Cosa c'è dietro l'angolo
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Re: Cosa c'è dietro l'angolo
Repubblica 24.5.14
Daniela Santachè
“Il governissimo? Ne parliamo dopo”
Alfano perderà e se si ravvederà il centrodestra tornerà maggioranza I voti M5S sono inutilizzabili Renzi dovrà capire che il suo interlocutore siamo noi
di C. L.
ROMA. «Domenica sera ne vedrete delle belle. Alfano dovrà prendere atto della sua sconfitta. E se non porrà condizioni, potrà ravvedersi, tornare sui suoi passi e il centrodestra tornerà a essere ancora maggioranza».
È così convinta che ci saranno sorprese positive per voi, Daniela Santanché?
«Ci davano per spacciati, finiti, il centrodestra morto. Silvio Berlusconi ha dimostrato anche a chiusura della campagna che lui c’è, è presente e soprattutto che ci sarà in futuro. Siamo ottimisti».
Fa ancora propaganda? La campagna è finita.
«Prenderanno tutti un abbaglio. Quasi tutti gli osservatori lì a dire che in Italia esiste ormai un bipolarismo Grillo-Renzi».
E invece?
«Invece è un grande errore, c’è solo una novità che nessuno ha rilevato: rispetto al passato il terzo polo, quello della protesta, che prima era frantumato tra Di Pietro, comunisti e quant’altro, adesso si è compattato. Ma resta un blocco inutilizzabile per governare».
Non vorrei deluderla, onorevole, ma il terzo polo sembra che siate voi, adesso.
«Questo è tutto da dimostrare. La gara è a tre. E gli elettori dimostreranno che il centrodestra, nelle sue varie articolazioni, è vivo e vegeto, nonostante le spaccature».
Per il momento l’Ncd è da una parte, voi dall’altra, Fratelli d’Italia da un’altra ancora.
«Certo, ma domani saranno sanciti i rapporti di forza. Noi viaggiamo attorno al 20».
Sicura?
«Due più o due meno non farà differenza. L’Ncd sarà attorno alla soglia di sbarramento. Allora ci auguriamo che Alfano e i suoi tornino a più miti consigli. Ha fatto credere che lui era il centrodestra, che la maggioranza dei moderati stava con lui, che la scelta giusta erano i governi Letta e Renzi. Sarà sonoramente sconfitto».
Se dovesse accadere? Gli proporrete di tornare?
«Se non impone condizioni, se capisce che il centrodestra è Forza Italia, è Silvio Berlusconi, allora si potrebbe discutere».
Se il governo dovesse avere difficoltà, siete davvero disponibili a dare una mano?
«Non parliamo adesso di governissimo. Quel che è certo è che i voti di Grillo sono inutilizzabili. O qualcuno immagina il governo del Paese con no tav e no global?» E le riforme che fine faranno dopo il voto?
«Salve, se saranno buone riforme. Renzi dovrà capire che il suo interlocutore è Forza Italia, siamo noi, non potrà cambiare le regole a piacimento solo per tenere insieme il suo Pd».
La Stampa 24.5.14
La metamorfosi da rottamatore a premier moderato
La campagna elettorale di Matteo Renzi
di Federico Geremicca
Dire che quella che si è chiusa ieri è stata - per Matteo Renzi - la campagna elettorale più difficile della sua pur movimentata avventura politica, è decisamente un’ovvietà. Ma aggiungere che sia stata assai più complicata di quanto lo stesso segretario-presidente si aspettasse, forse rende meglio l’idea delle inattese difficoltà incontrate. È anche per questo, probabilmente - per la necessità di calibrare toni e bersagli in corso d’opera - che Matteo Renzi l’ha cominciata in un modo e finita in un altro: da premier guascone e dalle uscite spesso provocatorie al più responsabile (e moderato) tra i competitor in campo.
La metamorfosi ha riguardato entrambi i fronti lungo i quali si è combattuta la più arroventata campagna elettorale degli ultimi anni: quello europeo, intendiamo, e quello interno. I toni verso Angela Merkel e la locomotiva-Germania, per esempio, sono passati da un minaccioso «sbatteremo i pugni sul tavolo» ad un più ragionevole «ci vuole più Europa, non meno Europa». E per quanto riguarda il fronte interno, lo slittamento è stato forse ancor più vistoso, considerato che l’ottimistico slogan d’avvio - «stiamo cambiando verso all’Italia» - è stato sostituito da un più prudente «loro sono la paura, noi siamo la speranza»...
