Re: Come se ne viene fuori ?
Inviato: 15/08/2017, 15:06
Durante la telefonata fattami stamani dall’amico G., parlando della situazione italiana in generale, mi ha comunicato che sulle spiagge del litorale romano, circola una voce unica:
“Ci vuole l’uomo forte”
Se questo Paese è conciato da sbatter via, lo deve al progetto di questo signore:
https://it.wikipedia.org/wiki/Licio_Gelli
Licio Gelli
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Licio Gelli (Pistoia, 21 aprile 1919 – Arezzo, 15 dicembre 2015[1]) è stato un imprenditore e faccendiere italiano, principalmente noto come maestro venerabile della loggia massonica segreta P2[2][3]. Fu condannato per depistaggio delle indagini della strage di Bologna del 1980. Dopo essere stato detenuto in Svizzera e Francia, è vissuto ad Arezzo, a Villa Wanda.
Biografia
Le origini e l'adesione al fascismo
Figlio di un mugnaio, Licio Gelli nacque a Pistoia il 21 aprile 1919. A diciotto anni Gelli partì volontario nel 735mo battaglione Camicie Nere per partecipare alla Guerra civile spagnola in aiuto delle truppe nazionaliste del generale Francisco Franco. Proprio nei combattimenti di Malaga morì il fratello maggiore Raffaello.
Nel 1939 tornò a Pistoia e narrò a puntate la sua esperienza di guerra sul "Ferruccio", il settimanale della locale federazione fascista. Puntate che poi raccolse in un volume (dodici lire il prezzo di copertina, cinquecento copie in tutto) dal titolo Fuoco! Cronache legionarie della insurrezione antibolscevica di Spagna.
Diventò quindi impiegato del GUF, ma all'università non approdò mai.
Tessera di Gelli appartenente ad una delle organizzazioni del PNF (1941)
Vedi: https://it.wikipedia.org/wiki/Licio_Gelli
Nel luglio 1942, in qualità di ispettore del Partito Nazionale Fascista, gli fu affidato l'incarico di trasportare in Italia il tesoro di re Pietro II di Jugoslavia, requisito dal Servizio Informazioni Militare: in tutto, 60 tonnellate di lingotti d'oro, 2 di monete antiche, 6 milioni di dollari, 2 milioni di sterline. Nel 1947, quando il tesoro venne restituito alla Jugoslavia, mancavano 20 tonnellate di lingotti: è stata fatta l'ipotesi, sempre smentita da Gelli, che lui li avesse trasferiti al tempo in Argentina e che parte di queste 20 tonnellate sarebbero tra i preziosi ritrovati nelle fioriere di villa Wanda.[4]
Dopo l'8 settembre 1943 aderì alla Repubblica di Salò e conseguentemente divenne un ufficiale di collegamento fra il governo fascista e il Terzo Reich. Quando tuttavia la vittoria della guerra cominciò a rivelarsi impossibile per i nazi-fascisti, Gelli aderì al movimento partigiano. I contatti e le conoscenze abilmente acquisite mentre militava tra i fascisti gli consentirono di effettuare con efficacia il doppio gioco: cominciò quindi a trafugare e distribuire di nascosto ai partigiani i lasciapassare rossi della Kommandatura, e fornire ai suoi superiori informazioni fuorvianti per i rastrellamenti che erano in corso sugli Appennini.
Insieme al partigiano pistoiese Silvano Fedi, che in seguito venne ucciso in circostanze poco chiare, partecipò alla liberazione di prigionieri politici dal carcere delle Ville Sbertoli, organizzata dal Fedi e dalla sua brigata, della quale facevano parte Enzo Capecchi e Artese Benesperi che furono gli artefici dell'azione[5]. Il 16 dicembre 1944 sposò Wanda Vannacci (nata a Pistoia 31 gennaio 1926 e morta il 14 giugno 1993) dalla quale ebbe quattro figli, Raffaello (nato a Pistoia il 28 giugno 1947), Maria Rosa (nata a Pistoia il 22 dicembre 1952), Maria Grazia (nata a Pistoia il 9 settembre 1956 e deceduta a Firenze il 21 giugno 1988) e Maurizio (nato a Pistoia il 25 ottobre 1959)[6].
