Re: Come se ne viene fuori ?
Inviato: 31/10/2015, 11:51
Il tempo dei podestà
La rottamazione degli elettori.
La gestione dei fondi del Giubileo per allestire il
nuovo blocco sociale verso le prossime elezioni
Norma Rangeri
Edizione del
31.10.2015
Pubblicato
30.10.2015, 23:56
La giornata dei lunghi coltelli è finita nel modo in cui era prevedibile che finisse: rottamando il
sindaco — ormai ex — Marino. Ma al tempo stesso a Roma è stata rottamata la democrazia
perché un’ombra scura, pesante è calata ieri sulla capitale. Con un atto politico grave, e perfino
grottesco, è stata colpita e affondata l’amministrazione della città che ora sarà governata da
una squadra di commissari: del Giubileo, del Comune, del Pd. Qualcuno già li chiama i nuovi podestà.
Con il primo podestà d’Italia che abita a palazzo Chigi.
Possiamo esprimere i giudizi politici che vogliamo — in parte negativi come abbiamo scritto ieri
— su Marino, ma il modo scelto per mandarlo a casa rivela l’escalation dirigistica e centralistica
che sta colpendo il paese fin dalle sue fondamenta costituzionali.
Come diciannove piccoli indiani, i consiglieri del Pd romano, a colpi di firme con notaio al seguito
(che pena) e con l’aiutino di Alfio Marchini e di altri consiglieri raccattati alla spicciolata evitando
gli impresentabili di Alemanno (che disastro politico), hanno sciolto il consiglio comunale.
Così un partito che a Roma conta qualche migliaio di iscritti ha mandato a casa un sindaco eletto
da più di seicentomila cittadini. E senza neppure l’ombra di una discussione pubblica nell’aula
solenne del Campidoglio.
È un inedito nella nostra pur malconcia repubblica: non solo un esempio perfetto di azzeramento della democrazia
per via burocratica, ma di schizofrenia politica con un partito che fa fuori il suo candidato per una storia di scontrini
(sui quali farà chiarezza l’indagine della magistratura). Altro che riportare la crisi romana dentro l’aula Giulio Cesare.
Le firme dal notaio chiudono l’esperienza della sindacatura di Ignazio Marino come era persino difficile immaginare,
e aprono la fase della grande abbuffata giubilare sotto il controllo del capo del governo, per interposto commissario.
Naturalmente con la supervisione dello stato Vaticano. Non a caso, oltre all’avviso di garanzia della procura romana,
la giornata ha regalato al sindaco il benservito del capo dei vescovi. Il cardinale Bagnasco ci informa di essere molto
preoccupato per le sorti della capitale, dice che «Roma ha bisogno di un’amministrazione, della guida che merita
specialmente in vista del Giubileo»: Bagnasco può stare tranquillo, il governo del commissario sarà di suo gradimento,
lo stato italiano farà un ottimo lavoro al servizio e all’ombra del cupolone, nessun «diritto incivile» turberà la
processione giubilare.
Siamo certi che Renzi sarà soddisfatto per l’esito della vicenda visto che può manovrare le briglie come più gli
conviene con l’aiuto dei poteri che lo sostengono. Come segretario del Pd purifica il partito fino a togliere di mezzo
i sindaci che non gli sono mai piaciuti o che non gli piacciono più. Come presidente del consiglio li sostituisce
con nuovi dream-team prefettizi da gestire con il ministero degli interni. I parlamentari dissidenti li ha già epurati
(è arrivato a sostituirne dieci tutti in una volta da una commissione parlamentare), ora con le prossime elezioni
amministrative tocca ai primi cittadini. Dopo aver ricostruito un blocco sociale con i soldi del Giubileo per tirare
a lucido la città, sarà uno scherzo chiamare al Campidoglio un candidato che nemmeno avrà bisogno del
marchio ammaccato del Pd.
Ma è proprio nel suo partito che la vicenda romana rischia di trasformarsi in un boomerang, perché essere
riusciti a azzerare Marino mettendo da parte i suoi principi (si chiama pur sempre partito democratico),
come il rispetto delle elementari regole per l’appunto democratiche, è una vittoria di oggi che può contribuire
domani ad affossare la sua storia, la sua pur sbiadita identità.
Di fronte a quanto sta avvenendo, stupisce, con qualche eccezione che conferma la regola, il silenzio/assenso
della cosiddetta minoranza del Pd. Forse perché il virus dell’autodistruzione del partito l’ha contagiata.
O forse perché spera di poter trarre qualche minimo vantaggio futuro. Come se Renzi e minoranza non si
rendessero conto dell’emorragia di consensi che ha già colpito il Pd (come è accaduto nelle ultime elezioni regionali).
Per tutto questo la prossima campagna elettorale a Roma carica di responsabilità chi pensa di costruire un fronte
democratico e di sinistra largo e convincente per quei romani che non vogliono rinunciare all’esercizio del voto.
http://ilmanifesto.info/il-tempo-dei-podesta
È sempre questione di coerenza e di coraggio
... se solo Marino facesse ...il Sansone fino in fondo!
