La strategia (e i rischi) di Bersani
tra Vasto, Casini e Hollande
Di Simone Collini
18 marzo 2012
Né la foto di Vasto con Nichi Vendola e Antonio Di Pietro perché il campo è troppo stretto né quella a Palazzo Chigi con Pier Ferdinando Casini e Angelino Alfano scattata col cellulare del leader dell'Udc perché l'inquadratura è troppo larga.
Considerato che ormai le istantanee sono entrate stabilmente nel dibattito politico, è con la foto di Parigi con François Hollande e Sigmar Gabriel che Pier Luigi Bersani vuole andare alla prossima campagna elettorale.
E non a caso il gruppo dirigente del Pd, appena siglata nella capitale francese la piattaforma programmatica comune sulle politiche europee, già si è messo al lavoro per preparare a Roma il 19 e 20 aprile una conferenza internazionale a cui sono stati invitati i vertici di tutti i gruppi parlamentari progressisti presenti a Strasburgo.
Per Bersani l’alleanza con i socialisti francesi e i socialdemocratici tedeschi
(ma anche i laburisti inglesi e gli altri partiti progressisti del Belgio e della Scandinavia)
è strategica per più di un motivo, quando finita la fase di transizione guidata dal governo Monti si andrà alle urne.
Stringere un patto con le altre forze di centrosinistra europee vuol dire da un lato cominciare ad impostare fin d'ora per la primavera 2013 una competizione tra progressisti e conservatori
chiudendo così la porta all’ipotesi di una Grosse Koalition in salsa italiana,
caldeggiata fuori ma anche dentro il Pd.
Dall'altro lato, l’esito delle presidenziali d'Oltralpe influenzerà in un senso o nell’altro il tipo di coalizione e anche la candidatura per la premiership alle prossime politiche italiane.
Bersani, che comunque pensa debbano essere le primarie a scegliere il candidato premier,
sa bene che la scommessa ha una posta tanto alta quanto è alto il rischio che l'operazione comporta.
Legare strettamente le vicende nostrane all'esito delle presidenziali francesi e anche ai consensi su cui potrà contare nei prossimi mesi Angela Merkel
è chiaramente pericoloso.
Nicolas Sarkozy non ha esitato a mettere in discussione Schengen pur di guadagnare qualche punto nei sondaggi,
e il timore confessato dai socialisti francesi agli italiani arrivati a Parigi è che da qui a maggio giocherà altre carte pericolose per la tenuta dell’Ue.
Puntare su un cambio del vento in Europa è d'obbligo per il Pd, ma se la fine del ciclo conservatore dovesse rivelarsi nei prossimi mesi un'illusione il contraccolpo si farebbe sentire pesantemente anche sulle vicende italiane.
L'Udc soprattutto, ma anche alcuni settori del Pd di provenienza centrista o ex-popolare puntano a un governo di larghe intese anche per la prossima legislatura.
E se l'asse Merkozy dovesse riaffermarsi si farebbe più complicato per i Democratici esprimere il candidato premier.
Casini lo dice chiaramente che lavora per un avvicinamento di Pd e Pdl in vista della prossima campagna elettorale,
ma va letto in questa chiave anche il memorandum firmato proprio in questi giorni da Beppe Fioroni, Marco Follini e una dozzina di esponenti ex-Ppi e della minoranza di Movimento democratico favorevole al “Monti bis”, un documento critico nei confronti del sostegno a Hollande e favorevoli invece a un’intesa con il centrista François Bayrou.
Un aspetto positivo per Bersani è che comunque in questo passaggio non deve fare i conti con resistenze interne di tipo ideologico sul rapporto con i partiti socialisti europei.
Il fatto che la vecchia discussione sull'appartenenza alle famiglie politiche non sia stata sollevata da nessuno dopo che è stato creato a Strasburgo il gruppo dei Socialisti e Democratici consente al leader del Pd un'ampia possibilità di manovra in questa operazione.
Bersani però non vuole rischiare a agli interlocutori francesi e tedeschi ha spiegato che il campo socialista deve allargarsi.
«Arriviamo a questo appuntamento forti della nostra storia e della identità di ciascuno, storie ed identità che non sono mai nemiche del coraggio e dell'innovazione»,
è il messaggio consegnato a Hollande e a Gabriel.
«Noi democratici italiani in questi anni abbiamo innovato molto, abbiamo scelto di superare le antiche appartenenze e di dare vita a un Pd che già adesso, a quattro anni dalla sua nascita, è il primo partito italiano».
Da questo alla possibilità di esprimere il candidato premier alle prossime politiche c'è un percorso che, nel bene o nel male, passa anche per l'Europa.
http://www.unita.it/italia/la-strategia ... e-1.392648