Dopo la seconda guerra mondiale
Dopo la seconda guerra mondiale, si ipotizza che Gelli si sia arruolato nella CIA, su raccomandazione dei servizi segreti italiani (ma tale ipotesi non è stata verificata). In ogni caso, fu messo in stretta relazione da Edward Herman con Michael Ledeen, che è da molti ritenuto uno stretto collaboratore o un agente della CIA[7]. Fu un collaboratore delle agenzie di intelligence britanniche e americane.
Nel 1956 Gelli diventa direttore commerciale della Permaflex di Frosinone, in area di Cassa per il Mezzogiorno. Durante la sua direzione lo stabilimento diviene un via vai di politici, ministri, vescovi e generali.[8] Dal 1948 al 1958, Gelli fu portaborse del deputato democristiano Romolo Diecidue, eletto nel collegio di Firenze-Pistoia.
Iniziato alla massoneria (1963), in breve tempo ne scalò i gradi principali, fino a diventare maestro venerabile della loggia Propaganda 2 (detta P2); tra il 1970 e il 1981 riuscì a iniziare alla P2 un consistente numero di soggetti titolari di cariche politiche ed amministrative, i nomi di alcuni dei quali sarebbero stati noti soltanto ("all'orecchio") di Gelli. Benché per molti si trattasse soltanto di un'ulteriore e ben frequentata sede di affarismo politico, nel corso degli anni settanta la P2 si sarebbe qualificata per aver concentrato i protagonisti di un disegno eversivo, di cui fu traccia il "piano di rinascita democratica" redatto da Francesco Cosentino su istruzioni dello stesso Gelli.
Questi nel 1970 avrebbe dovuto arrestare il Presidente della Repubblica Giuseppe Saragat, nell'ambito del fallito Golpe Borghese; Gelli ha sempre smentito questa ipotesi. Gelli è stato accusato di aver avuto un ruolo preminente nell'Operazione Gladio, una struttura clandestina di tipo "stay-behind", promossa dalla NATO e finanziata in parte dalla CIA allo scopo di contrastare l'influenza comunista in Italia, così come negli altri paesi europei. L'affaire Gladio è stato affrontato (anche giudizialmente) senza collegamenti diretti alla questione P2.
Gelli ripetutamente dichiarò in pubblico di essere stato uno stretto amico del leader argentino Juan Domingo Perón – e spesso ha affermato che tale amicizia è stata veramente importante per l'Italia, senza però aver mai spiegato perché – e proprio molti esponenti della camarilla di potere dell'ultimo peronismo, così come del golpismo uruguayano degli anni settanta, risultarono iscritti alla sua loggia massonica.
Gelli fu creato conte sul cognome dall'ex re Umberto II d'Italia, con Regie Lettere Patenti di concessione del 10 luglio 1980[9]. Gli venne concesso altresì il seguente stemma: "trinciato, alla catena d'oro sulla partizione; di rosso all'elmo piumato d'oro; d'azzurro alla croce latina d'oro, accompagnato da tre stelle d'argento a quattro raggi, male ordinate" con il motto "Virtute progredior"[10].
La lista P2
Lo stesso argomento in dettaglio: P2.
« Con la P2 avevamo l'Italia in mano. Con noi c'era l'Esercito, la Guardia di Finanza, la Polizia, tutte nettamente comandate da appartenenti alla Loggia. »
(Licio Gelli[11])
Il 17 marzo 1981, i giudici istruttori Gherardo Colombo e Giuliano Turone, nell'ambito di un'inchiesta sul finto rapimento del finanziere Michele Sindona, fecero perquisire la villa di Gelli a Castiglion Fibocchi (AR) e la fabbrica di sua proprietà (la Giole, sempre a Castiglion Fibocchi), che portò alla scoperta di una lunga lista di alti ufficiali delle forze armate e di funzionari pubblici aderenti alla P2[12]. La lista, la cui esistenza era presto divenuta celebre grazie ai media, includeva anche l'intero gruppo dirigente dei servizi segreti italiani, parlamentari, industriali, giornalisti e personaggi facoltosi come il più volte Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi (a quel tempo non ancora in politica), Vittorio Emanuele di Savoia, Fabrizio Cicchitto e Maurizio Costanzo. Vi sono molti elementi, a partire dalla numerazione, che lasciano tuttavia ritenere che la lista rinvenuta fosse incompleta.
