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Re: Renzi

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La manovra di Renzi non convince gli italiani
La manovra varata dal Cdm non incanta gli italiani che bocciano la politica economica del governo Renzi


Luca Romano - Dom, 16/10/2016 - 12:15
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La manovra varata dal Cdm non incanta gli italiani che bocciano la politica economica del governo Renzi.


Una politica portata avanti a suon di annunci a cui poi non seguono mia i fatti. E così anche la legge di stabilità tarata sulle esigenze elettorali del premier in vista del referendum del 4 dicembre viene criticata dagli italiani. Secondo un sondaggio di Scenari Politici per l'Huffingtonpost, perr il 38% degli intervistati, infatti, la legge di bilancio, così come predisposta, non è sufficiente e andrebbe modificata.

E se non bastasse altri dati inchiodano il governo. Per 7 italiani su 10 c'è un'economia al palo, che non è ripartita, e una legge di bilancio inadeguata, che non è in grado di mettere in moto la crescita. Per il 35% degli intervistati, l'economia italiana è sempre allo stesso stato, mentre solo il 31% ritiene che la situazione sia migliore rispetto a qualche anno fa. Insomma la televendita andata in onda su Facebook del premier che ha promesso piccole mance elettorali non ha convinto gli italiani che bocciano in modo netto la strategia economica di Padoan e Renzi.
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Pd spaccato pure sulla manovra
D'Alema attacca la legge di Stabilità presentata dal premier: "Ha dato i fondi a chi ha promesso un Sì al referendum"


Luca Romano - Dom, 16/10/2016 - 15:05
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Che quella di Renzi fosse una manovra elettorale lo avevano capito tutti già ieri sera guardando le slide del premier su Facebook.


Promesse, mance e carezze a tutti i settori. A tutti il premier vuole dare un motivo per votare Sì il prossimo 4 dicembre al referendum. Ma è innegabile come la manovra si stata studiata non per la crescita , ma solo per portare una manciata di Sì in più alle urne. il centrodestra con Brunetta prima e con Salvini poi ha ampiamente smontato la legge di bilancio presentata dal governo e che adesso attende una risposta da Bruxelles. Ma le voci critiche adesso arrivano anche dal Pd, che tra correnti e correntine, ricordiamo è pur sempre il partito di maggioranza e del premier. A guidare il fronte critico contro la manovra del premier è Massimo D'Alema.

La manovra "prevede molte distribuzioni di bonus, in qualche caso giuste, positive, come ai pensionati. Si dà qualcosina ai pensionati e tantissimo agli industriali. Ma del resto Confindustria si era gia schierata per il Sì e quindi è pure giusto che avesse i suoi ritorni... E' una finanziaria abbastanza elettorale", afferma l'ex premier in un'intervista a In Mezz'Ora di Lucia Annunziata. Poi "Baffino" ribadisce il suo "No" al referendum: "Io non metto insieme nessuno penso che, come naturale, il 'no' sia traversale. Ce ne saranno tanti anche con diverse motivazioni. Mi sembra più grave che si governi con chi ti è sempre stato contrario e muove da principi diversi dai tuoi". E a pungere Renzi sulla manovra è stato anche Pierluigi Bersani che sulla chiusura di Equitalia afferma: "Il problema non è se e come si rottama Equitalia. Il problema è se si rottamano equità e fedeltà fiscali. Guarderò a quelle norme - aggiunge l'ex segretario Pd - con grande attenzione". Infine critiche arrivano anche da Sinistra Italia: "Nella Legge di Bilancio presentata dal presidente del Consiglio Renzi ci sono miliardi per tutti. Ottimo! Quest'anno Babbo Natale è arrivato in anticipo", ha affermato Stefano Fassina. "Nessun taglio al welfare, nessun aumento di tasse. Assenti i 16 miliardi di coperture necessarie per il 2017 per raggiungere il 2% di deficit programmatico. Vuol dire che dovremo ridefinire il Def, dato che il deficit così supera largamente il 3% del Pil. Finalmente un po' di ossigeno all'economia anche se continuano a esserci briciole per gli investimenti pubblici, l'unica variabile decisiva per la ripresa economica e l'occupazione di qualità", sottolinea Fassina.
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Sms, urla e divieti. Tra Renzi e Boschi è faida
Il premier non si fida più: “Non so come fare”

