IL COMMENTO
Il ritratto di un paese tra Padania e Wall Street
di EUGENIO SCALFARI
DI UMBERTO BOSSI parlerò poco, dopo quanto abbiamo saputo di lui e della Lega. Le testimonianze che coinvolgono non soltanto i suoi familiari e la Rosy Mauro (che è addirittura vicepresidente del Senato) sono certamente testimonianze di parte, di chi ce l'ha con lui perché non ha difeso l'indifendibile Belsito, ma sono tuttavia confermate, quelle testimonianze, da documenti inoppugnabili, intercettazioni chiarissime, lettere, ricevute, assegni e bonifici bancari con intestazioni che parlano da sole.
Aspettiamo i seguiti dell'istruttoria e l'eventuale rinvio a giudizio, ma il giudizio politico va dato subito e l'ha già scritto venerdì scorso Ezio Mauro 1. La linea del nostro giornale è chiarissima: Bossi è stato al centro del malaffare che ha inquinato la famiglia e gran parte del gruppo dirigente leghista, specie quello di provenienza lombarda.
Quel gruppo dirigente è interamente presente nel triumvirato che reggerà la Lega fino al Congresso. L'immagine che hanno del vecchio capo e fondatore è quella d'un uomo assolutamente integro e raggirato eventualmente dai familiari. Quanto a lui, il "Senatur" si dice convinto d'esser vittima d'un complotto. I militanti leghisti dal canto loro si identificano con il vecchio capo carismatico, qualunque verità emerga dal processo.
Infine gli elettori, che sono molto più numerosi dei militanti, con un rapporto che sta tra i cinque e i dieci elettori per ogni militante a seconda delle province e dei comuni esaminati. Ebbene gli elettori sono in fuga.
Il grosso si asterrà, una piccola parte si orienterà verso il Pd o formazioni di accesa protesta sociale. Quanto all'"appeal" di Casini, tra gli ex elettori leghisti è bassissimo.
Se queste previsioni si verificheranno i partiti maggiori ne trarranno comunque beneficio a causa di un'astensione leghista massiccia. Solo a Verona dove Tosi ha un consenso che le attuali traversie leghiste non scalfirà se non marginalmente, riuscirà forse a mantenere le sue posizioni.
Bossi, dopo l'ictus che lo colpì otto anni fa, è stato un personaggio drammatico e al tempo stesso grottesco. Che un partito ed un elettorato lo abbia considerato, nelle condizioni in cui era ridotto, un punto di riferimento per ciò che diceva e per come lo diceva, è un segnale disperante del livello culturale d'una parte rilevante della società civile. Sul medesimo livello purtroppo si collocano anche tutte le clientele che sorreggono personaggi e situazioni di potere inquinate dalla demagogia e dalla corruzione, a Palermo come a Milano, a Bari, a Napoli, a Roma, a Imperia, a Genova, a Parma, in Calabria, a Cagliari.
La lebbra del clientelismo e l'analfabetismo leghista collocano la società civile del nostro Paese ad un livello ancora più basso del già bassissimo livello della classe politica. E l'antipolitica ne è il segnale.
Esiste una parte del Paese che, disgustata da quanto ha visto e vede attorno a sé, è da tempo mobilitata per un rinnovamento profondo, per riforme strutturali e per un mutamento radicale di abitudini e di modi di pensare. L'emergenza della crisi economica si è sovrapposta a questa situazione, ma in un certo senso ha risvegliato le persone perbene che sono ancora numerose in tutti i ceti e su tutto il territorio. Questo risveglio le preserva dal rifugiarsi nell'indifferenza. Il destino della nazione è affidato a loro, alle loro capacità di curare un Paese gravemente ammalato, invecchiato, inutilmente ribellista, anarcoide e corrotto.
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Il governo Monti è stato un buon segnale di questa capacità terapeutica che va oltre l'emergenza economica, ma soffre anch'esso di alcune contraddizioni interne e di un quadro europeo a dir poco sconfortante dal quale la sua azione riformatrice è strettamente condizionata.
La composizione del governo è stata improvvisata in poche ore. Mediamente le scelte sono state di buon livello, ma alcune presenze non si sono dimostrate all'altezza delle responsabilità che incombevano. Non si tratta per fortuna di falle devastanti, ma di scarsa capacità di lettura politica, specialmente a livello dei sottosegretari. Le condizioni di emergenza e la brevità del tempo a disposizione rendono tuttavia impossibile rafforzare il Ministero che ha un tempo d'azione estremamente breve: dalla fine dell'anno avrà inizio la campagna elettorale e l'azione innovativa del governo sarà interrotta. Governerà per amministrare le novità già avviate.
Il tempo utile si restringe dunque a sette-otto mesi, con dentro le elezioni amministrative del prossimo 6 maggio il cui esito potrebbe anche modificare le prospettive attuali. La tenuta del Pdl è una di quelle, la crisi della Lega un'altra.
