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RYANAIR ALLE ASSISTENTI DI VOLO: DIMAGRITE!
Con i prezzi del carburante alle stelle la compagnia punta ad "alleggerire" gli aerei. E non si tratta di un pesce d'aprile
I prezzi del carburante salgono e Ryanair è pronta a tutto pur di risparmiare. Persino a ''incoraggiare'' il proprio personale di bordo a dimagrire.
Secondo quanto riporta oggi il Daily Telegraph, la compagnia aerea low cost ha introdotto tutta una serie di misure volte ad alleggerire il più possibile i propri aerei: la rivista di bordo, ad esempio, da ora in poi sarà più piccola e l'equipaggio servirà bibite con meno ghiaccio.
http://www.cadoinpiedi.it/2012/04/04/ry ... grite.html
Con i prezzi del carburante alle stelle la compagnia punta ad "alleggerire" gli aerei. E non si tratta di un pesce d'aprile
I prezzi del carburante salgono e Ryanair è pronta a tutto pur di risparmiare. Persino a ''incoraggiare'' il proprio personale di bordo a dimagrire.
Secondo quanto riporta oggi il Daily Telegraph, la compagnia aerea low cost ha introdotto tutta una serie di misure volte ad alleggerire il più possibile i propri aerei: la rivista di bordo, ad esempio, da ora in poi sarà più piccola e l'equipaggio servirà bibite con meno ghiaccio.
http://www.cadoinpiedi.it/2012/04/04/ry ... grite.html
Re: Top News
Non è una notizia da prima pagina ma è lo stesso degna di nota.
Io avevo 14 anni ma me la ricordo abbastanza bene quella giornata.
Agostino Spataro
Trent’anni dopo, sono tornati a Comiso studenti e cittadini aderenti a una trentina di associazioni e movimenti progressisti per rievocare il raduno di massa del 4 aprile 1982 e il sacrificio del suo ideatore Pio La Torre, segretario regionale del Pci, assassinato, con Rosario Di Salvo, dalla mafia, il 30 dello stesso mese. Ricordare quei fatti alla vecchia e alla nuova generazione di pacifisti, alla Sicilia intera ne è valsa la pena perché quella fu una manifestazione davvero di svolta nella lotta contro la decisione d’installare a Comiso 112 missili nucleari intermedi del tipo “Cruise”.
Il 4 aprile segnò, infatti, un discrimine tra un “prima” bislacco, rassegnato, da taluni accettato e un “dopo” che scosse il sentimento più genuino dei siciliani e mise in moto la macchina poderosa della protesta unitarie e popolare, in Italia e in Europa. Purtroppo, scatenò anche il livore criminale dei nemici, interni ed esterni, che porterà, 26 giorni dopo, all’assassinio.
Fu solo mafia? Il dibattito e la ricerca delle eventuali responsabilità politiche, anche internazionali, restano aperti. Vedremo.
Quel giorno, a Comiso non c’erano solo i tenaci presidi di giovani pacifisti, ma il popolo delle grandi occasioni: oltre centomila siciliani, di ogni generazione e condizione sociale, consapevoli della posta in gioco e dei suoi esiti vitali per la pace in Europa e per lo sviluppo della Sicilia.
Determinati, come ai tempi delle lotte per la terra, contro la schiavitù nelle miniere, per la piena attuazione dell’Autonomia, quando ancora questa parola significava speranza di cambiamento e non una colossale, e costosa, mistificazione come avviene con l’attuale Regione.
La gente capì il pericolo mortale che i missili avrebbero costituito, perciò diede vita ad una grande mobilitazione sorretta da uno schieramento unitario: dalla sinistra a settori importanti dell’area cattolica (Acli, ecc), ai socialisti craxiani.
Contro i missili a Comiso e in altre basi dell’Est e dell’Ovest si realizzò, in Sicilia, un’inedita unità che a Roma fu percepita come una convergenza politica anomala e una inquietante deriva pacifista che, dopo il 4 aprile, infiammò l’Italia e le grandi capitali europee. Un risultato, per noi, esaltante ma preoccupante per chi, ai vertici degli Stati e dei comandi militari, voleva, a tutti i costi, imporre il piano di “ammodernamento” missilistico nucleare. Alla fine, la battaglia fu vinta (una delle poche vittorie del popolo siciliano nel dopoguerra) e sancita dagli accordi di Washington del 1987 fra Usa e Urss che decisero l’espianto dei missili e lo sgombero della base.
Il seguito è noto: al posto della base della morte, il PCI propose di creare un “Politecnico mediterraneo” per la cooperazione tecno-scientifica fra tutti i Paesi rivieraschi. Verrà realizzato un aeroporto civile consacrato al nome di Pio La Torre che, purtroppo, un rozzo atto d’ingratitudine sostituì con quello di un generale delle guerre coloniali fasciste.
A ciascuno il suo…eroe, si potrebbe dire.
Tuttavia, oggi, non è il caso d’indulgere su tale polemica, ma di guardare in avanti, al futuro di Comiso e della Sicilia. Anche perché, a tre decadi di distanza, la situazione è peggiorata: l’Isola è in preda al più grave e generale declino e il Mediterraneo è divenuto non un mare di pace e di prosperità condivisa, ma luogo di conflitti sanguinosi e di tragiche ondate migratorie. Insomma, non basta una Sicilia senza missili, occorre contrastare l’attuale disegno che assegna all’Isola un ruolo strategico sovradimensionato che non si giustifica con le minacce reali alla nostra sicurezza, ma solo in vista di altre “guerre umanitarie”.
Questo – a me pare – il dato nuovo della situazione, al centro della quale si trova la Sicilia, da cui discende un compito precipuo per tutte le forze progressiste siciliane, per le istituzioni che dovrebbero attivarsi quantomeno per prevenire l’insediamento d’infrastrutture militari pericolose com’è il Muos di Niscemi che quella popolazione sta combattendo (da sola) a salvaguardia della salute e della prospettiva economica.
In questo clima di disattenzione, talvolta connivente, un impegno deciso è venuto dalla “nuova generazione Comiso” ossia dagli studenti medi della provincia ragusana, non per mero allarmismo, ma per una legittima preoccupazione per il loro e per il nostro futuro. Tacere o non vedere sono la più grave colpa. D’altra parte, una prova di tale pericolo si è avuta con il recente intervento della Nato in Libia, operato, in gran parte, a partire dalle basi siciliane. Su questa strada si vuole continuare. Le guerre esaltano gli spiriti ingordi e il ruolo strategico assegnato all’Isola ma deprimono, stravolgono la sua prospettiva di crescita economica e civile, di cooperazione reciprocamente vantaggiosa con i popoli mediterranei e asiatici. Poiché – come diceva Pio – una Sicilia trasformata in una formidabile piazzaforte militare sarà un pericolo incombente sui siciliani e un ostacolo per lo sviluppo nella pace e nella legalità.
( emergency) http://www.eilmensile.it/2012/04/05/sic ... r-la-pace/
Io avevo 14 anni ma me la ricordo abbastanza bene quella giornata.
Agostino Spataro
Trent’anni dopo, sono tornati a Comiso studenti e cittadini aderenti a una trentina di associazioni e movimenti progressisti per rievocare il raduno di massa del 4 aprile 1982 e il sacrificio del suo ideatore Pio La Torre, segretario regionale del Pci, assassinato, con Rosario Di Salvo, dalla mafia, il 30 dello stesso mese. Ricordare quei fatti alla vecchia e alla nuova generazione di pacifisti, alla Sicilia intera ne è valsa la pena perché quella fu una manifestazione davvero di svolta nella lotta contro la decisione d’installare a Comiso 112 missili nucleari intermedi del tipo “Cruise”.
