Questi sono tempi in cui siamo immersi nel kaos. Anche le parole spesso sono usate a sproposito e generano kaos nel kaos.
Una di queste è la parola “populismo”.
Dizionario di Italiano
il Sabatini ColettiDizionario della Lingua Italiana
populista
[po-pu-lì-sta] s.m. e f. (pl.m. -sti)
• 1 Seguace, esponente del populismo
• 2 Chi sostiene e pratica una politica che asseconda le aspettative popolari, perlopiù in modo demagogico
• • Anche in funzione di agg.: arte, politica p.
• • a. 1919
La seconda definizione è certamente pertinente. In modo particolare evidenziando quando si assume l’aspetto demagogico.
• 2 Chi sostiene e pratica una politica che asseconda le aspettative popolari, perlopiù in modo demagogico
populismo
[po-pu-lì-smo] s.m.
• 1 Atteggiamento o movimento politico tendente a esaltare il ruolo e i valori delle classi popolari
• 2 spreg. Atteggiamento demagogico volto ad assecondare le aspettative del popolo, indipendentemente da ogni valutazione del loro contenuto, della loro opportunità
• 3 Movimento rivoluzionario russo della fine del sec. XIX, che propugnava l'emancipazione delle classi contadine e dei servi della gleba attraverso la realizzazione di una sorta di socialismo rurale
• 4 In ambito artistico, raffigurazione idealizzata del popolo, presentato come modello etico positivo
• • a. 1921
Populismo
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Disambiguazione – Se stai cercando il movimento rivoluzionario russo del XIX secolo, vedi Populismo russo.
Il populismo (dall’inglese populism, traduzione del russo народничество narodničestvo)[1] è un atteggiamento culturale e politico che esalta il popolo, sulla base di principi e programmi ispirati al socialismo, anche se il suo significato viene spesso confuso con quello di demagogia. Il populismo può essere sia democratico e costituzionale, sia autoritario. Nella sua variante conservatrice è spesso detto populismo di destra.
Prende il nome dall'omonimo movimento sviluppatosi in Russia tra la fine dell'Ottocento e l'inizio del Novecento che proponeva un miglioramento delle condizioni di vita delle classi contadine e dei servi della gleba, attraverso la realizzazione di un socialismo basato sulla comunità rurale russa, in antitesi alla società industriale occidentale.
Un Partito del Popolo (Populist o People’s party) venne fondato nel 1891 anche negli Stati Uniti da gruppi di operai e agricoltori che si battevano per la libera coniazione dell’argento, la nazionalizzazione dei mezzi di comunicazione, la limitazione nell’emissione di azioni, l’introduzione di tasse di successione adeguate e l’elezione di presidente, vicepresidente e senatori con un voto popolare diretto; sciolto dopo le elezioni presidenziali del 1908.[2]
Il termine è stato riferito alla prassi politica di Juan Domingo Perón (vedi la voce peronismo e la sua recente variante di sinistra, il kirchnerismo), al bolivarismo e al chavismo, in quanto spesso fanno riferimento alle consultazioni popolari e ai plebisciti, perché il popolo decida direttamente nei limiti della Costituzione. Il movimento precursore di questa idea di democrazia può essere indicato e riconosciuto nel bonapartismo (Napoleone I e Napoleone III, in accezione cesaristica) e nella rivoluzione francese, specialmente nelle fazioni che si rifacevano alle idee politiche del filosofo Jean-Jacques Rousseau, come i giacobini.[3]
In Italia è stato spesso usato con accezione negativa, nei confronti del fascismo o del berlusconismo, e di vari movimenti leaderistici, spesso affini alla destra, ma anche al centro-sinistra (come l'Italia dei Valori di Antonio Di Pietro); spesso questi gruppi hanno rifiutato questa etichetta.[4] L'accezione del termine in senso positivo, come "vicinanza al popolo e ai suoi valori", è stata invece rivendicata da Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio per il Movimento 5 Stelle.[5][
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Errori
Populista è ormai un insulto non una categoria politica
Le classi dirigenti accusano gli avversari vincitori di essere rozzi, plebei e di aver vinto con un voto «di pancia». Ma è pericolosa questa presunta superiorità antropologica perché allontana dalla realtà e fa il gioco dei demagoghi
di Pierluigi Battista
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Nel secolo che si è da poco inaugurato, «populista» è il nuovo «fascista», in auge nel ventesimo secolo. È un insulto, non una categoria politica. Un anatema, non una descrizione passabilmente precisa. È l’indicazione di un mostro, o di una strega da bruciare, se si tratta di una donna come Marine Le Pen. Esprime uno stato d’animo di frustrazione. La frastornata incapacità delle classi dirigenti europee di decifrare quel che sta accadendo nel profondo del «popolo» che la retorica democratica continua a definire, sempre più di malavoglia, «sovrano». E allora meglio una moratoria, almeno provvisoria. La messa al bando di un termine che non significa niente ma che funziona come segno di appartenenza a quell’establishment che è la bestia nera dei partiti e dei movimenti sbrigativamente e superficialmente scomunicati come populisti.
