Referendum consultvo per l'autonomia in Veneto
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Re: Referendum consultvo per l'autonomia in Veneto
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Referendum per l’autonomia di Lombardia e Veneto, le scomode verità da non dire
di Lavoce.info | 14 ottobre 2017
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Il 22 ottobre si tengono in Lombardia e Veneto due referendum per “ottenere maggiore autonomia”. Circolano molte inesattezze sui cosiddetti residui fiscali e sulle materie su cui si chiede la competenza. Forse un negoziato avrebbe prodotto più risultati.
di Paolo Balduzzi (Fonte: lavoce.info)
La questione dei residui
Si avvicina la data del referendum sull’autonomia in Veneto e Lombardia.
L’obiettivo dei proponenti, dando per scontata una vittoria del “sì”, è quello di ottenere una partecipazione al voto molto elevata.
Nel tentativo di suscitare tanto l’interesse di chi è favorevole quanto lo sdegno di chi è contrario, si assiste perciò all’ennesima campagna elettorale farcita di esagerazioni e inesattezze.
L’inesattezza maggiore ruota interno ai cosiddetti residui fiscali.
Si tratta della differenza tra entrate e spese della pubblica amministrazione riferite a ogni singola regione.
Il calcolo dei residui è molto critico, soprattutto per la componente di spesa regionalizzata.
Come considerare infatti la spesa per la difesa nazionale, concentrata prevalentemente nelle sole regioni di confine?
O la spesa per tutti gli organi costituzionali, localizzata esclusivamente nel Lazio?
È evidente che quelle spese devono essere ricollocate anche rispetto alle altre regioni, utilizzando un criterio discrezionale (per esempio, la dimensione demografica).
Sull’entità dei residui esistono dunque stime molto diverse.
Per esempio, Eupolis Lombardia ha pubblicato uno studio in cui confronta le proprie stime (47 miliardi di euro come media nel triennio 2009-2011 per la Lombardia) con quelle di altre ricerche, alcune più ottimistiche e altre meno.
Curiosamente, Eupolis viene citata dai proponenti come fonte di un’altra cifra (57 miliardi) la cui precisa origine, tuttavia, rimane ignota. In entrambi i casi si tratta di numeri abbastanza irrealistici: contributi di maggiore rigore scientifico li hanno stimati in circa 30 miliardi.
Ma fossero pure 47 o 57 miliardi, il punto è che i residui vengono originati per differenza.
È ovvio che se lo Stato concederà autonomia a una regione su una quota, a seconda della dimensione delle competenze trasferite, smetterà di spenderli esso stesso sotto forma di spesa regionalizzata: il residuo fiscale rimarrà dunque identico.
Anche sulle materie trasferite si sono sentite molte inesattezze.
Innanzitutto, le regioni possono chiedere di ottenere competenza esclusiva in tutte le materie a competenza concorrente (art. 117 terzo comma, Costituzione).
Possono anche chiedere competenza esclusiva su alcune materie che la Costituzione attribuisce in maniera esclusiva allo Stato: organizzazione della giustizia di pace; norme generali sull’istruzione; tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali.
Quantitativamente, la più rilevante tra tutte è sicuramente l’istruzione, escludendo la sanità che già però occupa in media l’80 per cento dei bilanci regionali.
Cosa farà il governo?
Cosa succederà poi il giorno successivo alla chiusura delle urne?
Innanzitutto, la regione avvierà l’iter necessario e previsto dall’articolo 116, vale a dire aprirà ufficialmente il procedimento di richiesta e sentirà gli enti locali.
In seguito, avvierà la trattativa con lo Stato (il governo).
Ora, se la regione avesse a disposizione un criterio tecnico per sostenere la propria richiesta (ad esempio, l’equilibrio di spese e entrate, come era previsto dall’articolo 116 della riforma costituzionale bocciata nel 2016), il governo avrebbe poche armi a disposizione per dire di no o per non procedere (come avvenuto in tutti i tentativi precedenti). Sulla base del semplice risultato di un referendum, invece, il governo avrà certamente più libertà e discrezionalità nel temporeggiare e nell’argomentare contro la sua valenza politica.
Infatti, c’è un pericolo sottovalutato dai proponenti del referendum: che il governo decida di non dare alcun credito alla consultazione per mandare un segnale alle altre regioni.
In altri termini, se domani il governo concede maggiore autonomia a Lombardia e Veneto sulla base di un referendum, è lecito aspettarsi che dopodomani anche le altre regioni a statuto ordinario organizzino un’analoga consultazione.
Ma è difficile credere che il governo sia disposto a concedere maggiore autonomia a tutte le regioni italiane.
Come scoraggiare quindi referendum di questo tipo?
Dando poco peso a quelli già svolti.
Ciò non vuol dire che Veneto e Lombardia non otterranno nulla: ma quello che otterranno, se lo otterranno, arriverà sulla base di criteri tecnici e non politici.
L’articolo 116 contiene un richiamo ai principi dell’articolo 119.
Tra questi, vi è anche quello organizzativo di garantire l’equilibrio tra entrate e spese a seguito della concessione di maggiore autonomia.
Certo, è una cosa ben diversa dal criterio selettivo che è rimasto escluso dall’articolo 116; è comunque con molta probabilità l’unico che sarà fatto valere.
Ci si sarebbe potuti arrivare direttamente per via negoziale (come sta cercando di fare la regione Emilia-Romagna), senza il rischio di un flop referendario che – quello sì, invece – metterà la parola fine alle velleità di (maggiore) autonomia delle regioni per i prossimi dieci o venti anni.
Con buona pace di chi sostiene un referendum a soli fini meramente ed egoisticamente elettorali.
