IL LAVORO

E' il luogo della libera circolazione delle idee "a ruota libera"
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camillobenso
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Re: IL LAVORO

Messaggio da camillobenso »

Scenario
Addio al contratto nazionale di lavoro nel 2016? Ecco chi ci guadagna e chi ci perde
Il governo vuole abolire la negoziazione unica nazionale entro la fine dell’anno. Per favorire l’innovazione. Ma il rischio è che i salari scendano
di Luca Piana, Gloria Riva e Stefano Vergine

http://espresso.repubblica.it/attualita ... =HEF_RULLO
camillobenso
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Re: IL LAVORO

Messaggio da camillobenso »

Te lo dò io il Job Act




Workers buyout, quando i lavoratori recuperano la fabbrica. Con la crisi i casi sono aumentati del 50%

09/02/2016 di triskel182



Un rapporto Euricse dà conto di 122 aziende in difficoltà rilevate dai dipendenti, al netto delle esperienze che hanno chiuso. Le storie della Ora Acciaio di Pomezia, che dopo il fallimento è ripartita come cooperativa, della Italcables di Caivano, della friulana Ceramiche Ideal Scala e della copisteria Zanardi di Padova, rinata dopo che il fondatore si era ucciso perché sommerso dai debiti.

C’è la fabbrica di mobili a Pomezia, fallita e poi rilanciata da venti dipendenti. C’è lo stabilimento dell’arredo da bagno nel Friuli, che la multinazionale voleva chiudere ma i lavoratori hanno rilanciato. C’è la storia della copisteria padovana rifondata dai suoi stessi addetti, che ha attirato l’attenzione perfino del New York Times. Si tratta del fenomeno dei workers buyout: si definisce così il salvataggio di un’impresa da parte dei dipendenti che ci hanno lavorato.

Attraverso una ristrutturazione aziendale, usando i risparmi, il Tfr o l’indennità di mobilità, i lavoratori acquistano la proprietà dell’intera società o di una sua parte. In Italia, questa pratica ha registrato un boom a partire dal 2008, inizio della crisi economica. Tra 2007 e 2014 si è passati da 81 a 122 casi, con un balzo in avanti del 50%.

I numeri del fenomeno sono nero su bianco nel rapporto “Le imprese recuperate in Italia”, redatto nel 2015 da Euricse, l’istituto europeo di ricerca sull’impresa cooperativa e sociale. Il documento registra 252 casi di workers buyout nel nostro Paese dal 1979 a oggi. Al netto delle esperienze che hanno chiuso, a fine 2014 si contavano 122 fabbriche recuperate, un numero che non a caso è cresciuto costantemente con la crisi. Non certo una casualità. I curatori del rapporto individuano tre cause per questa impennata: l’aumento della disoccupazione, la contrazione del settore manifatturiero e il numero crescente di chiusure aziendali rispetto alle aperture. Gli studiosi evidenziano “un buon tasso di sopravvivenza delle fabbriche recuperate”: la vita media di un workers buyout si attesta a quasi 13 anni, poco meno rispetto al livello delle imprese italiane, che arrivano a 13,5 anni.

Questa possibilità di rilancio è stata sfruttata sempre più spesso durante questi anni di crisi. E non mancano nuovi esempi anche nelle ultime settimane. Il caso più recente è quello della Ora Acciaio, azienda che a Pomezia (Roma) produce mobili per ufficio di alta gamma. Nata con il boom economico degli anni ’60, la società si è rafforzata negli anni conquistandosi un mercato anche nell’Est Europa e in Medio Oriente. Ma a dicembre 2014, è arrivato il fallimento. Eppure, venti dipendenti hanno deciso di rimettersi in gioco e il 20 gennaio scorso la fabbrica è ripartita con la nuova forma di società cooperativa per azioni.

Solo un mese prima, a dicembre, anche la Italcables di Caivano (Napoli) è rinata dalle ceneri della crisi grazie all’impegno di 51 ex dipendenti, ora soci fondatori della nuova azienda: si tratta della prima esperienza di workers buyout in ambito siderurgico. Dalla Campania al Friuli, uno dei casi più conosciuti degli ultimi anni è quello della Ideal Standard di Orcenico (Pordenone), che produce arredo da bagno: nel 2014 la casa madre ha deciso di chiudere lo stabilimento, licenziando i 400 dipendenti. Ma a luglio un gruppo di operai ha fondato una nuova cooperativa, laCeramiche Ideal Scala, che ha rilanciato la produzione: partita con 50 addetti, entro il 2018 si propone di riassorbire 150 lavoratori. Infine, c’è la storia della copisteria Zanardi di Padova, raccontata anche dal New York Times. L’imprenditore Giorgio Zanardi, sommerso dai debiti, si è impiccato in azienda nel febbraio del 2014. Pochi giorni prima la società, che contava 110 dipendenti, aveva chiesto il concordato liquidatorio. Ventiquattro lavoratori non si sono arresi e hanno rifondato una cooperativa sulle ceneri della vecchia copisteria. Nel primo anno di attività, l’azienda ha fatturato 2,5 milioni di euro.

