Come se ne viene fuori ?
Re: Come se ne viene fuori ?
A me sembra un sistema in disfacimento.
Montezemolo, Santanchè, Saviano & C. Liste “civiche” stampella dei partiti in crisi
I sondaggi danno le formazioni tradizionali in picchiata, così nel mondo della politica si muovono personalità esterne al tradizionale sistema partitico. Anche per contrastare il boom dei 5 Stelle. Così, oltre al tormentone Montezemolo, si moltiplicano le voci di un impegno del giornalista campano in supporto al Pd, a quello di una formazione capitanata dal ministro Passera. C'è poi l'operazione restyling Pdl, che i rumor vorrebero affidata a un gruppo di donne-simbolo dell'ultimo decennio di Berlusconi
di Fabrizio d'Esposito | 1 giugno 2012
La Terza Repubblica sarà l’Apocalisse dei partiti? L’ultimo, devastante sondaggio dell’Ipsos a Ballarò ha fornito dati eloquenti. Il 55 per cento del campione considera esaurita la spinta propulsiva dei “partiti tradizionali”, anche se dovessero presentare le fatidiche “facce nuove”. Per quanto riguarda poi il prossimo inquilino di Palazzo Chigi, il 31 per cento vorrebbe “un nuovo rappresentante della società civile”. Monti e il resto si trovano ben sotto: appena il 14 per cento per l’attuale premier, mentre i segretari dei due partiti maggiori, Pd e Pdl, assommano addirittura il 18 per cento: 10 per Bersani e 8 per Alfano. Un disastro accentuato dalla crescita continua del Movimento 5 Stelle: 19,8 per cento a fronte del 25,6 del Pd e del 16,8 del Pdl. Per tentare di arginare il boom del grillismo (che ha di fatto già ribaltato il tavolo dell’inciucio o della Grande Coalizione), anche nei partiti è cominciata la rincorsa alle liste civiche, antica idea di Paolo Flores d’Arcais, direttore di Micromega. La scorsa settimana, il dibattito ha quasi distrutto quel che resta del Pdl: la nomenklatura ex forzista ed ex An contro lo spacchettamento a favore di una rete di liste capeggiata da Daniela Santanchè. E lo stesso Berlusconi ha ammesso pubblicamente l’ipotesi di un centrodestra civico. Adesso è il turno del Pd sotto schiaffo del giornale-partito di Repubblica. L’idea di una lista Saviano voluta da De Benedetti, Scalfari e Mauro sta causando una rivolta tra i democrat. Lo stesso Saviano ha smentito una sua candidatura ma non il progetto. Il centro, poi. Tra il tecnico Passera e l’eterno indeciso Montezemolo (che ha smentito come Saviano: no alla candidatura ma sì alle liste) passa il futuro dei moderati, che disperatamente Berlusconi vorrebbe riunire in una confederazione. Tutto però dipenderà dal nuovo sistema elettorale, se cambierà. E non è escluso che anche il Porcellum veda in campo coalizioni fatte soprattutto di liste civiche.
TECNICI – Passera e i (vari) passerotti
In origine sono stati Mario Monti e Corrado Passera soprattutto. Quando, all’inizio dell’anno, l’esecutivo tecnico era ancora in luna di miele con il Paese, la corte al premier e al suo superministro dello Sviluppo economico è stata serratissima. Attorno a loro sono stati disegnati scenari di una Grande Coalizione permanente e in parte civica che oggi stanno svanendo. A sopravvivere però sono le ambizioni del banchiere Passera, cui la politica e il governo degli affari correnti piacciono sempre di più. Passera e il suo collega Andrea Riccardi, titolare della Cooperazione internazionale, potrebbero essere tasselli importanti di una lista da integrare con il Partito della Nazione alias Udc di Pier Ferdinando Casini. Le prove generali di questa civica moderata potrebbero avvenire prima delle politiche del 2013: un voto anticipato in Sicilia favorirebbe l’aggregazione di un polo attorno a Pietro Grasso, procuratore nazionale dell’Antimafia.
ANTIPOLITICA A DESTRA – Il casting della Santanchè
La sincera ammirazione per il metodo grillino, combinata con una forte insofferenza per le facce vecchie del Pdl, ha spinto Silvio Berlusconi, nelle sue cene del lunedì ad Arcore, a cavalcare da destra il nuovo vento civico. L’ipotesi è spacchettare o svuotare il Pdl con una rete di liste movimentiste a tema, con a capo, per esempio, Daniela Santanchè e Michela Vittoria Brambilla. Dalla cerchia berlusconiana viene anche confermata una selezione in corso per trovare “facce nuove” e “facce giovani” da lanciare alle prossime elezioni. È stato scritto che questo casting sarebbe curato da Guido Bertolaso, amico della cricca del G8 e della Protezione civile. A tutto questo, il Pdl di Angelino Alfano sta reagendo debolmente, impantanandosi in un surreale dibattito sul “direttorio” da affiancare al segretario. In pratica ex ministri come Fitto, la Gelmini e la Meloni.
MOVIMENTO 5 STELLE – Il ciclone Grillo in orbita
In un’intervista su Sette, il magazine del Corriere della Sera, Beppe Grillo vede così il futuro della prossima legislatura: “Noi vogliamo che cambi la società intera. Probabilmente saremo l’unica opposizione a un governo con dentro tutti. Banchieri, finanzieri, Confindustria, vecchi partiti, Montezemolo”. Quanti saranno i grillini in Parlamento? Il sondaggio Ipsos dà in pratica il Movimento 5 Stelle già al 20 per cento: secondo partito del Paese quando mancano almeno dieci mesi alle elezioni del 2013. Il vento grillino è diventato impetuoso alle amministrative di maggio con la conquista di quattro sindaci, tra cui quello di Parma (Federico Pizzarotti al 60,22 per cento nel ballottaggio con il candidato di centrosinistra), e due sconfitte sul filo di lana, Budrio e Garbagnate. Il M5S è diventato l’incubo dei partiti tradizionali, a partire dal garante dell’inciucio ABC: Napolitano. Il Quirinale prima ha paragonato Grillo all’Uomo Qualunque di Giannini poi ha negato il boom elettorale del suo movimento.
SAVIANO E REPUBBLICA - In prima fila Zagrebelsky e De Gregorio
Non solo Saviano, che ieri però ha smentito. Ma anche Concita De Gregorio e Gustavo Zagrebelsky. Sono questi i tre nomi che da giorni circolano per il listone di Repubblica che potrebbe allearsi con il Pd alle politiche. La discussione sta squassando il partito di Bersani (nonché di D’Alema e Veltroni) e ancora non è chiaro il punto di arrivo. Secondo una parte del Pd, il listone Savia-no potrebbe ridurre il peso della foto di Vasto con Idv di Antonio Di Pietro e Sel di Nichi Vendola. Per un’altra corrente di pensiero, invece, il Partito dovrebbe inglobare i candidati della società civile, sull’antico modello degli indipendenti di sinistra. Bersani rimanda tutto al cambiamento della legge elettorale, ma anche un bambino sa che il Porcellum dei nominati non nega la possibilità di una coalizione fatta di partiti e liste civiche. Resta il nodo del candidato premier. Bersani non farà passi indietro, ma Renzi è pronto a contrastarlo e lo stesso partito di Repubblica, a partire dall’Ingegnere, giudica il segretario del Pd una figura debole.