In fuga, Licio Gelli scappò in Svizzera, dove fu arrestato, il 13 settembre ’82, mentre cercava di ritirare decine di migliaia di dollari a Ginevra, ma, il 10 agosto '83, riuscì ad evadere dalla prigione.[13] Fuggì quindi in Sudamerica, prima di costituirsi nel 1987. Lo scandalo nazionale conseguente alla scoperta delle liste fu quasi drammatico, dato che molte delle più delicate cariche della Repubblica Italiana erano occupate da affiliati all'organizzazione di Gelli. La corte centrale del Grande Oriente d'Italia, con una sentenza del 31 ottobre 1981, decretò l'espulsione del Gelli dall'Ordine massonico. Il Parlamento italiano approvò in tempi rapidi una legge per mettere al bando le associazioni segrete in Italia e contemporaneamente (dicembre 1981), venne creata una commissione parlamentare d'inchiesta, presieduta dalla deputata Tina Anselmi (della Democrazia Cristiana), che riferirà al parlamento dopo 2 anni e mezzo di lavori.
Nelle conclusioni della relazione di maggioranza di questa commissione sulla P2 e su Gelli si legge:
« L'esame degli avvenimenti ed i collegamenti che tra essi è possibile instaurare sulla scorta delle conoscenze in nostro possesso portano infatti a due conclusioni che la Commissione ritiene di poter sottoporre all'esame del Parlamento.
La prima è in ordine all'ampiezza ed alla gravità del fenomeno che coinvolge, ad ogni livello di responsabilità, gli aspetti più qualificati della vita nazionale. Abbiamo infatti riscontrato che la Loggia P2 entra come elemento di peso decisivo in vicende finanziarie, quella Sindona e quella Calvi, che hanno interessato il mondo economico italiano in modo determinante. [...] La seconda conclusione alla quale siamo pervenuti è che in questa vasta e complessa operazione può essere riconosciuto un disegno generale di innegabile valore politico; un disegno cioè che non solo ha in se stesso intrinsecamente valore politico - ed altrimenti non potrebbe essere, per il livello al quale si pone - ma risponde, nella sua genesi come nelle sue finalità ultime, a criteri obiettivamente politici.
Le due conclusioni alle quali siamo pervenuti ci pongono pertanto di fronte ad un ultimo concludente interrogativo: è ragionevole chiedersi se non esista sproporzione tra l'operazione complessiva ed il personaggio che di essa appare interprete principale. È questa una sorta di quadratura del cerchio tra l'uomo in sé considerato ed il frutto della sua attività, che ci mostra come la vera sproporzione stia non nel comparare il fenomeno della Loggia P2 a Licio Gelli, storicamente considerato, ma nel riportarlo ad un solo individuo, nell'interpretare il disegno che ad esso è sotteso, e la sua completa e dettagliata attuazione, ad una sola mente. Abbiamo visto come Licio Gelli si sia valso di una tecnica di approccio strumentale rispetto a tutto ciò che ha avvicinato nel corso della sua carriera. Strumentale è il suo rapporto con la massoneria, strumentale è il suo rapporto con gli ambienti militari, strumentale il suo rapporto con gli ambienti eversivi, strumentale insomma è il contatto che egli stabilisce con uomini ed istituzioni con i quali entra in contatto, perché strumentale al massimo è la filosofia di fondo che si cela al fondo della concezione politica del controllo, che tutto usa ed a nessuno risponde se non a se stesso, contrapposto al governo che esercita il potere, ma è al contempo al servizio di chi vi è sottoposto. Ma allora, se tutto ciò deve avere un rinvenibile significato, quest'altro non può essere che quello di riconoscere che chi tutto strumentalizza, in realtà è egli stesso strumento. Questa infatti è nella logica della sua concezione teorica e della sua pratica costruzione la Loggia Propaganda 2: uno strumento neutro di intervento per operazioni di controllo e di condizionamento. »
L'8 maggio 2010 Licio Gelli diede mandato al direttore del periodico Il Piave, Alessandro Biz, di contattare la Anselmi per organizzare un incontro al fine di "discutere in modo civile della loggia massonica P2" dopo quasi trent'anni, ma l'incontro non si rese possibile per le condizioni di salute dell'ex parlamentare dello Scudo Crociato[14].
