LA LIBIA E' VICINA
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Re: LA LIBIA E' VICINA
CRONACA DI GIORNI DI GUERRA
IL FRONTE SUD
ISIS, UNA BESTIA NERA CHE DILAGA
– TRE PRIGIONIERI SIRIANI UCCISI A CALCI E PESTATE DA UNA FOLLA DI FANATICI
– I CADAVERI TRASCINATI PER LE STRADE DI RAQQA (VIDEO)
http://www.dagospia.com/rubrica-29/cron ... -94870.htm
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– TRE PRIGIONIERI SIRIANI UCCISI A CALCI E PESTATE DA UNA FOLLA DI FANATICI
– I CADAVERI TRASCINATI PER LE STRADE DI RAQQA (VIDEO)
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Re: LA LIBIA E' VICINA
CRONACA DI GIORNI DI GUERRA
IL FRONTE SUD
DATAJOURNALISM
La guerra in Libia in realtà non è mai finita
Dal 2014 ci sono stati oltre tremila morti
Da mesi l'osservatorio indipendente Libya Body Count tiene il conto delle vittime dei conflitti nel paese africano. Nelle nostre mappe e grafici, ecco come si è evoluta la situazione dall'altra parte del Mediterraneo
DI JACOPO OTTAVIANI
18 febbraio 201
Sono già più di 3.000 le morti violente registrate in Libia dal 2014 a oggi. È questo il risultato del conteggio portato avanti dall'osservatorio indipendente Libya Body Count , che raccoglie e pubblica costantemente i dati sulle vittime della guerra tra fazioni che insanguina il paese dalla caduta del regime di Gheddafi.
Il lavoro dell’osservatorio è una prova numerica dello strascico di violenza seguito alla "rivoluzione libica" del 2011, che assieme ai bombardamenti aerei della Nato aveva già causato in quattro mesi di guerra – secondo le Nazioni Unite – circa 15mila morti tra civili e fazioni coinvolte (anche se ci sono stime che spaziano da 2.500 a 25.000 morti, a riprova dell’incertezza dei dati).
La mappa mostra gli eventi violenti del conflitto interno alla Libia dal 2014 a metà febbraio 2015. Ad ogni luce rossa corrisponde un evento che coinvolge una o più morti violente registrate dall’osservatorio Libya Body Count. Dalla mappa emergono i punti caldi degli scontri tra cui Bengasi e Tripoli.
Come nel caso dell’Afghanistan o di altri scenari di guerra o disastro naturale, fare il bilancio delle vittime è molto complesso e i numeri che emergono sono spesso stime al ribasso.
“Non abbiamo nostri reporter: il nostro staff varia da 1 a 4 persone, a seconda degli impegni che abbiamo con le nostre famiglie. Se non ci fossero i coraggiosi giornalisti libici perderemmo la nostra fonte di dati”, racconta uno dei membri dell’osservatorio in un'intervista ai quotidiani Finegil , “siamo stati criticati sia da Alba Libica che dall'Operazione Dignità del generale Haftar e i loro sostenitori ci hanno minacciato. Quando vedono i nostri numeri ognuno pensa che sia un attacco alla sua fazione”.
L’ultimo record nelle tabelle di Lybia Body Count è quello dei 21 egiziani copti rapiti a gennaio e decapitati dai miliziani dell’Isis, di cui per scelta si riportano i nomi ma non il video propagandistico. Tra le città col più alto numero di vittime spiccano Bengasi (1615), Tripoli (537) e Kikla (181), mentre in corrispondenza di Derna e Sirte appaiono rispettivamente 89 e 72 morti violente.
Osservando i numeri nel tempo si può notare l’aumento delle vittime a ridosso dell’estate del 2014, che poi calano di nuovo con la fine dell’anno e l’inizio del 2015. Ma nel dataset mancano ancora i dati aggiornati dopo i raid e le incursioni egiziane a Derna e si prospetta un’ascesa dei numeri al passo con l’incremento degli attacchi.
Ma il conteggio delle morti violente non è certo l’unica misura della disperazione in Libia. Ci sono coloro che tentano la fuga via mare, scommettendo sulla propria vita . E altri costretti ad abbandonare casa e ridislocarsi all’interno dei confini nazionali. Come spiega l’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati, sono 400 mila gli sfollati ricollocati all’interno dei confini libici (in gergo tecnico, internally displaced people) – circa il 6-7 per cento della popolazione totale. Ai quali si sommano i 37 mila che in Libia erano venuti in qualità di rifugiati politici da altri paesi.
“Molte persone sono scappate per la quarta o la quinta volta, rendendo le stime molto difficili. Tuttavia, solo a Bengasi le autorità locali parlano di 90 mila persone costrette alla fuga”, riporta il portavoce dell’Unhcr William Spindler in una nota, “altre 83 mila hanno trovato rifugio in scuole e accampamenti di fortuna a ovest di Tripoli”.