Il 4 aprile segnò, infatti, un discrimine tra un “prima” bislacco, rassegnato, da taluni accettato e un “dopo” che scosse il sentimento più genuino dei siciliani e mise in moto la macchina poderosa della protesta unitarie e popolare, in Italia e in Europa. Purtroppo, scatenò anche il livore criminale dei nemici, interni ed esterni, che porterà, 26 giorni dopo, all’assassinio.
Fu solo mafia? Il dibattito e la ricerca delle eventuali responsabilità politiche, anche internazionali, restano aperti. Vedremo.
Quel giorno, a Comiso non c’erano solo i tenaci presidi di giovani pacifisti, ma il popolo delle grandi occasioni: oltre centomila siciliani, di ogni generazione e condizione sociale, consapevoli della posta in gioco e dei suoi esiti vitali per la pace in Europa e per lo sviluppo della Sicilia.
Determinati, come ai tempi delle lotte per la terra, contro la schiavitù nelle miniere, per la piena attuazione dell’Autonomia, quando ancora questa parola significava speranza di cambiamento e non una colossale, e costosa, mistificazione come avviene con l’attuale Regione.
La gente capì il pericolo mortale che i missili avrebbero costituito, perciò diede vita ad una grande mobilitazione sorretta da uno schieramento unitario: dalla sinistra a settori importanti dell’area cattolica (Acli, ecc), ai socialisti craxiani.
Contro i missili a Comiso e in altre basi dell’Est e dell’Ovest si realizzò, in Sicilia, un’inedita unità che a Roma fu percepita come una convergenza politica anomala e una inquietante deriva pacifista che, dopo il 4 aprile, infiammò l’Italia e le grandi capitali europee. Un risultato, per noi, esaltante ma preoccupante per chi, ai vertici degli Stati e dei comandi militari, voleva, a tutti i costi, imporre il piano di “ammodernamento” missilistico nucleare. Alla fine, la battaglia fu vinta (una delle poche vittorie del popolo siciliano nel dopoguerra) e sancita dagli accordi di Washington del 1987 fra Usa e Urss che decisero l’espianto dei missili e lo sgombero della base.
Il seguito è noto: al posto della base della morte, il PCI propose di creare un “Politecnico mediterraneo” per la cooperazione tecno-scientifica fra tutti i Paesi rivieraschi. Verrà realizzato un aeroporto civile consacrato al nome di Pio La Torre che, purtroppo, un rozzo atto d’ingratitudine sostituì con quello di un generale delle guerre coloniali fasciste.
A ciascuno il suo…eroe, si potrebbe dire.
Tuttavia, oggi, non è il caso d’indulgere su tale polemica, ma di guardare in avanti, al futuro di Comiso e della Sicilia. Anche perché, a tre decadi di distanza, la situazione è peggiorata: l’Isola è in preda al più grave e generale declino e il Mediterraneo è divenuto non un mare di pace e di prosperità condivisa, ma luogo di conflitti sanguinosi e di tragiche ondate migratorie. Insomma, non basta una Sicilia senza missili, occorre contrastare l’attuale disegno che assegna all’Isola un ruolo strategico sovradimensionato che non si giustifica con le minacce reali alla nostra sicurezza, ma solo in vista di altre “guerre umanitarie”.
Questo – a me pare – il dato nuovo della situazione, al centro della quale si trova la Sicilia, da cui discende un compito precipuo per tutte le forze progressiste siciliane, per le istituzioni che dovrebbero attivarsi quantomeno per prevenire l’insediamento d’infrastrutture militari pericolose com’è il Muos di Niscemi che quella popolazione sta combattendo (da sola) a salvaguardia della salute e della prospettiva economica.
In questo clima di disattenzione, talvolta connivente, un impegno deciso è venuto dalla “nuova generazione Comiso” ossia dagli studenti medi della provincia ragusana, non per mero allarmismo, ma per una legittima preoccupazione per il loro e per il nostro futuro. Tacere o non vedere sono la più grave colpa. D’altra parte, una prova di tale pericolo si è avuta con il recente intervento della Nato in Libia, operato, in gran parte, a partire dalle basi siciliane. Su questa strada si vuole continuare. Le guerre esaltano gli spiriti ingordi e il ruolo strategico assegnato all’Isola ma deprimono, stravolgono la sua prospettiva di crescita economica e civile, di cooperazione reciprocamente vantaggiosa con i popoli mediterranei e asiatici. Poiché – come diceva Pio – una Sicilia trasformata in una formidabile piazzaforte militare sarà un pericolo incombente sui siciliani e un ostacolo per lo sviluppo nella pace e nella legalità.
( emergency) http://www.eilmensile.it/2012/04/05/sic ... r-la-pace/
Re: Top News
Sicilia, le dimissioni ‘a tempo’ di Lombardo: “Passo indietro prima di pronuncia gup”
Neo imputato per concorso esterno a Cosa Nostra, il governatore siciliano si è presentato nella tradizionale conferenza stampa pre-pasquale e ha annunciato: "Mi farò da parte un minuto prima della decisione del giudice, anche in caso di archiviazione"
Alla fine le dimissioni di Raffaele Lombardo sono quasi arrivate. Quasi, perché il governatore siciliano, neo imputato per concorso esterno a Cosa Nostra, le ha per il momento solamente annunciate. “Mi dimetterò un minuto prima della decisione del giudice per l’udienza preliminare, anche in caso di archiviazione, perché se c’è una dimensione politica voglio eliminarla. Ad essere rinviato a giudizio non sarà il presidente Lombardo, ma il cittadino Lombardo” ha detto il leader del Movimento per l’Autonomia alla conferenza stampa convocata originariamente per gli auguri pasquali, che invece ha preso una piega molto diversa dopo l’imputazione coatta decisa dal gip di Catania Luigi Barone.
Un’imputazione per mafia che lo scorso 29 marzo è piombata come un fulmine a ciel sereno sul governo regionale. “Non me l’aspettavo io, non se l’aspettavano i miei alleati come Gianfranco Fini, che era pronto a scommettere sul contrario, non se l’aspettava nessuno” ha ribadito Lombardo, rivelando anche che “l’unico ad aspettarselo era Saverio Romano (l’ex ministro dell’Agricoltura imputato a sua volta per mafia), che due mesi fa aveva previsto tutto individuando una causale che avrebbe portato a questo punto”. Causale politica o giudiziaria? “Non posso mica dire tutto” ha glissato il presidente.
Il governatore si è presentato in conferenza stampa con due uomini di punta della sua giunta: il tecnico di area Pd Mario Centorrino, vicino al senatore Beppe Lumia, e il responsabile della Sanità Massimo Russo, ex magistrato dell’antimafia. Una sorta di monito a chi aveva pronosticato lo sfaldamento della sua giunta. “Ovviamente non posso escludere l’ipotesi delle elezioni anticipate, escludo invece crisi di governo: con i miei alleati andiamo d’amore e d’accordo”.