ITALIA FUTURA E ALTRA ITALIA - Montezemolo l’eterno tormentone
Al Fatto, Luca di Montezemolo ha smentito l’ipotesi di candidarsi a capo della sua associazione “Italia Futura”. Ormai quello del presidente della Ferrari è un tormentone senza scadenza, che va avanti da anni. In ogni caso le liste civiche di IF dovrebbero essere pronte per il 2013. In questa direzione, il lavoro alla sede di Roma, nel quartiere Prati, è quotidiano. Lì opera il direttore di IF, l’ex dalemiano Andrea Romano. Anche il senatore Nicola Rossi è un ex dalemiano e dà sostanza alla parte economica del programma elettorale di IF insieme con Irene Tinagli. L’associazione di Montezemolo debutterà come lista civica con una convention a metà luglio ed è trasversale. Accanto a ex ds ci sono ex leghisti (Cè) ed ex berlusconiani (Scalpelli). Montezemolo (che ieri ha visto Fini) potrebbe anche essere il capo di un nuovo centrodestra, secondo un’opzione di Berlusconi. E ieri è nato un gruppo parlamentare di berlusconiani-montezemoliani, “Altra Italia” comprendente Stracquadanio, Pecorella e la Bertolini.
INTELLETTUALI ANTI-GRILLINI - Un’altra Alba della sinistra
Si chiama Alba e significa Alleanza Lavoro Benicomuni Ambiente. La prima assemblea nazionale si è tenuta al Palamandela di Firenze alla fine di aprile. Migliaia le firme per un manifesto che chiede un’altra politica “nelle forme e nelle passioni”, dopo l’incapacità dei partiti di autoriformarsi. Il nuovo soggetto politico, che farà liste civiche nel 2013, è stato battezzato dallo storico Paul Ginsborg, già girotondino. Con lui: Stefano Rodotà, Luciano Gallino, Ugo Mattei, Marco Revelli, Paolo Cacciari, Chiara Giunti, Nicoletta Pirotta e Alberto Lucarelli. Alba sta crescendo su tutto il territorio nazionale e vanta almeno 80 gruppi locali. È una civica anti-grillina da sinistra, come ha spiegato Ginsborg: “Vorremmo porci come un’alternativa a Beppe Grillo perché ci sono molte persone che chiedono un rinnovamento ma non si riconoscono nel grillismo. Alba non esclude l’ipotesi di un’alleanza con il Pd, ma è più probabile che alla fine vada da sola alle politiche
LA CREATURA DI EMILIANO - I sindaci e “il trio perfetto”
Sul Mattino di ieri, il sindaco di Napoli Luigi De Magistris si è mantenuto largo sul neo-partito dei sindaci che nello scorso inverno sembrava invece cosa fatta: “Voglio fare la rivoluzione da sindaco”. Detto questo, da “uomo di sinistra” ha precisato che non si possono affidare a Grillo le istanze di cambiamento. Il sogno è quello di mettere insieme i primi cittadini di sinistra, ultimo arrivato Leoluca Orlando, e appellarsi a Bersani, Di Pietro, Vendola e Ferrero. Oltre a De Magistris e Orlando, entrambi dell’Italia dei Valori, la griglia della potenziale creatura include Zedda (Cagliari), Pisapia (Milano) ed Emiliano (Bari). A marzo, proprio De Magistris disse che questa lista valeva almeno il 20 per cento. Poi è arrivato il boom Grillo e nel frattempo Emiliano a Bari è stato alle prese con l’inchiesta delle cozze pelose. Il progetto è, o era, di fare la sinistra del centrosinistra. Come disse lo stesso Emiliano: “Io, Luigi e Nichi siamo il trio perfetto”.
MANIFESTO OPERAIO - La Fiom tentata dal Parlamento
La tentazione c’è: una lista Fiom alle prossime elezioni sui temi del lavoro e dell’articolo 18. Tutto si deciderà il 9 giugno, quando il gruppo dirigente delle tute blu della Cgil, guidato da Maurizio Landini, incontrerà i leader della foto di Vasto, i movimenti, i sindaci progressisti. Il manifesto dell’impegno politico è in queste parole di Giorgio Airaudo, numero due della Fiom, all’ultimo comitato centrale del sindacato dei metalmeccanici: “In questi anni abbiamo fatto una battaglia per difendere i diritti, e per questo sempre inseguiti dall’accusa di fare politica. Da oggi in poi, visto che le nostre battaglie non hanno trovato sponda, dobbiamo puntare a inserire i diritti e il lavoro nell’agenda della politica. Dobbiamo fare politica, quindi, a viso aperto, perché il sindacato e i lavoratori non restino più soli”. Se alla fine la Fiom dovesse battersi alle prossime elezioni con una propria lista sarebbe un’altra rivoluzione, dopo il boom delle liste civiche. Ma Landini punta a un accordo col Pd.
da Il Fatto Quotidiano del 1 giugno 2012
Montezemolo, Santanchè, Saviano & C. Liste “civiche” stampella dei partiti in crisi
I sondaggi danno le formazioni tradizionali in picchiata, così nel mondo della politica si muovono personalità esterne al tradizionale sistema partitico. Anche per contrastare il boom dei 5 Stelle. Così, oltre al tormentone Montezemolo, si moltiplicano le voci di un impegno del giornalista campano in supporto al Pd, a quello di una formazione capitanata dal ministro Passera. C'è poi l'operazione restyling Pdl, che i rumor vorrebero affidata a un gruppo di donne-simbolo dell'ultimo decennio di Berlusconi
di Fabrizio d'Esposito | 1 giugno 2012
La Terza Repubblica sarà l’Apocalisse dei partiti? L’ultimo, devastante sondaggio dell’Ipsos a Ballarò ha fornito dati eloquenti. Il 55 per cento del campione considera esaurita la spinta propulsiva dei “partiti tradizionali”, anche se dovessero presentare le fatidiche “facce nuove”. Per quanto riguarda poi il prossimo inquilino di Palazzo Chigi, il 31 per cento vorrebbe “un nuovo rappresentante della società civile”. Monti e il resto si trovano ben sotto: appena il 14 per cento per l’attuale premier, mentre i segretari dei due partiti maggiori, Pd e Pdl, assommano addirittura il 18 per cento: 10 per Bersani e 8 per Alfano. Un disastro accentuato dalla crescita continua del Movimento 5 Stelle: 19,8 per cento a fronte del 25,6 del Pd e del 16,8 del Pdl. Per tentare di arginare il boom del grillismo (che ha di fatto già ribaltato il tavolo dell’inciucio o della Grande Coalizione), anche nei partiti è cominciata la rincorsa alle liste civiche, antica idea di Paolo Flores d’Arcais, direttore di Micromega. La scorsa settimana, il dibattito ha quasi distrutto quel che resta del Pdl: la nomenklatura ex forzista ed ex An contro lo spacchettamento a favore di una rete di liste capeggiata da Daniela Santanchè. E lo stesso Berlusconi ha ammesso pubblicamente l’ipotesi di un centrodestra civico. Adesso è il turno del Pd sotto schiaffo del giornale-partito di Repubblica. L’idea di una lista Saviano voluta da De Benedetti, Scalfari e Mauro sta causando una rivolta tra i democrat. Lo stesso Saviano ha smentito una sua candidatura ma non il progetto. Il centro, poi. Tra il tecnico Passera e l’eterno indeciso Montezemolo (che ha smentito come Saviano: no alla candidatura ma sì alle liste) passa il futuro dei moderati, che disperatamente Berlusconi vorrebbe riunire in una confederazione. Tutto però dipenderà dal nuovo sistema elettorale, se cambierà. E non è escluso che anche il Porcellum veda in campo coalizioni fatte soprattutto di liste civiche.