Twitter @JacopoOttaviani
http://espresso.repubblica.it/internazi ... i-1.200080
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La guerra in Libia in realtà non è mai finita
Dal 2014 ci sono stati oltre tremila morti
Da mesi l'osservatorio indipendente Libya Body Count tiene il conto delle vittime dei conflitti nel paese africano. Nelle nostre mappe e grafici, ecco come si è evoluta la situazione dall'altra parte del Mediterraneo
DI JACOPO OTTAVIANI
18 febbraio 201
Sono già più di 3.000 le morti violente registrate in Libia dal 2014 a oggi. È questo il risultato del conteggio portato avanti dall'osservatorio indipendente Libya Body Count , che raccoglie e pubblica costantemente i dati sulle vittime della guerra tra fazioni che insanguina il paese dalla caduta del regime di Gheddafi.
Il lavoro dell’osservatorio è una prova numerica dello strascico di violenza seguito alla "rivoluzione libica" del 2011, che assieme ai bombardamenti aerei della Nato aveva già causato in quattro mesi di guerra – secondo le Nazioni Unite – circa 15mila morti tra civili e fazioni coinvolte (anche se ci sono stime che spaziano da 2.500 a 25.000 morti, a riprova dell’incertezza dei dati).
La mappa mostra gli eventi violenti del conflitto interno alla Libia dal 2014 a metà febbraio 2015. Ad ogni luce rossa corrisponde un evento che coinvolge una o più morti violente registrate dall’osservatorio Libya Body Count. Dalla mappa emergono i punti caldi degli scontri tra cui Bengasi e Tripoli.
Come nel caso dell’Afghanistan o di altri scenari di guerra o disastro naturale, fare il bilancio delle vittime è molto complesso e i numeri che emergono sono spesso stime al ribasso.
“Non abbiamo nostri reporter: il nostro staff varia da 1 a 4 persone, a seconda degli impegni che abbiamo con le nostre famiglie. Se non ci fossero i coraggiosi giornalisti libici perderemmo la nostra fonte di dati”, racconta uno dei membri dell’osservatorio in un'intervista ai quotidiani Finegil , “siamo stati criticati sia da Alba Libica che dall'Operazione Dignità del generale Haftar e i loro sostenitori ci hanno minacciato. Quando vedono i nostri numeri ognuno pensa che sia un attacco alla sua fazione”.
L’ultimo record nelle tabelle di Lybia Body Count è quello dei 21 egiziani copti rapiti a gennaio e decapitati dai miliziani dell’Isis, di cui per scelta si riportano i nomi ma non il video propagandistico. Tra le città col più alto numero di vittime spiccano Bengasi (1615), Tripoli (537) e Kikla (181), mentre in corrispondenza di Derna e Sirte appaiono rispettivamente 89 e 72 morti violente.
Osservando i numeri nel tempo si può notare l’aumento delle vittime a ridosso dell’estate del 2014, che poi calano di nuovo con la fine dell’anno e l’inizio del 2015. Ma nel dataset mancano ancora i dati aggiornati dopo i raid e le incursioni egiziane a Derna e si prospetta un’ascesa dei numeri al passo con l’incremento degli attacchi.
Ma il conteggio delle morti violente non è certo l’unica misura della disperazione in Libia. Ci sono coloro che tentano la fuga via mare, scommettendo sulla propria vita . E altri costretti ad abbandonare casa e ridislocarsi all’interno dei confini nazionali. Come spiega l’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati, sono 400 mila gli sfollati ricollocati all’interno dei confini libici (in gergo tecnico, internally displaced people) – circa il 6-7 per cento della popolazione totale. Ai quali si sommano i 37 mila che in Libia erano venuti in qualità di rifugiati politici da altri paesi.
“Molte persone sono scappate per la quarta o la quinta volta, rendendo le stime molto difficili. Tuttavia, solo a Bengasi le autorità locali parlano di 90 mila persone costrette alla fuga”, riporta il portavoce dell’Unhcr William Spindler in una nota, “altre 83 mila hanno trovato rifugio in scuole e accampamenti di fortuna a ovest di Tripoli”.
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Re: LA LIBIA E' VICINA
CRONACA DI GIORNI DI GUERRA
IL FRONTE SUD
Libia, rapiti 10 operai egiziani a Tripoli. "Sirte sotto controllo dell'Is"
Le forze militari di Misurata non riescono a riconquistare la città costiera, jihadisti prendono anche l'università. Accordo Usa-Turchia per addestrare i ribelli siriani. Sito di intelligence "Site": su Twitter hashtag che minaccia Roma
19 febbraio 2015
Il CAIRO - Dieci egiziani sono stati rapiti nella capitale libica Tripoli. Lo riferisce il ministero egiziano degli Esteri, citato dal sito el-Watan News. Il ministero ha spiegato di aver ricevuto comunicazione da egiziani residenti a Tripoli del rapimento di connazionali che lavorano nell'edilizia. La notizia arriva dopo che, all'inizio della settimana, i jihadisti dello Stato islamico (Is) hanno diffuso il video della decapitazione su una spiaggia libica di 21 ostaggi egiziani copti. Nelle ultime ore 600 gli egiziani fuggiti dalla Libia verso l'Algeria.