Dopo la richiesta di rinvio a giudizio, formalizzata dalla procura etnea nei giorni scorsi, adesso la palla passerà al gup che dovrà di conseguenza decidere se mandare alla sbarra il governatore oppure archiviarne la posizione. Indipendentemente dalla valutazione del giudice, Lombardo ha però annunciato che lascerà in ogni caso Palazzo D’Orleans, la sede della presidenza regionale che occupa dal 2008.
A questo punto la scelta del governatore di attendere l’udienza preliminare, con le dimissioni già programmate in qualsiasi caso, potrebbe quindi essere un modo per prendere tempo: una sorta di “tirare a campare” di andreottiana memoria. La settimana scorsa Lombardo aveva auspicato infatti che l’udienza preliminare venisse convocata il prima possibile. Adesso però ha cambiato completamente idea. “Chi può dire quanto ci vorrà prima che si arrivi all’udienza davanti al gup e quindi alle mie dimissioni? Bisogna nominare un altro giudice, diverso da Barone, che legga tutte le 80 mila carte del procedimento. Ci vorranno mesi, mettetevi in testa che si potrebbe arrivare anche ad una data oltre la scadenza naturale del mio mandato, nel maggio del 2013″ ha avvertito sornione il presidente, subito dopo aver annunciato le sue dimissioni “a tempo”. Un tempo che, con il gup ancora da nominare, potrebbe in effetti essere infinito, nonostante Lombardo abbia annunciato di non volersi avvalere del legittimo impedimento.
L’indagine sul governatore siciliano nasce da uno stralcio dell’inchiesta Iblis della Procura di Catania (il nome del demonio in arabo): secondo gli elementi raccolti dagli inquirenti, Lombardo e il suo partito avrebbero ricevuto soldi e sostegno elettorale da Cosa Nostra catanese. Il gip Luigi Barone nel presentare richiesta d’imputazione coatta ha scritto che è da escludere che per 10 anni Cosa Nostra abbia investito su un partito senza mai ricevere nulla in cambio. “Allo stesso modo – ha ribadito Lombardo – potrei dire che se Cosa Nostra non è un’associazione di volontariato a titolo gratuito, non ci ha mai sostenuto”.
Dopo l’annuncio delle dimissioni “a tempo” il governatore ha anche accennato ad un possibile allontanamento dalla vita politica. “Vorrei iniziare una fase nuova della mia vita, fare cose diverse. Pensavo di iscrivermi all’Università telematica della Sapienza, naturalmente alla facoltà di Giurisprudenza, così posso capire meglio le carte che mi riguardano”. Anche Totò Cuffaro, il suo predecessore che sta scontando sette anni di carcere per mafia, si è iscritto a Giurisprudenza dopo le vicissitudini giudiziarie che lo hanno riguardato. “Vorrà dire che mi farò dare consigli da Cuffaro su come studiare le materie” ha chiosato Lombardo.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/04 ... ia/202815/
Neo imputato per concorso esterno a Cosa Nostra, il governatore siciliano si è presentato nella tradizionale conferenza stampa pre-pasquale e ha annunciato: "Mi farò da parte un minuto prima della decisione del giudice, anche in caso di archiviazione"
Alla fine le dimissioni di Raffaele Lombardo sono quasi arrivate. Quasi, perché il governatore siciliano, neo imputato per concorso esterno a Cosa Nostra, le ha per il momento solamente annunciate. “Mi dimetterò un minuto prima della decisione del giudice per l’udienza preliminare, anche in caso di archiviazione, perché se c’è una dimensione politica voglio eliminarla. Ad essere rinviato a giudizio non sarà il presidente Lombardo, ma il cittadino Lombardo” ha detto il leader del Movimento per l’Autonomia alla conferenza stampa convocata originariamente per gli auguri pasquali, che invece ha preso una piega molto diversa dopo l’imputazione coatta decisa dal gip di Catania Luigi Barone.
Un’imputazione per mafia che lo scorso 29 marzo è piombata come un fulmine a ciel sereno sul governo regionale. “Non me l’aspettavo io, non se l’aspettavano i miei alleati come Gianfranco Fini, che era pronto a scommettere sul contrario, non se l’aspettava nessuno” ha ribadito Lombardo, rivelando anche che “l’unico ad aspettarselo era Saverio Romano (l’ex ministro dell’Agricoltura imputato a sua volta per mafia), che due mesi fa aveva previsto tutto individuando una causale che avrebbe portato a questo punto”. Causale politica o giudiziaria? “Non posso mica dire tutto” ha glissato il presidente.
Il governatore si è presentato in conferenza stampa con due uomini di punta della sua giunta: il tecnico di area Pd Mario Centorrino, vicino al senatore Beppe Lumia, e il responsabile della Sanità Massimo Russo, ex magistrato dell’antimafia. Una sorta di monito a chi aveva pronosticato lo sfaldamento della sua giunta. “Ovviamente non posso escludere l’ipotesi delle elezioni anticipate, escludo invece crisi di governo: con i miei alleati andiamo d’amore e d’accordo”.
Dopo la richiesta di rinvio a giudizio, formalizzata dalla procura etnea nei giorni scorsi, adesso la palla passerà al gup che dovrà di conseguenza decidere se mandare alla sbarra il governatore oppure archiviarne la posizione. Indipendentemente dalla valutazione del giudice, Lombardo ha però annunciato che lascerà in ogni caso Palazzo D’Orleans, la sede della presidenza regionale che occupa dal 2008.
A questo punto la scelta del governatore di attendere l’udienza preliminare, con le dimissioni già programmate in qualsiasi caso, potrebbe quindi essere un modo per prendere tempo: una sorta di “tirare a campare” di andreottiana memoria. La settimana scorsa Lombardo aveva auspicato infatti che l’udienza preliminare venisse convocata il prima possibile. Adesso però ha cambiato completamente idea. “Chi può dire quanto ci vorrà prima che si arrivi all’udienza davanti al gup e quindi alle mie dimissioni? Bisogna nominare un altro giudice, diverso da Barone, che legga tutte le 80 mila carte del procedimento. Ci vorranno mesi, mettetevi in testa che si potrebbe arrivare anche ad una data oltre la scadenza naturale del mio mandato, nel maggio del 2013″ ha avvertito sornione il presidente, subito dopo aver annunciato le sue dimissioni “a tempo”. Un tempo che, con il gup ancora da nominare, potrebbe in effetti essere infinito, nonostante Lombardo abbia annunciato di non volersi avvalere del legittimo impedimento.
L’indagine sul governatore siciliano nasce da uno stralcio dell’inchiesta Iblis della Procura di Catania (il nome del demonio in arabo): secondo gli elementi raccolti dagli inquirenti, Lombardo e il suo partito avrebbero ricevuto soldi e sostegno elettorale da Cosa Nostra catanese. Il gip Luigi Barone nel presentare richiesta d’imputazione coatta ha scritto che è da escludere che per 10 anni Cosa Nostra abbia investito su un partito senza mai ricevere nulla in cambio. “Allo stesso modo – ha ribadito Lombardo – potrei dire che se Cosa Nostra non è un’associazione di volontariato a titolo gratuito, non ci ha mai sostenuto”.