CONTINUA
“Ci vuole l’uomo forte”
Se questo Paese è conciato da sbatter via, lo deve al progetto di questo signore:
https://it.wikipedia.org/wiki/Licio_Gelli
Licio Gelli
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Licio Gelli (Pistoia, 21 aprile 1919 – Arezzo, 15 dicembre 2015[1]) è stato un imprenditore e faccendiere italiano, principalmente noto come maestro venerabile della loggia massonica segreta P2[2][3]. Fu condannato per depistaggio delle indagini della strage di Bologna del 1980. Dopo essere stato detenuto in Svizzera e Francia, è vissuto ad Arezzo, a Villa Wanda.
Biografia
Le origini e l'adesione al fascismo
Figlio di un mugnaio, Licio Gelli nacque a Pistoia il 21 aprile 1919. A diciotto anni Gelli partì volontario nel 735mo battaglione Camicie Nere per partecipare alla Guerra civile spagnola in aiuto delle truppe nazionaliste del generale Francisco Franco. Proprio nei combattimenti di Malaga morì il fratello maggiore Raffaello.
Nel 1939 tornò a Pistoia e narrò a puntate la sua esperienza di guerra sul "Ferruccio", il settimanale della locale federazione fascista. Puntate che poi raccolse in un volume (dodici lire il prezzo di copertina, cinquecento copie in tutto) dal titolo Fuoco! Cronache legionarie della insurrezione antibolscevica di Spagna.
Diventò quindi impiegato del GUF, ma all'università non approdò mai.
Tessera di Gelli appartenente ad una delle organizzazioni del PNF (1941)
Vedi: https://it.wikipedia.org/wiki/Licio_Gelli
Nel luglio 1942, in qualità di ispettore del Partito Nazionale Fascista, gli fu affidato l'incarico di trasportare in Italia il tesoro di re Pietro II di Jugoslavia, requisito dal Servizio Informazioni Militare: in tutto, 60 tonnellate di lingotti d'oro, 2 di monete antiche, 6 milioni di dollari, 2 milioni di sterline. Nel 1947, quando il tesoro venne restituito alla Jugoslavia, mancavano 20 tonnellate di lingotti: è stata fatta l'ipotesi, sempre smentita da Gelli, che lui li avesse trasferiti al tempo in Argentina e che parte di queste 20 tonnellate sarebbero tra i preziosi ritrovati nelle fioriere di villa Wanda.[4]
Dopo l'8 settembre 1943 aderì alla Repubblica di Salò e conseguentemente divenne un ufficiale di collegamento fra il governo fascista e il Terzo Reich. Quando tuttavia la vittoria della guerra cominciò a rivelarsi impossibile per i nazi-fascisti, Gelli aderì al movimento partigiano. I contatti e le conoscenze abilmente acquisite mentre militava tra i fascisti gli consentirono di effettuare con efficacia il doppio gioco: cominciò quindi a trafugare e distribuire di nascosto ai partigiani i lasciapassare rossi della Kommandatura, e fornire ai suoi superiori informazioni fuorvianti per i rastrellamenti che erano in corso sugli Appennini.
Insieme al partigiano pistoiese Silvano Fedi, che in seguito venne ucciso in circostanze poco chiare, partecipò alla liberazione di prigionieri politici dal carcere delle Ville Sbertoli, organizzata dal Fedi e dalla sua brigata, della quale facevano parte Enzo Capecchi e Artese Benesperi che furono gli artefici dell'azione[5]. Il 16 dicembre 1944 sposò Wanda Vannacci (nata a Pistoia 31 gennaio 1926 e morta il 14 giugno 1993) dalla quale ebbe quattro figli, Raffaello (nato a Pistoia il 28 giugno 1947), Maria Rosa (nata a Pistoia il 22 dicembre 1952), Maria Grazia (nata a Pistoia il 9 settembre 1956 e deceduta a Firenze il 21 giugno 1988) e Maurizio (nato a Pistoia il 25 ottobre 1959)[6].
