve affrontare la dura realtà di una sconfitta.
Stamani ad Omnibus è stata ventilata la candidatura della Madia. Io spero che sia così perché la sconfitta diventa più che certa.
Se non azzecca la candidatura per Milano sarà segno che la proverbiale “fortuna” che lo sorregge, ha esaurito il carburante.
In caso di ballottaggio a Roma i sostenitori di Marino voteranno per il M5S o non voteranno affatto.
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Re: Diario della caduta di un regime.
al di la del propagandismo politico
il progetto di una allenza tra sinistra socialismo marxista e destra sociale è stata lanciato per la prima volta in questo forum.
il primo aspetto da analizzare è
perche con la destra sociale ?
il secondo aspetto è che cosa è la destra sociale in italia ?
cosa pensimo della grecia su questo argomento
quale programma concreto sarebbe possibile in Italia con la destra sociale ?
l intervento della deputata lombardi rilancia la proposta
e evidente che c è molto da discuttere
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Dal blog di Roberta Lombardi, neo capogruppo grillino alla Camera:
“Prima questione: qualcuno mi dice, finchè esistono loro il fascismo non sarà morto, quindi non mi dire che questa ideologia non rappresenta una minaccia presente. Da quello che conosco di Casapound, del fascismo hanno conservato solo la parte folcloristica (se vogliamo dire così), razzista e sprangaiola. Che non comprende l’ideologia del fascismo, che prima che degenerasse aveva una dimensione nazionale di comunità attinta a piene mani dal socialismo, un altissimo senso dello stato e la tutela della famiglia. Quindi come si vede Casapound non è il fascismo ma una parte del fascismo. E quindi solo in parte riconducibile ad esso. Seconda questione, e questo per me è il punto fondamentale, sono 30 anni che fascismo e comunismo in Italia non esistono più. Invocarne lo spettro a targhe alterne è l’ennesimo tentativo di distrazione di massa: ti agito davanti il noto spauracchio perché voglio far leva sulle tue paure per portarti dalla mia parte. Non sono i fascisti o i comunisti che ci hanno impoverito, tolto i diritti, precarizzato l’esistenza, reso un incubo il pensiero del futuro.”
il progetto di una allenza tra sinistra socialismo marxista e destra sociale è stata lanciato per la prima volta in questo forum.
il primo aspetto da analizzare è
perche con la destra sociale ?
il secondo aspetto è che cosa è la destra sociale in italia ?
cosa pensimo della grecia su questo argomento
quale programma concreto sarebbe possibile in Italia con la destra sociale ?
l intervento della deputata lombardi rilancia la proposta
e evidente che c è molto da discuttere
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Dal blog di Roberta Lombardi, neo capogruppo grillino alla Camera:
“Prima questione: qualcuno mi dice, finchè esistono loro il fascismo non sarà morto, quindi non mi dire che questa ideologia non rappresenta una minaccia presente. Da quello che conosco di Casapound, del fascismo hanno conservato solo la parte folcloristica (se vogliamo dire così), razzista e sprangaiola. Che non comprende l’ideologia del fascismo, che prima che degenerasse aveva una dimensione nazionale di comunità attinta a piene mani dal socialismo, un altissimo senso dello stato e la tutela della famiglia. Quindi come si vede Casapound non è il fascismo ma una parte del fascismo. E quindi solo in parte riconducibile ad esso. Seconda questione, e questo per me è il punto fondamentale, sono 30 anni che fascismo e comunismo in Italia non esistono più. Invocarne lo spettro a targhe alterne è l’ennesimo tentativo di distrazione di massa: ti agito davanti il noto spauracchio perché voglio far leva sulle tue paure per portarti dalla mia parte. Non sono i fascisti o i comunisti che ci hanno impoverito, tolto i diritti, precarizzato l’esistenza, reso un incubo il pensiero del futuro.”
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Re: Diario della caduta di un regime.
camillobenso ha scritto:Tra la manifestazione di oggi e chi si sta dando da fare per una lista civica per Marino una buona parte di voti verranno sottratti al candidato PD alle prossime elezioni.
Che Marino possa rivincere sembra una mission impossibile.
Comunque sottrarrà voti al PD, e qui Alfano e Verdini risulteranno ininfluenti.
Molto probabilmente vincerà il M5S.
La destra, anche se dovesse candidare Marchini, che piace tanto alle donne, non dovrebbe impensierire il M5S.
In caso di ballottaggio il PD non ha nessuna possibilità di vincere.
Adesso La Qualunque deve affrontare la dura realtà di una sconfitta.
Stamani ad Omnibus è stata ventilata la candidatura della Madia. Io spero che sia così perché la sconfitta diventa più che certa.
Se non azzecca la candidatura per Milano sarà segno che la proverbiale “fortuna” che lo sorregge, ha esaurito il carburante.
In caso di ballottaggio a Roma i sostenitori di Marino voteranno per il M5S o non voteranno affatto.
Non credo proprio che voteranno M5S e se lo faranno dimostreranno ancor di più la loro incapacità politica di vedere le cose veramente come stanno veramente.In caso di ballottaggio a Roma i sostenitori di Marino voteranno per il M5S o non voteranno affatto
I primi a sostenere subito la caduta di Marino sono stati proprio i 5 Stelle e anche costoro, come altri, son caduti nel trappolone per la loro poca capacita di vedere oltre.
Quindi, la caduta di Marino parte proprio dalle richieste iniziali dei pentastellati e per questo non si devono sentirsi fieri..
Il ritiro della eventuale candidatura di Di Battista non viene affatto, come dichiara lui, dagli impegni presi con gli elettori a fare il deputato ma piuttosto per aver capito che sarebbe stato subito tonfo elettorale. Meglio far affondare qualcun'altro
Sulla questione Marino, i pentastellati han fatto un gravissimo errore e non credo quindi che possano far affidamento negli amici di Marino.
Qui, hanno messo a nudo la loro poca capacita politica e quindi messo ancora in evidenza che per costoro e' ancora prematuro metterli alla prova. Me ne rammarico poiche speravo che questa fase politica oramai fosse passata.