Sirte. Secondo il sito web egiziano "al Wasat", lo Stato islamico ha preso nelle ultime ore il "completo controllo di Sirte". I jihadisti hanno conquistato l'Università della città costiera e gli edifici pubblici che erano rimasti fuori dal loro controllo. Mercoledì, inoltre, la cellula locale del gruppo di Abu Bakr al Baghdadi ha pubblicato il video relativo a una parata dei miliziani nella città libica. Da queste informazioni risulta che i miliziani islamisti di Misurata non sono quindi riusciti a riconquistare la città natale di Sirte, doveva erano stati inviati 2.800 uomini per chiedere la resa degli jihadisti. Sembrerebbe invece destituita di fondamento la notizia dell'incursione terrestre di ieri a Derna, la città dichiaratasi Califfato nell'est del paese, da parte delle forze speciali egiziane. La notizia era stata diffusa in Italia dalle principali agenzie di stampa, ma non ha trovato conferme.
E nella guerra di propaganda gestita sui social, l'Is torna a nominare "Roma" come luogo simbolo della lotta ai "crociati" occidentali. Secondo Rita Katz, direttrice del sito-osservatorio sul terrorismo Site, su Twitter è comparso l'hashtag propagandistico #We_Are_Coming_O_Rome.
Accordo Usa-Turchia. La diplomazia americana è al lavoro nella regione per rafforzare l'alleanza anti Stato islamico. E in questo senso è importante l'accordo firmato oggi ad Ankara tra Usa e Turchia per addestrare ed equipaggiare le forze ribelli siriane. Secondo una fonte del governo turco l'intesa è stata siglata dal sottosegretario agli Esteri di Ankara Feridun Sinirlioglu e dall'ambasciatore Usa ad Ankara John Bass. Secondo il ministro degli Esteri turco Mevlut Cavusoglu, citato da Hurriyet, le forze che saranno addestrate congiuntamente da Usa e Turchia dovrebbero combattere "contro l'Isis" ma anche "contro elementi del regime". Secondo Cavusoglu, sia "le organizzazioni terroristiche, in primo luogo l'Isis, sia il regime siriano sono una minaccia per la stabilità" del Paese. Stando alla stampa turca diverse centinaia di ribelli siriani saranno addestrati in una base vicino a Kirsehir, nel sud della Turchia. Non è chiaro al momento come saranno selezionati i candidati all'addestramento.
La lettera di Renzi ad al Sisi. La situazione in Libia è al centro dell'attività diplomatica europea e mediorientale, con al centro l'Italia - uno dei Paesi più direttamente interessati alle sorti del Nordafrica. Il sottosegretario Marco Minniti si troverebbe in queste ore al Cairo "per consegnare al presidente" egiziano Abdel Fatah al Sisi "un messaggio del primo ministro" Matteo Renzi sulla questione. Lo riferiscono fonti aeroportuali e il sito del quotidiano governativo Al Ahram. Una "fonte informata egiziana" ha precisato che "il messaggio riguarda gli ultimi sviluppi in Libia e i passi egiziani per creare una coalizione internazionale al fine di far fronte alla formazione terroristica in Libia". Il messaggio verte anche "sulle relazioni fra i due paesi i mezzi per rinforzarli in diversi campi", ha aggiunto la fonte. Lo stesso viene riportato dal sito arabo del quotidiano citando fonti aeroportuali.
Scontro fra Qatar ed Egitto. Sul fronte diplomatico è tensione fra Qatar ed Egitto. Doha ha richiamato "per consultazioni" il proprio ambasciatore in Egitto nell'ambito di una disputa con Il Cairo sugli attacchi aerei in Libia. il richiamo dell'ambasciatore è stato deciso dopo che il rappresentante dell'Egitto alla Lega araba, Tareq Adel, ha criticato il Qatar per le sue riserve sui raid aerei in Libia, accusando inoltre Doha di sostenere il terrorismo e di distanziarsi dal consenso arabo. Il direttore del dipartimento per gli Affari arabi al ministero degli Esteri del Qatar ha spiegato a Qna che Doha, durante un incontro della Lega araba al Cairo, aveva espresso le sue perplessità sulla decisione unilaterale dell'Egitto di eseguire i bombardamenti in Libia.
TagsArgomenti:libiatripoliisEgittoProtagonisti:
© Riproduzione riservata 19 febbraio 2015
http://www.repubblica.it/esteri/2015/02 ... ef=HREC1-9
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Libia, rapiti 10 operai egiziani a Tripoli. "Sirte sotto controllo dell'Is"
Le forze militari di Misurata non riescono a riconquistare la città costiera, jihadisti prendono anche l'università. Accordo Usa-Turchia per addestrare i ribelli siriani. Sito di intelligence "Site": su Twitter hashtag che minaccia Roma
19 febbraio 2015
Il CAIRO - Dieci egiziani sono stati rapiti nella capitale libica Tripoli. Lo riferisce il ministero egiziano degli Esteri, citato dal sito el-Watan News. Il ministero ha spiegato di aver ricevuto comunicazione da egiziani residenti a Tripoli del rapimento di connazionali che lavorano nell'edilizia. La notizia arriva dopo che, all'inizio della settimana, i jihadisti dello Stato islamico (Is) hanno diffuso il video della decapitazione su una spiaggia libica di 21 ostaggi egiziani copti. Nelle ultime ore 600 gli egiziani fuggiti dalla Libia verso l'Algeria.