A sostegno delle iniziative di recupero delle imprese intervengono anche il sistema cooperativo e lo Stato. Legacoop,Confcooperative e altre federazioni hanno messo a disposizione finanziamenti soprattutto attraverso i fondi del movimento cooperativo. “Dall’inizio della crisi Legacoop, attraverso il proprio fondo mutualistico, ha sostenuto in Italia 48 workers buyout, che hanno coinvolto 1.081 soci e salvato 1.257 posti di lavoro – spiegaMauro Lusetti, presidente di Legacoop Nazionale – Queste imprese hanno messo in moto, grazie al contributo di Coopfond e all’impegno dei soci, investimenti per oltre 56 milioni di euro“. Accanto al sistema cooperativo, anche lo Stato fornisce un sostegno economico alle iniziative di workers buyout. Alla base di questo supporto, c’è la cosiddetta legge Marcora, approvata nel 1985 e poi modificata nel 2001. La norma prevede che le imprese recuperate possano beneficiare di due fondi: Foncooper, unfondo di rotazione costituito da prestiti a basso interesse, e il fondo speciale per la salvaguardia dei livelli occupazionali. I contributi statali possono essere pari alla quota versata dai lavoratori, ma devono essere restituiti entro un periodo di 7-10 anni. La legge consente poi alla società di avere un socio finanziatore come membro della cooperativa per l’intera durata dell’investimento.

Da ilfattoquotidiano.it
camillobenso
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Re: IL LAVORO

Messaggio da camillobenso »


Te lo dò io il Job Act



QUESTO PAESE E' IRRIMEDIABILMENTE FALLITO


“Azienda fatta fallire per speculare sulle aree”
Licenziati 400 operai, ora processo per bancarotta


Per i pm di Milano, la Novaceta di Magenta è stata volontariamente “depauperata” fino alla chiusura per
poter costruire sui terreni di proprietà di Unicredit e Snia. Ok della giunta Pd. Gli ex lavoratori parte civile


Lavoro & Precari

Gli operai hanno perso il lavoro, i dirigenti sono a giudizio per bancarotta fraudolenta e la giunta Pd di Magenta valorizza l’area ‘maledetta’, simbolo della
crisi economica e insieme, secondo la Procura di Milano, della spregiudicatezza di finanzieri senza scrupoli, che avrebbero distratto 70 milioni e provocato il fallimento di un’azienda chimico-tessile famosa nel mondo. Imputato anche Roberto Tronchetti Provera, fratello di Marco. Coinvolto (ma non indagato) il candidato sindaco di Napoli Lettieri. Oggi il via al processo di Ersilio Mattioni

http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/02 ... a/2450197/
paolo11
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Re: IL LAVORO

Messaggio da paolo11 »

http://www.corriereadriatico.it/attuali ... 42820.html
Senza lavoro da poche settimane
manda Sms alla figlia e si toglie la vita
PALERMO - È stata la figlia a ricevere l'ultimo messaggio inviato dal padre, poco prima di cospargersi di benzina e darsi fuoco all'interno della auto nei pressi del mercato ortofrutticolo di Villabate. «Perdono per quello che sto facendo, ti voglio bene...», ha scritto l'uomo che una settimana fa era stato licenziato dalla ditta di autotrasporti per la quale lavorava.

La giovane ha intuito quello che stava per accadere e ha raggiunto di corsa il luogo della tragedia, dove il padre caricava di solito le cassette di prodotti agricoli sul suo camion. Ma quando è arrivata le fiamme erano già alte. Ha tentato di avvicinarsi ma è stata allontanata dai carabinieri e dai vigili del fuoco, impegnati a spegnere il rogo prima che l'auto esplodesse. A raccontare quei momenti terribili è uno dei cognati dell'autotrasportatore: «La ragazza è arrivata davanti alla Fiat Idea in fiamme dopo avere ricevuto il messaggio del padre, ha provato a salvarlo ma non c'è stato nulla da fare...».

