iospero ha scritto:da il F.Q.
Crisi Grecia, scintille Parigi – Berlino: “Francia o Germania usciranno da euro”
I transalpini hanno ingoiato solo a fatica la linea ultra-rigorista inflitta ai greci per volontà germanica. La frattura sarebbe solo una questione di tempo, ma il rischio di una lenta uscita dalla moneta unica di uno dei Paesi dell'Europa del sud avrebbe conseguenze economiche disastrose. L’unica alternativa al caos sarebbe "un’uscita ordinata della Germania", spiega Shahi Vallée, ex consulente del ministero francese
di Tonino Bucci | 7 agosto 2015
Che qualche scintilla fosse volata tra Hollande e Schäuble durante le trattative per i crediti ad Atene era risaputo. Parigi ha ingoiato solo a fatica la linea ultra-rigorista inflitta ai greci per volontà soprattutto tedesca. Ma la frattura che si è aperta è più profonda di quanto si immaginasse. La Francia di Hollande avrebbe perso fiducia nel principale partner europeo. Non è passata inosservata l’intervista di Shahi Vallée, ex consulente del ministero francese dell’economia e al Consiglio europeo, divulgata con molta visibilità dal New York Times. Una severa disanima delle responsabilità tedesche, quella di Vallée, alla quale si aggiunge una previsione disincantata. La linea dura imposta da Berlino contro la Grecia non sarebbe altro che un assaggio di quel che accadrà in futuro. Prima o poi, si arriverà a uno scontro tra Francia e Germania sui fondamenti dell’Unione europea.
A sentire Vallée non ci saranno prigionieri, né compromessi attuabili. O l’uno o l’altro. Da una parte, Berlino con la narrazione delle regole da rispettare. La Germania considera l’euro esclusivamente come un regime di cambio fisso. Del resto, l’opinione pubblica tedesca è a maggioranza convinta che la stabilità della zona euro possa essere mantenuta solo se il rigore dei conti viene rispettato.
Dall’altra parte, molto più vaga e oscillante, la linea di Parigi. La Francia, a tratti, sembra vedere nell’euro un passaggio preliminare a una politica monetaria di stampo keynesiano, una leva fondamentale per invertire la crisi e dare atto a manovre anti-cicliche. Ma perché possa funzionare, i singoli Stati devono cedere quote di sovranità. Esattamente quel che “la Francia non è disposta a fare” o ad ammettere davanti agli elettori. In mancanza di una alternativa chiara alla disciplina tedesca Parigi non è ancora in grado di costruire assieme a Italia e Spagna un’alleanza in funzione anti-tedesca.
Qualche timido tentativo da parte di Hollande in questo senso c’è stato – riconosce Vallée – sostenuto anche dall’Italia. Ma non ha prodotto grandi risultati. I partiti francesi dovrebbero cominciare a discutere degli “eventuali vantaggi di un’uscita dall’unione monetaria”. La frattura della zona euro sarebbe solo una questione di tempo. Il rischio di una lenta uscita dall’euro della Francia e di altri paesi dell’Europa del sud avrebbe conseguenze economiche disastrose. Allora tanto vale prepararsi in anticipo. L’unica alternativa al caos, sottolinea Vallée, sarebbe “un’uscita ordinata della Germania“.
Un’ipotesi, quest’ultima, che comincia a circolare pubblicamente anche nella stessa Germania. Non solo e non tanto per la presenza di una forza politica antieuro come l’AfD (Alternativa per la Germania), salita ormai intorno al dieci per cento dei consensi tra i tedeschi. Anche i mercati finanziari sembrano apprezzare l’uscita di Berlino dall’euro come l’unica soluzione alla crisi. Nessuno ritiene davvero risolutivo l’accordo raggiunto sui nuovi crediti ad Atene. Ma quel che è ancora peggio è la frattura politica interna all’Ue. “Il principio del coordinamento alla guida dell’Unione tra i diversi paesi è fallito”, ha rincarato la dose qualche giorno fa il quotidiano francese Le Monde con un’intervista a Benoît Cœuré.
“Se i capi di governo dell’eurogruppo non elaborano una struttura alternativa, la crisi della Grecia continuerà a ripetersi di nuovo”. I francesi non si rassegnano a fare da comprimari a Berlino e soprattutto non accettano la vulgata da primi della classe che vede la Germania come l’economia più potente. Un aiuto viene proprio da un economista tedesco, Heiner Flassbeck, che di recente ha smentito il punto di vista maggioritario. La Francia avrebbe fatto meglio della Germania nella zona euro. A dimostrarlo, l’indice della produttività, nettamente al di sopra di quello tedesco.
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Per adesso è stata SOLO La Grecia a porre il tema " QUESTA EUROPA NON FUNZIONA", speriamo che arrivi la Spagna ( purtroppo anche Podemos ha i suoi problemi), ma a spostare la bilancia ci vorrebbe l'Italia.
Come farlo capire agli italiani che continuando con Renzi non c'è futuro ?
Gli italiani, come i greci e credo la maggior parte degli europei vorrebbero sì l'euro, ma una politica europea non guidata dall'austerità.
