Una delle dispute ventennali con un amico del luogo, su politica, cultura e società, riguardano gli effetti della conoscenza, della cultura, sulla qualità della vita.
Lui sostiene che la conoscenza attraverso l’abbeveratoio della cultura ci aiuta a vivere meglio.
Io sostengo invece che non è sempre così. Dipende da caso a caso.
Nel caso della politica a me non ha mai aiutato a vivere meglio. Anzi, sapere in anticipo come andrà a finire, quando la maggioranza persevera nell’errore, non mi ha mai aiutato a vivere.
E’ successo all’epoca di Aldo Moro.
Lo statista democristiano ti faceva addormentare durante i suoi discorsi. Era alquanto soporifero. Ma aveva una capacità straordinaria nel saper leggere la politica con 15 anni di anticipo.
Una dote che nessun politico italiano possedeva e che ha mai posseduto.
A metà degli anni ’70 aveva capito quali erano le sorti del Bel Paese, della DC e delle coalizioni aggregate, se si fosse continuato sulla strada sin lì percorsa, solo per continuare a galleggiare e a gestire il potere.
Per questo intuì che necessitava cambiar rotta e fare entrare nel governo il Pci di Enrico Berlinguer.
Secondo lui necessitava l’innesto di una forza non corrotta sotto la guida di un personaggio che faceva politica non per arricchirsi ma solo per passione politica. Il suo appartenere a famiglia benestante tendente al ricco, e il suo essere un uomo non ingordo che mirava ad aumentare il suo benessere, lo facevano il compagno ideale di Aldo Moro per avventurarsi in una nuova stagione di ripartenza dell’Italia.
Ma erano in molti a non pensarla in questo modo. Dentro e fuori dall’Italia. Dal Segretario di Stato Usa Kissinger che gli aveva anticipato la fine del suo viaggio terreno, ai russi che non vedevano di buon occhio un partito comunista che andava al potere senza fare la rivoluzione. Moro pagherà con la vita questo suo modo di interpretare le necessità del futuro del Paese.
Gli eventi nazionali a partire dall’inizio degli anni novanta rendono piena giustizia a cosa aveva previsto lo statista di Maglie.
L’arrivo sulla scena politica di Becchino Craxi, facevano presumere l’accelerazione della fine della Prima Repubblica. Evento verificatosi puntualmente.
La sua ingordigia di potere e di denaro facevano presumere in anticipo la sua fine.
Molti di noi hanno sperato che con la fine del pentapartito dopo Mani pulite, la società italiana potesse svoltare e mettersi alla pari con tutte le altre società europee.
Ma con l’arrivo sulla scena del Caimano, che aveva solo la necessità di salvare sé stesso dai procedimenti giudiziari e dal salvataggio delle sue aziende, ha spento ogni speranza di rinnovamento.
Ci sono voluti 20 anni perché gli italioti lo capissero.
Poi è arrivato Monti, l’uomo di Bidelberg della Trilaterale e non solo.
All’inizio gli italiani gli tributavano un consenso personale del 71 %.
Se lo dovessero incontrare oggi per strada, riempirebbero il loden di sputacchi.
Napolitano su ordine della massoneria internazionale proibì a Bersani di almeno affrontare il giudizio delle Camere e piazzo al suo posto Letta Enrico. Anche lui uomo di Bidelberg della Trilaterale e di altro.
Ma Lettino era troppo debole per navigare in quel mondo di squali di alto bordo.
Nessuno poi fino ad oggi ha spiegato compiutamente l’avvento del ducetto di Rignano.
Non era certamente difficile tracciare subito un profilo del nuovo “
Ghe pensi mi 2.0”.
Nel suo nuovo libro Marco Revelli traccia sinteticamente questo profilo.
DI CRAXI ha l’arroganza e la presunzione, ma non il profilo da politico di lungo corso (l’uomo che aveva ridato orgoglio a un Psi umiliato dal compromesso storico) e l’aura dell’Internazionale Socialista intorno, oltre che il partito nel pugno.
Di Berlusconi ha lo stile da istrione e la ciarlataneria che piace a molti italiani, ma non il capitale monetario e umano che Mediaset e Publitalia (con qualche compartecipazione quantomeno opaca) assicuravano.
Io mi ci riconosco in pieno su quanto scrive Marco Revelli in:
Renzi
L’analisi del sociologo: “Il premier è un funambolo che sta sulla fune senza rete”
“Matteo è il distruttore. Corre senza fiato, lascerà solo macerie”
L’emergere di “un populismo di tipo nuovo, virulento e nello stesso tempo istituzionale”.
L’analisi del sociologo: “Il premier è un funambolo che sta sulla fune senza rete”
“Matteo è il distruttore. Corre senza fiato, lascerà solo macerie”
L’emergere di “un populismo di tipo nuovo, virulento e nello stesso tempo istituzionale”.
http://forumisti.mondoforum.com/viewtop ... 128#p42128
In altro 3D rispondendo a pancho, ho fatto riferimento non a caso ad una mia esperienza di mezzo secolo fa, durante il periodo di leva, sotto il comando dell’allora colonnello comandante generale Gianadelio Maletti,
https://it.wikipedia.org/wiki/Gianadelio_Maletti
diventato poi generale comandante del Sid(L’allora Servizio Informazione Difesa).
https://it.wikipedia.org/wiki/Servizio_ ... oni_difesa
Gli anziani della caserma Cavour di Torino mi avevano descritto molto bene il modo di vivere nel periodo precedente l’arrivo di Maletti.
Paragonato all’oggi, la situazione di totale anarchia e di disfacimento delle istituzioni dopo il crollo della Prima Repubblica, riproducono esattamente cosa succedeva in quella caserma di fanteria nel periodo pre Maletti.
Quando con gli indigeni del luogo si analizzato tutte le situazioni dello stato di fatto della società italiana attuale,si arriva sempre alla stessa conclusione. Non c’è più niente da fare. E sono in molti ad invocare una dittatura.
Sempre Revelli è molto chiaro:
“Matteo è il distruttore. Corre senza fiato, lascerà solo macerie””
Cosicché davvero, se fallisce, cade tutto: finisce il Pd,si scioglie il parlamento,si commissaria il paese, si accelera la dissoluzione sociale.
Allora per me diventa un obbligo chiedere al forum, visto che con alcuni ci conosciamo almeno da 11 anni:
DOBBIAMO PER FORZA FARE LA FINE DESCRITTA DA REVELLI???????????