Dopo la seconda guerra mondiale
Dopo la seconda guerra mondiale, si ipotizza che Gelli si sia arruolato nella CIA, su raccomandazione dei servizi segreti italiani (ma tale ipotesi non è stata verificata). In ogni caso, fu messo in stretta relazione da Edward Herman con Michael Ledeen, che è da molti ritenuto uno stretto collaboratore o un agente della CIA[7]. Fu un collaboratore delle agenzie di intelligence britanniche e americane.
Nel 1956 Gelli diventa direttore commerciale della Permaflex di Frosinone, in area di Cassa per il Mezzogiorno. Durante la sua direzione lo stabilimento diviene un via vai di politici, ministri, vescovi e generali.[8] Dal 1948 al 1958, Gelli fu portaborse del deputato democristiano Romolo Diecidue, eletto nel collegio di Firenze-Pistoia.
Iniziato alla massoneria (1963), in breve tempo ne scalò i gradi principali, fino a diventare maestro venerabile della loggia Propaganda 2 (detta P2); tra il 1970 e il 1981 riuscì a iniziare alla P2 un consistente numero di soggetti titolari di cariche politiche ed amministrative, i nomi di alcuni dei quali sarebbero stati noti soltanto ("all'orecchio") di Gelli. Benché per molti si trattasse soltanto di un'ulteriore e ben frequentata sede di affarismo politico, nel corso degli anni settanta la P2 si sarebbe qualificata per aver concentrato i protagonisti di un disegno eversivo, di cui fu traccia il "piano di rinascita democratica" redatto da Francesco Cosentino su istruzioni dello stesso Gelli.
Questi nel 1970 avrebbe dovuto arrestare il Presidente della Repubblica Giuseppe Saragat, nell'ambito del fallito Golpe Borghese; Gelli ha sempre smentito questa ipotesi. Gelli è stato accusato di aver avuto un ruolo preminente nell'Operazione Gladio, una struttura clandestina di tipo "stay-behind", promossa dalla NATO e finanziata in parte dalla CIA allo scopo di contrastare l'influenza comunista in Italia, così come negli altri paesi europei. L'affaire Gladio è stato affrontato (anche giudizialmente) senza collegamenti diretti alla questione P2.
Gelli ripetutamente dichiarò in pubblico di essere stato uno stretto amico del leader argentino Juan Domingo Perón – e spesso ha affermato che tale amicizia è stata veramente importante per l'Italia, senza però aver mai spiegato perché – e proprio molti esponenti della camarilla di potere dell'ultimo peronismo, così come del golpismo uruguayano degli anni settanta, risultarono iscritti alla sua loggia massonica.
Gelli fu creato conte sul cognome dall'ex re Umberto II d'Italia, con Regie Lettere Patenti di concessione del 10 luglio 1980[9]. Gli venne concesso altresì il seguente stemma: "trinciato, alla catena d'oro sulla partizione; di rosso all'elmo piumato d'oro; d'azzurro alla croce latina d'oro, accompagnato da tre stelle d'argento a quattro raggi, male ordinate" con il motto "Virtute progredior"[10].
La lista P2
Lo stesso argomento in dettaglio: P2.
« Con la P2 avevamo l'Italia in mano. Con noi c'era l'Esercito, la Guardia di Finanza, la Polizia, tutte nettamente comandate da appartenenti alla Loggia. »
(Licio Gelli[11])
Il 17 marzo 1981, i giudici istruttori Gherardo Colombo e Giuliano Turone, nell'ambito di un'inchiesta sul finto rapimento del finanziere Michele Sindona, fecero perquisire la villa di Gelli a Castiglion Fibocchi (AR) e la fabbrica di sua proprietà (la Giole, sempre a Castiglion Fibocchi), che portò alla scoperta di una lunga lista di alti ufficiali delle forze armate e di funzionari pubblici aderenti alla P2[12]. La lista, la cui esistenza era presto divenuta celebre grazie ai media, includeva anche l'intero gruppo dirigente dei servizi segreti italiani, parlamentari, industriali, giornalisti e personaggi facoltosi come il più volte Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi (a quel tempo non ancora in politica), Vittorio Emanuele di Savoia, Fabrizio Cicchitto e Maurizio Costanzo. Vi sono molti elementi, a partire dalla numerazione, che lasciano tuttavia ritenere che la lista rinvenuta fosse incompleta.