Sul Sole24ore:
debito mostruoso del Comune di Roma. RUTELLI ha fatto un debito di quasi 900 mila euro al giorno.
ALEMANNO 450 mila al giorno.
VELTRONI 416 mila al giorno.
MARINO AL CONTRARIO HA ABBATTUTO IL DEBITO DI 13 MILA EURO AL GIORNO... e noi parliamo di scontrini...
Dove eravate allora grillini? Nel grembo materno? Non credo ed e' proprio per questo che condanno la vs. incapacita' politica!!!
un salutone
Cercando l'impossibile, l'uomo ha sempre realizzato e conosciuto il possibile, e coloro che si sono saggiamente limitati a ciò che sembrava possibile non sono mai avanzati di un sol passo.(M.A.Bakunin)
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Re: Diario della caduta di un regime.
il manifesto 11.10.15
Roma, la tentazione del rinvio
Campidoglio. Il Pd vorrebbe votare nel 2017. Il primo cittadino uscente vuole rilanciare e rimanda a lunedì le dimissioni formali gettando nel panico i democratici
Orfini lo attacca duramente, il governo studia il modo di sfruttare l'emergenza Giubileo
di Andrea Colombo
ROMA Edizione del 11.10.2015 Pubblicato 10.10.2015, 23:59 Lunedì Ignazio Marino presenterà la sue dimissioni «irrevocabili». Tutti gli scenari che lo volevano deciso a resistere sino all’ultimo sono solo «veleno privo di fondamento». Parola del diretto interessato, che arriva però al termine di una giornata in cui tutto sembrava indicare esiti opposti. Venticinque consiglieri su 48, inclusi una decina di esponenti del Pd, erano contrari alle dimissioni. Sel e la Lista Marino lasciavano aperta la porta a una verifica. «È ovvio — diceva a metà pomeriggio il segretario di Sel romana Paolo Cento — che Marino deve formalizzare le dimissioni. Poi vedremo cosa dirà. Il 27 luglio scorso, quando ha rotto con Sel mettendosi nelle mani del Pd più renziano, ha decretato la sua stessa rovina. Se verrà a dire che vuole tornare quello dell’inizio del suo mandato, ne discuteremo. Nelle mani dei poteri forti ci si è messo proprio con quella rottura del luglio scorso, vedremo». Lo stesso Marino tutto sembrava tranne che un ex sindaco. Ha passato tutta la giornata al Campidoglio, come se nulla fosse. Nel pomeriggio ha riunito i presidenti di Municipio, che sarebbero in maggioranza pronti a resistere con lui. Ha disertato all’ultimo momento il programma di Fabio Fazio Che tempo fa, ma anche questa sembrava una mossa tutt’altro che rinunciataria. Marino ha spiegato agli intimi la scelta di evitare l’intervista in diretta con la certezza che qualsiasi sua parola sarebbe stata strumentalizzata e usata contro di lui. Una preoccupazione che sembrava indicare la scelta di provare a resistere senza dar corso alle dimissioni promesse. Tanto alta era la preoccupazione in casa Pd che è uscito allo scoperto, con un durissimo attacco, proprio l’ex protettore del primo cittadino in uscita, il presidente del partito Matteo Orfini: «Una infinita seria di errori hanno definitivamente compromesso autorevolezza e credibilità del sindaco». Una sentenza senza appello, accompagnata da pressioni discrete ma fortissime sui consiglieri Pd riottosi perché abbandonassero al suo destino il defenestrato. Forse Ignazio Marino si è davvero arreso di fronte alla determinazione di Renzi. Forse intende invece dare battaglia ma solo dopo aver messo sul tavolo le sue dimissioni. Si vedrà lunedì. Per capire se a Roma si voterà davvero in maggio, invece, ci vorrà un po’ di più. Il Pd e il governo sono tentatissimi dal rinviare tutto a dopo il Giubileo. L’eco del caso Marino sarebbe così stemperata, e il rischio di dover consegnare Roma all’M5S calerebbe bruscamente. Renzi, inoltre, eviterebbe di aggiungere litri di benzina su una tornata elettorale per lui tutt’altro che facile. Inoltre al momento un candidato da schierare il premier non lo ha. Tre dei «tecnici» considerati papabili, Malagò, Cantone e Sabella, hanno negato ieri la loro disponibilità. Il prefetto Gabrielli punta alla poltrona di capo della polizia. Resta Andrea Riccardi, che in realtà dovrebbe essere il candidato su cui più punta Renzi, ma non è detto che accetti e ancor meno è detto che ce la possa fare. Tra un anno e mezzo tutto sarebbe molto più facile. Ad aprire le danze è il capogruppo del Pd al senato Zanda, intervistato dal principale quotidiano romano, Il Messaggero: «Sarebbe molto importante far svolgere le elezioni a Roma dopo la fine del Giubileo». Raccoglie la palla il viceministro degli interni Bubbico, che non conferma e non smentisce, il che in casi come questo equivale ad ammettere che l’ipotesi è sul tavolo: «Tecnicamente è possibile e io credo che sia doveroso approfondire tutte le questioni». Roba che nemmeno un vecchio democristiano dei bei tempi… Il problema è che c’è ben poco da approfondire. La scelta è tutta e solo politica. L’idea di commissariare la Capitale per un anno, coltivata un po’ oziosamente prima che la pentola romana esplodesse, pare impraticabile. Resterebbe solo la mossa estrema del decreto. «Tecnicamente», come asserisce dotto il viceministro, è possibile. Politicamente e in termini di opinione pubblica un bel po’ di meno. Vorrebbe dire imporlo a tutte le opposizioni, con uno scontro durissimo in aula, e probabilmente dovendo ricorrere al voto di fiducia. Vorrebbe dire accreditare in un colpo solo tutte le accuse dell’M5S e forse a quel punto tanto varrebbe assegnare a Grillo la vittoria, sia pure un anno più tardi, per forfait. Ma un tipo come Matteo Renzi, il cui disprezzo per le regole è secondo solo a quello che manifesta nei confronti del parlamento, potrebbe davvero optare per un azzardo simile.