Certo le cose da fare in casa propria sono tante, ma se ci fosse una prospettiva per il futuro , una visione chiara sul dove si vuole arrivare , ci sarebbe la disponibilità e lo spirito per iniziare a migliorarsi anche sopportando dei sacrifici.
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Ma che EUROPA UNITA è questa?
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Re: Ma che EUROPA UNITA è questa?
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Re: Ma che EUROPA UNITA è questa?
Per adesso è stata SOLO La Grecia a porre il tema " QUESTA EUROPA NON FUNZIONA", speriamo che arrivi la Spagna ( purtroppo anche Podemos ha i suoi problemi), ma a spostare la bilancia ci vorrebbe l'Italia.
Come farlo capire agli italiani che continuando con Renzi non c'è futuro ?
Gli italiani, come i greci e credo la maggior parte degli europei vorrebbero sì l'euro, ma una politica europea non guidata dall'austerità.
Certo le cose da fare in casa propria sono tante, ma se ci fosse una prospettiva per il futuro , una visione chiara sul dove si vuole arrivare , ci sarebbe la disponibilità e lo spirito per iniziare a migliorarsi anche sopportando dei sacrifici.
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Evidentemente non c’è chi riesce a farlo comprendere agli italiani.
I piddini a trazione renziana sono la minoranza rispetto ai 47milioni di aventi diritto al voto.
Pd = 33 % di chi vota ===> Pari al 17,74 % di chi ha diritto al voto.
Quindi sono minoranza.
Siamo guidati da una minoranza.
Come farlo capire agli italiani che continuando con Renzi non c'è futuro ?
Gli italiani, come i greci e credo la maggior parte degli europei vorrebbero sì l'euro, ma una politica europea non guidata dall'austerità.
Certo le cose da fare in casa propria sono tante, ma se ci fosse una prospettiva per il futuro , una visione chiara sul dove si vuole arrivare , ci sarebbe la disponibilità e lo spirito per iniziare a migliorarsi anche sopportando dei sacrifici.
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Evidentemente non c’è chi riesce a farlo comprendere agli italiani.
I piddini a trazione renziana sono la minoranza rispetto ai 47milioni di aventi diritto al voto.
Pd = 33 % di chi vota ===> Pari al 17,74 % di chi ha diritto al voto.
Quindi sono minoranza.
Siamo guidati da una minoranza.
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Re: Ma che EUROPA UNITA è questa?
Il parere di Antonio Maria Rinaldi.
La Bce ammette: l’euro è stato una catastrofe, per l’Italia
Scritto il 06/8/15 • LIBRE nella Categoria: segnalazioni
Che l’euro fosse stato la peggiore delle disgrazie occorse al nostro paese dalla fine della II Guerra Mondiale ce ne eravamo accorti un po’ tutti da tanto, ma se ora in una ricerca condotta proprio dalla Bce vengono ammessi nero su bianco gli effetti deleteri della moneta unica sull’economia italiana, l’aspetto si colorisce di grottesco. Proprio in queste ore infatti la Banca Centrale Europea ci fa sapere che dal 1999, anno dell’introduzione della moneta unica con la determinazione dei concambi irrevocabili, il nostro paese è quello che ha subito la peggiore performance tra gli iniziali 12 paesi membri. Se prima dell’introduzione dell’euro l’Italia era fra “l’elite” con il reddito pro capite fra i più elevati, attualmente registra il peggior dato, agganciando Grecia e Portogallo, che all’atto dell’entrata erano già i fanalini di coda dell’Eurozona. Insomma, un vero e proprio fallimento per il nostro paese. Ma la ricerca della Bce va oltre, rivelando candidamente che i famosi criteri di convergenza, tanto cari alle Istituzioni Europee (leggasi Troika), non hanno fatto altro che ampliare le divergenze fra gli euro-paesi e, strano a dirsi, chi ci ha rimesso di più è stata proprio l’Italia!
Le motivazioni addotte dall’istituto centrale europeo si concentrano guarda caso sulla scarsa propensione del nostro paese nel procedere speditamente verso “un marcato aggiustamento dei costi unitari del lavoro”, disvelando inequivocabilmente, se ancora ce ne fosse bisogno, che la sostenibilità dell’area euro si fonda sulla flessibilità del costo del lavoro, essendo logicamente precluso l’aggiustamento dei valori di cambio fra le ormai abbandonate valute nazionali. Inoltre la ricerca della Bce omette volutamente di precisare che tutto questo si è potuto verificare poiché il modello macroeconomico di riferimento su cui si basa l’euro è quello imposto dall’ortodossia tedesca, che prevede la stabilità dei prezzi, cioè il “fobico” contenimento dell’inflazione fino a far precipitare l’intera Eurozona in deflazione (e inoltre letteralmente “appestando” gran parte del mondo) e il rigore dei conti pubblici fino al perseguimento del pareggio di bilancio relegando, per mezzo della fiscalità, le famiglie e le imprese al ruolo di unici prestatori di ultima istanza.