Sembra un gioco degli specchi, e purtroppo ad andarci di mezzo è l’Europa, o l’illusione che l’Europa potesse essere qualcosa di diverso, di attraente, capace di suscitare, nientemeno, un sentimento di appartenenza. «Populismo» è l’arma contundente che si usa come fallo di reazione. I cosiddetti «populisti» amplificano l’ostilità per l’establishment, l’élite, la finanza, il «grande», l’«alto», i ricchi, i padroni della cultura, i grandi media («i giornaloni» è diventato il loro mantra, a destra e a sinistra), i partiti tradizionali, il potere della burocrazia, i mandarini di un regolismo ossessivo e asfissiante. Dicono di voler dare voce ai «senza voce», rappresentanza ai «piccoli», esprimere ciò che ribolle nel «popolo»: ma come in un massacrante gioco degli specchi, le élite, l’establishment, la burocrazia del potere rispondono con il disprezzo, la supponenza, l’alterigia. Non con la severità, che pure ha una sua autorevolezza se esercitata con schiettezza ed equanimità, ma con la boria di chi pretende di vantare una superiorità antropologica sul «popolo» grossolano e ignorante. Attenzione al lessico di chi abusa del termine «populismo», basta scorrere anni di rassegna stampa. Quando il popolo dà retta ai «populisti», scatta l’automatismo dei presuntuosi per dire che il popolo vota con la «pancia». Che è preda di un «umore » (mentre gli ottimati usano solo la fredda ragione). Che è «irrazionale», infantile, vulnerabile a ogni «sirena». «Rozzo» (anche questo è stato scritto). «Plebe» (anche questo è stato scritto). E, soprattutto, dominato dalla «paura». Dicono che il trionfo del partito della Le Pen sia il frutto dell’angoscia del Bataclan, ma tutti i sondaggi davano vincente il Front National anche prima del 13 novembre. Quanto avrà portato la paura del Bataclan alla Le Pen: l’1, il 2 per cento? E l’altro 28, come mai nessuno era riuscito a parlarci prima? Perché veniva disprezzato, confinato in un recinto infetto. Una reazione «di pancia» e irrazionale dell’élite: insultare chi ti volta le spalle, non cercare di capire cosa sta accadendo.
Chi ha creduto nell’Europa, nella possibilità che un continente intero vivesse la sua unificazione come un incremento della libertà, libertà di circolazione delle idee, delle persone e delle merci, una casa comune fondata sulla pace e sul benessere che ti faceva sentire cittadino di una stessa patria morale europea, con una moneta unica e istituzioni democratiche aperte ed inclusive, con un solidale sistema di difesa anche militare, oggi non solo deve constatare che almeno un terzo dell’elettorato nei vari Paesi europei dà stabilmente il suo consenso a movimenti e partiti (di destra o si sinistra importa poco) che fanno dell’Europa il loro bersaglio, ma deve anche assistere a una classe dirigente arroccata e senza idee, che insulta ed esorcizza chi si sente ai margini, minacciato nella propria identità e nel proprio benessere. E ora anche con l’Isis. Colpiscono la Francia? Se la veda Parigi, noi al massimo esprimiamo solidarietà. Il centro di Bruxelles a pochi passi dalle maggiori istituzioni europee viene messo sotto attacco? Ci pensi la polizia belga. Non l’Europa, ma il Belgio. L’Europa pensa ad affibbiare l’etichetta «populista». Una moratoria urgente che metta da parte il «populismo»: giusto il tempo di cominciare a pensare.
9 dicembre 2015 (modifica il 9 dicembre 2015 | 09:36)
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