Dopo l’annuncio delle dimissioni “a tempo” il governatore ha anche accennato ad un possibile allontanamento dalla vita politica. “Vorrei iniziare una fase nuova della mia vita, fare cose diverse. Pensavo di iscrivermi all’Università telematica della Sapienza, naturalmente alla facoltà di Giurisprudenza, così posso capire meglio le carte che mi riguardano”. Anche Totò Cuffaro, il suo predecessore che sta scontando sette anni di carcere per mafia, si è iscritto a Giurisprudenza dopo le vicissitudini giudiziarie che lo hanno riguardato. “Vorrà dire che mi farò dare consigli da Cuffaro su come studiare le materie” ha chiosato Lombardo.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/04 ... ia/202815/
Re: Top News
Primo piano di Vittorio Da Rold
6 APRILE 2012 - 22:08
Danesi più felici al mondo, Italia al 28° posto. Tra i motivi di felicità: forti reti sociali e l'assenza di corruzione
Chi è il paese più felice al mondo? Secondo il 'World Happiness Report', il primo studio sul tasso di felicità commissionato dalle Nazioni Unite a guadagnare il primo posto di più felici al mondo sono i paesi scandinavi: se la medaglia d'oro va alla Danimarca, il Nord Europa si porta a casa anche i due gradini più bassi del podio con Finlandia e Norvegia, seguite al quarto posto dalla laboriosa Olanda. L'Italia invece si piazza al ventottesimo posto, di poco superata da Inghilterra, Spagna e Francia, ma due gradini sopra alla Germania. Insomma non siamo proprio messi bene per essere il paese del sole, dell'Opera e della buona cucina. Forse gli ultimi scandali politici dei partiti e la grave crisi economica e finanziaria, la deindustrializzazione del paese, hanno fatto passare il buonumore agli italiani alle prese con tasse in aumento, pensioni sempre più lontante nel tempo e incertezza politico-sociale degne di un paese in via di sviluppo.Meglio gli Usa di Barack Obama, undicesimi, mentre la Cina è fuori dalla top-100. In fondo alla classifica invece ci sono molti Stati africani, dove la felicità sembra essere un bene raro, con Togo e Benein che realizzano fra le performance peggiori.
Classifiche sempre da prendere con le molle, naturalmente. Nello stilare il rapporto, l'Onu e il co-curatore Jeffrey Sachs, economista di fama e progressita, nonché direttore dell'Earth Institute della Columbia University, sono stati considerati, come elementi determinanti per stabilire il grado di soddisfazione di uno Stato su scala globale, la libertà politica, le forti reti sociali e assenza di corruzione (e qui il nostro paese precipita) , mentre a livello individuale una buona salute fisica e mentale, sicurezza sul lavoro, assistenza sanitaria universale e gratuita e una famiglia stabile.
«Viviamo in un'epoca di forti contraddizioni - scrive il professor Sachs nell'introduzione del rapporto - Il mondo gode di tecnologie enormemente sofisticate, ma almeno un miliardo
di persone non ha da mangiare a sufficienza. E poi ci sono i nuovi mali della vita moderna, come obesità, fumo, diabete e depressione». La disoccupazione provoca dolore come un lutto o una separazione. La felicità comunque non è solo individuale, anzi i cambiamenti sociali sono essenziali, ancora di più del denaro. L'aumento di stipendio contribuisce ad alzare il tasso di soddisfazione soprattutto tra i più poveri, dove può significare la sopravvivenza di un bambino, cibo, una casa, acqua potabile, servizi igienico-sanitari, e magari l'opportunità di studiare. Nelle aree più ricche invece, dove le privazioni di base sono state sconfitte, hanno maggior valore
la collaborazione e lo spirito di gruppo. Insomma sentirsi parte di un gruppo e fidarsi dello Stato a cui si appartiene, cosa che in Italia non avviene spesso. Anzi gli italiani non si fidano proprio dello Stato con cui entrano spesso in conflitto. Secondo gli esperti «se una nazione concentra i propri sforzi verso la crescita del prodotto interno lordo (Pil), preclude altri obiettivi, come quello che porta ad una società felice». Per esempio gli Usa - spiega ancora Sachs - per mezzo secolo hanno perseguito il progresso economico e tecnologico, ma hanno sacrificato la felicità dei cittadini, rimasta pressochè invariata nonostante decenni di aumento del Pil. E questo mix di fattori diversi fa sì che dalla ricerca emergano non poche sorprese, come il trentesimo posto della Germania, molto al di sotto di paesi come Venezuela, Messico o Brasile. Oppure il Giappone al numero quarantaquattro dietro la Grecia, posizionata al quarantadue, anche se oggi proprio non se la passa affatto bene. E ancora Iran 84mo e Pakistan 85mo, mentre va molto peggio l'India al 95mo.
http://vittoriodarold.blog.ilsole24ore. ... senza.html
6 APRILE 2012 - 22:08
Danesi più felici al mondo, Italia al 28° posto. Tra i motivi di felicità: forti reti sociali e l'assenza di corruzione
Chi è il paese più felice al mondo? Secondo il 'World Happiness Report', il primo studio sul tasso di felicità commissionato dalle Nazioni Unite a guadagnare il primo posto di più felici al mondo sono i paesi scandinavi: se la medaglia d'oro va alla Danimarca, il Nord Europa si porta a casa anche i due gradini più bassi del podio con Finlandia e Norvegia, seguite al quarto posto dalla laboriosa Olanda. L'Italia invece si piazza al ventottesimo posto, di poco superata da Inghilterra, Spagna e Francia, ma due gradini sopra alla Germania. Insomma non siamo proprio messi bene per essere il paese del sole, dell'Opera e della buona cucina. Forse gli ultimi scandali politici dei partiti e la grave crisi economica e finanziaria, la deindustrializzazione del paese, hanno fatto passare il buonumore agli italiani alle prese con tasse in aumento, pensioni sempre più lontante nel tempo e incertezza politico-sociale degne di un paese in via di sviluppo.Meglio gli Usa di Barack Obama, undicesimi, mentre la Cina è fuori dalla top-100. In fondo alla classifica invece ci sono molti Stati africani, dove la felicità sembra essere un bene raro, con Togo e Benein che realizzano fra le performance peggiori.
Classifiche sempre da prendere con le molle, naturalmente. Nello stilare il rapporto, l'Onu e il co-curatore Jeffrey Sachs, economista di fama e progressita, nonché direttore dell'Earth Institute della Columbia University, sono stati considerati, come elementi determinanti per stabilire il grado di soddisfazione di uno Stato su scala globale, la libertà politica, le forti reti sociali e assenza di corruzione (e qui il nostro paese precipita) , mentre a livello individuale una buona salute fisica e mentale, sicurezza sul lavoro, assistenza sanitaria universale e gratuita e una famiglia stabile.
«Viviamo in un'epoca di forti contraddizioni - scrive il professor Sachs nell'introduzione del rapporto - Il mondo gode di tecnologie enormemente sofisticate, ma almeno un miliardo
di persone non ha da mangiare a sufficienza. E poi ci sono i nuovi mali della vita moderna, come obesità, fumo, diabete e depressione». La disoccupazione provoca dolore come un lutto o una separazione. La felicità comunque non è solo individuale, anzi i cambiamenti sociali sono essenziali, ancora di più del denaro. L'aumento di stipendio contribuisce ad alzare il tasso di soddisfazione soprattutto tra i più poveri, dove può significare la sopravvivenza di un bambino, cibo, una casa, acqua potabile, servizi igienico-sanitari, e magari l'opportunità di studiare. Nelle aree più ricche invece, dove le privazioni di base sono state sconfitte, hanno maggior valore
la collaborazione e lo spirito di gruppo. Insomma sentirsi parte di un gruppo e fidarsi dello Stato a cui si appartiene, cosa che in Italia non avviene spesso. Anzi gli italiani non si fidano proprio dello Stato con cui entrano spesso in conflitto. Secondo gli esperti «se una nazione concentra i propri sforzi verso la crescita del prodotto interno lordo (Pil), preclude altri obiettivi, come quello che porta ad una società felice». Per esempio gli Usa - spiega ancora Sachs - per mezzo secolo hanno perseguito il progresso economico e tecnologico, ma hanno sacrificato la felicità dei cittadini, rimasta pressochè invariata nonostante decenni di aumento del Pil. E questo mix di fattori diversi fa sì che dalla ricerca emergano non poche sorprese, come il trentesimo posto della Germania, molto al di sotto di paesi come Venezuela, Messico o Brasile. Oppure il Giappone al numero quarantaquattro dietro la Grecia, posizionata al quarantadue, anche se oggi proprio non se la passa affatto bene. E ancora Iran 84mo e Pakistan 85mo, mentre va molto peggio l'India al 95mo.