TECNICI – Passera e i (vari) passerotti
In origine sono stati Mario Monti e Corrado Passera soprattutto. Quando, all’inizio dell’anno, l’esecutivo tecnico era ancora in luna di miele con il Paese, la corte al premier e al suo superministro dello Sviluppo economico è stata serratissima. Attorno a loro sono stati disegnati scenari di una Grande Coalizione permanente e in parte civica che oggi stanno svanendo. A sopravvivere però sono le ambizioni del banchiere Passera, cui la politica e il governo degli affari correnti piacciono sempre di più. Passera e il suo collega Andrea Riccardi, titolare della Cooperazione internazionale, potrebbero essere tasselli importanti di una lista da integrare con il Partito della Nazione alias Udc di Pier Ferdinando Casini. Le prove generali di questa civica moderata potrebbero avvenire prima delle politiche del 2013: un voto anticipato in Sicilia favorirebbe l’aggregazione di un polo attorno a Pietro Grasso, procuratore nazionale dell’Antimafia.
ANTIPOLITICA A DESTRA – Il casting della Santanchè
La sincera ammirazione per il metodo grillino, combinata con una forte insofferenza per le facce vecchie del Pdl, ha spinto Silvio Berlusconi, nelle sue cene del lunedì ad Arcore, a cavalcare da destra il nuovo vento civico. L’ipotesi è spacchettare o svuotare il Pdl con una rete di liste movimentiste a tema, con a capo, per esempio, Daniela Santanchè e Michela Vittoria Brambilla. Dalla cerchia berlusconiana viene anche confermata una selezione in corso per trovare “facce nuove” e “facce giovani” da lanciare alle prossime elezioni. È stato scritto che questo casting sarebbe curato da Guido Bertolaso, amico della cricca del G8 e della Protezione civile. A tutto questo, il Pdl di Angelino Alfano sta reagendo debolmente, impantanandosi in un surreale dibattito sul “direttorio” da affiancare al segretario. In pratica ex ministri come Fitto, la Gelmini e la Meloni.
MOVIMENTO 5 STELLE – Il ciclone Grillo in orbita
In un’intervista su Sette, il magazine del Corriere della Sera, Beppe Grillo vede così il futuro della prossima legislatura: “Noi vogliamo che cambi la società intera. Probabilmente saremo l’unica opposizione a un governo con dentro tutti. Banchieri, finanzieri, Confindustria, vecchi partiti, Montezemolo”. Quanti saranno i grillini in Parlamento? Il sondaggio Ipsos dà in pratica il Movimento 5 Stelle già al 20 per cento: secondo partito del Paese quando mancano almeno dieci mesi alle elezioni del 2013. Il vento grillino è diventato impetuoso alle amministrative di maggio con la conquista di quattro sindaci, tra cui quello di Parma (Federico Pizzarotti al 60,22 per cento nel ballottaggio con il candidato di centrosinistra), e due sconfitte sul filo di lana, Budrio e Garbagnate. Il M5S è diventato l’incubo dei partiti tradizionali, a partire dal garante dell’inciucio ABC: Napolitano. Il Quirinale prima ha paragonato Grillo all’Uomo Qualunque di Giannini poi ha negato il boom elettorale del suo movimento.
SAVIANO E REPUBBLICA - In prima fila Zagrebelsky e De Gregorio
Non solo Saviano, che ieri però ha smentito. Ma anche Concita De Gregorio e Gustavo Zagrebelsky. Sono questi i tre nomi che da giorni circolano per il listone di Repubblica che potrebbe allearsi con il Pd alle politiche. La discussione sta squassando il partito di Bersani (nonché di D’Alema e Veltroni) e ancora non è chiaro il punto di arrivo. Secondo una parte del Pd, il listone Savia-no potrebbe ridurre il peso della foto di Vasto con Idv di Antonio Di Pietro e Sel di Nichi Vendola. Per un’altra corrente di pensiero, invece, il Partito dovrebbe inglobare i candidati della società civile, sull’antico modello degli indipendenti di sinistra. Bersani rimanda tutto al cambiamento della legge elettorale, ma anche un bambino sa che il Porcellum dei nominati non nega la possibilità di una coalizione fatta di partiti e liste civiche. Resta il nodo del candidato premier. Bersani non farà passi indietro, ma Renzi è pronto a contrastarlo e lo stesso partito di Repubblica, a partire dall’Ingegnere, giudica il segretario del Pd una figura debole.
ITALIA FUTURA E ALTRA ITALIA - Montezemolo l’eterno tormentone
Al Fatto, Luca di Montezemolo ha smentito l’ipotesi di candidarsi a capo della sua associazione “Italia Futura”. Ormai quello del presidente della Ferrari è un tormentone senza scadenza, che va avanti da anni. In ogni caso le liste civiche di IF dovrebbero essere pronte per il 2013. In questa direzione, il lavoro alla sede di Roma, nel quartiere Prati, è quotidiano. Lì opera il direttore di IF, l’ex dalemiano Andrea Romano. Anche il senatore Nicola Rossi è un ex dalemiano e dà sostanza alla parte economica del programma elettorale di IF insieme con Irene Tinagli. L’associazione di Montezemolo debutterà come lista civica con una convention a metà luglio ed è trasversale. Accanto a ex ds ci sono ex leghisti (Cè) ed ex berlusconiani (Scalpelli). Montezemolo (che ieri ha visto Fini) potrebbe anche essere il capo di un nuovo centrodestra, secondo un’opzione di Berlusconi. E ieri è nato un gruppo parlamentare di berlusconiani-montezemoliani, “Altra Italia” comprendente Stracquadanio, Pecorella e la Bertolini.