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Re: Referendum consultvo per l'autonomia in Veneto
TOTO' TRUFFA 62 - SECONDA EDIZIONE
DAL SITO DELLA PROPAGANDA STRUMPTRUPPEN:
Autonomia, Berlusconi lancia il referendum: "Proporlo in tutte le Regioni"
Berlusconi sul voto di domenica prossima: "Bisogna spostare le competenze dal centro alle Regioni". E smaschera il Pd: "Partito centralista e statalista"
Sergio Rame - Mer, 18/10/2017 - 15:28
commenta
"Noi vogliamo proporre un referendum sull'autonomia per tutte le Regioni italiane per spostare le competenze dal centro alla sede giusta che è quella regionale".
Durante la conferenza stampa di presentazione del referendum sull'autonomia, che si terrà domenica prossima in Lombardia e in Veneto, Silvio Berlusconi riporta al centro del dibattito politico il tema del federalismo. Un tema che Forza Italia ha in programma dal 1994 e che aveva inserito nella riforma costituzionale bocciata nel 2006. "Lo statalismo della sinistra deve essere sostituto con un vero federalismo - mette in chiaro il Cavaliere - lo Stato è sempre distante e le regioni possono garantire risorse e servizi ai cittadini".
"Ho chiesto ai miei avvocati se posso votare domenica... Non lo so". Berlusconi scherza con chi gli chiede se domenica andrà a votare per l'autonomia della Lombardia. Ma poi si fa subito serio e spiega l'importanza di un voto che chiama in causa due delle Regioni più produttive del sistema Italia. "Ci sono anche tanti sindaci del Pd - fa notare il leader di Forza Italia - che hanno espresso la loro simpatia per il 'sì' contro quella che è la posizione del partito centrale che vede nel referendum un'anticipazione delle elezioni del prossimo anno e poi perché la linea del Pd è centralista e statalista". Ed è anche per questo che il Cavaliere non alcuna possibilità di coalizione con il Pd. "Siamo distanti per storia, tradizione, ideologia e valori - mette in chiaro - per tutto".
La conferenza stampa sul referendum di domenica prossima diventa l'occasione per riparlare delle alleanze politiche. Come anticipato ieri, resta saldo l'accordo con il Carroccio. "Non c'è mai stato motivo di distacco con la Lega - assicura - siamo consapevoli che insieme siamo più forti di altre forze politiche". E svela di aver fissato un incontro con Matteo Salvini per stendere il programma del centrodestra la prossima settimana. Al centro del patto, poi, c'è un accordo molto semplice: "Il movimento politico che prenderà più voti nel centrodestra esprimerà il presidente del Consiglio - spiega lo stesso Berlusconi - è sempre stato così nel centrodestra e così sarà".
DAL SITO DELLA PROPAGANDA STRUMPTRUPPEN:
Autonomia, Berlusconi lancia il referendum: "Proporlo in tutte le Regioni"
Berlusconi sul voto di domenica prossima: "Bisogna spostare le competenze dal centro alle Regioni". E smaschera il Pd: "Partito centralista e statalista"
Sergio Rame - Mer, 18/10/2017 - 15:28
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"Noi vogliamo proporre un referendum sull'autonomia per tutte le Regioni italiane per spostare le competenze dal centro alla sede giusta che è quella regionale".
Durante la conferenza stampa di presentazione del referendum sull'autonomia, che si terrà domenica prossima in Lombardia e in Veneto, Silvio Berlusconi riporta al centro del dibattito politico il tema del federalismo. Un tema che Forza Italia ha in programma dal 1994 e che aveva inserito nella riforma costituzionale bocciata nel 2006. "Lo statalismo della sinistra deve essere sostituto con un vero federalismo - mette in chiaro il Cavaliere - lo Stato è sempre distante e le regioni possono garantire risorse e servizi ai cittadini".
"Ho chiesto ai miei avvocati se posso votare domenica... Non lo so". Berlusconi scherza con chi gli chiede se domenica andrà a votare per l'autonomia della Lombardia. Ma poi si fa subito serio e spiega l'importanza di un voto che chiama in causa due delle Regioni più produttive del sistema Italia. "Ci sono anche tanti sindaci del Pd - fa notare il leader di Forza Italia - che hanno espresso la loro simpatia per il 'sì' contro quella che è la posizione del partito centrale che vede nel referendum un'anticipazione delle elezioni del prossimo anno e poi perché la linea del Pd è centralista e statalista". Ed è anche per questo che il Cavaliere non alcuna possibilità di coalizione con il Pd. "Siamo distanti per storia, tradizione, ideologia e valori - mette in chiaro - per tutto".
La conferenza stampa sul referendum di domenica prossima diventa l'occasione per riparlare delle alleanze politiche. Come anticipato ieri, resta saldo l'accordo con il Carroccio. "Non c'è mai stato motivo di distacco con la Lega - assicura - siamo consapevoli che insieme siamo più forti di altre forze politiche". E svela di aver fissato un incontro con Matteo Salvini per stendere il programma del centrodestra la prossima settimana. Al centro del patto, poi, c'è un accordo molto semplice: "Il movimento politico che prenderà più voti nel centrodestra esprimerà il presidente del Consiglio - spiega lo stesso Berlusconi - è sempre stato così nel centrodestra e così sarà".
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Re: Referendum consultvo per l'autonomia in Veneto
Referendum Lombardia e Veneto: cosa c'è da sapere sul voto per l'autonomia del 22 ottobre
La vittoria del Sì porterebbe alla secessione della Padania? Ma è legale? Serve il quorum? Quanto costa? E come si schierano i partiti? Tutto quello che si deve conoscere sulla consultazione voluta dai governatori leghisti. Che, per la prima volta, vede l'uso dell'iPad
di Federico Marconi
18 ottobre 2017
22 ottobre 2017. In Lombardia e Veneto si terrà un Referendum consultivo sull’autonomia regionale. Le operazioni di voto si terranno dalle 7 alle 23 e potranno parteciparvi tutti i cittadini iscritti nelle liste elettorali dei Comuni delle due regioni.