Questo è il vero motivo per il quale l’euro non ha funzionato, non funziona e non potrà mai funzionare! Aver costretto economie continentali così diverse ad uniformare le proprie politiche economiche verso un modello non proprio, evirandole conseguentemente di quelle che autonomamente avrebbero tenuto conto delle rispettive esigenze e caratteristiche, ha determinato lo sfacelo dei paesi non satelliti della Germania. Se i vertici della Bce avessero omesso di scrivere in modo irrituale quella “bella” letterina al governo italiano nell’estate del 2011, che ebbe come effetto pratico di “regalarci” Mario Monti come premier e tutto il peggio possibile dell’austerità “made in Troika”, forse oggi non ci meraviglieremo troppo di apprendere proprio dagli stessi inquilini dell’Eurotower che l’euro si è rivelato un disastro per l’Italia. Se gli “euroforici” Prodi, Ciampi e Amato invece di sbandierare ai quattro venti di essere bravi e in grado di rispettare i vincoli esterni previsti dai trattati al momento dell’adesione all’euro, avessero preventivamente verificato gli effetti e la compatibilità che tali cambiamenti avrebbero prodotto nel nostro sistema economico, sicuramente non ci troveremo in queste drammatiche condizioni ammesse ora addirittura dalla Bce.
O la stessa Banca Centrale Europea già mettendo le mani avanti sapendo perfettamente che dopo la Grecia i prossimi saremo noi e che non basteranno le aspirine e il chinino per risolvere la situazione? Mentre aspettiamo impazienti le considerazioni del governo italiano su queste affermazioni provenienti dal massimo organo monetario europeo, perché se rimarrà silente vorrà dire che chi ci governa non sta perseguendo gli interessi del paese ma quelli di qualcun altro, ben vengano questi rapporti da parte della Bce: magari nel prossimo futuro potremmo apprendere proprio da loro stessi che l’euro è da considerarsi da sempre REVERSIBILE reversibile…
(Antonio Maria Rinaldi, “L’euro è stato un disastro per l’Italia, parola della Bce”, da “Scenari Economici” del 31 luglio 2015).
La Bce ammette: l’euro è stato una catastrofe, per l’Italia
Scritto il 06/8/15 • LIBRE nella Categoria: segnalazioni
Che l’euro fosse stato la peggiore delle disgrazie occorse al nostro paese dalla fine della II Guerra Mondiale ce ne eravamo accorti un po’ tutti da tanto, ma se ora in una ricerca condotta proprio dalla Bce vengono ammessi nero su bianco gli effetti deleteri della moneta unica sull’economia italiana, l’aspetto si colorisce di grottesco. Proprio in queste ore infatti la Banca Centrale Europea ci fa sapere che dal 1999, anno dell’introduzione della moneta unica con la determinazione dei concambi irrevocabili, il nostro paese è quello che ha subito la peggiore performance tra gli iniziali 12 paesi membri. Se prima dell’introduzione dell’euro l’Italia era fra “l’elite” con il reddito pro capite fra i più elevati, attualmente registra il peggior dato, agganciando Grecia e Portogallo, che all’atto dell’entrata erano già i fanalini di coda dell’Eurozona. Insomma, un vero e proprio fallimento per il nostro paese. Ma la ricerca della Bce va oltre, rivelando candidamente che i famosi criteri di convergenza, tanto cari alle Istituzioni Europee (leggasi Troika), non hanno fatto altro che ampliare le divergenze fra gli euro-paesi e, strano a dirsi, chi ci ha rimesso di più è stata proprio l’Italia!
Le motivazioni addotte dall’istituto centrale europeo si concentrano guarda caso sulla scarsa propensione del nostro paese nel procedere speditamente verso “un marcato aggiustamento dei costi unitari del lavoro”, disvelando inequivocabilmente, se ancora ce ne fosse bisogno, che la sostenibilità dell’area euro si fonda sulla flessibilità del costo del lavoro, essendo logicamente precluso l’aggiustamento dei valori di cambio fra le ormai abbandonate valute nazionali. Inoltre la ricerca della Bce omette volutamente di precisare che tutto questo si è potuto verificare poiché il modello macroeconomico di riferimento su cui si basa l’euro è quello imposto dall’ortodossia tedesca, che prevede la stabilità dei prezzi, cioè il “fobico” contenimento dell’inflazione fino a far precipitare l’intera Eurozona in deflazione (e inoltre letteralmente “appestando” gran parte del mondo) e il rigore dei conti pubblici fino al perseguimento del pareggio di bilancio relegando, per mezzo della fiscalità, le famiglie e le imprese al ruolo di unici prestatori di ultima istanza.