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Re: Top News
IL COMMENTO
Il ritratto di un paese tra Padania e Wall Street
di EUGENIO SCALFARI
DI UMBERTO BOSSI parlerò poco, dopo quanto abbiamo saputo di lui e della Lega. Le testimonianze che coinvolgono non soltanto i suoi familiari e la Rosy Mauro (che è addirittura vicepresidente del Senato) sono certamente testimonianze di parte, di chi ce l'ha con lui perché non ha difeso l'indifendibile Belsito, ma sono tuttavia confermate, quelle testimonianze, da documenti inoppugnabili, intercettazioni chiarissime, lettere, ricevute, assegni e bonifici bancari con intestazioni che parlano da sole.
Aspettiamo i seguiti dell'istruttoria e l'eventuale rinvio a giudizio, ma il giudizio politico va dato subito e l'ha già scritto venerdì scorso Ezio Mauro 1. La linea del nostro giornale è chiarissima: Bossi è stato al centro del malaffare che ha inquinato la famiglia e gran parte del gruppo dirigente leghista, specie quello di provenienza lombarda.
Quel gruppo dirigente è interamente presente nel triumvirato che reggerà la Lega fino al Congresso. L'immagine che hanno del vecchio capo e fondatore è quella d'un uomo assolutamente integro e raggirato eventualmente dai familiari. Quanto a lui, il "Senatur" si dice convinto d'esser vittima d'un complotto. I militanti leghisti dal canto loro si identificano con il vecchio capo carismatico, qualunque verità emerga dal processo.
Infine gli elettori, che sono molto più numerosi dei militanti, con un rapporto che sta tra i cinque e i dieci elettori per ogni militante a seconda delle province e dei comuni esaminati. Ebbene gli elettori sono in fuga.
Il grosso si asterrà, una piccola parte si orienterà verso il Pd o formazioni di accesa protesta sociale. Quanto all'"appeal" di Casini, tra gli ex elettori leghisti è bassissimo.
Se queste previsioni si verificheranno i partiti maggiori ne trarranno comunque beneficio a causa di un'astensione leghista massiccia. Solo a Verona dove Tosi ha un consenso che le attuali traversie leghiste non scalfirà se non marginalmente, riuscirà forse a mantenere le sue posizioni.
Bossi, dopo l'ictus che lo colpì otto anni fa, è stato un personaggio drammatico e al tempo stesso grottesco. Che un partito ed un elettorato lo abbia considerato, nelle condizioni in cui era ridotto, un punto di riferimento per ciò che diceva e per come lo diceva, è un segnale disperante del livello culturale d'una parte rilevante della società civile. Sul medesimo livello purtroppo si collocano anche tutte le clientele che sorreggono personaggi e situazioni di potere inquinate dalla demagogia e dalla corruzione, a Palermo come a Milano, a Bari, a Napoli, a Roma, a Imperia, a Genova, a Parma, in Calabria, a Cagliari.
La lebbra del clientelismo e l'analfabetismo leghista collocano la società civile del nostro Paese ad un livello ancora più basso del già bassissimo livello della classe politica. E l'antipolitica ne è il segnale.
Esiste una parte del Paese che, disgustata da quanto ha visto e vede attorno a sé, è da tempo mobilitata per un rinnovamento profondo, per riforme strutturali e per un mutamento radicale di abitudini e di modi di pensare. L'emergenza della crisi economica si è sovrapposta a questa situazione, ma in un certo senso ha risvegliato le persone perbene che sono ancora numerose in tutti i ceti e su tutto il territorio. Questo risveglio le preserva dal rifugiarsi nell'indifferenza. Il destino della nazione è affidato a loro, alle loro capacità di curare un Paese gravemente ammalato, invecchiato, inutilmente ribellista, anarcoide e corrotto.
* * *
Il governo Monti è stato un buon segnale di questa capacità terapeutica che va oltre l'emergenza economica, ma soffre anch'esso di alcune contraddizioni interne e di un quadro europeo a dir poco sconfortante dal quale la sua azione riformatrice è strettamente condizionata.
La composizione del governo è stata improvvisata in poche ore. Mediamente le scelte sono state di buon livello, ma alcune presenze non si sono dimostrate all'altezza delle responsabilità che incombevano. Non si tratta per fortuna di falle devastanti, ma di scarsa capacità di lettura politica, specialmente a livello dei sottosegretari. Le condizioni di emergenza e la brevità del tempo a disposizione rendono tuttavia impossibile rafforzare il Ministero che ha un tempo d'azione estremamente breve: dalla fine dell'anno avrà inizio la campagna elettorale e l'azione innovativa del governo sarà interrotta. Governerà per amministrare le novità già avviate.
Il tempo utile si restringe dunque a sette-otto mesi, con dentro le elezioni amministrative del prossimo 6 maggio il cui esito potrebbe anche modificare le prospettive attuali. La tenuta del Pdl è una di quelle, la crisi della Lega un'altra.
Chi pensa che il governo Monti sia al riparo dagli effetti delle amministrative di maggio è in errore. Il governo dipende dal Parlamento e dunque dai partiti che vi sono rappresentati. Dipende perfino dal voto degli Scilipoti. Lo so che non piace a nessuno ricordare questa situazione e scrivo quel nome solo per render ben chiaro che il Parlamento e le forze politiche che vi sono rappresentate sono quelle che sono, nel bene e nel male, nella loro presenza o nella loro irrilevanza nel Paese, ma i loro comportamenti parlamentari saranno condizionati dalle prospettive elettorali.
Del resto lo si vede già in questi giorni: è bastato un articolo del Wall Street Journal e un giudizio avventato della Marcegaglia a mettere in allarme il Pdl rispetto alla modifica dell'articolo 18 introdotta da Monti subito dopo il suo rientro dalla Cina; una modifica - va detto - che tiene conto d'una logica costituzionale sottovalutata nel progetto originario e niente affatto sconvolgente dell'impianto complessivo della riforma del lavoro. Se quella modifica non fosse stata introdotta avremmo avuto uno sconvolgimento della pace sociale con effetti devastanti sui mercati e per il governo.
Mi stupisce molto il giudizio dell'onorevole Ichino che sul Corriere della sera ha definito pessima quella modifica dell'articolo 18 perché, impedendo alle imprese di licenziare, le scoraggia anche ad assumere, e si sono anche messi in due a firmare questa sentenza.