il manifesto 11.10.15
La croce sopra al Campidoglio
Le due sponde del Tevere. Fin dall’elezione, le gerarchie ecclesiastiche hanno lavorato per logorare Marino. Il chirurgo cercò il papa per informarlo della trascrizione delle nozze omosessuali. Ma Bergoglio si negò ritenendola una provocazione. Il ruolo della comunità di Sant’Egidio, il cui fondatore, Riccardi, è stato già candidabile a sindaco
di Luca Kocci
ROMA Nella vicenda della lenta agonia, fino all’annuncio delle dimissioni, del sindaco di Roma Ignazio Marino, alle gerarchie ecclesiastiche (Cei e Vicariato di Roma, più che Vaticano) e a parte dell’associazionismo cattolico (comunità di Sant’Egidio in testa) spetta un ruolo di primo piano. Non perché sia stato papa Francesco con le sue dichiarazioni «ad alta quota» di ritorno dall’America — «io non ho invitato il sindaco Marino a Philadelphia, chiaro?» — a determinare la caduta del primo cittadino, sebbene gli abbia assestato un duro colpo. Ma perché i vescovi hanno contribuito al suo logoramento cinque minuti dopo l’elezione. Anzi anche prima.
«Ci si interroga sulle possibili svolte della nuova trazione che potrebbe consegnare all’anima più laicista di largo del Nazareno lo scranno del Campidoglio», scriveva Avvenire all’indomani delle primarie vinte da Marino. E il giorno dopo lanciava l’allarme: «Campidoglio, rischio-deriva sui valori» a causa di «un certo tipo di impostazione sul versante etico, con potenziali ricadute sulle scelte di politica familiare».
Alla vigilia delle elezioni, poi, sempre Avvenire dava ampio spazio a un documento di una serie di associazioni (fra cui Forum associazioni familiari, Movimento per la vita, Compagnia delle opere, Alleanza cattolica) in cui la patente di «candidato cattolico» veniva assegnata a Gianni Alemanno, e Marino sonoramente bocciato.
All’indomani della vittoria del chirurgo, lo ammoniva ad evitare di «progettare e praticare forzature in sedi improprie» e ad «aprire campi di battaglia sulle questioni che investono valori primari». «Ci auguriamo che nessun sindaco si imbarchi in improvvide avventure antropologiche», ribadiva il Sir, l’agenzia dei vescovi, «non ci si fa eleggere per inventare nuovi diritti o metter su improvvisati laboratori sociali».
«Cattolico adulto» assai vicino al cardinal Martini — con cui pubblicò prima un lungo dialogo sull’Espresso e poi un libro (Credere e conoscere, Einaudi) di grande apertura su temi etici -, Ignazio Marino è agli antipodi della dottrina cattolica sui «principi non negoziabili», quindi assai temuto dalle gerarchie ecclesiastiche.
Il chirurgo cercò il papa per informarlo della trascrizione delle nozze omosessuali. Ma Bergoglio si negò ritenendola una provocazione
La questione esplode ad ottobre 2014, quando il sindaco trascrive nei registri comunali i matrimoni celebrati all’estero da 16 coppie omosessuali. «Scelta ideologica, che certifica un affronto istituzionale senza precedenti», tuona il Vicariato di Roma. E in queste ore si apprende che proprio il giorno prima delle trascrizioni, Marino telefonò in Vaticano per informare direttamente il papa, che però non parlò con il sindaco e anzi considerò quella telefonata quasi una provocazione.
Negli ultimi giorni il laccio si stringe, fino al soffocamento. Decisivo è “l’incidente” dell’invito-non invito a Philadelphia, sul quale monsignor Paglia — storica guida spirituale della Comunità di Sant’Egidio -, alla trasmissione radiofonica La zanzara, credendo di parlare con Matteo Renzi, dice parole durissime: «Marino si è imbucato, nessuno lo ha invitato, il papa era furibondo». Poco dopo, la Comunità di Sant’Egidio è fra i primi a sbugiardare il sindaco, smentendo che ad una cena registrata dai famosi scontrini siano stati presenti rappresentanti della Comunità, come invece asserito da Marino. Una posizione, quella di Sant’Egidio, che potrebbe nascondere qualche interesse: in passato il nome del fondatore Andrea Riccardi era emerso come possibile candidato a Roma, se ora rispuntasse fuori con più forza, sarebbero più chiare le ragioni per azzoppare Marino.
Annunciate le dimissioni, Oltretevere non si stracciano le vesti, anzi.
«Epilogo inevitabile», scrive L’Osservatore Romano, «la Capitale ha la certezza solo delle proprie macerie», «Roma davvero non merita tutto questo». «Adesso basta», aggiunge Avvenire, che saluta la chiusura di «una parentesi che non sembra destinata a lasciare un segno indelebile nella storia quasi trimillenaria di questa città», ora «Roma merita onestà e decisa cura». «Il tema di una nuova classe dirigente non è più rinviabile», diceva ieri sera in una parrocchia il cardinal Vallini, vicario del papa per Roma. E il Sir traccia l’identikit del nuovo primo cittadino di una città con una «missione storica, quella di porta di ingresso alla sede della cristianità».
Un sindaco cattolico quindi. Ma non come Marino.