Questo è il vero motivo per il quale l’euro non ha funzionato, non funziona e non potrà mai funzionare! Aver costretto economie continentali così diverse ad uniformare le proprie politiche economiche verso un modello non proprio, evirandole conseguentemente di quelle che autonomamente avrebbero tenuto conto delle rispettive esigenze e caratteristiche, ha determinato lo sfacelo dei paesi non satelliti della Germania. Se i vertici della Bce avessero omesso di scrivere in modo irrituale quella “bella” letterina al governo italiano nell’estate del 2011, che ebbe come effetto pratico di “regalarci” Mario Monti come premier e tutto il peggio possibile dell’austerità “made in Troika”, forse oggi non ci meraviglieremo troppo di apprendere proprio dagli stessi inquilini dell’Eurotower che l’euro si è rivelato un disastro per l’Italia. Se gli “euroforici” Prodi, Ciampi e Amato invece di sbandierare ai quattro venti di essere bravi e in grado di rispettare i vincoli esterni previsti dai trattati al momento dell’adesione all’euro, avessero preventivamente verificato gli effetti e la compatibilità che tali cambiamenti avrebbero prodotto nel nostro sistema economico, sicuramente non ci troveremo in queste drammatiche condizioni ammesse ora addirittura dalla Bce.
O la stessa Banca Centrale Europea già mettendo le mani avanti sapendo perfettamente che dopo la Grecia i prossimi saremo noi e che non basteranno le aspirine e il chinino per risolvere la situazione? Mentre aspettiamo impazienti le considerazioni del governo italiano su queste affermazioni provenienti dal massimo organo monetario europeo, perché se rimarrà silente vorrà dire che chi ci governa non sta perseguendo gli interessi del paese ma quelli di qualcun altro, ben vengano questi rapporti da parte della Bce: magari nel prossimo futuro potremmo apprendere proprio da loro stessi che l’euro è da considerarsi da sempre REVERSIBILE reversibile…
(Antonio Maria Rinaldi, “L’euro è stato un disastro per l’Italia, parola della Bce”, da “Scenari Economici” del 31 luglio 2015).
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Re: Ma che EUROPA UNITA è questa?
molto interessante da leggere a puntate
http://scenarieconomici.it/requiem-per- ... e-guarino/
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Re: Ma che EUROPA UNITA è questa?
Lo scandalo Volkswagen sta esplodendo a dismisura.
I danni per il momento non sono calcolabili.
Il Kaiser sapeva.
^^^^^^^^
LO SCANDALO DEI TEST MANOMESSI NEGLI STATI UNITI.
Merkel: fare chiarezza
Volkswagen, 11 milioni auto ‘truccate’
Ombre sul governo: «Sapeva tutto»
L’ad: «Non mi dimetto»|Giù le Borse
In Borsa il colosso tedesco dell’auto perde un altro 22%: in due giorni brucia 24 miliardi di capitalizzazione. Parigi e Londra chiedono inchiesta europea. Il ministro Galletti: valutiamo stop vendite in Italia. Il gruppo accantona 6,5 mld per i rischi dello scandalo
di Redazione Online
Articolo + video
http://www.corriere.it/economia/15_sett ... 9dee.shtml
I danni per il momento non sono calcolabili.
Il Kaiser sapeva.
^^^^^^^^
LO SCANDALO DEI TEST MANOMESSI NEGLI STATI UNITI.
Merkel: fare chiarezza
Volkswagen, 11 milioni auto ‘truccate’
Ombre sul governo: «Sapeva tutto»
L’ad: «Non mi dimetto»|Giù le Borse
In Borsa il colosso tedesco dell’auto perde un altro 22%: in due giorni brucia 24 miliardi di capitalizzazione. Parigi e Londra chiedono inchiesta europea. Il ministro Galletti: valutiamo stop vendite in Italia. Il gruppo accantona 6,5 mld per i rischi dello scandalo
di Redazione Online
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Re: Ma che EUROPA UNITA è questa?
Volkswagen, Graldi: “Sui gas i tedeschi sono maestri”. Poi: “Solo gioco di parole”
Durante la trasmissione “Dentro i fatti, con le tue domande” di Sky Tg24, l'ex direttore de Il Mattino e de Il Messaggero ha commentato così lo scandalo che sta travolgendo la casa automobilistica tedesca che che martedì ha ammesso di aver truccato i dati sulle emissioni dei motori diesel. Evidente il riferimento ai lager nazisti, dove le camere a gas erano uno dei metodi di eliminazione degli ebrei. "Un accenno prettamente ironico", si difende il giornalista
di F. Q. | 22 settembre 2015
“Sarà greve la mia battuta, ma sui gas di scarico nella storia i tedeschi sono maestri”. Prima la premessa, poi il paragone. Così Paolo Graldi, ex direttore de Il Mattino e de Il Messaggero, ha esordito nel suo intervento sullo scandalo Volkswagen durante la trasmissione “Dentro i fatti, con le tue domande” di Sky Tg24. Un richiamo ai lager nazisti, dove le camere a gas erano uno dei metodi di eliminazione degli ebrei.
Poi Graldi ha proseguito: “Non vorrei che fosse un ricorso, perché ci hanno insegnato che li sanno maneggiare bene e manipolare bene. Ma fuori di metafora…”, ha concluso il giornalista iniziando a entrare nel merito della questione relativa alla casa automobilistica tedesca che martedì ha ammesso di aver truccato i dati sulle emissioni dei motori diesel.