Da Etruria al referendum, dal viaggio in Argentina al caso dell’ospitata a La7 inizialmente annullata
Fino al gelo tra i due in aula a Montecitorio, il 12 ottobre. La ministra commissariata, l’ombra di Lotti
Foto Roberto Monaldo / LaPresse
20-01-2016 Roma
Politica

Referendum Costituzionale
Governo e corazzata del Sì hanno una profonda quanto vistosa crepa. La meno prevedibile: tra il gran capo Matteo Renzi e l’ormai ex pupilla Maria Elena Boschi. Un’immagine imprime alla perfezione lo stato dei rapporti tra i due, è quella scattata alla Camera la mattina di mercoledì 12 ottobre durante l’intervento in aula del premier sul Consiglio europeo. Boschi non siede al fianco di Renzi, ma al lato estremo dei banchi. Una scena mai vista. Lei lo accusa di non averla difesa in tv, lui non si fida più della sua “resa mediatica” (infatti la ministra è sparita dalla tv). In un messaggio lo scorso 5 ottobre il premier si lamentava: “Non so più come fare”
di Carlo Tecce e Davide Vecchi
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LIBRE news

I poteri forti voglion sfrattare Renzi. Il motivo? Terrificante

Scritto il 17/10/16 • nella Categoria: idee Condividi


Tutto cominciò cinque anni fa alla Leopolda quando sul palcoscenico della stazione ferroviaria di Firenze si affacciava quello che all’epoca era considerato poco più di un giovanotto rampante e piuttosto arrogante, uno di quelli con la parlata svelta ma che non si preoccupa troppo di quello che dice. Matteo Renzi esordiva così nella politica italiana, parlando della necessità di una rottamazione della vecchia classe dirigente del Pd, incapace di interpretare al meglio i cambiamenti del futuro e ormai troppo legata ad un passato fatto di effigi e simboli che non appartengono più alla sinistra moderna. Dentro il Pd, non fu accolto bene. D’Alema, Marini e Bersani non hanno mai visto con favore l’avvento di questo giovane spregiudicato e arrampicatore, ma hanno ingoiato il rospo della sua ascesa perché così era stato deciso dai piani alti dell’Europa e di Washington. Quando Renzi venne scelto come sostituto di Enrico Letta, l’intera stampa italiana e internazionale si schierò tutta come un sol uomo a favore dell’ex sindaco di Firenze. La presenza del rottamatore nei media era bulimica, e invadeva tutti gli spazi delle principali reti nazionali a ogni ora del giorno.Confindustria e De Benedetti ne decantavano le lodi, vedevano nella sua figura l’uomo che avrebbe una volta per tutte infranto quei tabù che tutti i governi precedenti non avevano osato sfidare. È stato così per la riforma dell’articolo 18, un passaggio storico che ha inferto un duro colpo al già provato edificio dello Stato sociale e ha concesso un potere ancora maggiore al grande capitale dell’industria italiana. Nessuno era riuscito in questo, né i vecchi ex compagni di una volta come D’Alema avrebbero potuto riuscirci. Il motivo è apparentemente intuitivo quanto semplice: per approvare delle riforme del genere occorreva costruire un logos di novità, di immagine giovane e fresca di cui la classe dirigente del Pd era del tutto priva. I media hanno contribuito e alimentato quel logos falso e artificiale per permettere di descrivere le riforme renziane come un enorme passo in avanti per la società italiana, quando esse rappresentano un salto all’indietro di 60 anni, azzerando decenni di conquiste e lotte sindacali.Da qui la fiducia in bianco al rottamatore da tutti gli ambienti che contano: dalla finanza anglosassone per mezzo del “Financial Times”, dalla cancelliera Angela Merkel che vedeva in Renzi una garanzia che l’Italia non violasse il teorema dell’austerità e rimanesse ben salda all’euro, fino alle istituzioni europee sicure che il Belpaese nelle mani del governo Renzi non fosse più una minaccia per la stabilità dell’Ue. Ora l’idillio sembra essere finito. La Commissione Europea solamente pochi mesi fa ha descritto Renzi come un personaggio «inaffidabile», l’ingegner De Benedetti si schiera per il No al referendum e il “Financial Times” condanna la riforma costituzionale definendola come «un ponte verso il nulla». Dunque il potere attrattivo dell’uomo nuovo sembra esaurito, gli ambienti un tempo di casa lo considerano ora un ospite indesiderato al quale va mostrata l’uscita per fare spazio ad altri invitati più graditi. Se dunque gli sponsor di Renzi gli voltano le spalle, e preferiscono schierarsi apertamente per il No al referendum, appare evidente che l’intenzione è quella di provocare un cambio nella politica italiana.Sebbene le riforme costituzionali siano state pensate principalmente per dare ancora più potere alle istituzioni europee e abrogare il titolo V (ultimo ostacolo per le privatizzazioni delle municipalizzate ancora in mano agli enti locali) i poteri esteri e italiani preferiscono adesso votare No per favorire così una probabile crisi di governo i cui esiti porteranno a tutto tranne che a elezioni anticipate. Negli anni passati il Quirinale ha sempre rimandato l’opzione delle urne, viste come fonte di instabilità dai mercati, e ha preferito sempre cercare una soluzione per mantenere in vita la legislatura. Da Monti in poi, è stato impedito ai cittadini italiani di potersi esprimere nel nome di logiche sovranazionali che chiedevano la prosecuzione delle legislature, così da mantenere inalterato lo status quo e guadagnare terreno sullo smantellamento dello Stato sociale italiano.Ora però per continuare su quel cammino è necessario un altro cambio perché il tempo di Renzi è finito. E il referendum pare quasi diventato lo strumento migliore per dare il benservito a Renzi. In caso di un’eventuale sconfitta al referendum farà di tutto per restare al suo posto ma non ci riuscirà. È molto più probabile l’entrata in scena di un governo tecnico o di larghe intese: in entrambi i casi sarebbero approvate altre “riforme” che il premier precedente governo non aveva la forza di approvare. Il cammino degli ultimi 5 anni è stato così, si designa un premier dall’esterno e si giustifica la sua ascesa con la situazione interna di emergenza indotta. Una volta che lo scopo è stato raggiunto e occorre passare alla fase successiva, gli si dà il benservito e si passa al nuovo personaggio da sostenere, che può essere anche un vecchio riciclato. Monti, Letta e Renzi sono saliti al potere con questo schema. Chi verrà dopo di loro dovrà portare a termine il lavoro iniziato da questi. Svendere completamente gli asset più importanti dello Stato e aggredire il risparmio degli italiani.
(Paolo Becchi e Cesare Sacchetti, “Ai poteri forti serve un nuovo governo. Il motivo? Terrificante”, da “Il Giornale” del 7 ottobre 2016).
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SONO TORNATI QUELLI DEL VENTENNIO DEL NOVECENTO. NON INDOSSANO LA CAMICIA NERA, MA SONO STRUTTURALMENTE GLI STESSI.