Nell'auto, oltre al cadavere del disoccupato, è stata trovata anche una tanica di benzina. L' uomo, che da una settimana era disoccupato, non ha lasciato nulla al caso. «Era disperato - commenta un altro parente - questo suicidio è uno schiaffo per tutti. Ci vuole coraggio a togliersi la vita in questo modo». Sul luogo della tragedia, davanti all'auto carbonizzata, i parenti della vittima si abbracciano, piangono, si disperano. «Non si può morire così - dice tra le lacrime un'altra cognata - Non è giusto». L' uomo, che si era da poco trasferito da Palermo a Villabate, era separato; la figlia, alla quale era legatissimo, viveva con la moglie.
------------------------------------
Forse con il reddito di cittadinanza si sarebbero salvate diverse persone dal suicidio.
Intanto mandiamo i nostri soldati in Iraq a protezione della diga.Che una ditta Italiana la dovrà riparare.
Ciao
Paolo11
camillobenso
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Re: IL LAVORO

Messaggio da camillobenso »

Repubblica 6.4.16
Da emancipazione a fatica la metamorfosi del lavoro
La mondializzazione dei mercati ha allontanato sempre di più i diritti Qui si gioca il futuro delle nostre democrazie

di Nadia Urbinati

IL DECLINO del riformismo sociale, scrive Ezio Mauro, è il segnale di una crisi ben più vasta che coinvolge lo stato democratico. Un declino che ha coinciso con l’emergere di fattori di mutamento profondi per la trasformazione dei rapporti politici connessi al lavoro: il declino del compromesso tra capitalismo e democrazia (per la trasformazione del primo da industriale a finanziario) e l’apertura dei confini simbolizzata dalla fine della Guerra fredda.
Le frontiere hanno consentito il riformismo sociale e la costruzione delle democrazie. In sostanza hanno reso possibile il compromesso tra capitalismo e democrazia, per cui chi possedeva i mezzi di produzione ha accettato istituzioni politiche nelle quali le decisioni erano prese contando i voti di tutti. Il keynesianesimo ha dato i fondamenti ideologici e politici di questo compromesso, e lo ha fatto rispondendo alla crisi devastante del 1929 che lasciò sul tappeto una disoccupazione tremenda e regimi totalitari. Il compromesso consistette nell’assegnare al pubblico un ruolo centrale che, invece di assistere i poveri, li impiegava o li trasformava in forza lavoro. Si trattò di un cambiamento anche rispetto alla scienza economica che passò dal mito del laissez faire alle politiche economiche programmatiche. Questo generò incremento della domanda e ripresa dell’occupazione: come disse il presidente francese Léon Blum, l’investimento nel lavoro è un investimento nella democrazia. È questo il senso dell’articolo 1 della nostra Costituzione, che presume confini nazionali e il controllo di entrata della forza lavoro, una politica che i Trattati di Roma (1957) hanno esteso al territorio dell’Unione, la nuova dimensione geografica alla quale venne esteso il diritto di circolazione dei lavoratori e dei beni.
L’esito di quel compromesso novecentesco fu che i poveri diventarono davvero i rappresentanti dell’interesse generale della società: non una massa di disperati che la propaganda nazionalistica poteva manovrare, ma forze sociali organizzate in partiti che si incaricavano di essere rappresentativi di interessi sociali che la crescita economica consentiva di moderare e di disporre al compromesso. L’esito di questo bilanciamento delle popolazioni e degli interessi fu che l’allocazione delle risorse economiche — dal lavoro ai beni primari, fino ai servizi — venne gestita dalle forze politiche, mentre le classi sociali rinunciavano a fare da sole. La politica acquistò autorità e autorevolezza.
Il legame tra lavoro e politica, tra confini e potere di trattativa sui salari e sui diritti, si è allentato con il declino del mondo diviso, con la fine della Guerra fredda. L’apertura globale dei mercati e la decadenza del valore sociale del lavoro stanno insieme e si riflettono nel declino del riformismo sociale, che non può contare solo sulla buona volontà. La politica senza una condizione sociale di riferimento non è da sola capace di far rivivere il riformismo. Il secondo Dopoguerra è nato su fondamenti molto strutturati, tanto a livello nazionale che a livello internazionale. La divisione Est e Ovest si rifletteva in due modelli di democrazia alla base dei quali vi era comunque il lavoro: la democrazia “borghese” da un lato e quella socialista dall’altro. Nel primo caso, quello che ci interessa e che è sopravvissuto più a lungo, la difesa di diritti sociali aveva il compito di neutralizzare il peso delle diseguaglianze nel potere di prendere le decisioni politiche: dando a tutti i cittadini alcune opportunità di base, come sanità e scuola pubblica, lo stato democratico poteva garantire l’inclusione di tutti a egual titolo, lavoratori e capitalisti.
Nei paesi occidentali, la sfida lanciata dal mondo sovietico ha funzionato da deterrente per contenere le diseguaglianze con la messa in cantiere di uno stato sociale che doveva provare al mondo socialista di riuscire a coniugare le libertà economiche con la libertà politica e il benessere diffuso. La ricostruzione del Dopoguerra aveva del resto aperto grandi possibilità di crescita economica senza bisogno di uscire dai confini per trovare manodopera a basso costo. Sui confini tra Est e Ovest si è costruita la cultura dei diritti sociali e la filosofia lavorista, l’idea che il lavoro fosse certamente fatica e necessità ma che l’azione politica associata avrebbe potuto renderlo condizione di emancipazione. Le politiche di piena occupazione e l’espansione dei diritti hanno marciato insieme, in un mondo che aveva confini.
Questo scenario è radicalmente cambiato con la mondializzazione dei mercati e come conseguenza il lavoro sta tornando poco a poco ad essere semplicemente fatica, dissociato dai diritti e dall’emancipazione politica. Ricostruire una cultura riformatrice dovrà comportare la ricomposizione del legame tra lavoro e diritti, affinché i molti non siano preda della propaganda nazionalista, affinché la prospettiva di vita che le democrazie offrono sia comparabilmente migliore di quella che le sirene xenofobiche promettono. È quindi sulla capacità della politica di ricatturare il lavoro che si gioca il futuro delle nostre democrazie.
camillobenso
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Re: IL LAVORO