INTELLETTUALI ANTI-GRILLINI - Un’altra Alba della sinistra
Si chiama Alba e significa Alleanza Lavoro Benicomuni Ambiente. La prima assemblea nazionale si è tenuta al Palamandela di Firenze alla fine di aprile. Migliaia le firme per un manifesto che chiede un’altra politica “nelle forme e nelle passioni”, dopo l’incapacità dei partiti di autoriformarsi. Il nuovo soggetto politico, che farà liste civiche nel 2013, è stato battezzato dallo storico Paul Ginsborg, già girotondino. Con lui: Stefano Rodotà, Luciano Gallino, Ugo Mattei, Marco Revelli, Paolo Cacciari, Chiara Giunti, Nicoletta Pirotta e Alberto Lucarelli. Alba sta crescendo su tutto il territorio nazionale e vanta almeno 80 gruppi locali. È una civica anti-grillina da sinistra, come ha spiegato Ginsborg: “Vorremmo porci come un’alternativa a Beppe Grillo perché ci sono molte persone che chiedono un rinnovamento ma non si riconoscono nel grillismo. Alba non esclude l’ipotesi di un’alleanza con il Pd, ma è più probabile che alla fine vada da sola alle politiche
LA CREATURA DI EMILIANO - I sindaci e “il trio perfetto”
Sul Mattino di ieri, il sindaco di Napoli Luigi De Magistris si è mantenuto largo sul neo-partito dei sindaci che nello scorso inverno sembrava invece cosa fatta: “Voglio fare la rivoluzione da sindaco”. Detto questo, da “uomo di sinistra” ha precisato che non si possono affidare a Grillo le istanze di cambiamento. Il sogno è quello di mettere insieme i primi cittadini di sinistra, ultimo arrivato Leoluca Orlando, e appellarsi a Bersani, Di Pietro, Vendola e Ferrero. Oltre a De Magistris e Orlando, entrambi dell’Italia dei Valori, la griglia della potenziale creatura include Zedda (Cagliari), Pisapia (Milano) ed Emiliano (Bari). A marzo, proprio De Magistris disse che questa lista valeva almeno il 20 per cento. Poi è arrivato il boom Grillo e nel frattempo Emiliano a Bari è stato alle prese con l’inchiesta delle cozze pelose. Il progetto è, o era, di fare la sinistra del centrosinistra. Come disse lo stesso Emiliano: “Io, Luigi e Nichi siamo il trio perfetto”.
MANIFESTO OPERAIO - La Fiom tentata dal Parlamento
La tentazione c’è: una lista Fiom alle prossime elezioni sui temi del lavoro e dell’articolo 18. Tutto si deciderà il 9 giugno, quando il gruppo dirigente delle tute blu della Cgil, guidato da Maurizio Landini, incontrerà i leader della foto di Vasto, i movimenti, i sindaci progressisti. Il manifesto dell’impegno politico è in queste parole di Giorgio Airaudo, numero due della Fiom, all’ultimo comitato centrale del sindacato dei metalmeccanici: “In questi anni abbiamo fatto una battaglia per difendere i diritti, e per questo sempre inseguiti dall’accusa di fare politica. Da oggi in poi, visto che le nostre battaglie non hanno trovato sponda, dobbiamo puntare a inserire i diritti e il lavoro nell’agenda della politica. Dobbiamo fare politica, quindi, a viso aperto, perché il sindacato e i lavoratori non restino più soli”. Se alla fine la Fiom dovesse battersi alle prossime elezioni con una propria lista sarebbe un’altra rivoluzione, dopo il boom delle liste civiche. Ma Landini punta a un accordo col Pd.
da Il Fatto Quotidiano del 1 giugno 2012
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Re: Come se ne viene fuori ?
Day after day
Apocalypse now per Merlonia
Dentro il grande buiolone
Cita mariok, riferendosi all’articolo di Stefano d’Esposito, Montezemolo, Santanchè, Saviano & C. Liste “civiche” stampella dei partiti in crisi:
A me sembra un sistema in disfacimento.
*
E’ fuor di dubbio che la radiografia dello stato dell’arte di d’Esposito essendo molto reale dimostra la polverizzazione del sistema politico italiano.
La puntata di stamani di Omnibus rincara la dose mettendo sotto accusa l’intera classe politica italiana chiusa a riccio nella difesa dei suoi privilegi castali.
Quanto stiamo scrivendo da anni, prima sul vecchio forum, ora su questo, sta diventando materia di discussione di una punta avanzata di opinionisti in questa fase di decomposizione e disfacimento avanzato della società italiana.
Il problema di fondo è la casta che fa quadrato per mantenersi in vita. Grillo, piaccia o non piaccia, concretizza il suo disegno del ricambio della classe politica realizzato in questa fase attraverso le elezioni amministrative.
La conseguenza diretta è di ritrovarsi un consenso nazionale pari al 20 % che mette paura alla casta essendo diventato il secondo partito nazionale.
La crisi della politica non è profonda, ma profondissima e lacerante. Come accade sempre in queste fasi la stupidità politica non esita a non mettersi da parte.
E’ follia pura il ricorso a liste civiche che facciano da stampella al sistema putrefatto e cadente.
Attenzione ai merli, che si fanno sì ingannare magari per interi ventenni, ma poi quando aprono gli occhi e s’incazzano non gli può più proporre la stessa pappetta indigeribile.
Anche i più fessi comprendono che liste civiche servono soltanto a salvare i partiti maggiori.
Il caro estinto non sapendo più dove sbattere la testa ha proposto una nuova Forza Italia con facce nuove in un listone civico nazionale, non comprendendo che al di là di uno zoccolo duro di innamorati e sciagurati opportunisti, tutti gli altri hanno individuato che il vero problema è lui.
Simmetrico il problema nel Cs. Il problema è la classe dirigente che ha fallito e non si vuole mettere da parte.
Quella di Saviano, Zagrebelsky e De Gregorio, è un’autentica sciocchezza se intesa come stampella del Pd.
E’ un sistema che sta impazzendo nel tentativo di salvarsi, ma nello stesso tempo con la sua estrema frammentazione e polverizzazione ci porta verso il punto cruciale della totale ingovernabilità.
La conseguenza diretta è un colpo di Stato o la guerra civile. I nostri “crapun” fanno finta di non vedere lo sbocco, tutti affaccendati nel risolvere i soliti loro problemi personali del “SPERIAMO CHE IO ME LA CAVO”.
Apocalypse now per Merlonia
Dentro il grande buiolone
Cita mariok, riferendosi all’articolo di Stefano d’Esposito, Montezemolo, Santanchè, Saviano & C. Liste “civiche” stampella dei partiti in crisi:
A me sembra un sistema in disfacimento.
*
E’ fuor di dubbio che la radiografia dello stato dell’arte di d’Esposito essendo molto reale dimostra la polverizzazione del sistema politico italiano.
La puntata di stamani di Omnibus rincara la dose mettendo sotto accusa l’intera classe politica italiana chiusa a riccio nella difesa dei suoi privilegi castali.
Quanto stiamo scrivendo da anni, prima sul vecchio forum, ora su questo, sta diventando materia di discussione di una punta avanzata di opinionisti in questa fase di decomposizione e disfacimento avanzato della società italiana.
Il problema di fondo è la casta che fa quadrato per mantenersi in vita. Grillo, piaccia o non piaccia, concretizza il suo disegno del ricambio della classe politica realizzato in questa fase attraverso le elezioni amministrative.
La conseguenza diretta è di ritrovarsi un consenso nazionale pari al 20 % che mette paura alla casta essendo diventato il secondo partito nazionale.
La crisi della politica non è profonda, ma profondissima e lacerante. Come accade sempre in queste fasi la stupidità politica non esita a non mettersi da parte.
E’ follia pura il ricorso a liste civiche che facciano da stampella al sistema putrefatto e cadente.
Attenzione ai merli, che si fanno sì ingannare magari per interi ventenni, ma poi quando aprono gli occhi e s’incazzano non gli può più proporre la stessa pappetta indigeribile.
Anche i più fessi comprendono che liste civiche servono soltanto a salvare i partiti maggiori.
Il caro estinto non sapendo più dove sbattere la testa ha proposto una nuova Forza Italia con facce nuove in un listone civico nazionale, non comprendendo che al di là di uno zoccolo duro di innamorati e sciagurati opportunisti, tutti gli altri hanno individuato che il vero problema è lui.