Roma, la tentazione del rinvio
Campidoglio. Il Pd vorrebbe votare nel 2017. Il primo cittadino uscente vuole rilanciare e rimanda a lunedì le dimissioni formali gettando nel panico i democratici
Orfini lo attacca duramente, il governo studia il modo di sfruttare l'emergenza Giubileo
di Andrea Colombo
ROMA Edizione del 11.10.2015 Pubblicato 10.10.2015, 23:59 Lunedì Ignazio Marino presenterà la sue dimissioni «irrevocabili». Tutti gli scenari che lo volevano deciso a resistere sino all’ultimo sono solo «veleno privo di fondamento». Parola del diretto interessato, che arriva però al termine di una giornata in cui tutto sembrava indicare esiti opposti. Venticinque consiglieri su 48, inclusi una decina di esponenti del Pd, erano contrari alle dimissioni. Sel e la Lista Marino lasciavano aperta la porta a una verifica. «È ovvio — diceva a metà pomeriggio il segretario di Sel romana Paolo Cento — che Marino deve formalizzare le dimissioni. Poi vedremo cosa dirà. Il 27 luglio scorso, quando ha rotto con Sel mettendosi nelle mani del Pd più renziano, ha decretato la sua stessa rovina. Se verrà a dire che vuole tornare quello dell’inizio del suo mandato, ne discuteremo. Nelle mani dei poteri forti ci si è messo proprio con quella rottura del luglio scorso, vedremo». Lo stesso Marino tutto sembrava tranne che un ex sindaco. Ha passato tutta la giornata al Campidoglio, come se nulla fosse. Nel pomeriggio ha riunito i presidenti di Municipio, che sarebbero in maggioranza pronti a resistere con lui. Ha disertato all’ultimo momento il programma di Fabio Fazio Che tempo fa, ma anche questa sembrava una mossa tutt’altro che rinunciataria. Marino ha spiegato agli intimi la scelta di evitare l’intervista in diretta con la certezza che qualsiasi sua parola sarebbe stata strumentalizzata e usata contro di lui. Una preoccupazione che sembrava indicare la scelta di provare a resistere senza dar corso alle dimissioni promesse. Tanto alta era la preoccupazione in casa Pd che è uscito allo scoperto, con un durissimo attacco, proprio l’ex protettore del primo cittadino in uscita, il presidente del partito Matteo Orfini: «Una infinita seria di errori hanno definitivamente compromesso autorevolezza e credibilità del sindaco». Una sentenza senza appello, accompagnata da pressioni discrete ma fortissime sui consiglieri Pd riottosi perché abbandonassero al suo destino il defenestrato. Forse Ignazio Marino si è davvero arreso di fronte alla determinazione di Renzi. Forse intende invece dare battaglia ma solo dopo aver messo sul tavolo le sue dimissioni. Si vedrà lunedì. Per capire se a Roma si voterà davvero in maggio, invece, ci vorrà un po’ di più. Il Pd e il governo sono tentatissimi dal rinviare tutto a dopo il Giubileo. L’eco del caso Marino sarebbe così stemperata, e il rischio di dover consegnare Roma all’M5S calerebbe bruscamente. Renzi, inoltre, eviterebbe di aggiungere litri di benzina su una tornata elettorale per lui tutt’altro che facile. Inoltre al momento un candidato da schierare il premier non lo ha. Tre dei «tecnici» considerati papabili, Malagò, Cantone e Sabella, hanno negato ieri la loro disponibilità. Il prefetto Gabrielli punta alla poltrona di capo della polizia. Resta Andrea Riccardi, che in realtà dovrebbe essere il candidato su cui più punta Renzi, ma non è detto che accetti e ancor meno è detto che ce la possa fare. Tra un anno e mezzo tutto sarebbe molto più facile. Ad aprire le danze è il capogruppo del Pd al senato Zanda, intervistato dal principale quotidiano romano, Il Messaggero: «Sarebbe molto importante far svolgere le elezioni a Roma dopo la fine del Giubileo». Raccoglie la palla il viceministro degli interni Bubbico, che non conferma e non smentisce, il che in casi come questo equivale ad ammettere che l’ipotesi è sul tavolo: «Tecnicamente è possibile e io credo che sia doveroso approfondire tutte le questioni». Roba che nemmeno un vecchio democristiano dei bei tempi… Il problema è che c’è ben poco da approfondire. La scelta è tutta e solo politica. L’idea di commissariare la Capitale per un anno, coltivata un po’ oziosamente prima che la pentola romana esplodesse, pare impraticabile. Resterebbe solo la mossa estrema del decreto. «Tecnicamente», come asserisce dotto il viceministro, è possibile. Politicamente e in termini di opinione pubblica un bel po’ di meno. Vorrebbe dire imporlo a tutte le opposizioni, con uno scontro durissimo in aula, e probabilmente dovendo ricorrere al voto di fiducia. Vorrebbe dire accreditare in un colpo solo tutte le accuse dell’M5S e forse a quel punto tanto varrebbe assegnare a Grillo la vittoria, sia pure un anno più tardi, per forfait. Ma un tipo come Matteo Renzi, il cui disprezzo per le regole è secondo solo a quello che manifesta nei confronti del parlamento, potrebbe davvero optare per un azzardo simile.
il manifesto 11.10.15
La croce sopra al Campidoglio
Le due sponde del Tevere. Fin dall’elezione, le gerarchie ecclesiastiche hanno lavorato per logorare Marino. Il chirurgo cercò il papa per informarlo della trascrizione delle nozze omosessuali. Ma Bergoglio si negò ritenendola una provocazione. Il ruolo della comunità di Sant’Egidio, il cui fondatore, Riccardi, è stato già candidabile a sindaco
di Luca Kocci
ROMA Nella vicenda della lenta agonia, fino all’annuncio delle dimissioni, del sindaco di Roma Ignazio Marino, alle gerarchie ecclesiastiche (Cei e Vicariato di Roma, più che Vaticano) e a parte dell’associazionismo cattolico (comunità di Sant’Egidio in testa) spetta un ruolo di primo piano. Non perché sia stato papa Francesco con le sue dichiarazioni «ad alta quota» di ritorno dall’America — «io non ho invitato il sindaco Marino a Philadelphia, chiaro?» — a determinare la caduta del primo cittadino, sebbene gli abbia assestato un duro colpo. Ma perché i vescovi hanno contribuito al suo logoramento cinque minuti dopo l’elezione. Anzi anche prima.
«Ci si interroga sulle possibili svolte della nuova trazione che potrebbe consegnare all’anima più laicista di largo del Nazareno lo scranno del Campidoglio», scriveva Avvenire all’indomani delle primarie vinte da Marino. E il giorno dopo lanciava l’allarme: «Campidoglio, rischio-deriva sui valori» a causa di «un certo tipo di impostazione sul versante etico, con potenziali ricadute sulle scelte di politica familiare».