Ragionamenti di questo genere hanno una validità risibile perché non possono essere in alcun modo dimostrati. Autorizzano anzi il ragionamento opposto: la modifica in questione impedisce i licenziamenti in una fase recessiva in cui il mercato del lavoro tende a far diminuire la forza lavoro impiegata e quindi la modifica ha il buon effetto di impedire questo assottigliamento evitando conseguenze ulteriormente recessive.
I due punti di vista simmetricamente opposti sono entrambi chiacchiere, che dimenticano tra l'altro che la riforma Fornero estende l'articolo 18 nella sua nuova formulazione a tutte le imprese mentre attualmente quelle con meno di 15 dipendenti ne erano escluse.
La verità è che la riforma attuale è positiva, combatte il precariato, estende il numero delle tutele dai 4 ai12 milioni di lavoratori, accresce la buona flessibilità e, per quanto riguarda l'articolo 18, si limita (ma era fondamentale farlo) ad assicurare l'eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge e la libertà del giudice di emettere la sentenza sulla base del suo libero convincimento.
Questi sono diritti non negoziabili da una Marcegaglia in libera uscita. Quanto all'opinione dei giornali che riflettono anche nella testata quella dei banchieri d'affari di Wall Street, essi partono dall'idea che Monti fosse un clone della Thatcher e poiché si accorgono ora che non lo è, scoprono d'improvviso che Monti è un comunista.
Che valore possono avere opinioni di questa natura? Zero, anche se dimostrano che i banchieri d'affari americani alimentano la speculazione contro l'euro. Questo sì, è un pericolo che bisogna conoscere per poterlo evitare.
* * *
Non credo affatto che Monti voglia continuare a governare dopo le elezioni del 2013, ma non credo neppure che il suo lavoro contro l'emergenza a quella data sarà compiuto. E mi stupisco anche che ci siano persone che non si rendono conto della fine di un'epoca che stiamo vivendo.
La globalizzazione non è un incidente di percorso. I suoi aspetti negativi (e ce ne sono) possono essere evitati o almeno contenuti solo avendone capito bene la natura. La sua intima essenza è quella dei vasi comunicanti. Questa legge fisica ed anche economica operava anche all'epoca del "gold standard" ma con modalità e tecnologie completamente diversi.
Adesso è una realtà e significa: libertà di movimento di merci, capitali, persone e tendenza a pareggiare i dislivelli. Sicché i redditi dei Paesi di antica opulenza dovranno cedere una parte del loro benessere ai paesi di antica povertà. Con tutte le implicazioni sociali (e fiscali) che ciò comporta poiché il sistema dei vasi comunicanti vale - deve valere - anche all'interno dei Paesi di antica opulenza dove il principio delle pari opportunità per i ricchi e per i poveri deve essere realizzato con la massima energia e tempestività.
Ci vorranno due o tre generazioni per risolvere questi problemi, ma i primi passi debbono essere compiuti da subito e debbono coinvolgere tutte le parti sociali. Lo sappia il ministro Fornero ma lo sappia anche Susanna Camusso; Bersani lo sa e Casini pure, ma lo sappia anche Alfano e i suoi amici non tanto amici.
Bossi queste cose non le ha mai sapute, anzi ha fatto di tutto per impedirle e in parte c'è anche riuscito preparando all'Italia un destino di provincia. Ora sappiamo che preparava anche un destino di bordello, così il verso dantesco risulterà completo. Berlusconi, ovviamente, solidarizza con lui, ma forse per limitare le perdite proprie.
(08 aprile 2012)
http://www.repubblica.it/politica/2012/ ... /?ref=fbpr
Il ritratto di un paese tra Padania e Wall Street
di EUGENIO SCALFARI
DI UMBERTO BOSSI parlerò poco, dopo quanto abbiamo saputo di lui e della Lega. Le testimonianze che coinvolgono non soltanto i suoi familiari e la Rosy Mauro (che è addirittura vicepresidente del Senato) sono certamente testimonianze di parte, di chi ce l'ha con lui perché non ha difeso l'indifendibile Belsito, ma sono tuttavia confermate, quelle testimonianze, da documenti inoppugnabili, intercettazioni chiarissime, lettere, ricevute, assegni e bonifici bancari con intestazioni che parlano da sole.
Aspettiamo i seguiti dell'istruttoria e l'eventuale rinvio a giudizio, ma il giudizio politico va dato subito e l'ha già scritto venerdì scorso Ezio Mauro 1. La linea del nostro giornale è chiarissima: Bossi è stato al centro del malaffare che ha inquinato la famiglia e gran parte del gruppo dirigente leghista, specie quello di provenienza lombarda.
Quel gruppo dirigente è interamente presente nel triumvirato che reggerà la Lega fino al Congresso. L'immagine che hanno del vecchio capo e fondatore è quella d'un uomo assolutamente integro e raggirato eventualmente dai familiari. Quanto a lui, il "Senatur" si dice convinto d'esser vittima d'un complotto. I militanti leghisti dal canto loro si identificano con il vecchio capo carismatico, qualunque verità emerga dal processo.
Infine gli elettori, che sono molto più numerosi dei militanti, con un rapporto che sta tra i cinque e i dieci elettori per ogni militante a seconda delle province e dei comuni esaminati. Ebbene gli elettori sono in fuga.
Il grosso si asterrà, una piccola parte si orienterà verso il Pd o formazioni di accesa protesta sociale. Quanto all'"appeal" di Casini, tra gli ex elettori leghisti è bassissimo.
Se queste previsioni si verificheranno i partiti maggiori ne trarranno comunque beneficio a causa di un'astensione leghista massiccia. Solo a Verona dove Tosi ha un consenso che le attuali traversie leghiste non scalfirà se non marginalmente, riuscirà forse a mantenere le sue posizioni.
Bossi, dopo l'ictus che lo colpì otto anni fa, è stato un personaggio drammatico e al tempo stesso grottesco. Che un partito ed un elettorato lo abbia considerato, nelle condizioni in cui era ridotto, un punto di riferimento per ciò che diceva e per come lo diceva, è un segnale disperante del livello culturale d'una parte rilevante della società civile. Sul medesimo livello purtroppo si collocano anche tutte le clientele che sorreggono personaggi e situazioni di potere inquinate dalla demagogia e dalla corruzione, a Palermo come a Milano, a Bari, a Napoli, a Roma, a Imperia, a Genova, a Parma, in Calabria, a Cagliari.
La lebbra del clientelismo e l'analfabetismo leghista collocano la società civile del nostro Paese ad un livello ancora più basso del già bassissimo livello della classe politica. E l'antipolitica ne è il segnale.
Esiste una parte del Paese che, disgustata da quanto ha visto e vede attorno a sé, è da tempo mobilitata per un rinnovamento profondo, per riforme strutturali e per un mutamento radicale di abitudini e di modi di pensare. L'emergenza della crisi economica si è sovrapposta a questa situazione, ma in un certo senso ha risvegliato le persone perbene che sono ancora numerose in tutti i ceti e su tutto il territorio. Questo risveglio le preserva dal rifugiarsi nell'indifferenza. Il destino della nazione è affidato a loro, alle loro capacità di curare un Paese gravemente ammalato, invecchiato, inutilmente ribellista, anarcoide e corrotto.
* * *
Il governo Monti è stato un buon segnale di questa capacità terapeutica che va oltre l'emergenza economica, ma soffre anch'esso di alcune contraddizioni interne e di un quadro europeo a dir poco sconfortante dal quale la sua azione riformatrice è strettamente condizionata.
