Re: Come se ne viene fuori ?
Inviato: 29/05/2012, 8:56
L'Italia dei carini e l'Italia dei fasulli,....ovvero Merlonia
Un passo in più, verso la guerra civile
LA LETTERA
«Presidenzialismo e doppio turno
Possiamo farcela entro fine anno»
Alfano: così l'agenda delle riforme per avere istituzioni forti e stabili
Caro direttore,
ritorno sulla nostra proposta di elezione diretta del presidente della Repubblica per ribadirne le buone ragioni e affermarne la sostenibilità in riferimento ai tempi a disposizione e la compatibilità col calendario istituzionale della prossima primavera che prevede sia le elezioni politiche che l'elezione del capo dello Stato. L'Europa vive un momento storico di grande difficoltà, sul piano politico ed economico. Le recenti elezioni hanno registrato ovunque il disperato grido d'allarme di tanti cittadini che si sono espressi in forme talvolta molto critiche verso le classi politiche dei propri Paesi. Ma la protesta non ha avuto ovunque le stesse conseguenze.
Vi sono infatti democrazie deboli, come la Grecia, nelle quali la precarietà economica si associa (e spesso è conseguenza) a debolezze istituzionali. Vi sono democrazie della decisione, come la Francia, dove la sera delle elezioni presidenziali i cittadini sanno chi guiderà il Paese nel successivo quinquennio. Lì, la volontà di cambiamento non si infrange sulla scogliera dell'ingovernabilità, ma si trasforma in realtà, perché chi vince le elezioni ha gli strumenti e la legittimazione per guidare il Paese nella direzione voluta dai cittadini. Anche l'Italia, come il presidente Berlusconi ha più volte affermato, ha bisogno di modernizzarsi, scegliendo di diventare una democrazia della decisione. Abbiamo bisogno di istituzioni forti e stabili, che assicurino continuità e strumenti efficaci e controllabili per l'azione di governo, che deve essere espressione di una forte legittimazione popolare. Sono infatti convinto che l'Italia, in questa crisi, viva difficoltà maggiori di altri, proprio in conseguenza del suo sistema di governo.
Istituzioni deboli hanno prodotto, nella Prima come nella Seconda Repubblica, una politica intrappolata nell'instabilità e ricattata dai poteri di veto. L'azione della maggioranza, di qualsiasi maggioranza che abbia vinto le elezioni, è stata paralizzata e impotente. Ora, è in discussione al Senato una riforma che, se approvata, oltre a costituire una premessa per il successivo cambiamento della legge elettorale, sarebbe comunque la più grande riforma costituzionale dacché la Carta del '48 esiste. Il testo, al quale il Pdl ha lealmente collaborato, sarà votato in commissione entro questa settimana e la prossima approderà in Aula. Nel frattempo, sull'iter sono intervenute le elezioni amministrative e con esse una consapevolezza ancor più forte del rischio di uno sfarinamento del tessuto politico, di una frammentazione partitica, di un ulteriore rischio di blocco delle nostre istituzioni.
A quel punto il Pd, unilateralmente, ha introdotto nel dibattito l'ipotesi di una legge elettorale a doppio turno sul modello francese. La proposta, fino ad allora, non era mai stata avanzata al tavolo tecnico; nonostante ciò, a noi è parso doveroso esaminarla per concludere, dopo un'attenta riflessione, che essa da sola non è in grado di garantire un esecutivo stabile e una maggioranza scongiurando il rischio della frammentazione. Basta proiettare su scala nazionale i risultati delle Amministrative per rendersene conto. Se si guarda all'esempio francese, si comprende come solo l'abbinamento al doppio turno dell'elezione diretta del presidente della Repubblica garantisca un esito certamente bipolare e insieme la certezza di non produrre, in nessun caso, il blocco delle istituzioni.
Da qui l'appello a tutti i nostri interlocutori politici: troviamo il coraggio per uno scatto di reni a esclusivo vantaggio dell'Italia. Cogliamo tre coincidenze favorevoli come la fine del settennato di un eccellente presidente, il termine della legislatura e l'imminenza di un dibattito costituente in Parlamento per varare insieme semipresidenzialismo e nuova legge elettorale. Le proposte ci sono, i tempi anche. Se fossimo d'accordo e approvassimo, in prima lettura, la riforma al Senato e alla Camera entro i primi di agosto, potremo giungere entro ottobre al varo definitivo. Resterebbero tre mesi per mettere a punto la legge elettorale e le norme attuative di dettaglio. Con una disposizione transitoria (come è sempre accaduto per i più significativi interventi sulla Costituzione) si potrebbero svolgere le prime elezioni presidenziali dirette della Repubblica italiana entro marzo e le successive elezioni politiche nel mese di aprile.
Il nuovo presidente, infine, potrebbe insediarsi alla scadenza naturale del settennato. Si può ovviamente dissentire nel merito, ma non accusarci di aver messo in campo un diversivo e, ancor meno, ci si può nascondere dietro la tempistica. La situazione dell'Europa è grave e l'Italia deve essere forte: proprio queste contingenze storiche impongono il coraggio delle riforme ardite. Ricordiamo che la Quinta Repubblica nacque in Francia in un tempo più breve di quello a nostra disposizione. Noi non ci tireremo indietro, approveremo la riforma che è in commissione al Senato e prima del suo arrivo in Aula, senza smentire il testo concordato, presenteremo gli emendamenti per introdurre il semipresidenzialismo e le norme transitorie. Ci auguriamo che nel frattempo, e ancor prima che il Parlamento sia chiamato a pronunciarsi, il dibattito che abbiamo promosso possa generare una fattiva collaborazione per raggiungere questo obiettivo tanto ambizioso quanto utile al futuro dell'Italia.