Chi pensa che il governo Monti sia al riparo dagli effetti delle amministrative di maggio è in errore. Il governo dipende dal Parlamento e dunque dai partiti che vi sono rappresentati. Dipende perfino dal voto degli Scilipoti. Lo so che non piace a nessuno ricordare questa situazione e scrivo quel nome solo per render ben chiaro che il Parlamento e le forze politiche che vi sono rappresentate sono quelle che sono, nel bene e nel male, nella loro presenza o nella loro irrilevanza nel Paese, ma i loro comportamenti parlamentari saranno condizionati dalle prospettive elettorali.
Del resto lo si vede già in questi giorni: è bastato un articolo del Wall Street Journal e un giudizio avventato della Marcegaglia a mettere in allarme il Pdl rispetto alla modifica dell'articolo 18 introdotta da Monti subito dopo il suo rientro dalla Cina; una modifica - va detto - che tiene conto d'una logica costituzionale sottovalutata nel progetto originario e niente affatto sconvolgente dell'impianto complessivo della riforma del lavoro. Se quella modifica non fosse stata introdotta avremmo avuto uno sconvolgimento della pace sociale con effetti devastanti sui mercati e per il governo.
Mi stupisce molto il giudizio dell'onorevole Ichino che sul Corriere della sera ha definito pessima quella modifica dell'articolo 18 perché, impedendo alle imprese di licenziare, le scoraggia anche ad assumere, e si sono anche messi in due a firmare questa sentenza.
Ragionamenti di questo genere hanno una validità risibile perché non possono essere in alcun modo dimostrati. Autorizzano anzi il ragionamento opposto: la modifica in questione impedisce i licenziamenti in una fase recessiva in cui il mercato del lavoro tende a far diminuire la forza lavoro impiegata e quindi la modifica ha il buon effetto di impedire questo assottigliamento evitando conseguenze ulteriormente recessive.
I due punti di vista simmetricamente opposti sono entrambi chiacchiere, che dimenticano tra l'altro che la riforma Fornero estende l'articolo 18 nella sua nuova formulazione a tutte le imprese mentre attualmente quelle con meno di 15 dipendenti ne erano escluse.
La verità è che la riforma attuale è positiva, combatte il precariato, estende il numero delle tutele dai 4 ai12 milioni di lavoratori, accresce la buona flessibilità e, per quanto riguarda l'articolo 18, si limita (ma era fondamentale farlo) ad assicurare l'eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge e la libertà del giudice di emettere la sentenza sulla base del suo libero convincimento.
Questi sono diritti non negoziabili da una Marcegaglia in libera uscita. Quanto all'opinione dei giornali che riflettono anche nella testata quella dei banchieri d'affari di Wall Street, essi partono dall'idea che Monti fosse un clone della Thatcher e poiché si accorgono ora che non lo è, scoprono d'improvviso che Monti è un comunista.
Che valore possono avere opinioni di questa natura? Zero, anche se dimostrano che i banchieri d'affari americani alimentano la speculazione contro l'euro. Questo sì, è un pericolo che bisogna conoscere per poterlo evitare.
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Non credo affatto che Monti voglia continuare a governare dopo le elezioni del 2013, ma non credo neppure che il suo lavoro contro l'emergenza a quella data sarà compiuto. E mi stupisco anche che ci siano persone che non si rendono conto della fine di un'epoca che stiamo vivendo.
La globalizzazione non è un incidente di percorso. I suoi aspetti negativi (e ce ne sono) possono essere evitati o almeno contenuti solo avendone capito bene la natura. La sua intima essenza è quella dei vasi comunicanti. Questa legge fisica ed anche economica operava anche all'epoca del "gold standard" ma con modalità e tecnologie completamente diversi.
Adesso è una realtà e significa: libertà di movimento di merci, capitali, persone e tendenza a pareggiare i dislivelli. Sicché i redditi dei Paesi di antica opulenza dovranno cedere una parte del loro benessere ai paesi di antica povertà. Con tutte le implicazioni sociali (e fiscali) che ciò comporta poiché il sistema dei vasi comunicanti vale - deve valere - anche all'interno dei Paesi di antica opulenza dove il principio delle pari opportunità per i ricchi e per i poveri deve essere realizzato con la massima energia e tempestività.
Ci vorranno due o tre generazioni per risolvere questi problemi, ma i primi passi debbono essere compiuti da subito e debbono coinvolgere tutte le parti sociali. Lo sappia il ministro Fornero ma lo sappia anche Susanna Camusso; Bersani lo sa e Casini pure, ma lo sappia anche Alfano e i suoi amici non tanto amici.
Bossi queste cose non le ha mai sapute, anzi ha fatto di tutto per impedirle e in parte c'è anche riuscito preparando all'Italia un destino di provincia. Ora sappiamo che preparava anche un destino di bordello, così il verso dantesco risulterà completo. Berlusconi, ovviamente, solidarizza con lui, ma forse per limitare le perdite proprie.
(08 aprile 2012)
http://www.repubblica.it/politica/2012/ ... /?ref=fbpr