La strategia di Merkel
26 marzo 2012
Un soprassalto di ragionevolezza o l’inizio di un mutamento di strategia?
Vedremo.
Intanto registriamo le molte voci che girano sull’intenzione di Angela Merkel e Wolfgang Schaeuble di cedere, finalmente, alle pressioni di tutti, partner e istituzioni europee, accettando l’aumento del fondo salva-stati.
E quindi – quel che davvero conta per loro – delle contribuzioni tedesche.
Il rafforzamento del «firewall» avverrebbe mantenendo in vigore per un certo periodo il vecchio Efsf (440 miliardi) insieme con il nuovo Esm (500 miliardi), che comincerà a funzionare da luglio.
Dovendo pagare per tutti e due, Berlino si troverà a sborsare tra 80 e 100 miliardi in più.
Un sacrificio notevole, che potrebbe costare alla cancelliera non poche difficoltà domestiche perché, avendo stabilito la Corte costituzionale che i contributi ai fondi debbono essere in ogni caso approvati dal plenum del Bundestag, si annunciano passaggi parlamentari assai delicati, con il governo esposto ai colpi di una fronda di destra aperta e agguerrita.
Poiché non si tratta di una decisione da poco, che Frau Merkel e il suo superministro avranno certamente soppesato con grande scrupolo, si torna alla domanda dell’inizio.
Per cercare una risposta bisogna considerare il contesto internazionale in cui il caparbio non possumus del centro-destra tedesco sui maggiori esborsi di Berlino e, più ancora, sulle scelte politiche che li rendono necessari pare essere in procinto di sciogliersi.
Salvo sorprese, ovviamente.
Il contesto ci dice che siamo poche settimane dopo il «salvataggio» della Grecia e poche settimane prima dell’ora della verità delle elezioni francesi. Le analisi degli istituti economici e dei media specializzati concordano sul fatto che il sollievo, un po’ ipocrita, con cui è stata accolta la «soluzione» per Atene rischia di durare assai poco perché ora sulla graticola starebbe per salire il Portogallo.
Pare che al Fmi, alla Bce e alla Commissione Ue le preoccupazioni siano molto alte, anche perché un eventuale scivolone di Lisbona verso il default avrebbe inevitabili conseguenze anche sulla stabilità della Spagna.
È la consapevolezza di non dover ripetere con il Portogallo gli errori fatti con la Grecia, che non venne aiutata quando farlo sarebbe costato poco, a spiegare l’improvvisa disponibilità del governo di Berlino?
Può essere e sarebbe un interessante segnale di implicita autocritica.
Ma l’impressione è che sia il fattore Francia quello determinante.
Angela Merkel, come è noto e non ha mancato di sollevare perplessità, si è pubblicamente schierata a fianco di Nicolas Sarkozy, anche se poi – e la circostanza non è casuale – ha fatto poco o nulla per contribuire alla sua campagna.
Il cedimento sui fondi potrebbe essere un aiuto, magari concordato, per il presidente in affanno nei sondaggi?
Può essere anche questo, ma forse c’è anche qualcosa di più profondo.
Per gli attuali dirigenti di Berlino, quel che accadrà a Parigi tra il 22 aprile e l’8 maggio, data del primo turno e del ballottaggio presidenziali, è decisivo.
Non si tratterà solo della scelta tra due strategie diversissime nella lotta contro la crisi, con il rischio che a Berlino manchi improvvisamente il partner più importante.
Si tratterà, soprattutto, del futuro di una relazione storica che ha fatto della frontiera sul Reno il caposaldo più importante della costruzione dell’Europa.
Nel bene, tanto, e nel male che non è mancato, specie negli ultimi tempi di dominio della destra in una capitale e nell’altra.
Reggerebbe l’asse franco-tedesco a una possibile vittoria di François Hollande?
I due paesi, è vero, sono stati legati anche quando a dirigerli erano dirigenti diversamente orientati, come Helmut Kohl e François Mitterrand, ma, a parte le considerazioni sul valore delle personalità, allora il solido ancoraggio della Germania all’occidente, passando per Parigi, era un fresco retaggio della storia, nonché una necessità legata prima alla divisione e poi alla difficile unificazione tedesca.
Angela Merkel e François Hollande non sono Kohl e Mitterrand, ma soprattutto sui retaggi del passato cominciano a far aggio più prosaiche divergenze di interessi.
È stata la cancelliera a rivelarlo, scegliendo Sarkozy perché le è affine e disposto ad assecondare la sua strategia.
La storia, stavolta, non c’entra.
http://casaeuropa.comunita.unita.it/201 ... di-merkel/