Angelino Alfano
segretario del Pdl
29 maggio 2012 | 8:09
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Corriere.it
Un passo in più, verso la guerra civile
LA LETTERA
«Presidenzialismo e doppio turno
Possiamo farcela entro fine anno»
Alfano: così l'agenda delle riforme per avere istituzioni forti e stabili
Caro direttore,
ritorno sulla nostra proposta di elezione diretta del presidente della Repubblica per ribadirne le buone ragioni e affermarne la sostenibilità in riferimento ai tempi a disposizione e la compatibilità col calendario istituzionale della prossima primavera che prevede sia le elezioni politiche che l'elezione del capo dello Stato. L'Europa vive un momento storico di grande difficoltà, sul piano politico ed economico. Le recenti elezioni hanno registrato ovunque il disperato grido d'allarme di tanti cittadini che si sono espressi in forme talvolta molto critiche verso le classi politiche dei propri Paesi. Ma la protesta non ha avuto ovunque le stesse conseguenze.
Vi sono infatti democrazie deboli, come la Grecia, nelle quali la precarietà economica si associa (e spesso è conseguenza) a debolezze istituzionali. Vi sono democrazie della decisione, come la Francia, dove la sera delle elezioni presidenziali i cittadini sanno chi guiderà il Paese nel successivo quinquennio. Lì, la volontà di cambiamento non si infrange sulla scogliera dell'ingovernabilità, ma si trasforma in realtà, perché chi vince le elezioni ha gli strumenti e la legittimazione per guidare il Paese nella direzione voluta dai cittadini. Anche l'Italia, come il presidente Berlusconi ha più volte affermato, ha bisogno di modernizzarsi, scegliendo di diventare una democrazia della decisione. Abbiamo bisogno di istituzioni forti e stabili, che assicurino continuità e strumenti efficaci e controllabili per l'azione di governo, che deve essere espressione di una forte legittimazione popolare. Sono infatti convinto che l'Italia, in questa crisi, viva difficoltà maggiori di altri, proprio in conseguenza del suo sistema di governo.
Istituzioni deboli hanno prodotto, nella Prima come nella Seconda Repubblica, una politica intrappolata nell'instabilità e ricattata dai poteri di veto. L'azione della maggioranza, di qualsiasi maggioranza che abbia vinto le elezioni, è stata paralizzata e impotente. Ora, è in discussione al Senato una riforma che, se approvata, oltre a costituire una premessa per il successivo cambiamento della legge elettorale, sarebbe comunque la più grande riforma costituzionale dacché la Carta del '48 esiste. Il testo, al quale il Pdl ha lealmente collaborato, sarà votato in commissione entro questa settimana e la prossima approderà in Aula. Nel frattempo, sull'iter sono intervenute le elezioni amministrative e con esse una consapevolezza ancor più forte del rischio di uno sfarinamento del tessuto politico, di una frammentazione partitica, di un ulteriore rischio di blocco delle nostre istituzioni.
A quel punto il Pd, unilateralmente, ha introdotto nel dibattito l'ipotesi di una legge elettorale a doppio turno sul modello francese. La proposta, fino ad allora, non era mai stata avanzata al tavolo tecnico; nonostante ciò, a noi è parso doveroso esaminarla per concludere, dopo un'attenta riflessione, che essa da sola non è in grado di garantire un esecutivo stabile e una maggioranza scongiurando il rischio della frammentazione. Basta proiettare su scala nazionale i risultati delle Amministrative per rendersene conto. Se si guarda all'esempio francese, si comprende come solo l'abbinamento al doppio turno dell'elezione diretta del presidente della Repubblica garantisca un esito certamente bipolare e insieme la certezza di non produrre, in nessun caso, il blocco delle istituzioni.
Da qui l'appello a tutti i nostri interlocutori politici: troviamo il coraggio per uno scatto di reni a esclusivo vantaggio dell'Italia. Cogliamo tre coincidenze favorevoli come la fine del settennato di un eccellente presidente, il termine della legislatura e l'imminenza di un dibattito costituente in Parlamento per varare insieme semipresidenzialismo e nuova legge elettorale. Le proposte ci sono, i tempi anche. Se fossimo d'accordo e approvassimo, in prima lettura, la riforma al Senato e alla Camera entro i primi di agosto, potremo giungere entro ottobre al varo definitivo. Resterebbero tre mesi per mettere a punto la legge elettorale e le norme attuative di dettaglio. Con una disposizione transitoria (come è sempre accaduto per i più significativi interventi sulla Costituzione) si potrebbero svolgere le prime elezioni presidenziali dirette della Repubblica italiana entro marzo e le successive elezioni politiche nel mese di aprile.
Il nuovo presidente, infine, potrebbe insediarsi alla scadenza naturale del settennato. Si può ovviamente dissentire nel merito, ma non accusarci di aver messo in campo un diversivo e, ancor meno, ci si può nascondere dietro la tempistica. La situazione dell'Europa è grave e l'Italia deve essere forte: proprio queste contingenze storiche impongono il coraggio delle riforme ardite. Ricordiamo che la Quinta Repubblica nacque in Francia in un tempo più breve di quello a nostra disposizione. Noi non ci tireremo indietro, approveremo la riforma che è in commissione al Senato e prima del suo arrivo in Aula, senza smentire il testo concordato, presenteremo gli emendamenti per introdurre il semipresidenzialismo e le norme transitorie. Ci auguriamo che nel frattempo, e ancor prima che il Parlamento sia chiamato a pronunciarsi, il dibattito che abbiamo promosso possa generare una fattiva collaborazione per raggiungere questo obiettivo tanto ambizioso quanto utile al futuro dell'Italia.
Angelino Alfano
segretario del Pdl
29 maggio 2012 | 8:09
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