È giunta l'ora della secessione per le due regioni? Il referendum è il coronamento del sogno della Padania indipendente? Niente di tutto questo. I due governatori – leghisti – chiedono ai loro concittadini se sono favorevoli a una maggiore autonomia delle due regioni. E se vincerà il “Sì”, Lombardia e Veneto acquisteranno l'autonomia? No, non si aggiungeranno automaticamente alle cinque regioni a statuto speciale già esistente. Il referendum, infatti, è consultivo e non vincolante. E allora quali sono le ragioni del voto? Ecco tutte quello che c’è da sapere.
PERCHÉ SI VOTA
Il referendum è consultivo e avrà solamente un valore politico. Roberto Maroni e Luca Zaia vogliono utilizzarlo come arma di pressione sul tavolo delle trattative con il governo per chiedere maggiore autonomia – in particolar modo fiscale – per le due regioni. I due leghisti non avrebbero bisogno di alcun mandato popolare, ma vogliono sfruttare l’eventuale vittoria del “Sì” e l’alta partecipazione popolare per dare alla loro iniziativa maggiore peso.
COSA PREVEDE LA COSTITUZIONE
I due referendum consultivi chiedono la concessione di una maggiore autonomia dallo Stato, guardando al modello delle cinque regioni a statuto speciale (Friuli Venezia Giulia, Sardegna, Sicilia, Trentino-Alto Adige e Valle d'Aosta). Nessuna secessione, né violazione dell’ordinamento costituzionale: solo una consultazione popolare. È previsto il quorum solo in Veneto.
La Costituzione prevede che tutte le regioni possono chiedere al Governo più materie di competenza. E su questo si fondano i due referendum. La norma è prevista dall’articolo 116 del Titolo V, quello inerente l’ordinamento dello Stato e il rapporto con le Regioni. È in assoluto la prima volta che viene utilizzato: finora nessuno vi aveva mai fatto ricorso.
La procedura per la richiesta di maggiore autonomia può essere avviata da qualsiasi Regione. Dopo il raggiungimento di un accordo con lo Stato, questo deve essere approvato da Camera e Senato a maggioranza assoluta.
IL QUESITO REFERENDARIO
In Lombardia, il quesito posto agli elettori è: «Volete voi che la Regione Lombardia, in considerazione della sua specialità, nel quadro dell’unità nazionale, intraprenda le iniziative istituzionali necessarie per richiedere allo Stato l’attribuzione di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, con le relative risorse, ai sensi e per gli effetti di cui all’articolo 116, terzo comma, della Costituzione e con riferimento a ogni materia legislativa per cui tale procedimento sia ammesso in base all’articolo richiamato?».
In Veneto, la domanda è più breve: «Vuoi che alla Regione del Veneto siano attribuite ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia?».
COME SI VOTA
Sarà il referendum del tablet. In Lombardia la vecchia scheda cartacea sarà sostituita dal voto elettronico. È la prima volta che in Italia si sperimenta il sistema di E-voting. Verrà utilizzata la piattaforma digitale dell’azienda statunitense Diebold-Nixdorf, che si occupa di produzione, installazione e gestione di apparati self-service per il mondo bancario. L’agenzia interinale Manpower ha avuto l’incarico di ricercare, selezionare, formare e assumere, oltre 7 mila Digital Assistant per le 12 provincie della Regione Lombardia. Questi assisteranno presidenti di seggio e scrutatori per qualsiasi problema relativo all’uso dei dispositivi elettronici.
QUANTO COSTA IL REFERENDUM
Il referendum in Lombardia costerà quasi 50 milioni di euro. Come indicato nel bilancio di previsione 2017 per lo svolgimento della consultazione, 24,6 milioni di euro andranno a coprire le spese dei Comuni e a pagare il personale di seggio. A questi vanno aggiunti 11,1 milioni per l'acquisto delle macchine per il voto elettronico, 4,4 milioni per il software di Diebold-Nixdorf, e altri 4,4 milioni per il servizio di assistenza tecnica e per la formazione del personale addetto ai tablet. Altri 3,3 milioni verranno spesi per attività di comunicazione (1,7) e promozionali (1,6).
COSA SUCCEDE SE VINCE IL SI
Se la maggior parte degli elettori voterà “Sì”, non cambierà nulla: Lombardia e Veneto non avranno subito più autonomia. Ma i due governatori Roberto Maroni e Luca Zaia potranno utilizzare la carta del mandato popolare sul tavolo delle trattative con il governo per una maggiore autonomia.
COSA SUCCEDE SE VINCE IL NO
Se la maggior parte degli elettori voterà “No”, Maroni e Zaia non potranno presentarsi al tavolo delle trattative con il governo investiti da un forte mandato popolare. Un’eventuale vittoria del “No” non potrà comunque impedire ai due governatori di portare avanti trattative con Palazzo Chigi. La vittoria del “Sì” sembra scontata: la partita si giocherà sul numero di astenuti. E l’astensione può ostacolare il percorso verso l’autonomia soprattutto in Veneto, dov’è previsto il quorum.
LE INDICAZIONI DEI PRINCIPALI PARTITI
In entrambe le regioni, quasi tutte le formazioni politiche stanno invitando a votare “Sì”. Subito dopo l’istituzione dei referendum, il segretario leghista Matteo Salvini ha benedetto la consultazione dichiarandosi «orgoglioso di essere il segretario della Lega che fa». «Era ora» ha dichiarato Umberto Bossi «sono la conseguenza di una lunga lotta». Entusiasta anche Giovanni Toti, governatore della Liguria, dove il M5s ha presentato una mozione per un referendum sull’autonomia: «Dal grido di libertà di Lombardia e Veneto dipenderà il grido di libertà della mia regione e dell'Italia intera».
