Re: IL REFERENDUM COSTITUZIONALE
Inviato: 11/09/2016, 3:05
L’INTERVISTA
Gianfranco Pasquino ”Napolitano entri nel merito della legge di riforma”
“Guerra? No, i toni li alzano quelli del Sì”
» SILVIA TRUZZI
Guerra”, c’informa il direttore
di Repubblica, è la parola
che più spesso è stata evocata
durante il suo colloquio
apparso sul giornale di
ieri con Giorgio Napolitano.
Abbiamo chiesto al professor
Pasquino, professore emerito
di Scienza politica dell’Alma
Mater schierato per il No, cosa
pensa delle dichiarazioni
“p a c i f is t e ” del presidente emerito.
“Ci sono errori di partenza.
È stato l’esecut ivo,
dall’inizio, a chiedere il referendum
che invece secondo
l’articolo 138 è uno strumento
agibile da 5 consigli regionali,
un quinto dei parlamentari e
500mila elettori. Il governo
doveva dire: noi facciamo la
riforma, il Parlamento la approva
e gli oppositori facciano
il loro mestiere”.
Napolitano ha detto: “Forse
bisogna riflettere se fu giusto
prevedere nell’apposita
mozione parlamentare, la
facoltà di sottoporre comunque
a referendum il testo
di riforma”.
Il referendum è una possibilità
accordata alle minoranze
dalla Costituzione, non è una
concessione. È uno strumento,
tecnicamente, oppositivo.
Secondo il Presidente, Renzi
ha sbagliato a personalizzare,
ma è ingiustificabile
anche la personalizzazione
alla rovescia operata dalle
opposizioni ”facendo del referendum
il terreno di un attacco
radicale a chi guida il
Pd e il governo del Paese”.
È sbagliata la sequenza. Renzi
ha rivendicato le riforme e ha
ripetutamente affermato che
in caso di sconfitta si sarebbe
dimesso. Da subito, nei miei
interventi, ho usato la parola
plebiscito. Tanto è vero che
Napolitano mi ha chiesto, a
voce, ragione di questo termine.
E poi lui, in un’intervista
alla Stampa, ha parlato di “e ccesso
di personalizzazione”.
Tutto parte dal premier.
“La riforma non è né di Renzi
né di Napolitano”.
Il ministro Boschi e lo stesso
Renzi hanno detto che è stato
il Capo dello Stato, nel conferire
il mandato
al governo, a
chiedere le riforme.
Dopo di
che io gli chiedo:
sono queste le
tue riforme? Avresti fatto esattamente
queste riforme?
Ne dico una: ti riconosci nel
fatto che il Presidente della
Repubblica nomina 5 senatori
in una Camera che dovrebbe
essere delle Regioni e rappresenta
gli enti territoriali e
non la Nazione? Dovrebbe rispondere
punto per punto. E
non lo fa.
Secondo Napolitano, “m e ttere
a rischio la continuità
del governo
oggi es
p o n e i l
Paese a ser
i e i n cog
ni te”. La
cosa è div
e n t a t a
più grave
dopo il referen
du m
b r i t a n n ico.
Il governo
inglese ha risolto
il problema
in due settimane! E se
vincesse il No, Renzi non dovrebbe
far altro che andare da
Matterella e dirgli di formare
un nuovo governo, con la
stessa maggioranza, ma con
un presidente del Consiglio
diverso. Non vedo drammi.
Insomma, c’è questa guerra
o no?
No, guerra no. Sento toni sopra
le righe, e più dalla parte
del Sì. Non capisco l’e s a s p erazione:
dopo dovremo comunque
convivere. Ricordo
un deplorevole articolo firmato
da Salvatore Vassallo ed
Elisabetta Gualmini , in cui si
diceva che tra i firmatari del
manifesto per il No 14 erano
stati giudici costituzionali e
dieci avevano goduto delle
vorticose rotazioni alla presidenza
della Consulta basate
sull’anzianità e sono “e m e r iti”,
con annessi privilegi. E facevano
notare che, tra questi
supersaggi, l’età media supera
gli 81 anni. Cioè vecchi illustri,
carichi di onori e forse
anche di denaro: uno dei punti
più bassi toccati dalla propaganda
del Sì.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Da il Fatto del 11 settembre 2016
Gianfranco Pasquino ”Napolitano entri nel merito della legge di riforma”
“Guerra? No, i toni li alzano quelli del Sì”
» SILVIA TRUZZI
Guerra”, c’informa il direttore
di Repubblica, è la parola
che più spesso è stata evocata
durante il suo colloquio
apparso sul giornale di
ieri con Giorgio Napolitano.