Sirte. Secondo il sito web egiziano "al Wasat", lo Stato islamico ha preso nelle ultime ore il "completo controllo di Sirte". I jihadisti hanno conquistato l'Università della città costiera e gli edifici pubblici che erano rimasti fuori dal loro controllo. Mercoledì, inoltre, la cellula locale del gruppo di Abu Bakr al Baghdadi ha pubblicato il video relativo a una parata dei miliziani nella città libica. Da queste informazioni risulta che i miliziani islamisti di Misurata non sono quindi riusciti a riconquistare la città natale di Sirte, doveva erano stati inviati 2.800 uomini per chiedere la resa degli jihadisti. Sembrerebbe invece destituita di fondamento la notizia dell'incursione terrestre di ieri a Derna, la città dichiaratasi Califfato nell'est del paese, da parte delle forze speciali egiziane. La notizia era stata diffusa in Italia dalle principali agenzie di stampa, ma non ha trovato conferme.
E nella guerra di propaganda gestita sui social, l'Is torna a nominare "Roma" come luogo simbolo della lotta ai "crociati" occidentali. Secondo Rita Katz, direttrice del sito-osservatorio sul terrorismo Site, su Twitter è comparso l'hashtag propagandistico #We_Are_Coming_O_Rome.
Accordo Usa-Turchia. La diplomazia americana è al lavoro nella regione per rafforzare l'alleanza anti Stato islamico. E in questo senso è importante l'accordo firmato oggi ad Ankara tra Usa e Turchia per addestrare ed equipaggiare le forze ribelli siriane. Secondo una fonte del governo turco l'intesa è stata siglata dal sottosegretario agli Esteri di Ankara Feridun Sinirlioglu e dall'ambasciatore Usa ad Ankara John Bass. Secondo il ministro degli Esteri turco Mevlut Cavusoglu, citato da Hurriyet, le forze che saranno addestrate congiuntamente da Usa e Turchia dovrebbero combattere "contro l'Isis" ma anche "contro elementi del regime". Secondo Cavusoglu, sia "le organizzazioni terroristiche, in primo luogo l'Isis, sia il regime siriano sono una minaccia per la stabilità" del Paese. Stando alla stampa turca diverse centinaia di ribelli siriani saranno addestrati in una base vicino a Kirsehir, nel sud della Turchia. Non è chiaro al momento come saranno selezionati i candidati all'addestramento.
La lettera di Renzi ad al Sisi. La situazione in Libia è al centro dell'attività diplomatica europea e mediorientale, con al centro l'Italia - uno dei Paesi più direttamente interessati alle sorti del Nordafrica. Il sottosegretario Marco Minniti si troverebbe in queste ore al Cairo "per consegnare al presidente" egiziano Abdel Fatah al Sisi "un messaggio del primo ministro" Matteo Renzi sulla questione. Lo riferiscono fonti aeroportuali e il sito del quotidiano governativo Al Ahram. Una "fonte informata egiziana" ha precisato che "il messaggio riguarda gli ultimi sviluppi in Libia e i passi egiziani per creare una coalizione internazionale al fine di far fronte alla formazione terroristica in Libia". Il messaggio verte anche "sulle relazioni fra i due paesi i mezzi per rinforzarli in diversi campi", ha aggiunto la fonte. Lo stesso viene riportato dal sito arabo del quotidiano citando fonti aeroportuali.
Scontro fra Qatar ed Egitto. Sul fronte diplomatico è tensione fra Qatar ed Egitto. Doha ha richiamato "per consultazioni" il proprio ambasciatore in Egitto nell'ambito di una disputa con Il Cairo sugli attacchi aerei in Libia. il richiamo dell'ambasciatore è stato deciso dopo che il rappresentante dell'Egitto alla Lega araba, Tareq Adel, ha criticato il Qatar per le sue riserve sui raid aerei in Libia, accusando inoltre Doha di sostenere il terrorismo e di distanziarsi dal consenso arabo. Il direttore del dipartimento per gli Affari arabi al ministero degli Esteri del Qatar ha spiegato a Qna che Doha, durante un incontro della Lega araba al Cairo, aveva espresso le sue perplessità sulla decisione unilaterale dell'Egitto di eseguire i bombardamenti in Libia.
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Re: LA LIBIA E' VICINA
CRONACA DI GIORNI DI GUERRA
IL FRONTE SUD
il Fatto 19.2.15
I Caschi Blu restano a casa la Libia preferisce le armi
Al Consiglio di sicurezza dell’Onu i Paesi Arabi chiedono la fine dell’embargo 2011
di Giampiero Gramaglia
Niente Caschi Blu, almeno per ora, sul territorio libico; era già scontato, ma ora è pure ufficiale: nessuno li chiede, nessuno li vuole. Non è definitivo, perché i riti del Palazzo di Vetro sono ciclici, non hanno quasi mai la parola fine. Il consulto d’urgenza sulla Libia del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, tenuto ieri a New York, è un dibattito fiume pubblico, seguito da consultazioni riservate: l’inviato in Libia Leon vi interviene in video-conferenza: secondo lui l’Isis in Libia ha trovato terreno fertile nell’instabilità del Paese, ma il dialogo politico sta facendo progressi. In parallelo, a Washington, si svolge un incontro internazionale contro l’estremismo islamico, cui partecipano una sessantina di Paesi.