E la chiave di lettura per cogliere le ragioni della metamorfosi, è tutta in quel «loro». Che potremmo tranquillamente cambiare in un «lui»: cioè, Beppe Grillo. Infatti, è stato l’impetuosissimo irrompere in campo del comico genovese - con una violenza ed un appeal che non erano scontati - a spiazzare nettamente Renzi. Di fronte all’evocazione di Hitler e della «lupara bianca» - punte dell’iceberg di una campagna già prima violentissima - l’idea di potersela cavare con gli 80 euro, la vendita delle auto blu e l’avvio del processo di riforme (tutte cose assolutamente lodevoli, intendiamoci) è rapidamente finita in archivio.
Con i più accessi antieuropeisti da un lato (dalla Lega a Fratelli d’Italia) e dall’altro il «tutti a casa» o l’ultimativo «o noi o loro» del M5S, strategia e linea della campagna elettorale di Renzi e del Pd - ma soprattutto di Renzi, in verità - non potevano, dunque, che cambiare. Cambiare, già, ma come? Nell’unica direzione possibile, considerato che - da premier in carica - sarebbe stato incomprensibile, impraticabile e probabilmente suicida provare a scavalcare Grillo nella gara a chi la spara più grossa e più dura.
Ed è così che il «rottamatore», il panzer capace di espugnare in pochi mesi il Pd prima e il governo poi, si è trasformato - a costo di qualche sacrificio, certo - nel più moderato e responsabile del terzetto in campo. Ne è venuta fuori - se si intende il paragone - una campagna elettorale alla maniera del primo (ed efficace) Berlusconi: futuro, speranza e ottimismo sono così diventate le parole chiave di una battaglia che Renzi non immaginava - come detto - certo così aspra e dura. Ora qui ora lì, sono state snocciolate le cose fatte dal governo: ma come un inizio da non interrompere, appunto, e non come tasselli di un Paese che ha già «cambiato verso».
Un inizio da non interrompere. E con una inversione di 180 gradi, Renzi in chiusura di campagna è appunto tornato all’inizio: una lunga conferenza stampa per illustrare e ricapitolare a poche ore dal voto le cose già realizzate dall’esecutivo e per confermare di nuovo che i risultati di queste elezioni non avranno alcun effetto sulla sorte del governo e che sulle riforme non si indietreggerà di un centimetro. Annunci, tanto il primo quanto il secondo, che indicano una intenzione: ma la certezza che le cose poi andranno davvero così, dipenderà davvero dal tipo di risultati elettorali e dal loro impatto.
Comunque vada, le elezioni anticipate sembrano una ipotesi non sul tavolo: con il semestre europeo di presidenza italiana alle porte, la crisi che non si affievolisce e la presenza di un uomo come Napolitano al Quirinale, è inutile ipotizzarle. Ipotizzarle per questa primavera, certo. Ma a fine semestre ed all’inizio del 2015, le cose potrebbero cambiare radicalmente...
Daniela Santachè
“Il governissimo? Ne parliamo dopo”
Alfano perderà e se si ravvederà il centrodestra tornerà maggioranza I voti M5S sono inutilizzabili Renzi dovrà capire che il suo interlocutore siamo noi
di C. L.
ROMA. «Domenica sera ne vedrete delle belle. Alfano dovrà prendere atto della sua sconfitta. E se non porrà condizioni, potrà ravvedersi, tornare sui suoi passi e il centrodestra tornerà a essere ancora maggioranza».
È così convinta che ci saranno sorprese positive per voi, Daniela Santanché?
«Ci davano per spacciati, finiti, il centrodestra morto. Silvio Berlusconi ha dimostrato anche a chiusura della campagna che lui c’è, è presente e soprattutto che ci sarà in futuro. Siamo ottimisti».
Fa ancora propaganda? La campagna è finita.
«Prenderanno tutti un abbaglio. Quasi tutti gli osservatori lì a dire che in Italia esiste ormai un bipolarismo Grillo-Renzi».
E invece?