CINEGIORNALE LUCE MATTEO SE LA CANTA E SE LA SUONA »TOMMASO RODANO

UNO STRANO concetto di “bagarre parlamentare”, quello dei tg Rai. Renzi viene contestato in aula, ma nei servizi girati a Montecitorio si sente solo la replica del premier. Al telespettatore frastornato manca un passaggio: cosa avranno detto le opposizioni? Succedeil12 ottobre:il capo del governo interviene alla Camera in vista del Consiglio europeo.PrendiamoilTg1 delleore13.30.Lapresenta
trice introduce: “Bagarre in aula, con la dura replica diRenzi alle opposizioni:‘Sul referendum fate come volete, ma rispettate la democ ra z i a ’”. Nel servizio, il giornalista racconta: “Sale la tensione, al premier arrivano gli attacchi di 5Stelle, Lega e Forza Italia su banche, referendum, economia”. Cosa dicono? Non si sa. Ma scopriamocheRenzi “rispondepuntosupunto achi– come Brunetta e M5S parla di ‘democrazia 2.0’”. Per il
resto, deldibattito siconosce soloil discorsodel premier, senza alcuna replica. Il M5S ha presentato un duplice esposto ad Agcom e Ordine dei giornalisti nei confronti di Tg1 e Tg2 (per i notiziari delle ore 13, 13.30, 20 e20.30 del 12 ottobre).Non sono casiisolati: “Da diverse settimane–silegge –è possibileriscontrare (...) una preponderanza dei membri del governo nell’informazione diffusa dalla concessionaria pubblica (...) sia sul piano quantitativo che qualitativo”.
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Manovra, battaglia con la Ue. E Renzi si gioca la carta migranti
La manovra sul tavolo di Bruxelles. Renzi prova a prendersi più flessibilità: "Basta egoismi, diano una mano sui migranti". Ma è scontro: la Ue sul piede di guerra minaccia ritorsioni


Sergio Rame - Lun, 17/10/2016 - 11:07
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A Bruxelles il pressing è già iniziato. I vertici dell'Unione europea hanno già chiesto a Matteo Renzi di modificare la manovra tagliando il deficit di almeno 1,6 miliardi di euro.