Anche se i tempi di elaborazione delle Nazioni Unite sono lunghi, lenti e richiedono mediazioni e ‘digestioni’, è chiaro che l’intervento armato della comunità internazionale con tutti i crismi della legalità non ci sarà. L’Egitto che l’aveva inizialmente sollecitato, nelle ultime 48 ore ha fatto per conto suo, con raid aerei e incursioni terrestri contro obiettivi e postazioni delle milizie jihadiste. Tutto con l’avallo del premier libico legittimo al-Thani, la cui sintonia con il rais al-Sisi pare consolidarsi.
COSÌ SI EVITA di aggiungere un grano al rosario di missioni dell’Onu in cui i Caschi Blu sono stati testimoni di massacri senza saperli, o poterli, evitare: perché le Nazioni Unite possono fare con efficacia del peace keeping, ma non riescono a fare del peace enforcing, cioè a portare la pace dove c’è la guerra. Lo dicono cinquant’anni e passa di frustrazioni e morti, spesso inutili, come i caduti di Kindu, italiani, in Congo, nel 1961. Tra Medio Oriente e Africa, i Caschi Blu sono stati l’anello debole dell’impotenza internazionale nelle maglie di conflitti intestini feroci e atavici. L’episodio più emblematico vicino all’Italia, dall’altra parte dell’Adriatico, a Srebrenica, dove soldati dell’Onu olandesi, armati, ma senza consegna a intervenire, assistettero passivi e imbelli a uno dei momenti più cruenti della guerra bosniaca, il massacro di migliaia di musulmani da parte dei serbo-bosniaci. Al Consiglio di Sicurezza, i Paesi arabi si sono presentati proponendo una risoluzione per mettere fine all’embargo sulla vendita di armi al governo libico riconosciuto dalla comunità internazionale, come se il problema in Libia fossero che mancano le armi e non che ce ne sono troppe. Il ministro degli Esteri egiziano Shukry lo ha annunciato prima dell’inizio della riunione, dopo aver incontrato rappresentanti all’Onu di altri Paesi islamici.
IL REGIME del Cairo è in prima linea nella lotta contro le milizie del Califfato in Libia. La Giordania, ora membro del Consiglio di Sicurezza, altro Paese arabo molto esposto contro lo Stato islamico, ma sul fronte siriano-iracheno, è stato latore del testo che chiede che “l’embargo sulle armi sia rimosso per il governo legittimo, così da permettergli di combattere contro il terrorismo”. Il documento chiede, inoltre, “maggiori controlli via mare e via aria per prevenire la consegna di armi ai gruppi militanti” che si battono contro il governo riconosciuto. L’Occidente s’era già dichiarato, praticamente unanime, per una “soluzione politica”, pure auspicata da papa Francesco: “La guerra - è la tesi - aiuta il Califfato, che solo quella sa fare”. Certo, c’è l’impegno a “un cambio di passo della comunità internazionale”, ma sono parole. Quelle dell’Ue, il cui ruolo era già stato mortificato dalla vicenda ucraina, neppure si sentono. L’embargo sulla vendita di armi alla Libia risale al 2011, quando, nella scia delle Primavere arabe, un’insurrezione, appoggiata dai raid aerei di una coalizione internazionale che forzò il mandato dell’Onu rovescio il regime di Gheddafi; il Consiglio di Sicurezza lo impose, allora, per impedire che la Libia diventasse una polveriera. Ma già lo era e gli arsenali del Colonnello alimentano l’attuale conflitto.
IL FRONTE SUD
il Fatto 19.2.15
I Caschi Blu restano a casa la Libia preferisce le armi
Al Consiglio di sicurezza dell’Onu i Paesi Arabi chiedono la fine dell’embargo 2011
di Giampiero Gramaglia
Niente Caschi Blu, almeno per ora, sul territorio libico; era già scontato, ma ora è pure ufficiale: nessuno li chiede, nessuno li vuole. Non è definitivo, perché i riti del Palazzo di Vetro sono ciclici, non hanno quasi mai la parola fine. Il consulto d’urgenza sulla Libia del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, tenuto ieri a New York, è un dibattito fiume pubblico, seguito da consultazioni riservate: l’inviato in Libia Leon vi interviene in video-conferenza: secondo lui l’Isis in Libia ha trovato terreno fertile nell’instabilità del Paese, ma il dialogo politico sta facendo progressi. In parallelo, a Washington, si svolge un incontro internazionale contro l’estremismo islamico, cui partecipano una sessantina di Paesi.
Anche se i tempi di elaborazione delle Nazioni Unite sono lunghi, lenti e richiedono mediazioni e ‘digestioni’, è chiaro che l’intervento armato della comunità internazionale con tutti i crismi della legalità non ci sarà. L’Egitto che l’aveva inizialmente sollecitato, nelle ultime 48 ore ha fatto per conto suo, con raid aerei e incursioni terrestri contro obiettivi e postazioni delle milizie jihadiste. Tutto con l’avallo del premier libico legittimo al-Thani, la cui sintonia con il rais al-Sisi pare consolidarsi.