«Invece è un grande errore, c’è solo una novità che nessuno ha rilevato: rispetto al passato il terzo polo, quello della protesta, che prima era frantumato tra Di Pietro, comunisti e quant’altro, adesso si è compattato. Ma resta un blocco inutilizzabile per governare».
Non vorrei deluderla, onorevole, ma il terzo polo sembra che siate voi, adesso.
«Questo è tutto da dimostrare. La gara è a tre. E gli elettori dimostreranno che il centrodestra, nelle sue varie articolazioni, è vivo e vegeto, nonostante le spaccature».
Per il momento l’Ncd è da una parte, voi dall’altra, Fratelli d’Italia da un’altra ancora.
«Certo, ma domani saranno sanciti i rapporti di forza. Noi viaggiamo attorno al 20».
Sicura?
«Due più o due meno non farà differenza. L’Ncd sarà attorno alla soglia di sbarramento. Allora ci auguriamo che Alfano e i suoi tornino a più miti consigli. Ha fatto credere che lui era il centrodestra, che la maggioranza dei moderati stava con lui, che la scelta giusta erano i governi Letta e Renzi. Sarà sonoramente sconfitto».
Se dovesse accadere? Gli proporrete di tornare?
«Se non impone condizioni, se capisce che il centrodestra è Forza Italia, è Silvio Berlusconi, allora si potrebbe discutere».
Se il governo dovesse avere difficoltà, siete davvero disponibili a dare una mano?
«Non parliamo adesso di governissimo. Quel che è certo è che i voti di Grillo sono inutilizzabili. O qualcuno immagina il governo del Paese con no tav e no global?» E le riforme che fine faranno dopo il voto?
«Salve, se saranno buone riforme. Renzi dovrà capire che il suo interlocutore è Forza Italia, siamo noi, non potrà cambiare le regole a piacimento solo per tenere insieme il suo Pd».
La Stampa 24.5.14
La metamorfosi da rottamatore a premier moderato
La campagna elettorale di Matteo Renzi
di Federico Geremicca
Dire che quella che si è chiusa ieri è stata - per Matteo Renzi - la campagna elettorale più difficile della sua pur movimentata avventura politica, è decisamente un’ovvietà. Ma aggiungere che sia stata assai più complicata di quanto lo stesso segretario-presidente si aspettasse, forse rende meglio l’idea delle inattese difficoltà incontrate. È anche per questo, probabilmente - per la necessità di calibrare toni e bersagli in corso d’opera - che Matteo Renzi l’ha cominciata in un modo e finita in un altro: da premier guascone e dalle uscite spesso provocatorie al più responsabile (e moderato) tra i competitor in campo.
La metamorfosi ha riguardato entrambi i fronti lungo i quali si è combattuta la più arroventata campagna elettorale degli ultimi anni: quello europeo, intendiamo, e quello interno. I toni verso Angela Merkel e la locomotiva-Germania, per esempio, sono passati da un minaccioso «sbatteremo i pugni sul tavolo» ad un più ragionevole «ci vuole più Europa, non meno Europa». E per quanto riguarda il fronte interno, lo slittamento è stato forse ancor più vistoso, considerato che l’ottimistico slogan d’avvio - «stiamo cambiando verso all’Italia» - è stato sostituito da un più prudente «loro sono la paura, noi siamo la speranza»...
E la chiave di lettura per cogliere le ragioni della metamorfosi, è tutta in quel «loro». Che potremmo tranquillamente cambiare in un «lui»: cioè, Beppe Grillo. Infatti, è stato l’impetuosissimo irrompere in campo del comico genovese - con una violenza ed un appeal che non erano scontati - a spiazzare nettamente Renzi. Di fronte all’evocazione di Hitler e della «lupara bianca» - punte dell’iceberg di una campagna già prima violentissima - l’idea di potersela cavare con gli 80 euro, la vendita delle auto blu e l’avvio del processo di riforme (tutte cose assolutamente lodevoli, intendiamoci) è rapidamente finita in archivio.
