Inviato: 21/03/2012, 9:58
Giusto per ricordare ... questo articolo di Ugolini ci porta a capire quale battaglia si prospetta.
Inoltre con questo scontro porterebbe alla morte politica del PD.
Caro Bersani, come vuoi essere ricordato dalla Storia? Come colui che ha schiavizzato i Lavoratori e l'Italia?
da www.unita.it
Sei malato? Ti licenzio per motivi «economici»
19 marzo 2012
di Bruno Ugolini
Ore difficili per il sindacato dentro una trattativa che ricorda il saliscendi delle «montagne russe» al luna park, per usare un’immagine di Susanna Camusso. Sono in gioco le sorti dei precari ma anche di quelli che rischiano di diventare precari. E allora è bene ricordare il tempo in cui non c’era lo Statuto dei lavoratori. Questo giornale l’undici maggio del 2000 aveva raccolto (era la vigilia di un referendum abrogativo sull’articolo 18 che non ebbe successo) le testimonianze di alcuni protagonisti. Così Giovanni De Stefanis (Cgil Torino) rievocava gli anni 50, quando la Fiat, dopo aver attuato i campi confino per i comunisti tipo Emilio Pugno, cominciava a licenziare operai «perché sorpresi ad oziare», oppure per «lavori non bene eseguiti». Motivazioni che oggi magari qualcuno potrebbe far passare per «economiche».
Nel 1969 poi, alla Fiat, c’era stato il primo «reintegro di massa». Aveva riguardato tanti attivisti sindacali licenziati prima della firma del nuovo contratto di lavoro. Altri licenziati li aveva rievocati Fioravanti Stell, operaio della Borletti, antica fabbrica milanese. Qui c’era stata una lunga lotta seguita da un accordo. Subito dopo erano scattati i licenziamenti, senza motivazione, per un gruppetto di sei-sette ragazzi dai 16 ai 17 anni che si erano distinti nelle battaglia sindacale. Un altro operaio, Sergio Dellera raccontava altre storie di licenziamenti alla Moto Parilla e alla Om-Fiat. Il rischio, dicevano i miei interlocutori, se venisse intaccato l’articolo 18, è quello di un «contagio», di un assalto a tutti i diritti. Un timore presente anche oggi. Anche perché in queste ore è in campo una possibilità relativa ai cosiddetti licenziamenti per «motivi economici». Non riferiti a ristrutturazioni o fatti del genere. Ha scritto lucidamente Govanni Principe sul Blog Molise 11: «Forse si dovrebbe chiamare le cose con il loro nome. Penso che si possano riassumere in una locuzione, molto usata ed abusata: scarso rendimento. Qui sta il nodo della vicenda». È un termine, lo scarso rendimento, che si presta a molte interpretazioni. Un conto è «una condotta volutamente negligente» o «una opposizione deliberata e ingiustificata al potere dispositivo (organizzativo) dell’imprenditore». Un conto, invece, se lo scarso rendimento «deriva da motivi oggettivi o trova comunque una giustificazione che non configura alcuna violazione disciplinare». Principe cita i problemi di salute, le condizioni psico-fisiche…
Ecco bisognerebbe evitare l’equazione: sei malato, rendi poco, sei licenziato. Non bisognerebbe ascoltare gli ammonimenti dell’ex ministro Sacconi o di Ludovico Festa riassunti in un titolo su «Il Giornale»: «L’errore del prof: non strappare con la Cgil».
Inoltre con questo scontro porterebbe alla morte politica del PD.
Caro Bersani, come vuoi essere ricordato dalla Storia? Come colui che ha schiavizzato i Lavoratori e l'Italia?
da www.unita.it
Sei malato? Ti licenzio per motivi «economici»
19 marzo 2012
di Bruno Ugolini
Ore difficili per il sindacato dentro una trattativa che ricorda il saliscendi delle «montagne russe» al luna park, per usare un’immagine di Susanna Camusso. Sono in gioco le sorti dei precari ma anche di quelli che rischiano di diventare precari. E allora è bene ricordare il tempo in cui non c’era lo Statuto dei lavoratori. Questo giornale l’undici maggio del 2000 aveva raccolto (era la vigilia di un referendum abrogativo sull’articolo 18 che non ebbe successo) le testimonianze di alcuni protagonisti. Così Giovanni De Stefanis (Cgil Torino) rievocava gli anni 50, quando la Fiat, dopo aver attuato i campi confino per i comunisti tipo Emilio Pugno, cominciava a licenziare operai «perché sorpresi ad oziare», oppure per «lavori non bene eseguiti». Motivazioni che oggi magari qualcuno potrebbe far passare per «economiche».
Nel 1969 poi, alla Fiat, c’era stato il primo «reintegro di massa». Aveva riguardato tanti attivisti sindacali licenziati prima della firma del nuovo contratto di lavoro. Altri licenziati li aveva rievocati Fioravanti Stell, operaio della Borletti, antica fabbrica milanese. Qui c’era stata una lunga lotta seguita da un accordo. Subito dopo erano scattati i licenziamenti, senza motivazione, per un gruppetto di sei-sette ragazzi dai 16 ai 17 anni che si erano distinti nelle battaglia sindacale. Un altro operaio, Sergio Dellera raccontava altre storie di licenziamenti alla Moto Parilla e alla Om-Fiat. Il rischio, dicevano i miei interlocutori, se venisse intaccato l’articolo 18, è quello di un «contagio», di un assalto a tutti i diritti. Un timore presente anche oggi. Anche perché in queste ore è in campo una possibilità relativa ai cosiddetti licenziamenti per «motivi economici». Non riferiti a ristrutturazioni o fatti del genere. Ha scritto lucidamente Govanni Principe sul Blog Molise 11: «Forse si dovrebbe chiamare le cose con il loro nome. Penso che si possano riassumere in una locuzione, molto usata ed abusata: scarso rendimento. Qui sta il nodo della vicenda». È un termine, lo scarso rendimento, che si presta a molte interpretazioni. Un conto è «una condotta volutamente negligente» o «una opposizione deliberata e ingiustificata al potere dispositivo (organizzativo) dell’imprenditore». Un conto, invece, se lo scarso rendimento «deriva da motivi oggettivi o trova comunque una giustificazione che non configura alcuna violazione disciplinare». Principe cita i problemi di salute, le condizioni psico-fisiche…
Ecco bisognerebbe evitare l’equazione: sei malato, rendi poco, sei licenziato. Non bisognerebbe ascoltare gli ammonimenti dell’ex ministro Sacconi o di Ludovico Festa riassunti in un titolo su «Il Giornale»: «L’errore del prof: non strappare con la Cgil».