COSÌ SI EVITA di aggiungere un grano al rosario di missioni dell’Onu in cui i Caschi Blu sono stati testimoni di massacri senza saperli, o poterli, evitare: perché le Nazioni Unite possono fare con efficacia del peace keeping, ma non riescono a fare del peace enforcing, cioè a portare la pace dove c’è la guerra. Lo dicono cinquant’anni e passa di frustrazioni e morti, spesso inutili, come i caduti di Kindu, italiani, in Congo, nel 1961. Tra Medio Oriente e Africa, i Caschi Blu sono stati l’anello debole dell’impotenza internazionale nelle maglie di conflitti intestini feroci e atavici. L’episodio più emblematico vicino all’Italia, dall’altra parte dell’Adriatico, a Srebrenica, dove soldati dell’Onu olandesi, armati, ma senza consegna a intervenire, assistettero passivi e imbelli a uno dei momenti più cruenti della guerra bosniaca, il massacro di migliaia di musulmani da parte dei serbo-bosniaci. Al Consiglio di Sicurezza, i Paesi arabi si sono presentati proponendo una risoluzione per mettere fine all’embargo sulla vendita di armi al governo libico riconosciuto dalla comunità internazionale, come se il problema in Libia fossero che mancano le armi e non che ce ne sono troppe. Il ministro degli Esteri egiziano Shukry lo ha annunciato prima dell’inizio della riunione, dopo aver incontrato rappresentanti all’Onu di altri Paesi islamici.
IL REGIME del Cairo è in prima linea nella lotta contro le milizie del Califfato in Libia. La Giordania, ora membro del Consiglio di Sicurezza, altro Paese arabo molto esposto contro lo Stato islamico, ma sul fronte siriano-iracheno, è stato latore del testo che chiede che “l’embargo sulle armi sia rimosso per il governo legittimo, così da permettergli di combattere contro il terrorismo”. Il documento chiede, inoltre, “maggiori controlli via mare e via aria per prevenire la consegna di armi ai gruppi militanti” che si battono contro il governo riconosciuto. L’Occidente s’era già dichiarato, praticamente unanime, per una “soluzione politica”, pure auspicata da papa Francesco: “La guerra - è la tesi - aiuta il Califfato, che solo quella sa fare”. Certo, c’è l’impegno a “un cambio di passo della comunità internazionale”, ma sono parole. Quelle dell’Ue, il cui ruolo era già stato mortificato dalla vicenda ucraina, neppure si sentono. L’embargo sulla vendita di armi alla Libia risale al 2011, quando, nella scia delle Primavere arabe, un’insurrezione, appoggiata dai raid aerei di una coalizione internazionale che forzò il mandato dell’Onu rovescio il regime di Gheddafi; il Consiglio di Sicurezza lo impose, allora, per impedire che la Libia diventasse una polveriera. Ma già lo era e gli arsenali del Colonnello alimentano l’attuale conflitto.
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Re: LA LIBIA E' VICINA
CRONACA DI GIORNI DI GUERRA
IL FRONTE SUD
Calabria, De Raho: “Qui i terroristi possono avere basi logistiche grazie alla ‘ndrangheta”
Video
http://tv.ilfattoquotidiano.it/2015/02/ ... ta/342236/
“Frange terroristiche possono avere basi logistiche in Calabria grazie alla ‘ndrangheta“. L’allarme è stato lanciato stamattina dal procuratore di Reggio Calabria Federico Cafiero De Raho a margine dell’incontro organizzato all’Università “Mediterranea” dai servizi segreti.
“La provincia ionica è l’accesso del flusso di migranti. – ha aggiunto il magistrato – Il lavoro dell’intelligence in una situazione di sovrapposizione criminale è particolarmente importante.
Anzi è lo strumento necessario per poter contrastare efficacemente la criminalità sia mafiosa che terroristica.
La ‘ndrangheta può fornire ospitalità ai terroristi in aziende agricole in cambio di droga”.
All’incontro sul lavoro dei servizi segreti ha partecipato anche il sottosegretario Marco Minniti che, di ritorno dall’Egitto, si è soffermato sull’emergenza della Libia: “Il conflitto con l’Isis è un conflitto tra democrazia e terrorismo.
Non è un conflitto di religione, di civiltà.
Bisogna evitare la sindrome della paura.
Abbiamo a che fare con un nemico raffinatissimo che fa della propaganda un elemento fondamentale del suo agire”
di Lucio Musolino
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Calabria, De Raho: “Qui i terroristi possono avere basi logistiche grazie alla ‘ndrangheta”
Video
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“Frange terroristiche possono avere basi logistiche in Calabria grazie alla ‘ndrangheta“. L’allarme è stato lanciato stamattina dal procuratore di Reggio Calabria Federico Cafiero De Raho a margine dell’incontro organizzato all’Università “Mediterranea” dai servizi segreti.
“La provincia ionica è l’accesso del flusso di migranti. – ha aggiunto il magistrato – Il lavoro dell’intelligence in una situazione di sovrapposizione criminale è particolarmente importante.
Anzi è lo strumento necessario per poter contrastare efficacemente la criminalità sia mafiosa che terroristica.
La ‘ndrangheta può fornire ospitalità ai terroristi in aziende agricole in cambio di droga”.
All’incontro sul lavoro dei servizi segreti ha partecipato anche il sottosegretario Marco Minniti che, di ritorno dall’Egitto, si è soffermato sull’emergenza della Libia: “Il conflitto con l’Isis è un conflitto tra democrazia e terrorismo.
Non è un conflitto di religione, di civiltà.
Bisogna evitare la sindrome della paura.