Con i più accessi antieuropeisti da un lato (dalla Lega a Fratelli d’Italia) e dall’altro il «tutti a casa» o l’ultimativo «o noi o loro» del M5S, strategia e linea della campagna elettorale di Renzi e del Pd - ma soprattutto di Renzi, in verità - non potevano, dunque, che cambiare. Cambiare, già, ma come? Nell’unica direzione possibile, considerato che - da premier in carica - sarebbe stato incomprensibile, impraticabile e probabilmente suicida provare a scavalcare Grillo nella gara a chi la spara più grossa e più dura.
Ed è così che il «rottamatore», il panzer capace di espugnare in pochi mesi il Pd prima e il governo poi, si è trasformato - a costo di qualche sacrificio, certo - nel più moderato e responsabile del terzetto in campo. Ne è venuta fuori - se si intende il paragone - una campagna elettorale alla maniera del primo (ed efficace) Berlusconi: futuro, speranza e ottimismo sono così diventate le parole chiave di una battaglia che Renzi non immaginava - come detto - certo così aspra e dura. Ora qui ora lì, sono state snocciolate le cose fatte dal governo: ma come un inizio da non interrompere, appunto, e non come tasselli di un Paese che ha già «cambiato verso».
Un inizio da non interrompere. E con una inversione di 180 gradi, Renzi in chiusura di campagna è appunto tornato all’inizio: una lunga conferenza stampa per illustrare e ricapitolare a poche ore dal voto le cose già realizzate dall’esecutivo e per confermare di nuovo che i risultati di queste elezioni non avranno alcun effetto sulla sorte del governo e che sulle riforme non si indietreggerà di un centimetro. Annunci, tanto il primo quanto il secondo, che indicano una intenzione: ma la certezza che le cose poi andranno davvero così, dipenderà davvero dal tipo di risultati elettorali e dal loro impatto.
Comunque vada, le elezioni anticipate sembrano una ipotesi non sul tavolo: con il semestre europeo di presidenza italiana alle porte, la crisi che non si affievolisce e la presenza di un uomo come Napolitano al Quirinale, è inutile ipotizzarle. Ipotizzarle per questa primavera, certo. Ma a fine semestre ed all’inizio del 2015, le cose potrebbero cambiare radicalmente...
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- Iscritto il: 21/02/2012, 22:55
Re: Cosa c'è dietro l'angolo
Istat: "In Italia nascite al minimo storico"
In 5 anni 100mila giovani fuggiti all'estero
Nel rapporto annuale 2014 la fotografia del declino: nel 2013 nati 515mila bambini, mai così pochi
negli ultimi 20 anni. Nel 2012 emigrati in 68mila, +36% sul 2011. Crisi: "Deboli segnali positivi"
http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/05 ... u/1003966/
"... Qual'è il fine dell'associazione politica?
È la conservazione e la prosperità dei suoi membri.
E qual'è il segno più sicuro per riconoscere che essi si conservano e prosperano?
Il loro numero e la loro popolazione.
Non andate dunque a cercare altrove questo indizio su cui tanto si disputa.
A parità di condizioni di ogni cosa, il governo sotto il quale, senza aiuti stranieri,
senza naturalizzazioni, senza colonie, la popolazione aumenta col moltiplicarsi dei cittadini è senza dubbio il migliore;
quello sotto il quale un popolo diminuisce e deperisce è il peggiore... "
Da "il contratto sociale" di Gian Giacomo Rousseau
In 5 anni 100mila giovani fuggiti all'estero
Nel rapporto annuale 2014 la fotografia del declino: nel 2013 nati 515mila bambini, mai così pochi
negli ultimi 20 anni. Nel 2012 emigrati in 68mila, +36% sul 2011. Crisi: "Deboli segnali positivi"
http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/05 ... u/1003966/
"... Qual'è il fine dell'associazione politica?
È la conservazione e la prosperità dei suoi membri.
E qual'è il segno più sicuro per riconoscere che essi si conservano e prosperano?
Il loro numero e la loro popolazione.
Non andate dunque a cercare altrove questo indizio su cui tanto si disputa.
A parità di condizioni di ogni cosa, il governo sotto il quale, senza aiuti stranieri,
senza naturalizzazioni, senza colonie, la popolazione aumenta col moltiplicarsi dei cittadini è senza dubbio il migliore;
quello sotto il quale un popolo diminuisce e deperisce è il peggiore... "
Da "il contratto sociale" di Gian Giacomo Rousseau
Chi c’è in linea
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