Messaggio da camillobenso »

NEWS DAL PAESE DEI MORTI VIVENTI


Un tizio, stamani, raccontava che un collega si doleva del fatto di dover mantenere ancora i due figli di 21 e 26 anni perché non trovano lavoro.

Ma quanto è estesa questa realtà????

E i nonni che mantengono i figli di 50 anni e pure i nipoti????

Ma questa nuova società, opportunamente narcotizzata, viaggia nella totale INDIFFERENZA.

L'importante sembra, che per sopravvivere nella nuova dimensione di MORTI VIVENTI, é che non venga intaccato il proprio orticello.

E quando accade, giù a sacramentare contro QUESTA INGIUSTA SOCIETA'.


Anche quando gli spieghi cosa succederà prossimamente qui, se ne sbattono tutti.

QUANTE VOLTE E' SUCCESSO IN PASSATO E CHE OGGI TOCCHIAMO CON MANO GRAZIE ALLA GRANDE INDIFFERENZA DI ALLORA???

Il 25 aprile e il 1° maggio del 2016 si è trasformato in un anticipo del 2 novembre.

AVANTI COSI' CHE ANDIAMO BENE.


ANCHE QUANDO TE LO SPIEGANO PER FILO E PER SEGNO, TUTTI RIMANGONO MUTI.

PER POI DOLERSENE IN FUTURO.

Se FRANCO CARDINI si duole che ai tricolori la giustizia sociale non frega niente, PERCHE' PREOCCUPARSI DEL MONDO DEL LAVORO CHE VIENE SOSTITUITO DAI ROBOT????????????????


Ed anche MATTARELLA, classe 1941, NON UNO DI PRIMO PELO, oggi cianciando sul lavoro ha dichiarato che: CHE CREARE LAVORO E' UN DOVERE COSTITUZIONALE.


A CHI SI STAVA RIVOLGENDO?????

AGLI SCHIAVI SCIOCCHI E MENEFREGHISTI, O AL GOVERNO MUSSOLONI E AL PARLAMENTO FANTASMA?????????????????????????????????????????????????????