«Questo non è un tema che appartiene alla Lega, ma un po’ a tutti» ha affermato il sindaco di Milano Giuseppe Sala: «Consiglierò a tutti di votare positivamente». Anche il presidente di Anci Lombardia Virginio Brivio, esponente del Pd, si è schierato per il "Sì": «Ho aderito al Comitato dei sindaci per il Sì al referendum perché penso che questa sia una sfida da cogliere per ridisegnare un rapporto tra Roma e Milano e anche tra Milano e i territori lombardi». Il Pd però non ha ancora preso una posizione netta, sembra spaccato su posizioni politiche (astenersi) e di opportunità (votare).
Il Movimento 5 Stelle ha appoggiato il referendum e ha dato indicazione agli elettori per il Sì
Contraria invece la sinistra. «La Lega sta apparecchiando un vero imbroglio ai danni dei cittadini» ha dichiarato Chiara Cremonesi di Insieme per la Lombardia, il nome del gruppo di Sel in consiglio regionale «questa consultazione non consentirà di trattenere più risorse in Lombardia». Per Giuliano Pisapia il referendum «è un inganno politico, una presa in giro: il voto proposto da Maroni non avrà nessuna incidenza».
Contraria anche Giorgia Meloni. «Noi sosteniamo un federalismo patriottico. Lo dico chiaramente: i referendum di Lombardia e Veneto non ci appassionano. La ricchezza del Nord è effimera al di fuori della coesione nazionale» ha dichiarato la leader di Fratelli d’Italia. Ma non tutta la destra ha la stessa posizione. «Giorgia Meloni ha sostenuto un'idea pericolosa e sbagliata: che i referendum per l'autonomia della Lombardia e del Veneto possano essere uno strumento contro l'Unità nazionale» hanno scritto in una nota congiunta Gianni Alemanno e Francesco Storace di Movimento per la sovranità «è vero esattamente il contrario: il vero rischio per l'unità nazionale, e anche per il suo sviluppo economico, è continuare a disconoscere l'enorme residuo fiscale che viene versato da queste due regioni allo Stato centrale».
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© Riproduzione riservata 18 ottobre 2017
La vittoria del Sì porterebbe alla secessione della Padania? Ma è legale? Serve il quorum? Quanto costa? E come si schierano i partiti? Tutto quello che si deve conoscere sulla consultazione voluta dai governatori leghisti. Che, per la prima volta, vede l'uso dell'iPad
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18 ottobre 2017
22 ottobre 2017. In Lombardia e Veneto si terrà un Referendum consultivo sull’autonomia regionale. Le operazioni di voto si terranno dalle 7 alle 23 e potranno parteciparvi tutti i cittadini iscritti nelle liste elettorali dei Comuni delle due regioni.
È giunta l'ora della secessione per le due regioni? Il referendum è il coronamento del sogno della Padania indipendente? Niente di tutto questo. I due governatori – leghisti – chiedono ai loro concittadini se sono favorevoli a una maggiore autonomia delle due regioni. E se vincerà il “Sì”, Lombardia e Veneto acquisteranno l'autonomia? No, non si aggiungeranno automaticamente alle cinque regioni a statuto speciale già esistente. Il referendum, infatti, è consultivo e non vincolante. E allora quali sono le ragioni del voto? Ecco tutte quello che c’è da sapere.
PERCHÉ SI VOTA
Il referendum è consultivo e avrà solamente un valore politico. Roberto Maroni e Luca Zaia vogliono utilizzarlo come arma di pressione sul tavolo delle trattative con il governo per chiedere maggiore autonomia – in particolar modo fiscale – per le due regioni. I due leghisti non avrebbero bisogno di alcun mandato popolare, ma vogliono sfruttare l’eventuale vittoria del “Sì” e l’alta partecipazione popolare per dare alla loro iniziativa maggiore peso.
COSA PREVEDE LA COSTITUZIONE
I due referendum consultivi chiedono la concessione di una maggiore autonomia dallo Stato, guardando al modello delle cinque regioni a statuto speciale (Friuli Venezia Giulia, Sardegna, Sicilia, Trentino-Alto Adige e Valle d'Aosta). Nessuna secessione, né violazione dell’ordinamento costituzionale: solo una consultazione popolare. È previsto il quorum solo in Veneto.
La Costituzione prevede che tutte le regioni possono chiedere al Governo più materie di competenza. E su questo si fondano i due referendum. La norma è prevista dall’articolo 116 del Titolo V, quello inerente l’ordinamento dello Stato e il rapporto con le Regioni. È in assoluto la prima volta che viene utilizzato: finora nessuno vi aveva mai fatto ricorso.
La procedura per la richiesta di maggiore autonomia può essere avviata da qualsiasi Regione. Dopo il raggiungimento di un accordo con lo Stato, questo deve essere approvato da Camera e Senato a maggioranza assoluta.
IL QUESITO REFERENDARIO
In Lombardia, il quesito posto agli elettori è: «Volete voi che la Regione Lombardia, in considerazione della sua specialità, nel quadro dell’unità nazionale, intraprenda le iniziative istituzionali necessarie per richiedere allo Stato l’attribuzione di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, con le relative risorse, ai sensi e per gli effetti di cui all’articolo 116, terzo comma, della Costituzione e con riferimento a ogni materia legislativa per cui tale procedimento sia ammesso in base all’articolo richiamato?».
In Veneto, la domanda è più breve: «Vuoi che alla Regione del Veneto siano attribuite ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia?».
COME SI VOTA
Sarà il referendum del tablet. In Lombardia la vecchia scheda cartacea sarà sostituita dal voto elettronico. È la prima volta che in Italia si sperimenta il sistema di E-voting. Verrà utilizzata la piattaforma digitale dell’azienda statunitense Diebold-Nixdorf, che si occupa di produzione, installazione e gestione di apparati self-service per il mondo bancario. L’agenzia interinale Manpower ha avuto l’incarico di ricercare, selezionare, formare e assumere, oltre 7 mila Digital Assistant per le 12 provincie della Regione Lombardia. Questi assisteranno presidenti di seggio e scrutatori per qualsiasi problema relativo all’uso dei dispositivi elettronici.