Alla vigilia delle elezioni, poi, sempre Avvenire dava ampio spazio a un documento di una serie di associazioni (fra cui Forum associazioni familiari, Movimento per la vita, Compagnia delle opere, Alleanza cattolica) in cui la patente di «candidato cattolico» veniva assegnata a Gianni Alemanno, e Marino sonoramente bocciato.
All’indomani della vittoria del chirurgo, lo ammoniva ad evitare di «progettare e praticare forzature in sedi improprie» e ad «aprire campi di battaglia sulle questioni che investono valori primari». «Ci auguriamo che nessun sindaco si imbarchi in improvvide avventure antropologiche», ribadiva il Sir, l’agenzia dei vescovi, «non ci si fa eleggere per inventare nuovi diritti o metter su improvvisati laboratori sociali».
«Cattolico adulto» assai vicino al cardinal Martini — con cui pubblicò prima un lungo dialogo sull’Espresso e poi un libro (Credere e conoscere, Einaudi) di grande apertura su temi etici -, Ignazio Marino è agli antipodi della dottrina cattolica sui «principi non negoziabili», quindi assai temuto dalle gerarchie ecclesiastiche.
Il chirurgo cercò il papa per informarlo della trascrizione delle nozze omosessuali. Ma Bergoglio si negò ritenendola una provocazione
La questione esplode ad ottobre 2014, quando il sindaco trascrive nei registri comunali i matrimoni celebrati all’estero da 16 coppie omosessuali. «Scelta ideologica, che certifica un affronto istituzionale senza precedenti», tuona il Vicariato di Roma. E in queste ore si apprende che proprio il giorno prima delle trascrizioni, Marino telefonò in Vaticano per informare direttamente il papa, che però non parlò con il sindaco e anzi considerò quella telefonata quasi una provocazione.
Negli ultimi giorni il laccio si stringe, fino al soffocamento. Decisivo è “l’incidente” dell’invito-non invito a Philadelphia, sul quale monsignor Paglia — storica guida spirituale della Comunità di Sant’Egidio -, alla trasmissione radiofonica La zanzara, credendo di parlare con Matteo Renzi, dice parole durissime: «Marino si è imbucato, nessuno lo ha invitato, il papa era furibondo». Poco dopo, la Comunità di Sant’Egidio è fra i primi a sbugiardare il sindaco, smentendo che ad una cena registrata dai famosi scontrini siano stati presenti rappresentanti della Comunità, come invece asserito da Marino. Una posizione, quella di Sant’Egidio, che potrebbe nascondere qualche interesse: in passato il nome del fondatore Andrea Riccardi era emerso come possibile candidato a Roma, se ora rispuntasse fuori con più forza, sarebbero più chiare le ragioni per azzoppare Marino.
Annunciate le dimissioni, Oltretevere non si stracciano le vesti, anzi.
«Epilogo inevitabile», scrive L’Osservatore Romano, «la Capitale ha la certezza solo delle proprie macerie», «Roma davvero non merita tutto questo». «Adesso basta», aggiunge Avvenire, che saluta la chiusura di «una parentesi che non sembra destinata a lasciare un segno indelebile nella storia quasi trimillenaria di questa città», ora «Roma merita onestà e decisa cura». «Il tema di una nuova classe dirigente non è più rinviabile», diceva ieri sera in una parrocchia il cardinal Vallini, vicario del papa per Roma. E il Sir traccia l’identikit del nuovo primo cittadino di una città con una «missione storica, quella di porta di ingresso alla sede della cristianità».
Un sindaco cattolico quindi. Ma non come Marino.
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Re: Diario della caduta di un regime.
Dalla rassegna stampa delle 07.00.
Renzi: Primarie a Roma e Milano.
Il furbacchione per antonomasia si è accorto delle difficoltà di imporre un candidato credibile, oltre ad essersi reso conto che a Roma, Marino ha un credito che impedisce al PD di vincere, per cui si è ritirato per non perdere la faccia in caso di sconfitta e accetta le primarie perché la colpa ricadrà sugli elettori piddini.
Renzi: Primarie a Roma e Milano.
Il furbacchione per antonomasia si è accorto delle difficoltà di imporre un candidato credibile, oltre ad essersi reso conto che a Roma, Marino ha un credito che impedisce al PD di vincere, per cui si è ritirato per non perdere la faccia in caso di sconfitta e accetta le primarie perché la colpa ricadrà sugli elettori piddini.
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Re: Diario della caduta di un regime.
pancho ha scritto:camillobenso ha scritto:Tra la manifestazione di oggi e chi si sta dando da fare per una lista civica per Marino una buona parte di voti verranno sottratti al candidato PD alle prossime elezioni.
Che Marino possa rivincere sembra una mission impossibile.
Comunque sottrarrà voti al PD, e qui Alfano e Verdini risulteranno ininfluenti.
Molto probabilmente vincerà il M5S.
La destra, anche se dovesse candidare Marchini, che piace tanto alle donne, non dovrebbe impensierire il M5S.
In caso di ballottaggio il PD non ha nessuna possibilità di vincere.
Adesso La Qualunque deve affrontare la dura realtà di una sconfitta.
Stamani ad Omnibus è stata ventilata la candidatura della Madia. Io spero che sia così perché la sconfitta diventa più che certa.
Se non azzecca la candidatura per Milano sarà segno che la proverbiale “fortuna” che lo sorregge, ha esaurito il carburante.
In caso di ballottaggio a Roma i sostenitori di Marino voteranno per il M5S o non voteranno affatto.Non credo proprio che voteranno M5S e se lo faranno dimostreranno ancor di più la loro incapacità politica di vedere le cose veramente come stanno veramente.In caso di ballottaggio a Roma i sostenitori di Marino voteranno per il M5S o non voteranno affatto
I primi a sostenere subito la caduta di Marino sono stati proprio i 5 Stelle e anche costoro, come altri, son caduti nel trappolone per la loro poca capacita di vedere oltre.
Quindi, la caduta di Marino parte proprio dalle richieste iniziali dei pentastellati e per questo non si devono sentirsi fieri..