Abbiamo a che fare con un nemico raffinatissimo che fa della propaganda un elemento fondamentale del suo agire”
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Re: LA LIBIA E' VICINA
http://www.internazionale.it/notizie/20 ... o-la-libia
I gruppi armati che controllano la Libia
Negli ultimi giorni si è parlato della penetrazione del gruppo Stato islamico in Libia, ma i gruppi armati attivi nel paese sono numerosi e dalla caduta del regime di Muammar Gheddafi nel 2011 si contendono il controllo del paese, spesso assumendo le funzioni di un’amministrazione territoriale in mancanza di un’autorità centrale. Oggi la Libia ha due governi e due parlamenti. Il primo ministro riconosciuto dalla comunità internazionale è Abdullah al Thinni, che ha vinto le elezioni nel 2014 e ha spostato la sede del governo e dell’assemblea costituente ad Al Bayda, e il parlamento a Tobruk, nell’est del paese. A Tripoli, invece, si riunisce ancora il precedente parlamento, in cui c’è una forte presenza di Fratelli musulmani e che è appoggiato dai miliziani islamici della coalizione Alba libica.
Coalizione Alba libica. È una coalizione composta da diversi gruppi armati originari di Tripoli e di Misurata. Alcuni, come la milizia Scudo libico, sono vicini ai Fratelli musulmani. Il 23 agosto 2014 Alba libica ha dichiarato di aver preso il controllo dell’aeroporto di Tripoli dopo una lunga battaglia.
Milizie tuareg e tubu. Le milizie legate alla minoranza tubu, un gruppo etnico del sud della Libia, che durante la rivolta contro Muammar Gheddafi erano schierate con i ribelli, ora sono alleate del generale Khalifa Haftar. I tubu controllano in particolare le città di Murzuk e Kufra. Le milizie legate al gruppo etnico dei tuareg, presente nel sudovest del paese, sono vicine alla coalizione Alba libica. Le due tribù si contendono il controllo di un’area vastissima situata al confine con l’Algeria e la Tunisia, dove si trovano alcuni dei giacimenti petroliferi più grandi del paese.
Stato islamico. Il gruppo è un’organizzazione armata jihadista presente in Iraq e in Siria. Nell’ottobre del 2014 una milizia di Derna, nell’est della Libia, ha rivendicato l’appartenenza al gruppo Stato islamico, un annuncio accolto con favore dal leader jihadista Abu Bakr al Baghdadi. I miliziani del gruppo Stato islamico hanno rivendicato la responsabilità di diversi attentati negli ultimi mesi in Libia, tra cui l’attacco all’hotel Corinthia di Tripoli il 27 gennaio 2015. Non sono stati verificati i legami tra il gruppo attivo in Siria e Iraq e le milizie che si autoproclamano affiliate allo Stato islamico in Libia.
Ansar al sharia. È un’organizzazione armata jihadista formata da diverse milizie che hanno partecipato alle rivolte del 2011, in particolare dalle brigate Abu Obayda bin al Jarah, le brigate Malik e il gruppo dei Martiri del 17 febbraio. Il quartier generale di Ansar al Sharia si trova nella zona di Quwarshah, a Bengasi, che è stata bombardata dalle truppe del generale Khalifa Haftar nel corso dell’operazione Dignità, lanciata nel maggio del 2014. Nel settembre del 2012 il gruppo aveva rivendicato l’attacco terroristico contro il consolato statunitense di Bengasi nel quale è morto l’ambasciatore in Libia John Christopher Stevens.
Renzi elenca i successi del governo. “Sarò breve”.
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Re: LA LIBIA E' VICINA
http://notizie.virgilio.it/videonews/dr ... -isis.html
Droga, viagra e 100 dollari al giorno: ecco la paga dei soldati dell'Isis
. . . .
Droga, sesso e senso di potenza verso la popolazione civile hanno sempre differenziato la ciurmaglia dagli attivisti politici.
Era da immaginarselo: questi incappucciati esercitano solo violenza sugli inermi.
Sarebbero stati credibili se potevano andare fieri della loro "causa" a capo scoperto: all'occorrenza, rinnegherebbero tutto pur di salvare la pelle.
Droga, viagra e 100 dollari al giorno: ecco la paga dei soldati dell'Isis
. . . .
Droga, sesso e senso di potenza verso la popolazione civile hanno sempre differenziato la ciurmaglia dagli attivisti politici.
Era da immaginarselo: questi incappucciati esercitano solo violenza sugli inermi.
Sarebbero stati credibili se potevano andare fieri della loro "causa" a capo scoperto: all'occorrenza, rinnegherebbero tutto pur di salvare la pelle.
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Re: LA LIBIA E' VICINA
CRONACA DI GIORNI DI GUERRA
IL FRONTE SUD
Ma che bella notizia.
“Libia, miliziani che combattono l’esercito regolare hanno trafugato armi chimiche”
A rivelarlo è il quotidiano filo-saudita Asharq Al-Awsat. Erano nascoste in alcuni depositi nella province centrali e meridionali della Libia. Anche a seguito della rivolta contro Gheddafi esplosa nel 2011, solo il 60 per cento dell'arsenale del regime è stato distrutto
di F. Q. | 21 febbraio 2015
Sono state milizie che combattono contro l’esercito regolare a trafugare armi chimiche negli arsenali del regime di Muammar Gheddafi che contengono “iprite e gas nervino Sarin” e che potrebbero quindi “cadere nelle mani dello Stato islamico” .