Una richiesta avanzata dal presidente della Commissione Ue, Jean-Claude Juncker, e dal presidente dell'Europarlamento, Martin Schulz, già a Bratislava. "Il massimo di deficit che ti possiamo concedere - avevano detto a Renzi - è il 2,2%, di più è impossibile". Bruxelles non intende, insomma, approvare la legge di Bilancio se il governo non la limerà di un decimale il deficit del 2,3% approvato sabato scorso dal Consiglio dei ministri.

"Borbottano tutti, ce ne faremo una ragione - si lamenta Renzi - mi si dica invece 'sì' o 'no' sulle singole misure. A forza di 'no' non si va da nessuna parte". L'Unione europea avrebbe già comunicato ai tecnici del governo tutti i dubbi su una manovra che si prende troppi margini di flessibilità. Il negoziato tra Bruxelles e Roma, che dovrà concludersi nel giro di pochi giorni, ha già messo al lavoro il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan. Se riporterà il deficit al 2,2%, l'Ue sarà disposta (come concordato nelle scorse settimane) a spostare a dicembre il giudizio sulla manovra per non interferire sul referendum costituzionale. Se invece il governo non tornerà sui suoi passi, la Ue non solo boccerà la manovra ma toglierà anche i 19 miliardi di flessibilità accordati nel 2015-2016 il cui via libera definitivo è legato alla compatibilità della nuova legge di Bilancio con i target europei. A quel punto i conti italiani uscirebbero dai parametri e la Commissione Ue potrebbe aprire una procedura d'infrazione che esporrebbe l'Italia agli attacchi degli speculatori finanziari.

Padoan sembra sicuro, alla fine, di riuscire a spuntare il 2,3% . Nel frattempo Renzi, in chiaro, prova a giocarsi la carta dell'accoglienza dei migranti. "Il meccanismo sull'immigrazione va cambiato, innanzitutto in Europa - mette in chiaro il premier ai microfoni di Radio 105 - non si può continuare a fare il festival dell'egoismo, nei prossimi mesi questo sarà un argomento decisivo". Dagli studi di Agorà arriva lo stesso messaggio. A lanciarlo è il ministro dell'Interno Angelino Alfano: "Noi (in tema di migranti, ndr) abbiamo fatto tutto quello che ci eravamo impegnati a fare, l'Europa invece ci ha tirato un 'bidone' dal punto di vista della solidarietà concordata a fronte del nostro impegno". A questo punto, è il ragionamento del titolare del Viminale, "se l'Europa ci ha dato da gestire l'intera vicenda, allora ci paghi. Questa cosa Renzi e io la stiamo negoziando ai rispettivi livelli". L'obiettivo del governo, insomma, non è risolvere l'emergenza immigrazione ma ottenere più soldi per coprire le proprie politiche.
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Re: Renzi

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UN PROBLEMA DI NEURO PSICHIATRIA

VERAMENTE NON E' SOLO IL JOBS ACT CHE NON FUNZIONA, MA E' TUTTA L'ITALIA CHE NON FUNZIONA CON QUESTO GOVERNO CHE RACCONTA GIGA BALLE GIGA GALATTICHE




L'Inps affossa il Jobs Act: crollano le assunzioni
Il Jobs Act a quanto pare continua a fare acqua da tutte le parti: -32 per cento di assunzioni a tempo indeterminato nei primi 8 mesi 2016


Luca Romano - Mar, 18/10/2016 - 12:17
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Il governo predica crescita e la realtà invece mostra come il Paese sia fermo.


Il Jobs Act a quanto pare continua a fare acqua da tutte le parti. E a testimoniare una crescita ferma e un'occupazione in calo arrivano i dati dell'Inps sui primi 8 mesi del 2016 che fanno registrare un -32,9 per cento nelle assunzioni con un contratto a tempo indeterminato. "Complessivamente le assunzioni, riferite ai soli datori di lavoro privati, nel periodo gennaio-agosto 2016 sono risultate 3.782.000, con una riduzione di 351.000 unità rispetto al corrispondente periodo del 2015 (-8,5%). Nel complesso delle assunzioni sono comprese anche le assunzioni stagionali (447.000). Il rallentamento delle assunzioni ha riguardato principalmente i contratti a tempo indeterminato: -395.000, pari a -32,9% rispetto ai primi otto mesi del 2015.