Contattato da IlFattoQuotidiano.it, Graldi spiega: “Era semplicemente un accenno che voleva essere prettamente ironico. Ho fatto una premessa in diretta, parlando di battuta greve. Era solo un gioco di parole, visto che la storia ci ha detto che già un altra volta i tedeschi hanno truccato riguardo i gas. Non darei importanza, era una battuta”. Il riferimento storico non è sfuggito ad alcuni utenti di Twitter, che hanno commentato le frasi del giornalista, vent’anni al Corriere della Sera, facendo riferimento alla gaffe della reginetta di Miss Italia Alice Benedini e parlando di “pessima battuta”.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/09 ... e/2057972/
Durante la trasmissione “Dentro i fatti, con le tue domande” di Sky Tg24, l'ex direttore de Il Mattino e de Il Messaggero ha commentato così lo scandalo che sta travolgendo la casa automobilistica tedesca che che martedì ha ammesso di aver truccato i dati sulle emissioni dei motori diesel. Evidente il riferimento ai lager nazisti, dove le camere a gas erano uno dei metodi di eliminazione degli ebrei. "Un accenno prettamente ironico", si difende il giornalista
di F. Q. | 22 settembre 2015
“Sarà greve la mia battuta, ma sui gas di scarico nella storia i tedeschi sono maestri”. Prima la premessa, poi il paragone. Così Paolo Graldi, ex direttore de Il Mattino e de Il Messaggero, ha esordito nel suo intervento sullo scandalo Volkswagen durante la trasmissione “Dentro i fatti, con le tue domande” di Sky Tg24. Un richiamo ai lager nazisti, dove le camere a gas erano uno dei metodi di eliminazione degli ebrei.
Poi Graldi ha proseguito: “Non vorrei che fosse un ricorso, perché ci hanno insegnato che li sanno maneggiare bene e manipolare bene. Ma fuori di metafora…”, ha concluso il giornalista iniziando a entrare nel merito della questione relativa alla casa automobilistica tedesca che martedì ha ammesso di aver truccato i dati sulle emissioni dei motori diesel.
Contattato da IlFattoQuotidiano.it, Graldi spiega: “Era semplicemente un accenno che voleva essere prettamente ironico. Ho fatto una premessa in diretta, parlando di battuta greve. Era solo un gioco di parole, visto che la storia ci ha detto che già un altra volta i tedeschi hanno truccato riguardo i gas. Non darei importanza, era una battuta”. Il riferimento storico non è sfuggito ad alcuni utenti di Twitter, che hanno commentato le frasi del giornalista, vent’anni al Corriere della Sera, facendo riferimento alla gaffe della reginetta di Miss Italia Alice Benedini e parlando di “pessima battuta”.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/09 ... e/2057972/
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Re: Ma che EUROPA UNITA è questa?
Repubblica 22.9.15
La caduta del mito
C’È il senso di un doppio tradimento nella catastrofe epocale della Volkswagen sorpresa a barare.
di Vittorio Zucconi
IL TRADIMENTO del mito globale della integrità tedesca e il culto della affidabilità industriale della più grande e dunque amata azienda automobilistica del mondo.
Il “Dieselgate”, come è stato subito e inevitabilmente ribattezzato, certificato dal governo americano dopo mesi di test, ricerche, spiegazioni e finalmente confessioni, ha colpito il pubblico degli acquirenti come la scoperta della infedeltà di una persona cara. E il 70% dei proprietari delle vetture vendute considera quei 18 miliardi di dollari inflitti come multa alla casa di Wolfsburg come “troppo pochi”, ignorando che sono il massimo esigibile dalla Epa, l’Agenzia per la protezione ambientale.
Il sotterfugio da magliari dell’informatica escogitato dai tecnici della Volkswagen riprogrammando le centraline per far credere che il motore 4 cilindri turbodiesel, il leggendario Tdi, eruttasse meno ossido di azoto — uno degli inquinanti più nocivi — ha colpito, e offeso in modo personale, coloro che al marchio creato nel 1937 per produrre “l’auto per il popolo” hanno dato per decenni la propria fiducia.
Dall’indimenticabile Maggiolino che fu l’automobile prodotta per più anni, dal 1938 al 2003, e nel maggior numero di esemplari nella storia delle quattroruote con oltre 21 milioni venduti, per non dimenticare il primo minivan della storia, icona di giovani generazioni di nomadi motorizzati, la Vw ha costruito le proprie meritate fortune sulla granitica certezza del German engineering . Sulla certezza della solida, a volte stolida, precisione ingegneristica germanica.
Ma non è stato l’errore dei progettisti, il cedimento del controllo di qualità o il difetto di un componente, come accade nei milioni di automobili richiamate ogni anno e per ogni marca, da Toyota a Chrysler, da Gm e Ford, a scatenare l’indignazione dei clienti e degli investitori che hanno scaricato titoli dellaVw in Borsa come fossero diventati radioattivi È stata la realizzazione che qualcuno, forse all’insaputa, forse con il tacito consenso dei massimi dirigenti, aveva manipolato le carte per far riuscire il gioco, come un imbonitore nel gioco delle tre carte.