Abbiamo chiesto al professor
Pasquino, professore emerito
di Scienza politica dell’Alma
Mater schierato per il No, cosa
pensa delle dichiarazioni
“p a c i f is t e ” del presidente emerito.
“Ci sono errori di partenza.
È stato l’esecut ivo,
dall’inizio, a chiedere il referendum
che invece secondo
l’articolo 138 è uno strumento
agibile da 5 consigli regionali,
un quinto dei parlamentari e
500mila elettori. Il governo
doveva dire: noi facciamo la
riforma, il Parlamento la approva
e gli oppositori facciano
il loro mestiere”.
Napolitano ha detto: “Forse
bisogna riflettere se fu giusto
prevedere nell’apposita
mozione parlamentare, la
facoltà di sottoporre comunque
a referendum il testo
di riforma”.
Il referendum è una possibilità
accordata alle minoranze
dalla Costituzione, non è una
concessione. È uno strumento,
tecnicamente, oppositivo.
Secondo il Presidente, Renzi
ha sbagliato a personalizzare,
ma è ingiustificabile
anche la personalizzazione
alla rovescia operata dalle
opposizioni ”facendo del referendum
il terreno di un attacco
radicale a chi guida il
Pd e il governo del Paese”.
È sbagliata la sequenza. Renzi
ha rivendicato le riforme e ha
ripetutamente affermato che
in caso di sconfitta si sarebbe
dimesso. Da subito, nei miei
interventi, ho usato la parola
plebiscito. Tanto è vero che
Napolitano mi ha chiesto, a
voce, ragione di questo termine.
E poi lui, in un’intervista
alla Stampa, ha parlato di “e ccesso
di personalizzazione”.
Tutto parte dal premier.
“La riforma non è né di Renzi
né di Napolitano”.
Il ministro Boschi e lo stesso
Renzi hanno detto che è stato
il Capo dello Stato, nel conferire
il mandato
al governo, a
chiedere le riforme.
Dopo di
che io gli chiedo:
sono queste le
tue riforme? Avresti fatto esattamente
queste riforme?
Ne dico una: ti riconosci nel
fatto che il Presidente della
Repubblica nomina 5 senatori
in una Camera che dovrebbe
essere delle Regioni e rappresenta
gli enti territoriali e
non la Nazione? Dovrebbe rispondere
punto per punto. E
non lo fa.
Secondo Napolitano, “m e ttere
a rischio la continuità
del governo
oggi es
p o n e i l
Paese a ser
i e i n cog
ni te”. La
cosa è div
e n t a t a
più grave
dopo il referen
du m
b r i t a n n ico.
Il governo
inglese ha risolto
il problema
in due settimane! E se
vincesse il No, Renzi non dovrebbe
far altro che andare da
Matterella e dirgli di formare
un nuovo governo, con la
stessa maggioranza, ma con
un presidente del Consiglio
diverso. Non vedo drammi.
Insomma, c’è questa guerra
o no?
No, guerra no. Sento toni sopra
le righe, e più dalla parte
del Sì. Non capisco l’e s a s p erazione:
dopo dovremo comunque
convivere. Ricordo
un deplorevole articolo firmato
da Salvatore Vassallo ed
Elisabetta Gualmini , in cui si
diceva che tra i firmatari del
manifesto per il No 14 erano
stati giudici costituzionali e
dieci avevano goduto delle
vorticose rotazioni alla presidenza
della Consulta basate
sull’anzianità e sono “e m e r iti”,
con annessi privilegi. E facevano
notare che, tra questi
supersaggi, l’età media supera
gli 81 anni. Cioè vecchi illustri,
carichi di onori e forse
anche di denaro: uno dei punti
più bassi toccati dalla propaganda
del Sì.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Da il Fatto del 11 settembre 2016