QUANTO COSTA IL REFERENDUM
Il referendum in Lombardia costerà quasi 50 milioni di euro. Come indicato nel bilancio di previsione 2017 per lo svolgimento della consultazione, 24,6 milioni di euro andranno a coprire le spese dei Comuni e a pagare il personale di seggio. A questi vanno aggiunti 11,1 milioni per l'acquisto delle macchine per il voto elettronico, 4,4 milioni per il software di Diebold-Nixdorf, e altri 4,4 milioni per il servizio di assistenza tecnica e per la formazione del personale addetto ai tablet. Altri 3,3 milioni verranno spesi per attività di comunicazione (1,7) e promozionali (1,6).
COSA SUCCEDE SE VINCE IL SI
Se la maggior parte degli elettori voterà “Sì”, non cambierà nulla: Lombardia e Veneto non avranno subito più autonomia. Ma i due governatori Roberto Maroni e Luca Zaia potranno utilizzare la carta del mandato popolare sul tavolo delle trattative con il governo per una maggiore autonomia.
COSA SUCCEDE SE VINCE IL NO
Se la maggior parte degli elettori voterà “No”, Maroni e Zaia non potranno presentarsi al tavolo delle trattative con il governo investiti da un forte mandato popolare. Un’eventuale vittoria del “No” non potrà comunque impedire ai due governatori di portare avanti trattative con Palazzo Chigi. La vittoria del “Sì” sembra scontata: la partita si giocherà sul numero di astenuti. E l’astensione può ostacolare il percorso verso l’autonomia soprattutto in Veneto, dov’è previsto il quorum.
LE INDICAZIONI DEI PRINCIPALI PARTITI
In entrambe le regioni, quasi tutte le formazioni politiche stanno invitando a votare “Sì”. Subito dopo l’istituzione dei referendum, il segretario leghista Matteo Salvini ha benedetto la consultazione dichiarandosi «orgoglioso di essere il segretario della Lega che fa». «Era ora» ha dichiarato Umberto Bossi «sono la conseguenza di una lunga lotta». Entusiasta anche Giovanni Toti, governatore della Liguria, dove il M5s ha presentato una mozione per un referendum sull’autonomia: «Dal grido di libertà di Lombardia e Veneto dipenderà il grido di libertà della mia regione e dell'Italia intera».
«Questo non è un tema che appartiene alla Lega, ma un po’ a tutti» ha affermato il sindaco di Milano Giuseppe Sala: «Consiglierò a tutti di votare positivamente». Anche il presidente di Anci Lombardia Virginio Brivio, esponente del Pd, si è schierato per il "Sì": «Ho aderito al Comitato dei sindaci per il Sì al referendum perché penso che questa sia una sfida da cogliere per ridisegnare un rapporto tra Roma e Milano e anche tra Milano e i territori lombardi». Il Pd però non ha ancora preso una posizione netta, sembra spaccato su posizioni politiche (astenersi) e di opportunità (votare).
Il Movimento 5 Stelle ha appoggiato il referendum e ha dato indicazione agli elettori per il Sì
Contraria invece la sinistra. «La Lega sta apparecchiando un vero imbroglio ai danni dei cittadini» ha dichiarato Chiara Cremonesi di Insieme per la Lombardia, il nome del gruppo di Sel in consiglio regionale «questa consultazione non consentirà di trattenere più risorse in Lombardia». Per Giuliano Pisapia il referendum «è un inganno politico, una presa in giro: il voto proposto da Maroni non avrà nessuna incidenza».
Contraria anche Giorgia Meloni. «Noi sosteniamo un federalismo patriottico. Lo dico chiaramente: i referendum di Lombardia e Veneto non ci appassionano. La ricchezza del Nord è effimera al di fuori della coesione nazionale» ha dichiarato la leader di Fratelli d’Italia. Ma non tutta la destra ha la stessa posizione. «Giorgia Meloni ha sostenuto un'idea pericolosa e sbagliata: che i referendum per l'autonomia della Lombardia e del Veneto possano essere uno strumento contro l'Unità nazionale» hanno scritto in una nota congiunta Gianni Alemanno e Francesco Storace di Movimento per la sovranità «è vero esattamente il contrario: il vero rischio per l'unità nazionale, e anche per il suo sviluppo economico, è continuare a disconoscere l'enorme residuo fiscale che viene versato da queste due regioni allo Stato centrale».
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Re: Referendum consultvo per l'autonomia in Veneto
PERCHÉ SI VOTA
Il referendum è consultivo e avrà solamente un valore politico. Roberto Maroni e Luca Zaia vogliono utilizzarlo come arma di pressione sul tavolo delle trattative con il governo per chiedere maggiore autonomia – in particolar modo fiscale – per le due regioni. I due leghisti non avrebbero bisogno di alcun mandato popolare, ma vogliono sfruttare l’eventuale vittoria del “Sì” e l’alta partecipazione popolare per dare alla loro iniziativa maggiore peso.
I RICCHISSIMI PAPERONI LEGHISTI HANNO COSI' TANTI SOLDI DA SBATTER VIA???????????????????????????????????????????????????????????????????????
QUANTO COSTA IL REFERENDUM
Il referendum in Lombardia costerà quasi 50 milioni di euro. Come indicato nel bilancio di previsione 2017 per lo svolgimento della consultazione, 24,6 milioni di euro andranno a coprire le spese dei Comuni e a pagare il personale di seggio. A questi vanno aggiunti 11,1 milioni per l'acquisto delle macchine per il voto elettronico, 4,4 milioni per il software di Diebold-Nixdorf, e altri 4,4 milioni per il servizio di assistenza tecnica e per la formazione del personale addetto ai tablet. Altri 3,3 milioni verranno spesi per attività di comunicazione (1,7) e promozionali (1,6).
TANTO NON PAGA LA LEGA, MA LA REGIONE LOMBARDIA.