Secondo quanto scrive Asharq Al-Awsat – autorevole quotidiano filo-saudita basato a Londra – erano nascoste in alcuni depositi nella province centrali e meridionali della Libia, e un “responsabile militare libico”, sotto anonimato, ha parlato al giornale di “grandi quantitativi” utilizzati dai miliziani “nella loro guerra contro l’esercito”.
Secondo testimoni citati da Asharq Al-Awsat, inoltre, un gruppo armato di guardia a un’azienda chimica a Jufra, 600 chilometri a sud est di Tripoli, ha trasferito gas mostarda a Misurata a bordo di carri armati.
Il sito cita fonti “locali” facendo riferimento alla città libica sul mare, bastione delle milizie islamiche che appoggiano il Parlamento rivoluzionario di Tripoli (Gnc), non riconosciuto internazionalmente.
Un video, aggiunge il quotidiano, “sembra mostrare miliziani che conducono test con armi chimiche in una regione montagnosa vicino alla città di Mizda, circa 160 chilometri a sud di Tripoli. Si vede sparare “un proiettile, da cui si sprigionano fiamme seguite da una nube di denso fumo bianco che copre un’ampia area”.
Al quotidiano la fonte militare ha inoltre spiegato che “prima della sua morte, Gheddafi aveva approssimativamente un migliaio di tonnellate di materiale per la realizzazione di armi chimiche e circa 20mila tonnellate di gas mostarda”. La distruzione di parte dell’arsenale chimico di Gheddafi iniziò dopo la firma della Convenzione sulle armi chimiche nel 2004.
Anche per via della rivolta contro Gheddafi esplosa nel 2011, solo il 60 per cento delle armi chimiche del regime è stato distrutto.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/02 ... e/1444587/
IL FRONTE SUD
Ma che bella notizia.
“Libia, miliziani che combattono l’esercito regolare hanno trafugato armi chimiche”
A rivelarlo è il quotidiano filo-saudita Asharq Al-Awsat. Erano nascoste in alcuni depositi nella province centrali e meridionali della Libia. Anche a seguito della rivolta contro Gheddafi esplosa nel 2011, solo il 60 per cento dell'arsenale del regime è stato distrutto
di F. Q. | 21 febbraio 2015
Sono state milizie che combattono contro l’esercito regolare a trafugare armi chimiche negli arsenali del regime di Muammar Gheddafi che contengono “iprite e gas nervino Sarin” e che potrebbero quindi “cadere nelle mani dello Stato islamico” .
Secondo quanto scrive Asharq Al-Awsat – autorevole quotidiano filo-saudita basato a Londra – erano nascoste in alcuni depositi nella province centrali e meridionali della Libia, e un “responsabile militare libico”, sotto anonimato, ha parlato al giornale di “grandi quantitativi” utilizzati dai miliziani “nella loro guerra contro l’esercito”.
Secondo testimoni citati da Asharq Al-Awsat, inoltre, un gruppo armato di guardia a un’azienda chimica a Jufra, 600 chilometri a sud est di Tripoli, ha trasferito gas mostarda a Misurata a bordo di carri armati.
Il sito cita fonti “locali” facendo riferimento alla città libica sul mare, bastione delle milizie islamiche che appoggiano il Parlamento rivoluzionario di Tripoli (Gnc), non riconosciuto internazionalmente.
Un video, aggiunge il quotidiano, “sembra mostrare miliziani che conducono test con armi chimiche in una regione montagnosa vicino alla città di Mizda, circa 160 chilometri a sud di Tripoli. Si vede sparare “un proiettile, da cui si sprigionano fiamme seguite da una nube di denso fumo bianco che copre un’ampia area”.
Al quotidiano la fonte militare ha inoltre spiegato che “prima della sua morte, Gheddafi aveva approssimativamente un migliaio di tonnellate di materiale per la realizzazione di armi chimiche e circa 20mila tonnellate di gas mostarda”. La distruzione di parte dell’arsenale chimico di Gheddafi iniziò dopo la firma della Convenzione sulle armi chimiche nel 2004.
Anche per via della rivolta contro Gheddafi esplosa nel 2011, solo il 60 per cento delle armi chimiche del regime è stato distrutto.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/02 ... e/1444587/
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Re: LA LIBIA E' VICINA
La vox populi
Doronjo • 43 minuti fa
Molto bene.
Aspettiamo che crescano, tanto non abbiamo fretta.
Un giorno o l'altro sentiremo un vero boato, e dopo tutti a chiederci come mai chi se lo aspettava.
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noxnoxnox • un'ora fa
effetto de ja vu
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nababbo • un'ora fa
armi "sparite" dopo la caduta di Gheddafi, stranamente ora in mano ISIS.
L'ue e l'ammerica non ne sanno nulla
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Doronjo • 43 minuti fa
Molto bene.
Aspettiamo che crescano, tanto non abbiamo fretta.
Un giorno o l'altro sentiremo un vero boato, e dopo tutti a chiederci come mai chi se lo aspettava.
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noxnoxnox • un'ora fa
effetto de ja vu
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nababbo • un'ora fa
armi "sparite" dopo la caduta di Gheddafi, stranamente ora in mano ISIS.
L'ue e l'ammerica non ne sanno nulla
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