Simmetrico il problema nel Cs. Il problema è la classe dirigente che ha fallito e non si vuole mettere da parte.
Quella di Saviano, Zagrebelsky e De Gregorio, è un’autentica sciocchezza se intesa come stampella del Pd.
E’ un sistema che sta impazzendo nel tentativo di salvarsi, ma nello stesso tempo con la sua estrema frammentazione e polverizzazione ci porta verso il punto cruciale della totale ingovernabilità.
La conseguenza diretta è un colpo di Stato o la guerra civile. I nostri “crapun” fanno finta di non vedere lo sbocco, tutti affaccendati nel risolvere i soliti loro problemi personali del “SPERIAMO CHE IO ME LA CAVO”.
Re: Come se ne viene fuori ?
Sono tra le pochissime persone degne di stima.@camillobenso
Quella di Saviano, Zagrebelsky e De Gregorio, è un’autentica sciocchezza se intesa come stampella del Pd.
Spero che non si prestino a giochetti squallidi da gattopardo.
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- Iscritto il: 06/04/2012, 20:00
Re: Come se ne viene fuori ?
Il caldo non è propizio all’Europa
Il 28 giugno 1914, a Sarajevo viene assassinato l’arciduca Francesco Ferdinando e un mese dopo inizia la prima guerra mondiale.
1 settembre 1939 l’imbianchino di Berlino decide di invadere la Polonia ed inizia la seconda guerra mondiale.
Giugno 2012 i tedeschi non mollano con la Grecia. Hanno sbagliato il modo di intervenire in precedenza, come appare da un documento con il segreto di Pulcinella della troika, ma piuttosto che ammettere l’errore preferiscono radere al suolo nuovamente l’Europa.
Nel giro pochi giorni a temere il peggio sono due autorevoli tedeschi:
26 maggio 2012
Sarebbe una tragica ironia se la Germania unita, con i mezzi pacifici e le migliori intenzioni, causasse la distruzione dell’ordine europeo una terza volta.
Joschka Fischer Ex ministro degli esteri tedesco
31 maggio 2012
Quello che il governo tedesco sta facendo non ha alcun senso né politico né economico: è chiaro che la Grecia ha bisogno di tempo. Merkel pensa solo in termini elettorali. E sbaglia
Gerhard Schoeder
Ma la cancelliera Merkel non ci sente, la storia però non si ferma.
****
Grecia, la dracma ricompare a Londra sui terminali di Bloomberg. Ma era un test
Una eventualità che significherebbe il fallimento politico dell'Ue, ma comporterebbe una svalutazione nell’ordine del 60 per cento. E questo produrrebbe un’inflazione del 30-40 per cento e una pesante perdita del potere di acquisto soprattutto a danno delle fasce più deboli della popolazione
di Mauro Del Corno | 2 giugno 2012
Evocato in continuazione alla fine, il fantasma della dracma, una piccola e fugace apparizione ha deciso di farla veramente. Ha scelto di palesarsi nella City di Londra dove è comparsa sui terminali Bloomberg di alcuni trader che giocando ad inserire codici hanno azzeccato quello giusto. Digitando la sigla “XGD CURNCY” lo schermo forniva la descrizione “dracma greca post euro” con un link che se cliccato faceva comparire la scritta “accesso vincolato dall’emettitore” a significate che la valuta non è al momento negoziabile. In momenti di nervosismo come quelli attuali, la scoperta ha dato ovviamente il via a infinite interpretazioni paure e sospetti. Sono circolate persino voci che davano per probabile un addio della Grecia all’euro nel corso del week end e una riapertura di banche e mercati lunedì prossimo con la dracma come cosa fatta.
Quasi certamente le cose non stanno così, come ha poi fatto sapere l’help desk di Bloomberg, si sarebbe trattato semplicemente di un test interno finito per errore nella rete dei terminali collegati. Una versione su cui concordano molti addetti ai lavori. Tra questi Massimo Papetti, gestore di mercati valutari, secondo cui Bloomberg si sta solo preparando ad ogni eventualità come del resto stanno facendo banche, aziende e governi. Sulla stessa linea Angelo Drusiani, responsabile investimenti banca Albertini syz, che fa però notare come questo sia sintomatico del clima che si vive in questi giorni. “In altri momenti, spiega, una cosa del genere non l’avremmo mai vista”. Drusiani è anche convinto che alla fine la Grecia resterà nell’euro poiché, nonostante tutto, la popolazione non è favorevole ad un addio alla moneta unica. A meno che non si verifichi davvero l’ipotesi improbabile ma non impossibile che vedrebbe Atene diventare una sorta di protettorato russo.
Un’eventualità che significherebbe il fallimento politico dell’Unione Europea ma che consentirebbe ai greci di salutare la moneta unica senza troppa paura. Perché, è il caso di ricordarlo, questo fantasma che oggi è apparso per gioco se dovesse fare sul serio potrebbe assumere delle sembianze davvero spaventose. Secondo le stime più recenti un ritorno alla dracma comporterebbe una svalutazione nell’ordine del 60%. Un euro verrebbe scambiato con 600 dracme, quasi il doppi rispetto alle 340 con cui fu fissato il cambio al momento dell’ingresso nella moneta unica. Questo produrrebbe un’inflazione del 30/40% e una pesante perdita del potere di acquisto soprattutto a danno delle fasce più deboli della popolazione. Senza contare i danni per il sistema bancario causato dal crollare del valore dei titoli di stato in pancia agli istituti di credito. Quanto al recupero di competitività favorito dalla moneta svalutata che rende convenienti i prodotti sui mercati esteri sembra essere più un miraggio che una prospettiva reale visto che, a differenza dell’Argentina, la Grecia produce poco ed esporta ancora meno.
IFQ
Il 28 giugno 1914, a Sarajevo viene assassinato l’arciduca Francesco Ferdinando e un mese dopo inizia la prima guerra mondiale.
1 settembre 1939 l’imbianchino di Berlino decide di invadere la Polonia ed inizia la seconda guerra mondiale.
Giugno 2012 i tedeschi non mollano con la Grecia. Hanno sbagliato il modo di intervenire in precedenza, come appare da un documento con il segreto di Pulcinella della troika, ma piuttosto che ammettere l’errore preferiscono radere al suolo nuovamente l’Europa.
Nel giro pochi giorni a temere il peggio sono due autorevoli tedeschi:
26 maggio 2012
Sarebbe una tragica ironia se la Germania unita, con i mezzi pacifici e le migliori intenzioni, causasse la distruzione dell’ordine europeo una terza volta.
Joschka Fischer Ex ministro degli esteri tedesco
31 maggio 2012
Quello che il governo tedesco sta facendo non ha alcun senso né politico né economico: è chiaro che la Grecia ha bisogno di tempo. Merkel pensa solo in termini elettorali. E sbaglia
Gerhard Schoeder
Ma la cancelliera Merkel non ci sente, la storia però non si ferma.