Il referendum è consultivo e avrà solamente un valore politico. Roberto Maroni e Luca Zaia vogliono utilizzarlo come arma di pressione sul tavolo delle trattative con il governo per chiedere maggiore autonomia – in particolar modo fiscale – per le due regioni. I due leghisti non avrebbero bisogno di alcun mandato popolare, ma vogliono sfruttare l’eventuale vittoria del “Sì” e l’alta partecipazione popolare per dare alla loro iniziativa maggiore peso.
I RICCHISSIMI PAPERONI LEGHISTI HANNO COSI' TANTI SOLDI DA SBATTER VIA???????????????????????????????????????????????????????????????????????
QUANTO COSTA IL REFERENDUM
Il referendum in Lombardia costerà quasi 50 milioni di euro. Come indicato nel bilancio di previsione 2017 per lo svolgimento della consultazione, 24,6 milioni di euro andranno a coprire le spese dei Comuni e a pagare il personale di seggio. A questi vanno aggiunti 11,1 milioni per l'acquisto delle macchine per il voto elettronico, 4,4 milioni per il software di Diebold-Nixdorf, e altri 4,4 milioni per il servizio di assistenza tecnica e per la formazione del personale addetto ai tablet. Altri 3,3 milioni verranno spesi per attività di comunicazione (1,7) e promozionali (1,6).
TANTO NON PAGA LA LEGA, MA LA REGIONE LOMBARDIA.
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Re: Referendum consultvo per l'autonomia in Veneto
Dalla prima pagina del Fatto Quotidiano
LOMBARDO - VENETO Stop lavori con la scusa consultazione
Referendum inutile: Camere chiuse prima
La Lega ottiene la sospensione: settimana già finita da ieri mattina, tutti a casa. Sui territori imprenditori divisi: Confindustria sta con il governatore Zaia, Benetton invece replica: “Io non andrò al seggio
q CERASA, DE CAROLIS E PIETROBELLI A PAG. 6 - 7
LOMBARDO - VENETO Stop lavori con la scusa consultazione
Referendum inutile: Camere chiuse prima
La Lega ottiene la sospensione: settimana già finita da ieri mattina, tutti a casa. Sui territori imprenditori divisi: Confindustria sta con il governatore Zaia, Benetton invece replica: “Io non andrò al seggio
q CERASA, DE CAROLIS E PIETROBELLI A PAG. 6 - 7
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Re: Referendum consultvo per l'autonomia in Veneto
REFERENDUM SULL'AUTONOMIA LA DEM RUBINATO SGRIDA BRESSA - IL GAZZETTINO
28 settembre 2017
VENEZIA Referendum sull'autonomia del Veneto, a che gioco gioca il Pd? È per il sì, come ha votato la direzione regionale di Alessandro Bisato, o per l'astensione come sembrano indicare, con silenzi o dichiarazioni esplicite, i big nazionali? «La verità è che c'è una lacerazione nel partito», dice Simonetta Rubinato, la parlamentare dem da sempre in prima linea nella battaglia per l'autonomia, tanto da aver proposto la scorsa primavera, assieme alle primarie per l'elezione del segretario veneto, anche un referendum tra gli iscritti Pd sull'autonomia. «Non mi hanno ascoltato - dice - E oggi la situazione è questa: mentre la base del Pd, come dimostra anche il sondaggio dell'Osservatorio sul Nordest pubblicato dal Gazzettino, ha capito che il referendum è importante e che non è il referendum di Zaia, certa dirigenza del Pd punta a svuotare la consultazione tenendo un atteggiamento ambiguo e opportunistico. Sbagliando due volte, perché indipendentemente da chi si siederà successivamente al tavolo del negoziato, troverà una partita indebolita».
SGAMBETTO EMILIANO
Non a caso sta avanzando l'intesa tra il Governo e l'Emilia Romagna, per dimostrare appunto l'inutilità del referendum veneto, così come quello lombardo. «Ma se l'intesa tra Roma e Bologna sta avanzando - dice Rubinato - è anche merito del referendum veneto. Senza il via libera della Corte costituzionale al referendum veneto e la decisione di Zaia, un po' in ritardo, di indire la consultazione, l'Emilia Romagna avrebbe avviato il negoziato con Roma?
La verità che il referendum del Veneto un primo risultato politico l'ha già avuto: ha disseppellito la discussione sull'autonomia differenziata e sul federalismo fiscale.
Chi sta al Governo dovrebbe rispettare le scelte dei territori».Al Governo, però, sta il sottosegretario per gli Affari regionali Gianclaudio Bressa, esponente del Pd, assolutamente contrario al referendum veneto. «Ecco - dice Rubinato - proprio perché Bressa ha un ruolo istituzionale dovrebbe essere più prudente a dare giudizi sulle scelte di percorso delle singole Regioni.
Sul come arrivare all'intesa, la Costituzione non lo dice. Quindi è legittimo che l'Emilia Romagna faccia la trattativa così come è legittimo, perché l'ha stabilito la Consulta, che il Veneto faccia prima il referendum. Io capisco che a livello centrale ci siano interessi economici e politici che non vogliono che votiamo, ma un partito non può propugnare l'astensione: come fai a dire oggi ai cittadini di stare a casa e domani per un'altra votazione di andare a votare?».
Ma al governatore Luca Zaia la pasionaria dem dell'autonomia chiede di passare dalle parole ai fatti: «Il presidente della Regione ha detto che quello del 22 ottobre non è il referendum di Zaia.
Bene, ma adesso faccia uno sforzo: affermi fin d'ora che il giorno dopo il referendum, quando dovrà avviare il negoziato con Roma, coinvolgerà nella trattativa i sindaci, le categorie economiche, i sindacati, il terzo settore. Dica che farà squadra».
L'UDC SI SCHIERA
Intanto, citando lo statista democristiano Alcide De Gasperi, il senatore dell'Udc Antonio De Poli spiega perché voterà sì: «Bisogna ridurre il gap tra il Veneto e le regioni vicine a statuto speciale Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige.