Una serie di comandi nella centralina che controlla il motore era stata programmata per far capire all’auto che qualcuno stava controllando le emissioni di azoto e ridurle per farle superare il test. Quando un piccolo laboratorio della West Virginia ha voluto scoprire, ammirato, quale fosse il segreto tecnologico di un motore diesel che riusciva a minimizzare l’inquinamento senza usare serbatoi di ammoniaca come avviene nei Diesel Blu più sofisticati e costosi, il trucco è stato esposto.
I tedeschi della Volkswagen, forse quegli stessi che perentoriamente accusano altre nazioni e altri popoli di falsificare i conti e di barare, erano stati scoperti a barare.
Una rivelazione che ha subito acquisito connotati ben più seri della umiliazione per una grande azienda che era riuscita, per la prima volta nel primo semestre del 2015, a scavalcare la Toyota e a insediarsi come prima casa automobilistica del mondo, con 5,4 milioni di vetture vendute contro i 5,2 dei giapponesi.
La truffa dell’inquinamento arriva proprio mentre si accelera nel mondo, e ne parlerà anche Papa Francesco all’Onu, la spinta per contenere l’inquinamento prodotto dall’uomo. Obama, che si dice «estremamente preoccupato» e la Casa Bianca stanno, attraverso il Dipartimento della Giustizia, esaminando la possibilità di incriminare la dirigenza della Vw per reati da “colletti bianchi” e per avere “cospirato” per compierlo.
Dunque andando ben oltre le classiche multe a industrie pizzicate a fare un lavoro scadente o a commercializzare prodotti insicuri.
Angela Merkel, che avverte l’effetto catastrofico del “Dieselgate” sull’immagine virginale della Germania, ha chiesto indagini e spiegazioni.
Il presidente del gruppo, Martin Winterkorn, ha ammesso tutto, a suo onore, e ha accettato piena responsabilità. In Giappone, per molto meno il responsabile di una mutinazionale sorpreso in tale imbarazzo planetario prenderebbe in seria considerazione la propria sciabola.
Ma il danno è di proporzioni incalcolabili, come lo è l’ombra di quelle due iniziali che sono proiettate su tutto il pianeta da deccenni e non soltanto sul piano industriale e commerciale, anche se i già faticosi piani della Volkswagen per vendere modelli a gasolio negli Usa come alternativa ecologica agli ibridi preferiti dai giapponesi saranno devastati anche per l’altro grande brand del gruppo, la Audi. Il rapporto che corre fra il proprietario e la sua automobile, soprattutto, ma non solo, nel mercato americano, è qualcosa che trascende la semplice utilità di un mezzo capace di trasportare il guidatore e la famiglia dal punto A al punto B. È una relazione personale, emotiva, costruita sulla fiducia, come qualsiasi relazione.
Difetti, guasti, delusioni, disamoramenti sono comuni, e il detto popolare vuole che esistano soltanto due giorni felici nella coabitazione con l’automobile, il giorno in cui la compri e quello in cui la vendi.
Nessuno pretende la perfezione, tutti sono coscienti della “obsolescenza programmata” in ogni vettura, che ne prestabilisce il logoramento e l’attesa di vita e quindi la necessità di sostituirla. Ma nessuno, fino a oggi, aveva immaginato che si potesse riprogrammare per dolo il comportamento della propria macchina per far credere che facesse quello che non fa.
Non ci può essere alcuna Schadenfreude , nessuna gioia malvagia per i guai altrui, come dice una parola composta creata proprio dai tedeschi, per la scoperta che anche la Germania sa imbrogliare il cliente nascondendo il fatto che le emissioni nocive dei propri motori diesel 4 cilindri erano 40 volte superiori al massimo consentito dalla legge. Ma questo è un caso internazionale, un incidente che tocca l’Europa, della quale la Germania è la — spesso — prepotente bandiera, favorisce la concorrenza non europea, fa gongolare segretamente giapponesi e cinesi, come già i disastri dolorsi delle finanziarie di Wall Street, perché spalanca interrogativi sull’integrità, sulla onestà, di aziende che hanno fatto della propria reputazione il vero punto di forza.
Quali altre centraline manipolate a nostra insaputa ci sono là fuori, nel nostro vano motore? Che cosa è stato programmato nei cervellini delle nostre vetture? Quali altri “giochi delle tre carte” sono fattibili, soprattutto ora, nel tempo dell’elettronica padrona, quando è addirittura possibile prendere il controllo di un’automobile a distanza, penetrando nelle chip via Internet? E se barano anche i tedeschi, sempre pronti a dare lezioni di integrità agli altri, di chi ci si può fidare?
La caduta del mito
C’È il senso di un doppio tradimento nella catastrofe epocale della Volkswagen sorpresa a barare.
di Vittorio Zucconi
IL TRADIMENTO del mito globale della integrità tedesca e il culto della affidabilità industriale della più grande e dunque amata azienda automobilistica del mondo.