Lavoro, ecco come i robot sostituiscono l’uomo in azienda e servizi. Intelligenza artificiale, ma anche posti in fumo

Abb
< 1/44 >

Lavoro & Precari
REPORTAGE - Nel polo di Navacchio la QbRobotics, spin off dell'Università pisana e dell'Istituto italiano di tecnologia, progetta la mano robotica. Il centro di ricerca Enrico Piaggio, a Pisa, ha messo a punto Walkman, il robot-pompiere. A Vittuone la Abb spa ha realizzato YuMi, usato nell'elettronica, nel settore farmaceutico, cosmetica e nell'assemblaggio. Bart Selman, docente di Computer science all'Università Cornell: "Nei prossimi 30 anni il 50% delle opportunità di impiego sarà a rischio"
di Stefano De Agostini | 30 aprile 2016

http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/04 ... o/2640871/
camillobenso
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Re: IL LAVORO

Messaggio da camillobenso »

NEWS DAL PAESE DEI MORTI VIVENTI


Un tizio, stamani, raccontava che un collega si doleva del fatto di dover mantenere ancora i due figli di 21 e 26 anni perché non trovano lavoro.

Ma quanto è estesa questa realtà????

E i nonni che mantengono i figli di 50 anni e pure i nipoti????

Ma questa nuova società, opportunamente narcotizzata, viaggia nella totale INDIFFERENZA.

L'importante sembra, che per sopravvivere nella nuova dimensione dei MORTI VIVENTI, é che non venga intaccato il proprio orticello.

E quando accade, giù a sacramentare contro QUESTA INGIUSTA SOCIETA'.


Anche quando gli spieghi cosa succederà prossimamente qui, se ne sbattono tutti.

QUANTE VOLTE E' SUCCESSO IN PASSATO E CHE OGGI TOCCHIAMO CON MANO GRAZIE ALLA GRANDE INDIFFERENZA DI ALLORA???

Il 25 aprile e il 1° maggio del 2016 si è trasformato in un anticipo del 2 novembre.

AVANTI COSI' CHE ANDIAMO BENE.


ANCHE QUANDO TE LO SPIEGANO PER FILO E PER SEGNO, TUTTI RIMANGONO MUTI.

PER POI DOLERSENE IN FUTURO.

Se FRANCO CARDINI si duole che ai tricolori la giustizia sociale non frega niente, PERCHE' PREOCCUPARSI DEL MONDO DEL LAVORO CHE VIENE SOSTITUITO DAI ROBOT????????????????


Ed anche MATTARELLA, classe 1941, NON UNO DI PRIMO PELO, oggi cianciando sul lavoro ha dichiarato che: CHE CREARE LAVORO E' UN DOVERE COSTITUZIONALE.


A CHI SI STAVA RIVOLGENDO?????

AGLI SCHIAVI SCIOCCHI E MENEFREGHISTI, O AL GOVERNO MUSSOLONI E AL PARLAMENTO FANTASMA?????????????????????????????????????????????????????



Lavoro, ecco come i robot sostituiscono l’uomo in azienda e servizi. Intelligenza artificiale, ma anche posti in fumo

Abb
< 1/44 >

Lavoro & Precari
REPORTAGE - Nel polo di Navacchio la QbRobotics, spin off dell'Università pisana e dell'Istituto italiano di tecnologia, progetta la mano robotica. Il centro di ricerca Enrico Piaggio, a Pisa, ha messo a punto Walkman, il robot-pompiere. A Vittuone la Abb spa ha realizzato YuMi, usato nell'elettronica, nel settore farmaceutico, cosmetica e nell'assemblaggio. Bart Selman, docente di Computer science all'Università Cornell: "Nei prossimi 30 anni il 50% delle opportunità di impiego sarà a rischio"
di Stefano De Agostini | 30 aprile 2016

http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/04 ... o/2640871/
cielo 70
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Re: IL LAVORO

Messaggio da cielo 70 »

camillobenso ha scritto:NEWS DAL PAESE DEI MORTI VIVENTI
Un tizio, stamani, raccontava che un collega si doleva del fatto di dover mantenere ancora i due figli di 21 e 26 anni perché non trovano lavoro.
Ma quanto è estesa questa realtà????
E i nonni che mantengono i figli di 50 anni e pure i nipoti????
Veramente oggi ci sono pure quelli che mantengono chi ha un lavoro ma non ha un reddito sufficiente per la famiglia considerando che ci possono esserci molte spese impreviste, e non ha fatto in tempo a costruirsi un patrimonio, essendo il potere d'acquisto più basso rispetto a una volta.
erding
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Iscritto il: 21/02/2012, 22:55

Re: IL LAVORO

Messaggio da erding »