L'ultimo rapporto della Ragioneria dello Stato dice che lo Stato versa a Bolzano 8.800 euro per abitante, a Trento 7.600, al Friuli Venezia 5.200. Al Veneto 2.700 euro. È privo di senso sostenere che è inutile andare a votare».
Alda Vanzan
http://www.simonettarubinato.it/index.p ... tizia=4978
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CONDIVIDO IN TOTO
un salutone
28 settembre 2017
VENEZIA Referendum sull'autonomia del Veneto, a che gioco gioca il Pd? È per il sì, come ha votato la direzione regionale di Alessandro Bisato, o per l'astensione come sembrano indicare, con silenzi o dichiarazioni esplicite, i big nazionali? «La verità è che c'è una lacerazione nel partito», dice Simonetta Rubinato, la parlamentare dem da sempre in prima linea nella battaglia per l'autonomia, tanto da aver proposto la scorsa primavera, assieme alle primarie per l'elezione del segretario veneto, anche un referendum tra gli iscritti Pd sull'autonomia. «Non mi hanno ascoltato - dice - E oggi la situazione è questa: mentre la base del Pd, come dimostra anche il sondaggio dell'Osservatorio sul Nordest pubblicato dal Gazzettino, ha capito che il referendum è importante e che non è il referendum di Zaia, certa dirigenza del Pd punta a svuotare la consultazione tenendo un atteggiamento ambiguo e opportunistico. Sbagliando due volte, perché indipendentemente da chi si siederà successivamente al tavolo del negoziato, troverà una partita indebolita».
SGAMBETTO EMILIANO
Non a caso sta avanzando l'intesa tra il Governo e l'Emilia Romagna, per dimostrare appunto l'inutilità del referendum veneto, così come quello lombardo. «Ma se l'intesa tra Roma e Bologna sta avanzando - dice Rubinato - è anche merito del referendum veneto. Senza il via libera della Corte costituzionale al referendum veneto e la decisione di Zaia, un po' in ritardo, di indire la consultazione, l'Emilia Romagna avrebbe avviato il negoziato con Roma?
La verità che il referendum del Veneto un primo risultato politico l'ha già avuto: ha disseppellito la discussione sull'autonomia differenziata e sul federalismo fiscale.
Chi sta al Governo dovrebbe rispettare le scelte dei territori».Al Governo, però, sta il sottosegretario per gli Affari regionali Gianclaudio Bressa, esponente del Pd, assolutamente contrario al referendum veneto. «Ecco - dice Rubinato - proprio perché Bressa ha un ruolo istituzionale dovrebbe essere più prudente a dare giudizi sulle scelte di percorso delle singole Regioni.
Sul come arrivare all'intesa, la Costituzione non lo dice. Quindi è legittimo che l'Emilia Romagna faccia la trattativa così come è legittimo, perché l'ha stabilito la Consulta, che il Veneto faccia prima il referendum. Io capisco che a livello centrale ci siano interessi economici e politici che non vogliono che votiamo, ma un partito non può propugnare l'astensione: come fai a dire oggi ai cittadini di stare a casa e domani per un'altra votazione di andare a votare?».
Ma al governatore Luca Zaia la pasionaria dem dell'autonomia chiede di passare dalle parole ai fatti: «Il presidente della Regione ha detto che quello del 22 ottobre non è il referendum di Zaia.
Bene, ma adesso faccia uno sforzo: affermi fin d'ora che il giorno dopo il referendum, quando dovrà avviare il negoziato con Roma, coinvolgerà nella trattativa i sindaci, le categorie economiche, i sindacati, il terzo settore. Dica che farà squadra».
L'UDC SI SCHIERA
Intanto, citando lo statista democristiano Alcide De Gasperi, il senatore dell'Udc Antonio De Poli spiega perché voterà sì: «Bisogna ridurre il gap tra il Veneto e le regioni vicine a statuto speciale Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige.
L'ultimo rapporto della Ragioneria dello Stato dice che lo Stato versa a Bolzano 8.800 euro per abitante, a Trento 7.600, al Friuli Venezia 5.200. Al Veneto 2.700 euro. È privo di senso sostenere che è inutile andare a votare».
Alda Vanzan
http://www.simonettarubinato.it/index.p ... tizia=4978
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Cercando l'impossibile, l'uomo ha sempre realizzato e conosciuto il possibile, e coloro che si sono saggiamente limitati a ciò che sembrava possibile non sono mai avanzati di un sol passo.(M.A.Bakunin)
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Re: Referendum consultvo per l'autonomia in Veneto
TUTTI A CASA La Lega ottiene la sospensione dei lavori: Camera e Senato sono già chiusi da ieri mattina con la scusa del voto al Nord
Il Parlamento si ferma per il referendum inutile
» LUCIANO CERASA
Una seduta d’aula fissata per la mattina che si esaurisce in poche ore e riunioni delle Commissioni sconvocate, da ieri a martedì prossimo: su richiesta della Lega nord l’attività del Parlamento si è fermata in vista del referendum che si terrà in Lombardia e in Veneto.
I regolamenti prevedono che un gruppo possa chiedere l’interruzione dei lavori per qualche giorno, se nessun altro si oppone.
In questo caso è scattato il silenzio assenso e tutti a casa.
MA PERCHÉ UN DEPUTATO o un senatore siciliano, sardo o marchigiano devono incrociare le braccia – cosa che già fanno spesso dal venerdì al lunedì, oltre che alle feste comandate, nei ponti e per le ferie (in media di 40 giorni) – per una consultazione regionale lontana centinaia di chilometri da Montecitorio e Palazzo Madama?
“È come quando gioca la Nazionale, il campionato salta una giornata, ma qui è come se si fermasse perché giocano in Coppa Milan e Verona” spiega ironicamente un parlamentare che già alle due del pomeriggio trascina alacremente il trolley verso la stazione Termini.
Ma non è solo il parlamento nazionale a smobilitarsi per il referendum uscito dal cilindro dei governatori leghisti.