La composizione del governo è stata improvvisata in poche ore. Mediamente le scelte sono state di buon livello, ma alcune presenze non si sono dimostrate all'altezza delle responsabilità che incombevano. Non si tratta per fortuna di falle devastanti, ma di scarsa capacità di lettura politica, specialmente a livello dei sottosegretari. Le condizioni di emergenza e la brevità del tempo a disposizione rendono tuttavia impossibile rafforzare il Ministero che ha un tempo d'azione estremamente breve: dalla fine dell'anno avrà inizio la campagna elettorale e l'azione innovativa del governo sarà interrotta. Governerà per amministrare le novità già avviate.
Il tempo utile si restringe dunque a sette-otto mesi, con dentro le elezioni amministrative del prossimo 6 maggio il cui esito potrebbe anche modificare le prospettive attuali. La tenuta del Pdl è una di quelle, la crisi della Lega un'altra.
Chi pensa che il governo Monti sia al riparo dagli effetti delle amministrative di maggio è in errore. Il governo dipende dal Parlamento e dunque dai partiti che vi sono rappresentati. Dipende perfino dal voto degli Scilipoti. Lo so che non piace a nessuno ricordare questa situazione e scrivo quel nome solo per render ben chiaro che il Parlamento e le forze politiche che vi sono rappresentate sono quelle che sono, nel bene e nel male, nella loro presenza o nella loro irrilevanza nel Paese, ma i loro comportamenti parlamentari saranno condizionati dalle prospettive elettorali.
Del resto lo si vede già in questi giorni: è bastato un articolo del Wall Street Journal e un giudizio avventato della Marcegaglia a mettere in allarme il Pdl rispetto alla modifica dell'articolo 18 introdotta da Monti subito dopo il suo rientro dalla Cina; una modifica - va detto - che tiene conto d'una logica costituzionale sottovalutata nel progetto originario e niente affatto sconvolgente dell'impianto complessivo della riforma del lavoro. Se quella modifica non fosse stata introdotta avremmo avuto uno sconvolgimento della pace sociale con effetti devastanti sui mercati e per il governo.
Mi stupisce molto il giudizio dell'onorevole Ichino che sul Corriere della sera ha definito pessima quella modifica dell'articolo 18 perché, impedendo alle imprese di licenziare, le scoraggia anche ad assumere, e si sono anche messi in due a firmare questa sentenza.
Ragionamenti di questo genere hanno una validità risibile perché non possono essere in alcun modo dimostrati. Autorizzano anzi il ragionamento opposto: la modifica in questione impedisce i licenziamenti in una fase recessiva in cui il mercato del lavoro tende a far diminuire la forza lavoro impiegata e quindi la modifica ha il buon effetto di impedire questo assottigliamento evitando conseguenze ulteriormente recessive.
I due punti di vista simmetricamente opposti sono entrambi chiacchiere, che dimenticano tra l'altro che la riforma Fornero estende l'articolo 18 nella sua nuova formulazione a tutte le imprese mentre attualmente quelle con meno di 15 dipendenti ne erano escluse.
La verità è che la riforma attuale è positiva, combatte il precariato, estende il numero delle tutele dai 4 ai12 milioni di lavoratori, accresce la buona flessibilità e, per quanto riguarda l'articolo 18, si limita (ma era fondamentale farlo) ad assicurare l'eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge e la libertà del giudice di emettere la sentenza sulla base del suo libero convincimento.
Questi sono diritti non negoziabili da una Marcegaglia in libera uscita. Quanto all'opinione dei giornali che riflettono anche nella testata quella dei banchieri d'affari di Wall Street, essi partono dall'idea che Monti fosse un clone della Thatcher e poiché si accorgono ora che non lo è, scoprono d'improvviso che Monti è un comunista.
Che valore possono avere opinioni di questa natura? Zero, anche se dimostrano che i banchieri d'affari americani alimentano la speculazione contro l'euro. Questo sì, è un pericolo che bisogna conoscere per poterlo evitare.
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Non credo affatto che Monti voglia continuare a governare dopo le elezioni del 2013, ma non credo neppure che il suo lavoro contro l'emergenza a quella data sarà compiuto. E mi stupisco anche che ci siano persone che non si rendono conto della fine di un'epoca che stiamo vivendo.
La globalizzazione non è un incidente di percorso. I suoi aspetti negativi (e ce ne sono) possono essere evitati o almeno contenuti solo avendone capito bene la natura. La sua intima essenza è quella dei vasi comunicanti. Questa legge fisica ed anche economica operava anche all'epoca del "gold standard" ma con modalità e tecnologie completamente diversi.
Adesso è una realtà e significa: libertà di movimento di merci, capitali, persone e tendenza a pareggiare i dislivelli. Sicché i redditi dei Paesi di antica opulenza dovranno cedere una parte del loro benessere ai paesi di antica povertà. Con tutte le implicazioni sociali (e fiscali) che ciò comporta poiché il sistema dei vasi comunicanti vale - deve valere - anche all'interno dei Paesi di antica opulenza dove il principio delle pari opportunità per i ricchi e per i poveri deve essere realizzato con la massima energia e tempestività.
Ci vorranno due o tre generazioni per risolvere questi problemi, ma i primi passi debbono essere compiuti da subito e debbono coinvolgere tutte le parti sociali. Lo sappia il ministro Fornero ma lo sappia anche Susanna Camusso; Bersani lo sa e Casini pure, ma lo sappia anche Alfano e i suoi amici non tanto amici.
Bossi queste cose non le ha mai sapute, anzi ha fatto di tutto per impedirle e in parte c'è anche riuscito preparando all'Italia un destino di provincia. Ora sappiamo che preparava anche un destino di bordello, così il verso dantesco risulterà completo. Berlusconi, ovviamente, solidarizza con lui, ma forse per limitare le perdite proprie.
(08 aprile 2012)
http://www.repubblica.it/politica/2012/ ... /?ref=fbpr
Re: Top News
COMUNICATO STAMPA DI NICHI VENDOLA - 11 aprile 2012
Questa mattina ho ricevuto dalle mani di alcuni finanzieri l'avviso di conclusione delle indagini su un filone d'inchiesta che riguarda il concorso per primario di chirurgia toracica nell'ospedale San Paolo di Bari che è stato vinto dal professore Paolo Sardelli e mi si addebita di aver favorito la sua nomina. Questa accusa nasce soltanto dalle dichiarazioni di Lea Cosentino che asserisce che all'origine di questa mia interferenza ci sarebbe la mia amicizia con Sardelli elemento già da questi smentito mesi fa dal professor Sardelli che ho conosciuto per essere una vera promessa della scienza medica. Ma io, a questo concorso, come a tutti i concorsi, mi sono interessato nella misura di chiedere che fossero concorsi veri, che avessero una platea credibile di partecipanti e che potesse vincere il migliore.
Sono sereno, come sempre, perché ogni mia azione è stata sempre improntata a garantire la trasparenza.
http://www.facebook.com/pages/Nichi-Vendola/38771508894
Questa mattina ho ricevuto dalle mani di alcuni finanzieri l'avviso di conclusione delle indagini su un filone d'inchiesta che riguarda il concorso per primario di chirurgia toracica nell'ospedale San Paolo di Bari che è stato vinto dal professore Paolo Sardelli e mi si addebita di aver favorito la sua nomina. Questa accusa nasce soltanto dalle dichiarazioni di Lea Cosentino che asserisce che all'origine di questa mia interferenza ci sarebbe la mia amicizia con Sardelli elemento già da questi smentito mesi fa dal professor Sardelli che ho conosciuto per essere una vera promessa della scienza medica. Ma io, a questo concorso, come a tutti i concorsi, mi sono interessato nella misura di chiedere che fossero concorsi veri, che avessero una platea credibile di partecipanti e che potesse vincere il migliore.