Come già segnalato nell’ambito dei precedenti aggiornamenti dell’Osservatorio, sottolinea l’Inps, «il calo va considerato in relazione al forte incremento delle assunzioni a tempo indeterminato registrato nel 2015, anno in cui potevano beneficiare dell’abbattimento integrale dei contributi previdenziali a carico del datore di lavoro per un periodo di tre anni. Analoghe considerazioni possono essere sviluppate per la contrazione del flusso di trasformazioni a tempo indeterminato (-35,4%)", afferma in una nota l'Osservatorio sul precariato dell'Istituto di previdenza sociale. La musica però cambia leggermente per i contratti a termine e quelli di apprendistato. Per i contratti a tempo determinato, nei primi otto mesi del 2016, si registrano 2.385.000 assunzioni, in aumento sia sul 2015 (+2,5%), sia sul 2014 (+5,5%). Per i contratti in apprendistato si osserva una crescita, rispetto all’analogo periodo del 2015, del 18,0%. I contratti stagionali invece registrano una riduzione del 7,4%. In relazione all’analogo periodo del 2015, le cessazioni nel complesso, comprensive anche dei rapporti di lavoro stagionale, risultano diminuite del 7,3%. La riduzione è più consistente per i contratti a tempo indeterminato (-8,3%) che per quelli a tempo determinato (-5,2%).
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Re: Renzi

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LA SOCIOLOGIA NON BASTA PER CAPIRE COSA STA SUCCEDENDO AL BEL PAESE.

Sociologia
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

La sociologia è la scienza sociale che studia i fenomeni della società umana,[1] indagando i loro effetti e le loro cause, in rapporto con l'individuo e il gruppo sociale. Un'altra definizione, più restrittiva, definisce la sociologia come lo studio scientifico della società.[2]
Altre definizioni storiche includono quella di Auguste Comte, che la definisce uno strumento di azione sociale, quella di Émile Durkheim, cioè la scienza dei fatti e dei rapporti sociali,[3] infine quella di Max Weber, scienza che punta alla comprensione interpretativa dell'azione sociale (interpretativismo).[4]



PER QUALE MOTIVO BUONA PARTE DEGLI ITALIANI, ACCETTANO LE SCEMENZE DI PINOCCHIO MUSSOLONI??????????

E’ COMPRENSIBILE, MA NON ACCETTABILE, CHE AL SUO ESORDIO NELLA POLITICA NAZIONALE SPARASSE BALLE GIGA SPAZIALI. MA NON E’ COMPRENSIBILE NE’ ACCETTABILE CHE DOPO DUE ANNI E MEZZO DI SUPER GIGA BALLE MEGAGALATTICHE, MAI MANTENUTE, UNA PARTE DI ITALIANI CI CREDA ANCORA.

DAL PUNTO DI VISTA SCIENTIFICO NON REGGE.


Effetto Jobs Act: meno assunti, più licenziati
Posti di lavoro persi per giusta causa +31%

Nei primi otto mesi del 2016, dopo l’anno degli incentivi, le nuove assunzioni sono calate di 351mila unità
Intanto i licenziamenti disciplinari sono aumentati del 28%. In salita anche quelli per giusta causa
jobs PP 990
Lavoro & Precari
Dopo il taglio degli sgravi, sul mercato del lavoro si fa sentire appieno l’effetto del Jobs Act: meno assunzioni e più licenziamenti. L’effetto principale della riforma del lavoro voluta da Matteo Renzi è tutto nei dati forniti nell’Osservatorio sul precariato dell’Inps relativo ai primi otto mesi dell’anno. E che dimostrano come, una volta eliminato di fatto l’articolo 18 e finiti gli incentivi per la creazione di nuovi posti di lavoro, il trend è tutto tranne che positivo: -8,5% di assunzioni e +31% di licenziamenti rispetto ai primi otto mesi del 2015. Arrivano al 28% in più, inoltre, i licenziamenti disciplinari
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Re: Renzi

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....MA COME SONO FATTI STI ITALIANI?????????......