Dopo la promozione “In ogni caso buon viaggio”lanciata da un agenzia di viaggi e un’impresa di pompe funebri offrendo sconti nel giorno del referendum, fioccano le iniziative di esercenti per stimolare i veneti a non allontanarsi da casa.
“Sempre più commercianti ci stanno mettendo la faccia!” annuncia con soddisfazione il cofondatore del gruppo indipendentista Grande Nord, Roberto Agirmo.
Si va dal bar pasticceria di Bassano che alle prime 50 persone che presenteranno il certificato elettorale domenica mattina offrirà cappuccino e brioches, alla profumeria di Thiene, al negozio di armi e al parrucchiere di Marcon, alle calzature di Cornedo Vicentino, che offrono il 10% di sconto.
Fino al ristorante che offre dolce a fine pranzo e cena e così tanti altri.
INTANTO IL PRIMO a chiedere il conto per le spese sostenute dallo Stato nell’organizzazione della consultazione elettorale autonomista è il ministro degli Interni, Marco Minniti, nonostante il ramoscello d’ulivo teso agli organizzatori.
“Quelli che si terranno domenica prossima in Lombardia e Veneto “non sono referendum secessionisti, i quesiti sono del tutto compatibili con la Costituzione, tanto che le Regioni interessate hanno stipulato un protocollo di cooperazione con il ministero del l’Interno” ha dichiarato a un quotidiano.
Cosa intendesse il ministro per “cooperazione” lo si è capito in seguito quando ha presentato una fattura di due milioni di euro a Zaia e 3,5 a Maroni “per garantire la sicurezza nei seggi”.
Tutto un altro stile rispetto al muso duro che il premier spagnolo Rajoy ha mostrato ai catalani.
Dai due governatori sono arrivate reazioni contrastanti: Zaia non l’ha presa bene.
Maroni fa invece buon viso a cattivo gioco: “Non è una sorpresa, sapevamo che tutti gli oneri erano a carico delle regioni, sono costi che abbiamo messo a bilancio”.
Raffrontati ai 50 milioni di euro comprensivi dell’acquisto di 24 mila tablet, messi sul conto del Pirellone per una kermesse elettorale inutile, i prezzi di Minniti effettivamente sono da saldo.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Il Parlamento si ferma per il referendum inutile
» LUCIANO CERASA
Una seduta d’aula fissata per la mattina che si esaurisce in poche ore e riunioni delle Commissioni sconvocate, da ieri a martedì prossimo: su richiesta della Lega nord l’attività del Parlamento si è fermata in vista del referendum che si terrà in Lombardia e in Veneto.
I regolamenti prevedono che un gruppo possa chiedere l’interruzione dei lavori per qualche giorno, se nessun altro si oppone.
In questo caso è scattato il silenzio assenso e tutti a casa.
MA PERCHÉ UN DEPUTATO o un senatore siciliano, sardo o marchigiano devono incrociare le braccia – cosa che già fanno spesso dal venerdì al lunedì, oltre che alle feste comandate, nei ponti e per le ferie (in media di 40 giorni) – per una consultazione regionale lontana centinaia di chilometri da Montecitorio e Palazzo Madama?
“È come quando gioca la Nazionale, il campionato salta una giornata, ma qui è come se si fermasse perché giocano in Coppa Milan e Verona” spiega ironicamente un parlamentare che già alle due del pomeriggio trascina alacremente il trolley verso la stazione Termini.
Ma non è solo il parlamento nazionale a smobilitarsi per il referendum uscito dal cilindro dei governatori leghisti.
Dopo la promozione “In ogni caso buon viaggio”lanciata da un agenzia di viaggi e un’impresa di pompe funebri offrendo sconti nel giorno del referendum, fioccano le iniziative di esercenti per stimolare i veneti a non allontanarsi da casa.
“Sempre più commercianti ci stanno mettendo la faccia!” annuncia con soddisfazione il cofondatore del gruppo indipendentista Grande Nord, Roberto Agirmo.
Si va dal bar pasticceria di Bassano che alle prime 50 persone che presenteranno il certificato elettorale domenica mattina offrirà cappuccino e brioches, alla profumeria di Thiene, al negozio di armi e al parrucchiere di Marcon, alle calzature di Cornedo Vicentino, che offrono il 10% di sconto.
Fino al ristorante che offre dolce a fine pranzo e cena e così tanti altri.
INTANTO IL PRIMO a chiedere il conto per le spese sostenute dallo Stato nell’organizzazione della consultazione elettorale autonomista è il ministro degli Interni, Marco Minniti, nonostante il ramoscello d’ulivo teso agli organizzatori.
“Quelli che si terranno domenica prossima in Lombardia e Veneto “non sono referendum secessionisti, i quesiti sono del tutto compatibili con la Costituzione, tanto che le Regioni interessate hanno stipulato un protocollo di cooperazione con il ministero del l’Interno” ha dichiarato a un quotidiano.
Cosa intendesse il ministro per “cooperazione” lo si è capito in seguito quando ha presentato una fattura di due milioni di euro a Zaia e 3,5 a Maroni “per garantire la sicurezza nei seggi”.
Tutto un altro stile rispetto al muso duro che il premier spagnolo Rajoy ha mostrato ai catalani.
Dai due governatori sono arrivate reazioni contrastanti: Zaia non l’ha presa bene.
Maroni fa invece buon viso a cattivo gioco: “Non è una sorpresa, sapevamo che tutti gli oneri erano a carico delle regioni, sono costi che abbiamo messo a bilancio”.
Raffrontati ai 50 milioni di euro comprensivi dell’acquisto di 24 mila tablet, messi sul conto del Pirellone per una kermesse elettorale inutile, i prezzi di Minniti effettivamente sono da saldo.
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Re: Referendum consultvo per l'autonomia in Veneto
sms per lucfig. Questo forum è un colabrodo se si permettono di cancellare quello che hai postato
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