Lavoro

Il manifesto dei robot per il reddito di base

Una rivoluzione. «Vogliamo lavorare per gli umani. La sfida della Quarta rivoluzione industriale è che tutti ricevano un guadagno di base sicuro». Le potenzialità dell’automazione in un appello sorprendente. Ieri la manifestazione dei robot per il reddito di base a Zurigo


Primo maggio con i robot che chiedono un reddito di base per gli umani. È accaduto a Zurigo dove ieri centinaia di robot
hanno manifestato nella capitale finanziaria svizzera accompagnati da centinaia di sostenitori. Insieme hanno chiesto
l’introduzione di un reddito di base incondizionato: l’erogazione di un beneficio economico senza obbligo di accettare un lavoro.
La trovata situazionista fa parte della campagna referendaria in vista del voto del prossimo 5 giugno.
La Svizzera, infatti, sarà il primo paese al mondo a votare un referendum per introdurre la forma più universale del reddito: non
minimo, nè di cittadinanza, ma di base.

Tutti coloro che risiedono nel paese elvetico avranno diritto a ricevere il sussidio, indipendentemente dalla nazionalità.
La storia dei robot che prendono parola è iniziata al forum di Davos di quest’anno. «Mentre noi faremo i lavori più faticosi,
noiosi e ripetitivi, gli umani saranno liberi di creare, socializzare, inventare nuove attività utili per la società – hanno
scrittogli attivisti della campagna in un «manifesto dei robot» diventato celebre – Molte persone hanno bisogno di un reddito.
La nostra missione è fornire alle persone beni e servizi. Il compito della politica è fornire alle persone un reddito di base
incondizionato». È un modo singolare per spiazzare il dibattito in corso sul ruolo della cibernetica, automazione,
piattaforme online, specializzazione flessibile nel ridurre – o sostituire completamente – la parte del lavoro umano nella
creazione delle cose, nella distribuzione e nel marketing o nella comunicazione.

«Abbiamo una cattiva coscienza. La gente ha paura di noi e ha paura del futuro – si legge nell’appello-manifesto –
È preoccupata perché perderà il posto di lavoro e quindi lo scopo della sua esistenza. In Europa vediamo che soprattutto
i giovani non trovano lavoro, in Italia è il 40%. Prospettiva: Nessun futuro!».

Una profezia che oggi fa tremare le radici dell’Io, oltre a diffondere un clima depressivo che tende alla paura.
È saltato il legame tra lavoro e salario: essere impiegati oggi non necessariamente comporta una remunerazione, né una pensione.
Se, come sostiene il presidente dell’Inps Tito Boeri lavoreremo fino a 75 anni per prendere una pensione inferiore a quella
minima attuale, questo significa che è venuta meno l’identità stessa di ciò che nel Novecento è stato chiamato «lavoro».
Due sono i fattori che lo hanno cambiato profondamente: l’aumento del tasso di sostituzione da parte delle macchine e
del web e il lavoro digitale in cui emerge qualcosa di rimosso: il lavoro servile. Il primo fattore è stato spiegato da
Erik Brynjolfsson e Andrew Mcafee ne La nuova rivoluzione delle macchine.

Nel 2010 Istagram contava su un nucleo di 15 lavoratori che ha prodotto una app usata da 130 milioni di persone per
condividere 16 miliardi di fotografie. La Kodak, fallita nel 2012, pilastro dell’industria fotografica, impiegava fino a 145 mila
persone. In pratica, oggi 15 persone possono fare il lavoro di 145 mila. L’esempio può essere fuorviante: Istagram è una
piattaforma di condivisione, la Kodak era un’azienda che fabbricava pellicole e apparecchi fotografici.

Ciò che scompare non è il lavoro – hanno scritto Stanley Aronowitz e William Di Fazio in The Jobless Future, un libro
che ha fatto epoca quando uscì nel 1994 – ma i posti di lavoro, assorbiti e trasformati dal lavoro digitale.
È scomparsa l’idea che il lavoro a tempo indeterminato avrebbe portato alla pensione, all’assicurazione sanità.
Sfumato è il concetto di «carriera» da cui il lavoratore poteva aspettarsi un salario crescente e maggiori responsabilità.
Oggi esistono milioni di disoccupati, scoraggiati, sottoccupati, lavoratori in nero e in tutte le tonalità del grigio.
Nella condizione da quinto stato si ritrovano oggi sia la ex classe media salariato che il ceto medio delle professioni,
senza contare quella peculiare esperienza dei lavoratori poveri raccontati da Chiara Saraceno in Il lavoro non basta.
Il meglio che oggi ci si può augurare è la garanzia di un impiego in cambio di un reddito limitato.