Il “Dieselgate”, come è stato subito e inevitabilmente ribattezzato, certificato dal governo americano dopo mesi di test, ricerche, spiegazioni e finalmente confessioni, ha colpito il pubblico degli acquirenti come la scoperta della infedeltà di una persona cara. E il 70% dei proprietari delle vetture vendute considera quei 18 miliardi di dollari inflitti come multa alla casa di Wolfsburg come “troppo pochi”, ignorando che sono il massimo esigibile dalla Epa, l’Agenzia per la protezione ambientale.
Il sotterfugio da magliari dell’informatica escogitato dai tecnici della Volkswagen riprogrammando le centraline per far credere che il motore 4 cilindri turbodiesel, il leggendario Tdi, eruttasse meno ossido di azoto — uno degli inquinanti più nocivi — ha colpito, e offeso in modo personale, coloro che al marchio creato nel 1937 per produrre “l’auto per il popolo” hanno dato per decenni la propria fiducia.
Dall’indimenticabile Maggiolino che fu l’automobile prodotta per più anni, dal 1938 al 2003, e nel maggior numero di esemplari nella storia delle quattroruote con oltre 21 milioni venduti, per non dimenticare il primo minivan della storia, icona di giovani generazioni di nomadi motorizzati, la Vw ha costruito le proprie meritate fortune sulla granitica certezza del German engineering . Sulla certezza della solida, a volte stolida, precisione ingegneristica germanica.
Ma non è stato l’errore dei progettisti, il cedimento del controllo di qualità o il difetto di un componente, come accade nei milioni di automobili richiamate ogni anno e per ogni marca, da Toyota a Chrysler, da Gm e Ford, a scatenare l’indignazione dei clienti e degli investitori che hanno scaricato titoli dellaVw in Borsa come fossero diventati radioattivi È stata la realizzazione che qualcuno, forse all’insaputa, forse con il tacito consenso dei massimi dirigenti, aveva manipolato le carte per far riuscire il gioco, come un imbonitore nel gioco delle tre carte.
Una serie di comandi nella centralina che controlla il motore era stata programmata per far capire all’auto che qualcuno stava controllando le emissioni di azoto e ridurle per farle superare il test. Quando un piccolo laboratorio della West Virginia ha voluto scoprire, ammirato, quale fosse il segreto tecnologico di un motore diesel che riusciva a minimizzare l’inquinamento senza usare serbatoi di ammoniaca come avviene nei Diesel Blu più sofisticati e costosi, il trucco è stato esposto.
I tedeschi della Volkswagen, forse quegli stessi che perentoriamente accusano altre nazioni e altri popoli di falsificare i conti e di barare, erano stati scoperti a barare.
Una rivelazione che ha subito acquisito connotati ben più seri della umiliazione per una grande azienda che era riuscita, per la prima volta nel primo semestre del 2015, a scavalcare la Toyota e a insediarsi come prima casa automobilistica del mondo, con 5,4 milioni di vetture vendute contro i 5,2 dei giapponesi.
La truffa dell’inquinamento arriva proprio mentre si accelera nel mondo, e ne parlerà anche Papa Francesco all’Onu, la spinta per contenere l’inquinamento prodotto dall’uomo. Obama, che si dice «estremamente preoccupato» e la Casa Bianca stanno, attraverso il Dipartimento della Giustizia, esaminando la possibilità di incriminare la dirigenza della Vw per reati da “colletti bianchi” e per avere “cospirato” per compierlo.
Dunque andando ben oltre le classiche multe a industrie pizzicate a fare un lavoro scadente o a commercializzare prodotti insicuri.
Angela Merkel, che avverte l’effetto catastrofico del “Dieselgate” sull’immagine virginale della Germania, ha chiesto indagini e spiegazioni.
Il presidente del gruppo, Martin Winterkorn, ha ammesso tutto, a suo onore, e ha accettato piena responsabilità. In Giappone, per molto meno il responsabile di una mutinazionale sorpreso in tale imbarazzo planetario prenderebbe in seria considerazione la propria sciabola.
Ma il danno è di proporzioni incalcolabili, come lo è l’ombra di quelle due iniziali che sono proiettate su tutto il pianeta da deccenni e non soltanto sul piano industriale e commerciale, anche se i già faticosi piani della Volkswagen per vendere modelli a gasolio negli Usa come alternativa ecologica agli ibridi preferiti dai giapponesi saranno devastati anche per l’altro grande brand del gruppo, la Audi. Il rapporto che corre fra il proprietario e la sua automobile, soprattutto, ma non solo, nel mercato americano, è qualcosa che trascende la semplice utilità di un mezzo capace di trasportare il guidatore e la famiglia dal punto A al punto B. È una relazione personale, emotiva, costruita sulla fiducia, come qualsiasi relazione.
Difetti, guasti, delusioni, disamoramenti sono comuni, e il detto popolare vuole che esistano soltanto due giorni felici nella coabitazione con l’automobile, il giorno in cui la compri e quello in cui la vendi.