In fuga, Licio Gelli scappò in Svizzera, dove fu arrestato, il 13 settembre ’82, mentre cercava di ritirare decine di migliaia di dollari a Ginevra, ma, il 10 agosto '83, riuscì ad evadere dalla prigione.[13] Fuggì quindi in Sudamerica, prima di costituirsi nel 1987. Lo scandalo nazionale conseguente alla scoperta delle liste fu quasi drammatico, dato che molte delle più delicate cariche della Repubblica Italiana erano occupate da affiliati all'organizzazione di Gelli. La corte centrale del Grande Oriente d'Italia, con una sentenza del 31 ottobre 1981, decretò l'espulsione del Gelli dall'Ordine massonico. Il Parlamento italiano approvò in tempi rapidi una legge per mettere al bando le associazioni segrete in Italia e contemporaneamente (dicembre 1981), venne creata una commissione parlamentare d'inchiesta, presieduta dalla deputata Tina Anselmi (della Democrazia Cristiana), che riferirà al parlamento dopo 2 anni e mezzo di lavori.
Nelle conclusioni della relazione di maggioranza di questa commissione sulla P2 e su Gelli si legge:
« L'esame degli avvenimenti ed i collegamenti che tra essi è possibile instaurare sulla scorta delle conoscenze in nostro possesso portano infatti a due conclusioni che la Commissione ritiene di poter sottoporre all'esame del Parlamento.
La prima è in ordine all'ampiezza ed alla gravità del fenomeno che coinvolge, ad ogni livello di responsabilità, gli aspetti più qualificati della vita nazionale. Abbiamo infatti riscontrato che la Loggia P2 entra come elemento di peso decisivo in vicende finanziarie, quella Sindona e quella Calvi, che hanno interessato il mondo economico italiano in modo determinante. [...] La seconda conclusione alla quale siamo pervenuti è che in questa vasta e complessa operazione può essere riconosciuto un disegno generale di innegabile valore politico; un disegno cioè che non solo ha in se stesso intrinsecamente valore politico - ed altrimenti non potrebbe essere, per il livello al quale si pone - ma risponde, nella sua genesi come nelle sue finalità ultime, a criteri obiettivamente politici.
Le due conclusioni alle quali siamo pervenuti ci pongono pertanto di fronte ad un ultimo concludente interrogativo: è ragionevole chiedersi se non esista sproporzione tra l'operazione complessiva ed il personaggio che di essa appare interprete principale. È questa una sorta di quadratura del cerchio tra l'uomo in sé considerato ed il frutto della sua attività, che ci mostra come la vera sproporzione stia non nel comparare il fenomeno della Loggia P2 a Licio Gelli, storicamente considerato, ma nel riportarlo ad un solo individuo, nell'interpretare il disegno che ad esso è sotteso, e la sua completa e dettagliata attuazione, ad una sola mente. Abbiamo visto come Licio Gelli si sia valso di una tecnica di approccio strumentale rispetto a tutto ciò che ha avvicinato nel corso della sua carriera. Strumentale è il suo rapporto con la massoneria, strumentale è il suo rapporto con gli ambienti militari, strumentale il suo rapporto con gli ambienti eversivi, strumentale insomma è il contatto che egli stabilisce con uomini ed istituzioni con i quali entra in contatto, perché strumentale al massimo è la filosofia di fondo che si cela al fondo della concezione politica del controllo, che tutto usa ed a nessuno risponde se non a se stesso, contrapposto al governo che esercita il potere, ma è al contempo al servizio di chi vi è sottoposto. Ma allora, se tutto ciò deve avere un rinvenibile significato, quest'altro non può essere che quello di riconoscere che chi tutto strumentalizza, in realtà è egli stesso strumento. Questa infatti è nella logica della sua concezione teorica e della sua pratica costruzione la Loggia Propaganda 2: uno strumento neutro di intervento per operazioni di controllo e di condizionamento. »
L'8 maggio 2010 Licio Gelli diede mandato al direttore del periodico Il Piave, Alessandro Biz, di contattare la Anselmi per organizzare un incontro al fine di "discutere in modo civile della loggia massonica P2" dopo quasi trent'anni, ma l'incontro non si rese possibile per le condizioni di salute dell'ex parlamentare dello Scudo Crociato[14].
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