In Italia con i voucher si è affermata nel 2016 la terza generazione del precariato: negli anni Novanta li chiamavano
«flessibili», negli anni zero-zero a termine o interinali, oggi i lavoratori sono scontrini che si comprano dal tabaccaio.
I lavoratori vivono in un turn-over vorticoso di contratti e posizioni lavorative: un voucher può portare a un contratto a termine,
a un apprendistato e infine alla partita Iva. E poi alla disoccupazione. Punto e a capo. Il giro della ruota ricomincia.

Guy Standing, in Diventare cittadini, ha definito questa dimensione del lavoro anonimo, ed alto tasso di intercambiabilità,
«crowd-work»: il «lavoro folla». Si tratta del lavoro a chiamata di nuova generazione: disponibilità in rete a tutte le ore,
tutti i giorni, per compensi minimi. Ciò che si vende è la propria disponibilità, il proprio tempo per essere investiti di un nuovo incarico.
Oltre al cellulare, simbolo vent’anni fa del lavoro a chiamata di prima generazione, oggi c’è il profilo su facebook o twitter.
È cambiato anche il committente: prima era l’agenzia interinale a «chiamare». Oggi l’intermediario può essere anche una
piattaforma online: Uber, ad esempio.

Nel lavoro-folla il lavoratore è indistinto, merce pura. Potenzialmente, tutti potrebbero svolgerlo. Anche una macchina.
Questa mescolanza tra lavoro servile e automazione integrale è visibile nella logistica: turni da 80 ore a settimana,
controllo ossessivo, velocizzazione della produttività attraverso le macchine, come raccontato in un’inchiesta sul
New York Times il 15 agosto 2015. Che il reddito di base sia l’esito dell’automazione del lavoro non è affatto scontato.

Quando i posti di lavoro saranno stati sostituiti integralmente dai robot, il lavoro resterà un ricatto quotidiano.
È incoraggiante sapere i robot saranno ancora dalla parte dell’autodeterminazione del lavoro vivo e dalla liberazione dal lavoro servile.
Agli uomini spetterà crederci, uno di questi giorni.

*** 30 aprile, la manifestazione dei robot per il reddito di base a Zurigo

http://ilmanifesto.info/il-manifesto-de ... o-di-base/

Un sogno? Una possibilità? Una necessità? Una soluzione?
camillobenso
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Re: IL LAVORO

Messaggio da camillobenso »

SONO IN MOLTI, DA QUESTE PARTI, A DIRMI CHE COSI' NON SI PUO' ANDARE AVANTI E CHE PRIMA O POI SUCCEDERA' QUALCOSA.

ADDIRITTURA STAMANI MI E' STATA PAVENTATA UNA RIVOLUZIONE MONDIALE PROSSIMA VENTURA, MA CHE IO NON RIESCO A VEDERE ALL'ORIZZONTE.

QUALCUNO SOSTIENE CHE LA PENTOLA CONTINUA A BOLLIRE, E SE NON SI ABBASSA IL GAS, LA FIAMMA, IL COPERCHIO PRIMA POI SALTA.

MA DI FRONTE AD UN'ANESTETICO COSI' POTENTE SOMMINISTRATO IN QUESTI ANNI, NON RIESCO ANCORA A VEDERE COME QUESTO POPOLO POSSA RISCATTARSI.

MUSSOLONI GLIENE HA FATTE DI COTTE E DI CRUDE E VA TUTTO BENE COSI' MADAMA LA MARCHESA.

A TRE ANNI, SONO COSE CHE NON SI SCORDANO PIU' PER TUTTA LA VITA, PER STRADA, NELLE VIE ADIACENTI LA "BREDA", SONO STATO PORTATO VIA DA MIA NONNA, PERCHE' GLI SCIOPERANTI DILAGAVANO RINCORSI DAGLI SCELBINI. LA POLIZIA DI SCELBA, MINISTRO DELL'INTERNO DELL'EPOCA.

UNA CAMIONETTA AVEVA INCASTRATO UN UOMO CONTRO IL MURO, SALENDO SUL MARCIAPIEDE, E POI IN 4 POLIZZIOTTI ERANO SCESI PER PRENDERE A MANGANELLATE IL MALCAPITATO, COME SUCCEDEVA QUALCHE ANNO PRIMA CON LE CAMICIE NERE.

A CASA, AL RIPARO, CHIESI UNA SPIEGAZIONE SUL PERCHE' FACEVANO QUESTO.