****
Grecia, la dracma ricompare a Londra sui terminali di Bloomberg. Ma era un test
Una eventualità che significherebbe il fallimento politico dell'Ue, ma comporterebbe una svalutazione nell’ordine del 60 per cento. E questo produrrebbe un’inflazione del 30-40 per cento e una pesante perdita del potere di acquisto soprattutto a danno delle fasce più deboli della popolazione
di Mauro Del Corno | 2 giugno 2012
Evocato in continuazione alla fine, il fantasma della dracma, una piccola e fugace apparizione ha deciso di farla veramente. Ha scelto di palesarsi nella City di Londra dove è comparsa sui terminali Bloomberg di alcuni trader che giocando ad inserire codici hanno azzeccato quello giusto. Digitando la sigla “XGD CURNCY” lo schermo forniva la descrizione “dracma greca post euro” con un link che se cliccato faceva comparire la scritta “accesso vincolato dall’emettitore” a significate che la valuta non è al momento negoziabile. In momenti di nervosismo come quelli attuali, la scoperta ha dato ovviamente il via a infinite interpretazioni paure e sospetti. Sono circolate persino voci che davano per probabile un addio della Grecia all’euro nel corso del week end e una riapertura di banche e mercati lunedì prossimo con la dracma come cosa fatta.
Quasi certamente le cose non stanno così, come ha poi fatto sapere l’help desk di Bloomberg, si sarebbe trattato semplicemente di un test interno finito per errore nella rete dei terminali collegati. Una versione su cui concordano molti addetti ai lavori. Tra questi Massimo Papetti, gestore di mercati valutari, secondo cui Bloomberg si sta solo preparando ad ogni eventualità come del resto stanno facendo banche, aziende e governi. Sulla stessa linea Angelo Drusiani, responsabile investimenti banca Albertini syz, che fa però notare come questo sia sintomatico del clima che si vive in questi giorni. “In altri momenti, spiega, una cosa del genere non l’avremmo mai vista”. Drusiani è anche convinto che alla fine la Grecia resterà nell’euro poiché, nonostante tutto, la popolazione non è favorevole ad un addio alla moneta unica. A meno che non si verifichi davvero l’ipotesi improbabile ma non impossibile che vedrebbe Atene diventare una sorta di protettorato russo.
Un’eventualità che significherebbe il fallimento politico dell’Unione Europea ma che consentirebbe ai greci di salutare la moneta unica senza troppa paura. Perché, è il caso di ricordarlo, questo fantasma che oggi è apparso per gioco se dovesse fare sul serio potrebbe assumere delle sembianze davvero spaventose. Secondo le stime più recenti un ritorno alla dracma comporterebbe una svalutazione nell’ordine del 60%. Un euro verrebbe scambiato con 600 dracme, quasi il doppi rispetto alle 340 con cui fu fissato il cambio al momento dell’ingresso nella moneta unica. Questo produrrebbe un’inflazione del 30/40% e una pesante perdita del potere di acquisto soprattutto a danno delle fasce più deboli della popolazione. Senza contare i danni per il sistema bancario causato dal crollare del valore dei titoli di stato in pancia agli istituti di credito. Quanto al recupero di competitività favorito dalla moneta svalutata che rende convenienti i prodotti sui mercati esteri sembra essere più un miraggio che una prospettiva reale visto che, a differenza dell’Argentina, la Grecia produce poco ed esporta ancora meno.
IFQ
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Re: Come se ne viene fuori ?
Liste civiche, istruzioni per l’uso
di Paolo Flores d'Arcais | 2 giugno 2012
Commenti (39)
D’improvviso “tutti le chiedono, tutti le vogliono…”. Stiamo parlando delle liste civiche, diventate di colpo, proprio come il Figaro rossiniano, “il factotum della città”, cioè della politica. Fino a ieri, invece, per chi le proponeva erano solo frizzi e lazzi, o peggio: un irridente silenzio.
Questo giornale, praticamente dalla nascita, insiste sulla necessità di liste autonome della società civile (e su primarie vere di coalizione) come antidoto all’avvitamento e imbarbarimento della politica in partitocrazia. Ora si svegliano tutti. Come mai? E soprattutto con quali intenzioni?
Il “come mai?” è semplice e si chiama Movimento 5 Stelle.
Ai partiti il disprezzo degli elettori “non scuce un baffo” fino a che si traduce in assenteismo dalle urne (tanto, anche se vota la metà degli elettori, i seggi se li occupano e spartiscono tutti). Se però una percentuale a due cifre trasmigra verso Grillo, per le nomenklature sono dolori: la torta si riduce.
Ora, lasciamo perdere il mondo berlusconiano e quello dei finti tecnici, insomma l’establishment e le due destre. Che senso possono e debbono avere, invece, liste civiche e primarie per la rappresentanza del Terzo Stato e per una politica di “giustizia e libertà”?
Eugenio Scalfari vuole una lista civica propiziata da Saviano (anche se non si candida), e caratterizzata da una pregiudiziale: il sostegno al governo Monti. Proprio quello che non vuole la società civile mobilitata nelle lotte e nelle campagne di opinione. Scalfari, in sostanza, vuole una lista di “portatori d’acqua” al Pd, piena di bei nomi e che faccia il pieno dei voti in fuga da Bersani &C.
E non parla di primarie. Lo fanno, invece, i “giovani” della fronda Pd (Civati, Concia, Scalfarotto, ma soprattutto l’anziano Parisi, prodiano doc e fondatore del Pd) che in compenso rifiutano le liste civiche. Ma primarie e liste civiche (al plurale) non possono essere messe in contrapposizione. Sono entrambe necessarie perché nella loro sinergia restituiscano agli elettori democratici un briciolo di sovranità.
Altrimenti questi ultimi restano a casa o emigrano chez Grillo. La coalizione di centrosinistra può vincere solo se si apre alla società civile da anni critica e ostile alle scelte di inciuci e subalternità (si chiamino Berlusconi, Marchionne, Monti, anche se non assimilabili).
Solo se accetta vere primarie di coalizione, che affidino agli elettori la decisione sul programma politico, di cui i candidati premier in concorrenza – dirigenti di partito, sindacalisti, giuristi, preti… – saranno l’espressione. Bersani accetta la sfida?
Il Fatto Quotidiano, 2 giugno 2012
di Paolo Flores d'Arcais | 2 giugno 2012
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D’improvviso “tutti le chiedono, tutti le vogliono…”. Stiamo parlando delle liste civiche, diventate di colpo, proprio come il Figaro rossiniano, “il factotum della città”, cioè della politica. Fino a ieri, invece, per chi le proponeva erano solo frizzi e lazzi, o peggio: un irridente silenzio.
Questo giornale, praticamente dalla nascita, insiste sulla necessità di liste autonome della società civile (e su primarie vere di coalizione) come antidoto all’avvitamento e imbarbarimento della politica in partitocrazia. Ora si svegliano tutti. Come mai? E soprattutto con quali intenzioni?
Il “come mai?” è semplice e si chiama Movimento 5 Stelle.
Ai partiti il disprezzo degli elettori “non scuce un baffo” fino a che si traduce in assenteismo dalle urne (tanto, anche se vota la metà degli elettori, i seggi se li occupano e spartiscono tutti). Se però una percentuale a due cifre trasmigra verso Grillo, per le nomenklature sono dolori: la torta si riduce.
Ora, lasciamo perdere il mondo berlusconiano e quello dei finti tecnici, insomma l’establishment e le due destre. Che senso possono e debbono avere, invece, liste civiche e primarie per la rappresentanza del Terzo Stato e per una politica di “giustizia e libertà”?