RENZI ALLUNGA LA MANCIA PER COMPRARSI IL “SÌ” AL REFERENDUM DEGLI ITALIANI ALL’ESTERO: 50 MILIONI PER IL “PIANO STRAORDINARIO” PER PROMUOVERE LA NOSTRA CULTURA NEL MONDO


- I RESIDENTI ALL'ESTERO UFFICIALI, CIOÈ ISCRITTI ALL'AIRE, SONO 4 MILIONI E ALL'ULTIMO REFERENDUM HANNO VOTATO IN 780 MILA



Giuseppe Marino per “il Giornale”

In Svizzera il duello è fratricida: sono due gli eletti nella circoscrizione Estero, entrambi del Pd. Ed entrambi stanno battendo a tappeto le comunità italiane per spingerle a votare al referendum. Solo che uno, Alessio Tacconi, fa propaganda per il Sì, l' altro, Claudio Micheloni, tira la volata al No. Dopo la legge di Bilancio però, l'alfiere di Renzi avrà un'arma in più e non da poco: una bisaccia gonfia di euro.

Nella manovra appena annunciata, il governo ha inserito anche uno stanziamento di 50 milioni dedicati, ha fatto sapere Palazzo Chigi, a promuovere un fantomatico piano straordinario per la promozione della scienza e della cultura italiana all'estero. Un progetto di cui non si sa nulla, tranne la cifra messa sul tavolo. Troppo poco per un serio piano di promozione del Made in Italy, ma una cifra appetibile se invece è una mancia da distribuire alle cordate che stanno lavorando alacremente per sostenere il Sì al referendum anche oltre frontiera.


Che per il governo la caccia ai voti «esteri» sia una partita importante, non c' è alcun dubbio. I residenti all' estero ufficiali, cioè iscritti all' Aire, sono 4 milioni e all' ultimo referendum hanno votato in 780mila. Ma si stima che per il referendum costituzionale si possa arrivare a un milione di voti. Un pacchetto che potrebbe fare la differenza.

E tra l' altro il voto a distanza sarà espresso in anticipo di una ventina di giorni rispetto alla data del 4 dicembre, quando si apriranno le urne sul suolo patrio, e può partecipare solo chi si è registrato in anticipo. Ecco perché da settimane i big del Pd stanno andando in tournée presso le comunità italiane più numerose.


Maria Elena Boschi ha trascorso cinque giorni in America Latina, provocando le proteste dei Cinque Stelle secondo cui, dietro la facciata degli incontri istituzionali, il ministro per le Riforme si è spesa in comizi tra i connazionali di Argentina, Uruguay, Brasile. Proprio come sta facendo un altro renzianissimo, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Sandro Gozi che, come riporta il sito web Linkiesta, ha tenuto una serie di incontri nel Regno Unito, il cui scopo vero è piuttosto evidente, visto che a Londra, dopo un incontro con il sindaco Sadiq Khan, ha «concluso la sua missione con un incontro con studenti e comunità italiana al Kings College per parlare del referendum costituzionale del prossimo 4 dicembre».

Versione ufficiale, riportato sul sito dell' ambasciata italiana a Londra. In Canada, accusano i grillini, l' ambasciatore è stato coinvolto in un convegno pro referendum organizzato dal Pd. Uso spregiudicato di soldi pubblici a fini elettorali, denunciano le opposizioni. Proprio come i 50 milioni per «la cultura italiana all' estero» inseriti nella manovra, laddove di solito si taglia e basta. Chissà che ora ad esempio non si riesca a salvare la «Casa Italia» di Lucerna, destinata a chiudere come già quella di Locarno. Così oltre frontiera lo slogan renziano «Se voti No, non cambia nulla», cambia in «Se voti Sì, passi all' incasso».
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Re: Renzi

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18 OTT 2016 12:48
TUTTI I REGALI DI RENZI AI BANCHIERI

- DALL’ETRURIA DEGLI BOSCHI AGLI SCONTI FISCALI PER UN MILIARDO - GLI AZIONISTI TRUFFATI NON POTRANNO PIU’ CITARE IN GIUDIZIO GLI AMMINISTRATORI

- GUADAGNI IN VISTA PER GLI ISTITUTI ANCHE CON L’ANTICIPO PREVIDENZIALE



Maurizio Belpietro per “La Verità”

Nei suoi primi giorni a Palazzo Chigi, Matteo Renzi annunciò agli italiani che avrebbe fatto una riforma al mese, promettendo di cambiare verso all' Italia. Dopo due anni e mezzo, di alcune di quelle riforme si è persa traccia, mentre di altre si è visto solo il titolo o il primo capitolo, ma quasi mai la fine. In compenso il presidente del Consiglio ha fatto una legge ogni due mesi per le banche, favorendole in ogni modo e spesso oltre il dovuto.