Il ritiro della eventuale candidatura di Di Battista non viene affatto, come dichiara lui, dagli impegni presi con gli elettori a fare il deputato ma piuttosto per aver capito che sarebbe stato subito tonfo elettorale. Meglio far affondare qualcun'altro
Sulla questione Marino, i pentastellati han fatto un gravissimo errore e non credo quindi che possano far affidamento negli amici di Marino.
Qui, hanno messo a nudo la loro poca capacita politica e quindi messo ancora in evidenza che per costoro e' ancora prematuro metterli alla prova. Me ne rammarico poiche speravo che questa fase politica oramai fosse passata.
Sul Sole24ore:
debito mostruoso del Comune di Roma. RUTELLI ha fatto un debito di quasi 900 mila euro al giorno.
ALEMANNO 450 mila al giorno.
VELTRONI 416 mila al giorno.
MARINO AL CONTRARIO HA ABBATTUTO IL DEBITO DI 13 MILA EURO AL GIORNO... e noi parliamo di scontrini...
Dove eravate allora grillini? Nel grembo materno? Non credo ed e' proprio per questo che condanno la vs. incapacita' politica!!!
un salutone
Non credo che il modo di pensare dei sostenitori di Marino sia differente tra Roma e SSG. Il percorso storico di Sabrina Ferilli e di Alessandro Gasmann è noto. Sono inossidabili de’ sinistra, tra coloro che hanno accettato di votare e sostenere un ex Margherita come Marino, ma che non si spingono più di tanto in là.
Non si spingerebbero mai verso il pappa e ciccia renzian-verdiniano del nuovo partito della nazione, che ha come mission di mettere all’angolo gli ultimi residuati bellici della ex sinistra.
Mutuando da quanto sento in loco, anche di recente, chi ha ancora forte il credo e la convinzione che andare a votare rappresenti un obbligo civico non procastinabile, e che si debba votare comunque per il meno peggio, anche se il meno peggio è un BANDITO CONSACRATO, con i grillini il compito è più facile perché non vengono ritenuti al momento dei banditi.
A differenza del sottoscritto che ha una avversione particolare per i BANDITI che fottono senza nessuna remora il prossimo per il loro sclusivo interesse personale, sia di destra che di sinistra, vedi Sirvietto da Hardcore e tutti gli altri compreso La Qualunque della stirpe dei Paraculos, e che è stato dotato di un radar per individuarli subito a distanza, loro, hanno votato tutti quanti per La Qualunque alle elezioni Europee, per la smania di vincere, e vinceremo!, salvo poi pentirsene gradualmente per aver capito in ritardo che La Qualunque non è per niente di sinistra ma di destra.
Ora, questa tribù senza più riferimenti, che sempre ha votato e voterà sempre, visto lo stato dell’arte, e non avendo più partiti di sinistra a disposizione, hanno già espresso la loro disponibilità a votare M5S, anche i vecchi operai in pensione, vecchi comunistoni, che non hanno paura ad ammettere che nelle sezioni dell’allora PCI degli anni ‘50, avevano rischiato l’espulsione ad opera dei quadrelloni che dominavano e che allora spingevano e orientavano la massa verso la devozione a MOSCA; per il sol fatto di aver ammesso in anticipo i crimini commessi dal compagno “Baffone”, e che negli ultimi 25 anni sostenevano con disinvoltura la necessità del cambiamento.
Quando la chiesa rossa era potente e prepotente si potevano permettere di fare i gradassi ed imporre la loro liturgia.
Per loro è l’ultima speranza, l’ultima battaglia prima di cedere le armi e dire, anch’io non voto più.
Il M5S rappresenta per loro l’ultima spiaggia.
Ma non sono solo loro. Ma anche il limbo di Cd, che non segue molto la politica ed è attratta dai politicanti che sanno agitarsi e promettere il paradiso in Terra, come Becchino Craxi a suo tempo, Sirvietto da Hardcore, Artemio La Qualunque, soprannominato Incorporated, Fashion(o freddo, freschezza), etor.
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Re: Diario della caduta di un regime.
Dagli impiegati ai politici: equilibri romani saltati
Ecco i nemici che hanno portato Marino alla fine
Da Malagrotta ai salari dei vigili, da Mafia capitale ai registri gay, le scelte che hanno creato malcontento
VIDEO – SIT IN IN CAMPIDOGLIO. IL SINDACO: “PIANGO MA LASCIO”. RENZI: “SI ERA ROTTO QUALCOSA”
(Solo Alberto Sordi, potrebbe dire, in romanesco cosa si era rotto-Ndt)
Politica
L’esperienza del sindaco “marziano” non è finita solo per gli scontrini: la sua trincea, il chirurgo, aveva cominciato a scavarsela fin dal primo giorno al Campidoglio, toccando piccoli e grandi equilibri a tutti i livelli – da Malagrotta alle municipalizzate, dal salario accessorio di vigili e dipendenti comunali ai venditori ambulanti cacciati dal Centro, fino alle unioni gay celebrate durante il Sinodo sulla famiglia – inimicandosi un ecosistema politico-amministrativo come quello romano, abituato a gestirsi le cose tra “noantri”
di Marco Pasciuti
^^^^^^^
Politici, imprenditori, travet, Vaticano: gli equilibri romani toccati da Marino. Ecco i “nemici” che lo hanno portato alla caduta
Politica
L'esperienza del sindaco "marziano" non è finita solo per la storia degli scontrini: la sua trincea, il chirurgo, aveva cominciato a scavarsela fin dal primo giorno al Campidoglio, toccando fin dal principio piccoli e grandi equilibri a tutti i livelli – da Malagrotta alle municipalizzate, dal salario accessorio di vigili e dipendenti comunali ai venditori ambulanti cacciati dal Centro fino alle unioni gay celebrate durante il Sinodo sulla famiglia - inimicandosi un ecosistema politico-amministrativo come quello romano, abituato a gestirsi le cose tra "noantri"
di Marco Pasciuti | 12 ottobre 2015
http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/10 ... a/2117657/