MIA NONNA MI RISPOSE CHE SCIOPERAVANO PERCHE' NON BASTAVA LA PAGA PER MANGIARE.

UOMINI CONTRO, NON E' CERTO UN BEL SPETTACOLO DA VEDERSI.

MA NEPPURE QUELLO DI VEDERE GLI UOMINI RIDOTTI IN SCHIAVITU'.





Lavoro, Inps: “Nei primi tre mesi nuovi posti stabili giù del 77% dopo il dimezzamento degli sgravi”

Lavoro & Precari
Tra gennaio e marzo 2016, i contratti a tempo indeterminato registrano un saldo positivo di 51mila unità, contro i 225mila di un anno fa. Il dato è peggiore anche del 2014, quando si era rilevato un aumento di 87mila posti stabili. I rapporti precari invece sono aumentati del 22%, i voucher del 45%
di F. Q. | 18 maggio 2016
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Non accenna a diminuire il calo delle assunzioni stabili dopo il dimezzamento degli sgravi contributivi, che nel 2016 sono passati dal 100% al 40%. Nei primi tre mesi dell’anno, secondo l’Inps, sono stati stipulati 428mila contratti a tempo indeterminato (comprese le trasformazioni) mentre le cessazioni sono state 377mila, con un saldo positivo di 51mila unità. Il dato è peggiore del 77% rispetto al saldo positivo di quasi 225mila contratti stabili dei primi tre mesi 2015. Era andata meglio anche nel 2014, in piena recessione e senza la spinta dell’esonero dai contributi per i contratti stabili: nei primi tre mesi si erano registrati 87mila posti stabili in più. Si conferma così la tendenza negativa partita con l’anno nuovo: a gennaio la flessione delle assunzioni certificata dall’Inps era stata del 39,5%, a febbraio del 33%.



Il saldo del solo mese di marzo, confrontato con quello di marzo 2015, restituisce un preoccupante -150%. I dati, che arrivano nel giorno in cui la Commissione Ue ufficializza il via libera alla manovra 2016 ma a fronte di “impegni credibili” a contenere il deficit l’anno prossimo, confermano che il mini boom di assunzioni è ormai alle spalle. E non fanno ben sperare, anche alla luce del fatto che Commissione Ue e Istat prevedono per quest’anno una crescita del pil limitata all’1,1%, sotto le previsioni del governo (1,2%).

Ampliando lo sguardo a tutte le tipologie di contratto, considerando anche rapporti a termine e di apprendistato, la situazione non è comunque positiva. Nei primi tre mesi dell’anno, la variazione netta dei rapporti di lavoro subordinato è stata positiva per 241mila unità, dato inferiore del 26% rispetto allo stesso periodo del 2015. In questo contesto, gli unici contratti ad aumentare sono quelli precari. Il saldo dei rapporti a tempo determinato, nel primo trimestre 2016, è positivo di 272mila unità, con un balzo in avanti rispetto all’anno scorso del 22,2%.

E in tema di precariato, prosegue anche l’avanzata dei voucher, i buoni per pagare il lavoro accessorio. Nel primo trimestre dell’anno sono stati venduti 31,5 milioni di tagliandi, con un incremento del +45,6% rispetto al primo trimestre 2015. Pochi giorni fa, la stessa Inps aveva rivelato come il 37% dei percettori di voucher non ha altri redditi da lavoro, mentre l’85% guadagna meno di mille euro l’anno.


Se si guardano solo i dati di marzo 2016, si sono registrate 101mila attivazioni di contratti a tempo indeterminato. Un anno fa, mese di esordio del contratto a tutele crescenti, erano 166mila: il crollo è stato del 39%. Il confronto diventa ancora più impietoso se si guarda il saldo tra contratti attivati e cessati. Se a marzo del 2015 la differenza era positiva, con un balzo in avanti di oltre 30mila posti di lavoro, quest’anno il dato scende sotto lo zero, a quota -15mila. Insomma, i rapporti stabili giunti al capolinea di marzo superano di gran lunga il numero di quelli creati nello stesso mese. Rispetto a tutti i tipi di contratto, le assunzioni sono passate dalle 442mila del marzo 2015 alle attuali 380mila, con un calo del 14%. Stesso discorso se si fa il calcolo al netto delle cessazioni. I contratti attivati in più passano nel giro di un anno da 82mila e 66mila, con una flessione del 19%.

http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/05 ... i/2741673/
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