Articolo citato nel prossimo post (Articolo di Marc Lazar - Repubblica 7.11.15)
LA sottile analisi politica delle contraddizioni e delle difficoltà della democrazia italiana che Ilvo Diamanti ci ha offerto nel suo articolo “La controdemocrazia” pubblicato su La Repubblica del 3 novembre
Mappe. La controdemocrazia
di ILVO DIAMANTI
03 novembre 2015
Non è facile governare, in Italia. A nessun livello.
Al di là dei limiti della classe politica, l'azione dei gruppi dirigenti è frenata da molti vincoli. Istituzionali e legislativi.
Volti a impedire lo sconfinamento dei poteri politici in ambito economico, sociale.
E nella sfera dei diritti dei cittadini.
La tiranno-fobia, alimentata dall'esperienza del fascismo, ha contribuito, in fase costituente, a rafforzare i poteri di controllo.
Perché
"ogni buona costituzione è un atto di sfiducia nei confronti del potere", osservava Benjamin Constant nel 1829.
Così, le istituzioni di garanzia, per prima la magistratura, hanno assunto grande autorità.
Anche se i poteri " politici" hanno cercato, spesso, di neutralizzarla.
Fino a quando, nei primi anni Novanta, Tangentopoli ha travolto la classe politica della cosiddetta Prima Repubblica.
Indebolita dagli scandali per corruzione.
Da allora, magistrati, giudici, avvocati, insomma, le diverse istituzioni e figure del sistema giudiziario, hanno assunto un ruolo prioritario.
Più che " garanti della giustizia": " giustizieri".
Nel senso che i cittadini hanno affidato loro il compito di " giustiziare" la classe politica, inefficace e - appunto - corrotta.
" Garanti della pubblica virtù", li definì Alessandro Pizzorno.
In grado di delegittimare un leader, un partito, un'amministrazione.
Tanto più al tempo della " democrazia del pubblico", dove i media e, soprattutto, la televisione hanno costituito il principale spazio della politica. Il centro dell'opinione pubblica.
Da allora, cioè, negli ultimi vent'anni, i " professionisti della giustizia", oltre che garanti, sono divenuti attori politici di primo piano.
Magistrati e avvocati sono, infatti, numerosi: alla Camera e in Senato.
Ma anche fra i sindaci e i governatori.
Oppure, fra i " custodi" della legalità, in occasione di manifestazioni dove l'interesse pubblico si associa a grandi interessi economici e commerciali.
Come l'Expo e le celebrazioni - imminenti - per il Giubileo.
Allora la figura del magistrato, ma anche del prefetto, insomma: del " garante del bene pubblico", è divenuta una soluzione, quasi, obbligata.
Per ragioni di " sfiducia" nei confronti del potere politico.
Per citare un altro filosofo francese, in questo caso contemporaneo, Pierre Rosanvallon,
l'Italia è un caso esemplare di " contro-democrazia".
Che non significa anti-democrazia, ma " democrazia della sorveglianza".
Dove la sfiducia si traduce in controllo democratico.
Esercitata dai magistrati, ma anche da movimenti, comitati e dagli stessi cittadini.
Soprattutto dopo l'avvento di Internet, che è divenuto un canale di controllo e denuncia largamente accessibile e frequentato.
Per questo, il nostro Paese dovrebbe essere considerato una " vera" democrazia. Benjamin Constant ne sarebbe ammirato.
Perché, se la sfiducia è una " virtù democratica", l'Italia dovrebbe essere una democrazia particolarmente virtuosa.
Visto che le istituzioni rappresentative sono sempre più " sfiduciate" dai cittadini. Parlamento, Regioni, Comuni. Perfino la fiducia verso lo Stato oggi non supera il 15% (Sondaggi Demos).
Cioè: la metà rispetto al 2010.
Mentre la fiducia nei partiti - lo abbiamo ripetuto spesso - è ormai scesa al 3%.
D'altronde, oggi, oltre vent'anni dopo Tangentopoli, secondo il 47% degli italiani, la corruzione politica sarebbe più diffusa di allora.
Secondo il 42%: allo stesso modo. Meno del 10% pensa, al contrario, che sia diminuita.
Insomma, partiti e politici: tutti corrotti, proprio come allora.
Anche per questo, da molti anni, per ricoprire cariche e ruoli di amministrazione e di governo, si cercano figure " non politiche".
Come confermano le recenti vicende romane.
Dove al posto del sindaco Ignazio Marino, chirurgo trapiantista, sfiduciato dai consiglieri comunali, è stato nominato commissario Francesco Paolo Tronca, prefetto di Milano. Alla guida dell'Expo.
A Roma era già stato chiamato Franco Gabrielli. Anch'egli prefetto.
In precedenza direttore del Sisde.
Fra i possibili candidati sindaci, si parla di Giovanni Malagò, Alfio Marchini.
Non per caso: " non politici". D'altronde, a Napoli governa De Magistris, in Puglia: Emiliano (già sindaco di Bari). Entrambi magistrati.
A Venezia è divenuto sindaco Luigi Brugnaro, imprenditore. Sfidato da Felice Casson, a lungo magistrato della città.
Il problema, semmai, in Italia, è che la contro-democrazia è " una" faccia della democrazia.
Che è anche " governo".
Ma in Italia l'azione di governo risulta più faticosa del contro-governo.
Non per caso, il Movimento 5 Stelle, percepito dagli elettori come uno strumento di " sorveglianza democratica", secondo i sondaggi, oggi avrebbe superato il 27%.
E si starebbe avvicinando al PdR.
Mentre si assiste al declino dei canali della rappresentanza e della partecipazione.
I corpi intermedi e i partiti: tradizionali canali di formazione della classe politica. E di promozione dei valori e delle domande sociali.
Il trionfo della contro-democrazia, però, sta logorando i suoi stessi protagonisti.
La fiducia nei magistrati, infatti, fra i cittadini, dal 47%, nel 2003, è scesa al 35% nel giugno 2015.
Tuttavia, anche se non è popolare (e neppure populista) affermarlo, io ritengo che una democrazia (rappresentativa) senza partiti non esista.
Non sia " democratica". La politica, i politici: non possono essere rimpiazzati da magistrati, prefetti, imprenditori, giudici, avvocati, chirurghi.
Scelti on demand perché " impolitici".
Senza generare un senso di " vuoto".
D'altronde, 7 persone su 10, in un sondaggio (Demos) di alcuni mesi fa, sostenevano che, in questo clima di confusione, " ci vorrebbe un uomo forte a guidare il Paese".
Matteo Renzi interpreta questi tempi inquieti.
Li traduce " a modo suo".
Per quanto " politico di professione" che rivendica il primato della politica, Renzi: decide (o dice di farlo) " da solo".
È il premier di un governo " personale", il segretario di un partito che non c'è (più).
Alla guida di un Paese dove non ci si fida di nessuno.
Emblema di un presidenzialismo preterintenzionale, che sfida attori e vincoli della contro-democrazia. Specchio di una democrazia liquida. Fin troppo.
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03 novembre 2015
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