Ecco i nemici che hanno portato Marino alla fine
Da Malagrotta ai salari dei vigili, da Mafia capitale ai registri gay, le scelte che hanno creato malcontento
VIDEO – SIT IN IN CAMPIDOGLIO. IL SINDACO: “PIANGO MA LASCIO”. RENZI: “SI ERA ROTTO QUALCOSA”
(Solo Alberto Sordi, potrebbe dire, in romanesco cosa si era rotto-Ndt)
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L’esperienza del sindaco “marziano” non è finita solo per gli scontrini: la sua trincea, il chirurgo, aveva cominciato a scavarsela fin dal primo giorno al Campidoglio, toccando piccoli e grandi equilibri a tutti i livelli – da Malagrotta alle municipalizzate, dal salario accessorio di vigili e dipendenti comunali ai venditori ambulanti cacciati dal Centro, fino alle unioni gay celebrate durante il Sinodo sulla famiglia – inimicandosi un ecosistema politico-amministrativo come quello romano, abituato a gestirsi le cose tra “noantri”
di Marco Pasciuti
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Politici, imprenditori, travet, Vaticano: gli equilibri romani toccati da Marino. Ecco i “nemici” che lo hanno portato alla caduta
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L'esperienza del sindaco "marziano" non è finita solo per la storia degli scontrini: la sua trincea, il chirurgo, aveva cominciato a scavarsela fin dal primo giorno al Campidoglio, toccando fin dal principio piccoli e grandi equilibri a tutti i livelli – da Malagrotta alle municipalizzate, dal salario accessorio di vigili e dipendenti comunali ai venditori ambulanti cacciati dal Centro fino alle unioni gay celebrate durante il Sinodo sulla famiglia - inimicandosi un ecosistema politico-amministrativo come quello romano, abituato a gestirsi le cose tra "noantri"
di Marco Pasciuti | 12 ottobre 2015
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Re: Diario della caduta di un regime.
https://www.youtube.com/watch?v=uLoSG6QulJI
Marino, sostenitori contro Pd: “Voi con Verdini”
Ecco i nemici che hanno affossato il sindaco
Oggi le dimissioni del sindaco, manifestanti sotto il Nazareno. Gabrielli: “Roma in piedi da 2000 anni”
Da Malagrotta ai salari dei vigili, da Mafia capitale ai registri gay, le scelte che
hanno creato malcontento
Politica
Il sindaco in Campidoglio per ufficializzare l’addio dopo il caso delle spese con la carta di credito comunale, manifestazioni di sostegno sotto la sede del Pd al Nazareno (leggi). L’esperienza del sindaco “marziano” non è finita solo per gli scontrini: la sua trincea, il chirurgo, aveva cominciato a scavarsela fin dal primo giorno al Campidoglio, toccando piccoli e grandi equilibri a tutti i livelli – da Malagrotta alle municipalizzate, dal salario accessorio di vigili e dipendenti comunali ai venditori ambulanti cacciati dal Centro, fino alle unioni gay celebrate durante il Sinodo sulla famiglia – inimicandosi un ecosistema politico-amministrativo come quello romano, abituato a gestirsi le cose tra “noantri” di Marco Pasciuti
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Marino in Campidoglio: oggi dimissioni. Sostenitori contro Pd: “Voi con Verdini”
Politica
Il sindaco è arrivato nel primo mattino a Palazzo Senatorio: consegnerà le sue dimissioni nelle mani della presidente dell’assemblea capitolina Valeria Baglio. Sostenitori protestano davanti alla sede del Pd: "Lui in due anni e mezzo ha fatto quello che quelli del Pd non hanno fatto in 40 anni", dice una signora. Di Battista: "Non mi candido, ho un mandato in Parlamento e lo porto a termine"
di F. Q. | 12 ottobre 2015
Poco dopo le 9, Ignazio Marino è arrivato in Campidoglio. Oggi il sindaco-chirurgo, così come da lui annunciato, consegnerà le sue dimissioni nelle mani della presidente dell’assemblea capitolina Valeria Baglio. Dimissioni che diventeranno irrevocabili trascorsi 20 giorni dopo i quali, salvo clamorose sorprese, si aprirà la fase del commissariamento e per le nuove elezioni.
In tarda mattinata sostenitori di Ignazio Marino hanno protestato davanti alla sede del Partito Democratico, al Nazareno: “Roma rivuole Marino sindaco”, “Mafia capitale ringrazia il Pd e il Vaticano”, gli slogan che campeggiano sui cartelli. “Ci hanno tolto il nostro voto, il Pd ha mandato via Marino votato da noi cittadini. Lui in due anni e mezzo ha fatto quello che ‘questi quà non hanno fatto in 40 anni”, dice una signora”. È un altro manifestante le fa eco: “Si è messo contro i poteri forti”. Sotto la sede del Pd non mancano manifesti con le scritte “Voi con Verdini, noi con Marino” e “A Giuda 30 denari e al Pd?”.
Le prossime tappe politiche della vicenda: individuazione del nome del commissario che nei prossimi mesi guiderà il Campidoglio; scelta dei candidati che si contenderanno la guida della Capitale; data del voto, visto che si continua a parlare di un ipotetico rinvio per evitare la coincidenza con il Giubileo. Tra i nomi ventilati in questi giorni per il ruolo di commissario c’è quello di Franco Gabrielli: “Roma è una città che sta in piedi da oltre duemila anni”, ha detto il prefetto arrivato in Campidoglio per partecipare alla messa in occasione della festa de corpo di polizia municipale, rispondendo a chi gli ha chiesto se il giubileo sia a rischio dopo le dimissioni del sindaco.
“Io commissario? Sono un servitore dello Stato, ma salti nel buio non ne faccio” ha detto l’ormai ex assessore alla Legalità della Giunta Marino, Alfonso Sabella ad Agorà su Rai3. “Chiunque sarà il prossimo sindaco”, ha aggiunto, “se non si metterà in ordine la macchina amministrativa, non andrà da nessuna parte”.