È noto a tutti quanto successo con le Popolari, in particolare con la banca vice presieduta dal papà del ministro delle Riforme, Maria Elena Boschi: inserita tra le dieci da privatizzare, venne subito premiata da una fiammata speculativa, spenta solo dopo giorni, quando arrivò il momento della trasparenza e del commissariamento a causa di una serie di irregolarità che l' hanno portata alla liquidazione. Meno noti rispetto alla riforma delle Popolari sono però altri provvedimenti, che agli istituti di credito hanno fatto altri generosi regali.


Il primo fu varato contestualmente al cosiddetto salvataggio della banca tanto cara al Giglio magico. Già, perché far intervenire gli istituti di credito ed evitare il fallimento della Popolare di Arezzo non è stato gratis per le finanze pubbliche.

Renzi infatti ha dovuto consentire ai banchieri di poter dedurre le perdite dalle tasse in un solo anno, mentre prima la deduzione era spalmata su un decennio. Sintetizzato in due parole, significa che il Fisco ha rinunciato a un bel po' di quattrini e gli istituti di credito ne hanno risparmiati altrettanti, evitando di versarli nelle casse pubbliche.

Una defiscalizzazione che vale quasi un miliardo, ma che era dovuta, come sostiene il premier ogni volta che qualcuno tocca il nervo scoperto del crac della banca in cui lavorava mezza famiglia Boschi. Può darsi che lo sgravio fosse obbligato, ma certo oltre allo sconto non era necessaria la norma salvabanchieri, ossia una clausola che impedisce agli azionisti truffati di citare in giudizio i precedenti amministratori, assoggettando ad un via libera del governatore della Banca d' Italia il sacrosanto diritto di far causa ai consiglieri.


Tuttavia, nonostante non si sentisse la mancanza di questo scudo, la salvabanchieri è diventata legge anche se non era prevista dall' ordinamento europeo. Come spiegano gli articoli in queste pagine, poi ci sono state la riforma delle banche cooperative di credito, che guarda caso sembra ritagliata su misura per alcuni istituti toscani, dopo di che è arrivata la garanzia statale sulla cartolarizzazione dei debiti morosi della cosiddetta bad bank, ovvero una specie di paracadute per chi si farà carico di liberare gli istituti di credito dal peso dei finanziamenti incagliati.

Non è tutto. Di recente il governo ha consentito la reintroduzione dell' anatocismo, ovvero della pratica che fa pagare gli interessi sugli interessi, meccanismo già dichiarato fuorilegge nel passato ma voluto dalle banche, che hanno tentato in ogni modo di reintrodurlo a carico dei clienti.


È tutto? Ma neanche per sogno. Per dare un aiuto agli istituti di credito, Renzi si prepara a finanziare gli ammortizzatori bancari. In pratica si tratta di una cassa integrazione (e anche di fondi per i prepensionamenti) a vantaggio degli impiegati allo sportello, ma soprattutto dei banchieri, i quali in questo modo potranno ridurre il personale a spese della collettività.

Tra le novità che fanno piacere alle banche ci sono poi altre due misure appena annunciate dalla nuova finanziaria.

La prima è la cosiddetta Ape, ovvero l' anticipo pensionistico, che sarà finanziato dagli istituti di credito e ovviamente non a tasso zero. Di fatto ci si è inventati il mutuo sulla pensione: una rata sicura a carico di chi si ritira dal lavoro. Poi viene il fondo di garanzia per le imprese, che serve certamente alle piccole e medie aziende, e tuttavia ai soliti banchieri, i quali potranno dormire tra due guanciali grazie ai nuovi affari.


Dall' elenco dimenticavamo il codicillo che ha reso più facile mettere all' asta le case di chi non riesce a pagare la rata del mutuo. Basta ritardare di versare anche di pochi giorni per 18 volte nell' arco del periodo e l' alloggio finisce al miglior offerente senza neanche passare dal giudice.

E ancora vi chiedete perché tutti i banchieri tifino Renzi e non vedano l' ora che gli italiani gli regalino una Costituzione fatta apposta per lui?
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