Sono sereno, come sempre, perché ogni mia azione è stata sempre improntata a garantire la trasparenza.
http://www.facebook.com/pages/Nichi-Vendola/38771508894
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Vendola indagato e siamo a....
Non ne rimango stupito...
Mamma mia, che razza di Paese....
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Re: Top News
Marijuana anti-crisi, in Spagna misure alternative per risanare i conti pubblici.
I cittadini di Rasquera votano sì al referendum sulla coltivazione di cannabis per risanare i bilanci del comune.
http://www.corriere.it/esteri/12_aprile ... 0046.shtml
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non la fumano...la coltivano...olè !!!
I cittadini di Rasquera votano sì al referendum sulla coltivazione di cannabis per risanare i bilanci del comune.
http://www.corriere.it/esteri/12_aprile ... 0046.shtml
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Re: Top News
«Dovevano morire in 7-8mila»
La confessione choc di Videla
L'ex dittatore argentino confessa le sue colpe, riferendosi ai 'desaparecidos' dell'ultimo regime del paese, tra il 1976 e il 1983.
«Per vincere la guerra contro la sovversione dovevano morire sette-otto mila persone»:
lo ha detto in un'intervista l'ex dittatore argentino, Jorge Rafael Videla, riferendosi ai 'desaparecidos' dell'ultimo regime del paese, tra il 1976 e il 1983.
I militari hanno d'altra parte fatto scomparire i cadaveri degli oppositori uccisi per evitare «proteste», ha aggiunto l'ex generale Videla in un'intervista che sarà pubblicata in un libro del giornalista Ceferino Reato.
«Non c'era altra soluzione, eravamo d'accordo sul fatto che quello era il prezzo da pagare per vincere la guerra contro la sovversione.
Avevamo bisogno che non fosse evidente perchè non volevamo che la società lo sapessè, ha detto Videla nel libro, il cui titolo è 'Disposizione finalè.
Videla ricorda tra l'altro che 'Disposizione finalè è un termine »
molto militare, che significa 'mettere fuori servizio una cosa in quanto non serve piu
«. Quando per esempio si parla di un vestito che non si usa più o che non serve perchè è consumato,
si dice appunto 'Disposizione finale'».
Negli anni della dittatura, 'era necessario eliminare un gruppo grande di persone che non potevano essere portati davanti alla giustizia e neppure essere fucilate«,
ha aggiunto Videla, che è stato alla guida del regime militare tra il 1976 e il 1981.
L'ex generale ricorda inoltre l'importanza della »dottrina francese« utilizzata in Argelia e poi trasmessa ai vertici militari dei paesi latinoamericani.
http://www.unita.it/mondo/dovevano-mori ... a-1.401549
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«i voli della morte erano delle belle giornate..»
Silvio Berlusconi al link:
http://www.youtube.com/watch?v=M5S-SDa9KeU
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La confessione choc di Videla
L'ex dittatore argentino confessa le sue colpe, riferendosi ai 'desaparecidos' dell'ultimo regime del paese, tra il 1976 e il 1983.
«Per vincere la guerra contro la sovversione dovevano morire sette-otto mila persone»:
lo ha detto in un'intervista l'ex dittatore argentino, Jorge Rafael Videla, riferendosi ai 'desaparecidos' dell'ultimo regime del paese, tra il 1976 e il 1983.
I militari hanno d'altra parte fatto scomparire i cadaveri degli oppositori uccisi per evitare «proteste», ha aggiunto l'ex generale Videla in un'intervista che sarà pubblicata in un libro del giornalista Ceferino Reato.
«Non c'era altra soluzione, eravamo d'accordo sul fatto che quello era il prezzo da pagare per vincere la guerra contro la sovversione.
Avevamo bisogno che non fosse evidente perchè non volevamo che la società lo sapessè, ha detto Videla nel libro, il cui titolo è 'Disposizione finalè.
Videla ricorda tra l'altro che 'Disposizione finalè è un termine »
molto militare, che significa 'mettere fuori servizio una cosa in quanto non serve piu
«. Quando per esempio si parla di un vestito che non si usa più o che non serve perchè è consumato,
si dice appunto 'Disposizione finale'».
Negli anni della dittatura, 'era necessario eliminare un gruppo grande di persone che non potevano essere portati davanti alla giustizia e neppure essere fucilate«,
ha aggiunto Videla, che è stato alla guida del regime militare tra il 1976 e il 1981.
L'ex generale ricorda inoltre l'importanza della »dottrina francese« utilizzata in Argelia e poi trasmessa ai vertici militari dei paesi latinoamericani.
http://www.unita.it/mondo/dovevano-mori ... a-1.401549
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«i voli della morte erano delle belle giornate..»
Silvio Berlusconi al link:
http://www.youtube.com/watch?v=M5S-SDa9KeU
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Re: Top News
un altro pezzo di made in Italy vola all'estero.
La Ducati all'Audi, affare fatto
Bonomi vende ai tedeschi per 860 milioni
Affare fatto per la Ducati all'Audi, l'operazione è al vaglio del consiglio di vigilanza di Volkswagen che controlla la casa di Ingolstadt e mercoledì sera dovrebbe arrivare l'annuncio dell'acquisizione per 860 milioni di euro. La trattativa con la Investindustrial di Andrea Bonomi si è quindi chiusa accantonando l'interesse manifestato in queste settimane anche dall'altro gruppo tedesco Mercedes e dall'indiana Mahindra. L'operazione risanerà anche l'indebitamento, circa 200 milioni, della Ducati.
Da diverse ore le agenzie di stampa tedesche stanno rilanciando la notizia dell'imminente accordo. La Volkswagen ha fatto sapere di non voler commentare speculazioni di una sua consociata. In futuro sarà da capire se questo cambiamento modificherà anche la strategia legata alle corse, dove la squadra di Valentino Rossi sta attraversando un periodo di difficoltà nei risultati.
La Ducati all'Audi, affare fatto
Bonomi vende ai tedeschi per 860 milioni
Affare fatto per la Ducati all'Audi, l'operazione è al vaglio del consiglio di vigilanza di Volkswagen che controlla la casa di Ingolstadt e mercoledì sera dovrebbe arrivare l'annuncio dell'acquisizione per 860 milioni di euro. La trattativa con la Investindustrial di Andrea Bonomi si è quindi chiusa accantonando l'interesse manifestato in queste settimane anche dall'altro gruppo tedesco Mercedes e dall'indiana Mahindra. L'operazione risanerà anche l'indebitamento, circa 200 milioni, della Ducati.
Da diverse ore le agenzie di stampa tedesche stanno rilanciando la notizia dell'imminente accordo. La Volkswagen ha fatto sapere di non voler commentare speculazioni di una sua consociata. In futuro sarà da capire se questo cambiamento modificherà anche la strategia legata alle corse, dove la squadra di Valentino Rossi sta attraversando un periodo di difficoltà nei risultati.
Chi c’è in linea
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