“Entro gennaio avremo il nome del candidato sindaco” del M5s, ma “escludo di candidarmi“, ha detto invece Alessandro Di Battista intervistato a “La telefonata di Belpietro” su Canale 5. “L’obiettivo numero uno del premier – premette – è far dimenticare che Marino è del Pd. Oggi il Pd, a Roma e non solo, è un partito pericoloso, non gli interessa minimamente mandare al voto i cittadini romani per avere un sindaco pienamente legittimato, ma credo che si voterà comunque in primavera, insieme alle altre grandi città”.
Quanto alle voci che lo vogliono come probabile candidato, Di Battista aggiunte: “Ho un mandato e lo porto a termine, preferisco continuare a occuparmi di politica estera e corruzione a livello nazionale”. Il candidato sarà scelto tramite il web: “E’ un metodo che utilizziamo per coinvolgere i nostri iscritti, credo che anche la qualità sia aumentata moltissimo, per cui anche loro sanno che deve essere scelta una persona che ha lavorato molto su Roma, che conosce bene la macchina amministrativa”.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/10 ... i/2118539/
Marino, sostenitori contro Pd: “Voi con Verdini”
Ecco i nemici che hanno affossato il sindaco
Oggi le dimissioni del sindaco, manifestanti sotto il Nazareno. Gabrielli: “Roma in piedi da 2000 anni”
Da Malagrotta ai salari dei vigili, da Mafia capitale ai registri gay, le scelte che
hanno creato malcontento
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Il sindaco in Campidoglio per ufficializzare l’addio dopo il caso delle spese con la carta di credito comunale, manifestazioni di sostegno sotto la sede del Pd al Nazareno (leggi). L’esperienza del sindaco “marziano” non è finita solo per gli scontrini: la sua trincea, il chirurgo, aveva cominciato a scavarsela fin dal primo giorno al Campidoglio, toccando piccoli e grandi equilibri a tutti i livelli – da Malagrotta alle municipalizzate, dal salario accessorio di vigili e dipendenti comunali ai venditori ambulanti cacciati dal Centro, fino alle unioni gay celebrate durante il Sinodo sulla famiglia – inimicandosi un ecosistema politico-amministrativo come quello romano, abituato a gestirsi le cose tra “noantri” di Marco Pasciuti
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Marino in Campidoglio: oggi dimissioni. Sostenitori contro Pd: “Voi con Verdini”
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Il sindaco è arrivato nel primo mattino a Palazzo Senatorio: consegnerà le sue dimissioni nelle mani della presidente dell’assemblea capitolina Valeria Baglio. Sostenitori protestano davanti alla sede del Pd: "Lui in due anni e mezzo ha fatto quello che quelli del Pd non hanno fatto in 40 anni", dice una signora. Di Battista: "Non mi candido, ho un mandato in Parlamento e lo porto a termine"
di F. Q. | 12 ottobre 2015
Poco dopo le 9, Ignazio Marino è arrivato in Campidoglio. Oggi il sindaco-chirurgo, così come da lui annunciato, consegnerà le sue dimissioni nelle mani della presidente dell’assemblea capitolina Valeria Baglio. Dimissioni che diventeranno irrevocabili trascorsi 20 giorni dopo i quali, salvo clamorose sorprese, si aprirà la fase del commissariamento e per le nuove elezioni.
In tarda mattinata sostenitori di Ignazio Marino hanno protestato davanti alla sede del Partito Democratico, al Nazareno: “Roma rivuole Marino sindaco”, “Mafia capitale ringrazia il Pd e il Vaticano”, gli slogan che campeggiano sui cartelli. “Ci hanno tolto il nostro voto, il Pd ha mandato via Marino votato da noi cittadini. Lui in due anni e mezzo ha fatto quello che ‘questi quà non hanno fatto in 40 anni”, dice una signora”. È un altro manifestante le fa eco: “Si è messo contro i poteri forti”. Sotto la sede del Pd non mancano manifesti con le scritte “Voi con Verdini, noi con Marino” e “A Giuda 30 denari e al Pd?”.
Le prossime tappe politiche della vicenda: individuazione del nome del commissario che nei prossimi mesi guiderà il Campidoglio; scelta dei candidati che si contenderanno la guida della Capitale; data del voto, visto che si continua a parlare di un ipotetico rinvio per evitare la coincidenza con il Giubileo. Tra i nomi ventilati in questi giorni per il ruolo di commissario c’è quello di Franco Gabrielli: “Roma è una città che sta in piedi da oltre duemila anni”, ha detto il prefetto arrivato in Campidoglio per partecipare alla messa in occasione della festa de corpo di polizia municipale, rispondendo a chi gli ha chiesto se il giubileo sia a rischio dopo le dimissioni del sindaco.
“Io commissario? Sono un servitore dello Stato, ma salti nel buio non ne faccio” ha detto l’ormai ex assessore alla Legalità della Giunta Marino, Alfonso Sabella ad Agorà su Rai3. “Chiunque sarà il prossimo sindaco”, ha aggiunto, “se non si metterà in ordine la macchina amministrativa, non andrà da nessuna parte”.
“Entro gennaio avremo il nome del candidato sindaco” del M5s, ma “escludo di candidarmi“, ha detto invece Alessandro Di Battista intervistato a “La telefonata di Belpietro” su Canale 5. “L’obiettivo numero uno del premier – premette – è far dimenticare che Marino è del Pd. Oggi il Pd, a Roma e non solo, è un partito pericoloso, non gli interessa minimamente mandare al voto i cittadini romani per avere un sindaco pienamente legittimato, ma credo che si voterà comunque in primavera, insieme alle altre grandi città”.
Quanto alle voci che lo vogliono come probabile candidato, Di Battista aggiunte: “Ho un mandato e lo porto a termine, preferisco continuare a occuparmi di politica estera e corruzione a livello nazionale”. Il candidato sarà scelto tramite il web: “E’ un metodo che utilizziamo per coinvolgere i nostri iscritti, credo che anche la qualità sia aumentata moltissimo, per cui anche loro sanno che deve essere scelta una persona che ha lavorato molto su Roma, che conosce bene la macchina amministrativa”.
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