Eugenio Scalfari vuole una lista civica propiziata da Saviano (anche se non si candida), e caratterizzata da una pregiudiziale: il sostegno al governo Monti. Proprio quello che non vuole la società civile mobilitata nelle lotte e nelle campagne di opinione. Scalfari, in sostanza, vuole una lista di “portatori d’acqua” al Pd, piena di bei nomi e che faccia il pieno dei voti in fuga da Bersani &C.
E non parla di primarie. Lo fanno, invece, i “giovani” della fronda Pd (Civati, Concia, Scalfarotto, ma soprattutto l’anziano Parisi, prodiano doc e fondatore del Pd) che in compenso rifiutano le liste civiche. Ma primarie e liste civiche (al plurale) non possono essere messe in contrapposizione. Sono entrambe necessarie perché nella loro sinergia restituiscano agli elettori democratici un briciolo di sovranità.
Altrimenti questi ultimi restano a casa o emigrano chez Grillo. La coalizione di centrosinistra può vincere solo se si apre alla società civile da anni critica e ostile alle scelte di inciuci e subalternità (si chiamino Berlusconi, Marchionne, Monti, anche se non assimilabili).
Solo se accetta vere primarie di coalizione, che affidino agli elettori la decisione sul programma politico, di cui i candidati premier in concorrenza – dirigenti di partito, sindacalisti, giuristi, preti… – saranno l’espressione. Bersani accetta la sfida?
Il Fatto Quotidiano, 2 giugno 2012
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Re: Come se ne viene fuori ?
Il Fisco premia con 285 milioni di euro le concessionarie delle slot machine
Mentre lo Stato carica sulla benzina i costi della ricostruzione post terremoto in Emilia, due decreti del governo Berlusconi fanno piovere cifre da capogiro sulle società che gestiscono le "macchinette" dell'azzardo. Motivo, un "premio produttività" per il 2011 e il "raggiungimento del livello di servizio". Massima beneficiaria la Bplus di Corallo, latitante per associazione a delinquere
di Marco Lillo | 2 giugno 2012
Ci sono 285 milioni di euro che potrebbero essere destinati alla ricostruzione dell’Emilia. Sono lì nelle casse del governo, e potrebbero essere usati per aiutare le popolazioni colpite dal doppio sisma di martedì scorso e del 20 maggio. E invece il tesoretto sarà distribuito ai concessionari delle slot machine mentre il conto del terremoto sarà pagato dai soliti grazie all’aumento delle accise sui carburanti.
Il primo tesoretto da 62 milioni. Proprio il giorno dopo la prima scossa in Emilia, l’associazione di categoria delle imprese del settore slot, l’Assotrattenimento, ha emesso un comunicato entusiasta sintetizzato così dalle agenzie di stampa: “I gestori delle slot machine avranno un rimborso da 133 milioni di euro, grazie agli oltre 29,7 miliardi di euro raccolti dalle ‘macchinette’ nel 2011”. Il decreto anti-crisi del governo Berlusconi del novembre 2008 prevede, infatti , un meccanismo diabolico che riduce l’aliquota delle tasse sugli introiti delle slot machine, quando la raccolta aumenta. Il tesoretto deriva quindi dalla riduzione dell’aliquota dal 12,6 per cento al 12,15 della raccolta grazie al boom del gettito del 2011, più 8,3 miliardi rispetto al dato di riferimento del 2008.
In realtà, secondo i calcoli dell’Azienda Autonoma dei Monopoli di Stato, il rimborso per i gestori sarebbe pari alla metà. Il direttore dell’Aams, Raffaele Ferrara, è in partenza. Per lui è pronta la poltrona di amministratore di Fintecna Immobiliare. Ma i tecnici dell’Aams raggiunti dal Fatto in questo clima di smobilitazione, spiegano che “la differenza tra gli acconti versati finora e quella dovuta sulla base dell’aliquota ridotta non è di 133 milioni ma solo di 61 milioni e 922 mila”. Una montagna di soldi comunque che dovrà essere girata dai concessionari delle slot alle imprese dei gestori che installano le slot nei bar e raccolgono le monetine. Ma non c’è alcuna ragione logica per attribuire i benefici della crescita delle giocate a chi già ha guadagnato tanto in questi anni grazie al boom del gioco mentre le conseguenze negative sul piano sociale ricadono sulla comunità.
Il secondo tesoretto da 233 milioni di euro. Sempre dall’Aams però fanno notare che ai 62 milioni bisogna aggiungere un secondo tesoretto ben più consistente che sta per essere restituito proprio ai concessionari delle slot: 223 milioni di euro (poco meno dei danni strutturali in Emilia della prima scossa del 20 maggio) che lo Stato pagherà per il raggiungimento dei livelli di servizio da parte dei concessionari . La somma è attribuita grazie a un decreto del precedente governo Berlusconi del dicembre 2005 che premiava con lo 0,5 per cento della raccolta le concessionarie che investivano sulla rete telematica attraverso la quale devono controllare le slot sparse nei bar della penisola. Grazie a questa norma, modificata nel 2008, sempre da Berlusconi, in seguito alle rimostranze dell’Unione europea, se le slot sono collegate correttamente alla rete dei concessionari e trasmettono i dati al cervellone della Sogei, cioè se fanno semplicemente il loro dovere rispettando gli obblighi della convenzione con i Monopoli, ai concessionari spetta un premio pari fino allo allo 0,5% della raccolta dell’anno. Questa somma per l’anno 2011 dovrebbe essere pari a 223 milioni.
Entrambi i tesoretti dovranno essere divisi tra i concessionari pro quota: alla BPlus di Francesco Corallo andrà il 24,3 per cento delle somme; a Lottomatica il 15 per cento; alla Hbg il 9,6 per cento; alla Gamenet il 12,8 per cento; alla Cogetech il 9,6 per cento; alla Snai il 7,1 per cento. Alla Gmatica il 5,3 per cento; a Codere il 2,6 per cento.
La condanna da 2,5 miliardi. Il paradosso è che la Corte dei conti nel febbraio scorso ha condannato i medesimi concessionari a pagare 2,5 miliardi perché molte slot non hanno trasmesso i dati alla rete controllata dalla Sogei per mesi, talvolta per anni, impedendo il controllo di legalità sulle giocate dalla fine del 2004 fino al 2006. Il leader del mercato delle slot, la Bplus di Francesco Corallo, inseguito da un mandato di cattura emesso lunedì scorso dal Gip di Milano per associazione a delinquere, è stata condannata in primo grado a pagare 845 milioni di euro. La sentenza è stata impugnata e la sua efficacia è sospesa, ma un’eventuale conferma del verdetto in via definitiva porterebbe probabilmente al dissesto di Bplus e di molti concessionari. Per la Corte dei conti, Cogetech deve 255 milioni; Sisal 245 milioni; Gamenet 23 milioni; Snai 210 milioni; Hbg 200milioni; Gmatica 150 milioni; Cirsa 120 milioni; Codere 115 milioni e Lottomatica 100 milioni.