Nessuno pretende la perfezione, tutti sono coscienti della “obsolescenza programmata” in ogni vettura, che ne prestabilisce il logoramento e l’attesa di vita e quindi la necessità di sostituirla. Ma nessuno, fino a oggi, aveva immaginato che si potesse riprogrammare per dolo il comportamento della propria macchina per far credere che facesse quello che non fa.
Non ci può essere alcuna Schadenfreude , nessuna gioia malvagia per i guai altrui, come dice una parola composta creata proprio dai tedeschi, per la scoperta che anche la Germania sa imbrogliare il cliente nascondendo il fatto che le emissioni nocive dei propri motori diesel 4 cilindri erano 40 volte superiori al massimo consentito dalla legge. Ma questo è un caso internazionale, un incidente che tocca l’Europa, della quale la Germania è la — spesso — prepotente bandiera, favorisce la concorrenza non europea, fa gongolare segretamente giapponesi e cinesi, come già i disastri dolorsi delle finanziarie di Wall Street, perché spalanca interrogativi sull’integrità, sulla onestà, di aziende che hanno fatto della propria reputazione il vero punto di forza.
Quali altre centraline manipolate a nostra insaputa ci sono là fuori, nel nostro vano motore? Che cosa è stato programmato nei cervellini delle nostre vetture? Quali altri “giochi delle tre carte” sono fattibili, soprattutto ora, nel tempo dell’elettronica padrona, quando è addirittura possibile prendere il controllo di un’automobile a distanza, penetrando nelle chip via Internet? E se barano anche i tedeschi, sempre pronti a dare lezioni di integrità agli altri, di chi ci si può fidare?
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Re: Ma che EUROPA UNITA è questa?
In Europa sono nella stessa coalizione, ma da quando Sarkò e la cancelliera hanno fatto cacciare l'ex Caimano, Il Giornale e Libero hanno il dente avvelenato.
Comprereste un'automobile dalla cancelliera Angela?
La Volkswagen ha barato. È un gruppo a controllo privato. Ma è quotato in Borsa e lo Stato, attraverso la Bassa Sassonia (secondo Stato federale di Germania) ha il 20% e poteri di veto. Saremmo allora curiosi di sapere da Merkel come sono andate le cose
Marcello Zacché - Mer, 23/09/2015 - 00:00
http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... 73772.html
Comprereste un'automobile dalla cancelliera Angela?
La Volkswagen ha barato. È un gruppo a controllo privato. Ma è quotato in Borsa e lo Stato, attraverso la Bassa Sassonia (secondo Stato federale di Germania) ha il 20% e poteri di veto. Saremmo allora curiosi di sapere da Merkel come sono andate le cose
Marcello Zacché - Mer, 23/09/2015 - 00:00
http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... 73772.html
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Re: Ma che EUROPA UNITA è questa?
23 set 2015 00:20
KAPUTT! - IL GOVERNO DI ANGELA MERKEL SAPEVA CHE LA WOLKSWAGEN MANIPOLAVA LE EMISSIONI ATTRAVERSO UN SOFTWARE - ''DIE WELT'' HA RECUPERATO IL TESTO DI UN'INTERROGAZIONE PARLAMENTARE CHE IL PARTITO DEI VERDI AVEVA FATTO AL MINISTRO DEI TRASPORTI LO SCORSO 28 LUGLIO
http://www.dagospia.com/rubrica-4/busin ... 109116.htm
KAPUTT! - IL GOVERNO DI ANGELA MERKEL SAPEVA CHE LA WOLKSWAGEN MANIPOLAVA LE EMISSIONI ATTRAVERSO UN SOFTWARE - ''DIE WELT'' HA RECUPERATO IL TESTO DI UN'INTERROGAZIONE PARLAMENTARE CHE IL PARTITO DEI VERDI AVEVA FATTO AL MINISTRO DEI TRASPORTI LO SCORSO 28 LUGLIO
http://www.dagospia.com/rubrica-4/busin ... 109116.htm
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Re: Ma che EUROPA UNITA è questa?
camillobenso ha scritto:23 set 2015 00:20
KAPUTT! - IL GOVERNO DI ANGELA MERKEL SAPEVA CHE LA WOLKSWAGEN MANIPOLAVA LE EMISSIONI ATTRAVERSO UN SOFTWARE - ''DIE WELT'' HA RECUPERATO IL TESTO DI UN'INTERROGAZIONE PARLAMENTARE CHE IL PARTITO DEI VERDI AVEVA FATTO AL MINISTRO DEI TRASPORTI LO SCORSO 28 LUGLIO
http://www.dagospia.com/rubrica-4/busin ... 109116.htm
Beh, se lo sapeva da luglio non puoi aspettarti certo che un governo in 3 mesi faccia scoppiare lo scandalo mettendo in ginocchio la propria industria principale.
Come minimo passano settimane e settimane a investigare, capire, pianificare strategie, ecc.
Tu faresti lo stesso con FIAT.
E gli americani pure se l'EPA avesse beccato la FORD.
Se invece lo sapeva da anni, allora è diverso.
Vedrai poi che adesso viene fuori che anche Opel, FIAT, Renault, Nissan, ... taroccavano.
soloo42001
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