Si adoperi, se può e come può, a portare alla luce quei dossier secretati
La rottamazione degli elettori.
La gestione dei fondi del Giubileo per allestire il
nuovo blocco sociale verso le prossime elezioni
Norma Rangeri
Edizione del
31.10.2015
Pubblicato
30.10.2015, 23:56
La giornata dei lunghi coltelli è finita nel modo in cui era prevedibile che finisse: rottamando il
sindaco — ormai ex — Marino. Ma al tempo stesso a Roma è stata rottamata la democrazia
perché un’ombra scura, pesante è calata ieri sulla capitale. Con un atto politico grave, e perfino
grottesco, è stata colpita e affondata l’amministrazione della città che ora sarà governata da
una squadra di commissari: del Giubileo, del Comune, del Pd. Qualcuno già li chiama i nuovi podestà.
Con il primo podestà d’Italia che abita a palazzo Chigi.
Possiamo esprimere i giudizi politici che vogliamo — in parte negativi come abbiamo scritto ieri
— su Marino, ma il modo scelto per mandarlo a casa rivela l’escalation dirigistica e centralistica
che sta colpendo il paese fin dalle sue fondamenta costituzionali.
Come diciannove piccoli indiani, i consiglieri del Pd romano, a colpi di firme con notaio al seguito
(che pena) e con l’aiutino di Alfio Marchini e di altri consiglieri raccattati alla spicciolata evitando
gli impresentabili di Alemanno (che disastro politico), hanno sciolto il consiglio comunale.
Così un partito che a Roma conta qualche migliaio di iscritti ha mandato a casa un sindaco eletto
da più di seicentomila cittadini. E senza neppure l’ombra di una discussione pubblica nell’aula
solenne del Campidoglio.
È un inedito nella nostra pur malconcia repubblica: non solo un esempio perfetto di azzeramento della democrazia
per via burocratica, ma di schizofrenia politica con un partito che fa fuori il suo candidato per una storia di scontrini
(sui quali farà chiarezza l’indagine della magistratura). Altro che riportare la crisi romana dentro l’aula Giulio Cesare.
Le firme dal notaio chiudono l’esperienza della sindacatura di Ignazio Marino come era persino difficile immaginare,
e aprono la fase della grande abbuffata giubilare sotto il controllo del capo del governo, per interposto commissario.
Naturalmente con la supervisione dello stato Vaticano. Non a caso, oltre all’avviso di garanzia della procura romana,
la giornata ha regalato al sindaco il benservito del capo dei vescovi. Il cardinale Bagnasco ci informa di essere molto
preoccupato per le sorti della capitale, dice che «Roma ha bisogno di un’amministrazione, della guida che merita
specialmente in vista del Giubileo»: Bagnasco può stare tranquillo, il governo del commissario sarà di suo gradimento,
lo stato italiano farà un ottimo lavoro al servizio e all’ombra del cupolone, nessun «diritto incivile» turberà la
processione giubilare.
Siamo certi che Renzi sarà soddisfatto per l’esito della vicenda visto che può manovrare le briglie come più gli
conviene con l’aiuto dei poteri che lo sostengono. Come segretario del Pd purifica il partito fino a togliere di mezzo
i sindaci che non gli sono mai piaciuti o che non gli piacciono più. Come presidente del consiglio li sostituisce
con nuovi dream-team prefettizi da gestire con il ministero degli interni. I parlamentari dissidenti li ha già epurati
(è arrivato a sostituirne dieci tutti in una volta da una commissione parlamentare), ora con le prossime elezioni
amministrative tocca ai primi cittadini. Dopo aver ricostruito un blocco sociale con i soldi del Giubileo per tirare
a lucido la città, sarà uno scherzo chiamare al Campidoglio un candidato che nemmeno avrà bisogno del
marchio ammaccato del Pd.
Ma è proprio nel suo partito che la vicenda romana rischia di trasformarsi in un boomerang, perché essere
riusciti a azzerare Marino mettendo da parte i suoi principi (si chiama pur sempre partito democratico),
come il rispetto delle elementari regole per l’appunto democratiche, è una vittoria di oggi che può contribuire
domani ad affossare la sua storia, la sua pur sbiadita identità.
Di fronte a quanto sta avvenendo, stupisce, con qualche eccezione che conferma la regola, il silenzio/assenso
della cosiddetta minoranza del Pd. Forse perché il virus dell’autodistruzione del partito l’ha contagiata.
O forse perché spera di poter trarre qualche minimo vantaggio futuro. Come se Renzi e minoranza non si
rendessero conto dell’emorragia di consensi che ha già colpito il Pd (come è accaduto nelle ultime elezioni regionali).
Per tutto questo la prossima campagna elettorale a Roma carica di responsabilità chi pensa di costruire un fronte
democratico e di sinistra largo e convincente per quei romani che non vogliono rinunciare all’esercizio del voto.
http://ilmanifesto.info/il-tempo-dei-podesta
È sempre questione di coerenza e di coraggio
... se solo Marino facesse ...il Sansone fino in fondo!
Si adoperi, se può e come può, a portare alla luce quei dossier secretati