Le stesse dieci concessionarie che incasseranno tra breve dall’Aams 223 milioni per l’assolvimento dei livelli di servizio nel 2011 devono ancora pagare – per i giudici contabili di primo grado – una somma dieci volte maggiore per l’inadempimento del periodo 2004-2006. Per fare un esempio, Bplus ha già incassato un centinaio di milioni di euro per il riconoscimento da parte di Aams dei livelli di servizio negli anni passati (secondo i bilanci, 51 milioni per il 2007-2008 e 37 milioni per il solo 2009) e potrebbe incassare altri 55 milioni di euro per il 2011 mentre – per la Corte dei conti – deve pagare 845 milioni per i suoi inadempimenti passati.
Compensazione per le slot. Il governo Monti – dopo aver fatto propria l’idea di Angelino Alfano della compensazione dei crediti tra Stato e imprese a favore delle imprese – potrebbe proporre ai concessionari una compensazione a favore stavolta dell’erario e quindi dei terremotati. Per chiudere la vertenza sulle maxi-multe che si trascina da cinque anni (la Procura chiedeva inizialmente 90 miliardi di euro) i re delle slot dovrebbero rinunciare ai loro crediti verso l’Aams destinando i 223 milioni di euro dei livelli di servizio all’aiuto dei terremotati. In cambio lo Stato rinuncerebbe alla sua pretesa sui 2,5 miliardi. D’altro canto, proprio con la scusa del reperimento di somme in occasione del terremoto in Abruzzo i concessionari delle slot machine hanno ottenuto il via libera al grande affare delle videolottery, le slot, simili a quelle dei casinò, che permettono di vincere fino a 500 mila euro con una giocata. E in Abruzzo stanno ancora aspettando i soldi promessi per la ricostruzione.
da Il Fatto Quotidiano del 2 giugno 2012
Mentre lo Stato carica sulla benzina i costi della ricostruzione post terremoto in Emilia, due decreti del governo Berlusconi fanno piovere cifre da capogiro sulle società che gestiscono le "macchinette" dell'azzardo. Motivo, un "premio produttività" per il 2011 e il "raggiungimento del livello di servizio". Massima beneficiaria la Bplus di Corallo, latitante per associazione a delinquere
di Marco Lillo | 2 giugno 2012
Ci sono 285 milioni di euro che potrebbero essere destinati alla ricostruzione dell’Emilia. Sono lì nelle casse del governo, e potrebbero essere usati per aiutare le popolazioni colpite dal doppio sisma di martedì scorso e del 20 maggio. E invece il tesoretto sarà distribuito ai concessionari delle slot machine mentre il conto del terremoto sarà pagato dai soliti grazie all’aumento delle accise sui carburanti.
Il primo tesoretto da 62 milioni. Proprio il giorno dopo la prima scossa in Emilia, l’associazione di categoria delle imprese del settore slot, l’Assotrattenimento, ha emesso un comunicato entusiasta sintetizzato così dalle agenzie di stampa: “I gestori delle slot machine avranno un rimborso da 133 milioni di euro, grazie agli oltre 29,7 miliardi di euro raccolti dalle ‘macchinette’ nel 2011”. Il decreto anti-crisi del governo Berlusconi del novembre 2008 prevede, infatti , un meccanismo diabolico che riduce l’aliquota delle tasse sugli introiti delle slot machine, quando la raccolta aumenta. Il tesoretto deriva quindi dalla riduzione dell’aliquota dal 12,6 per cento al 12,15 della raccolta grazie al boom del gettito del 2011, più 8,3 miliardi rispetto al dato di riferimento del 2008.
In realtà, secondo i calcoli dell’Azienda Autonoma dei Monopoli di Stato, il rimborso per i gestori sarebbe pari alla metà. Il direttore dell’Aams, Raffaele Ferrara, è in partenza. Per lui è pronta la poltrona di amministratore di Fintecna Immobiliare. Ma i tecnici dell’Aams raggiunti dal Fatto in questo clima di smobilitazione, spiegano che “la differenza tra gli acconti versati finora e quella dovuta sulla base dell’aliquota ridotta non è di 133 milioni ma solo di 61 milioni e 922 mila”. Una montagna di soldi comunque che dovrà essere girata dai concessionari delle slot alle imprese dei gestori che installano le slot nei bar e raccolgono le monetine. Ma non c’è alcuna ragione logica per attribuire i benefici della crescita delle giocate a chi già ha guadagnato tanto in questi anni grazie al boom del gioco mentre le conseguenze negative sul piano sociale ricadono sulla comunità.
Il secondo tesoretto da 233 milioni di euro. Sempre dall’Aams però fanno notare che ai 62 milioni bisogna aggiungere un secondo tesoretto ben più consistente che sta per essere restituito proprio ai concessionari delle slot: 223 milioni di euro (poco meno dei danni strutturali in Emilia della prima scossa del 20 maggio) che lo Stato pagherà per il raggiungimento dei livelli di servizio da parte dei concessionari . La somma è attribuita grazie a un decreto del precedente governo Berlusconi del dicembre 2005 che premiava con lo 0,5 per cento della raccolta le concessionarie che investivano sulla rete telematica attraverso la quale devono controllare le slot sparse nei bar della penisola. Grazie a questa norma, modificata nel 2008, sempre da Berlusconi, in seguito alle rimostranze dell’Unione europea, se le slot sono collegate correttamente alla rete dei concessionari e trasmettono i dati al cervellone della Sogei, cioè se fanno semplicemente il loro dovere rispettando gli obblighi della convenzione con i Monopoli, ai concessionari spetta un premio pari fino allo allo 0,5% della raccolta dell’anno. Questa somma per l’anno 2011 dovrebbe essere pari a 223 milioni.
Entrambi i tesoretti dovranno essere divisi tra i concessionari pro quota: alla BPlus di Francesco Corallo andrà il 24,3 per cento delle somme; a Lottomatica il 15 per cento; alla Hbg il 9,6 per cento; alla Gamenet il 12,8 per cento; alla Cogetech il 9,6 per cento; alla Snai il 7,1 per cento. Alla Gmatica il 5,3 per cento; a Codere il 2,6 per cento.
La condanna da 2,5 miliardi. Il paradosso è che la Corte dei conti nel febbraio scorso ha condannato i medesimi concessionari a pagare 2,5 miliardi perché molte slot non hanno trasmesso i dati alla rete controllata dalla Sogei per mesi, talvolta per anni, impedendo il controllo di legalità sulle giocate dalla fine del 2004 fino al 2006. Il leader del mercato delle slot, la Bplus di Francesco Corallo, inseguito da un mandato di cattura emesso lunedì scorso dal Gip di Milano per associazione a delinquere, è stata condannata in primo grado a pagare 845 milioni di euro. La sentenza è stata impugnata e la sua efficacia è sospesa, ma un’eventuale conferma del verdetto in via definitiva porterebbe probabilmente al dissesto di Bplus e di molti concessionari. Per la Corte dei conti, Cogetech deve 255 milioni; Sisal 245 milioni; Gamenet 23 milioni; Snai 210 milioni; Hbg 200milioni; Gmatica 150 milioni; Cirsa 120 milioni; Codere 115 milioni e Lottomatica 100 milioni.
Le stesse dieci concessionarie che incasseranno tra breve dall’Aams 223 milioni per l’assolvimento dei livelli di servizio nel 2011 devono ancora pagare – per i giudici contabili di primo grado – una somma dieci volte maggiore per l’inadempimento del periodo 2004-2006. Per fare un esempio, Bplus ha già incassato un centinaio di milioni di euro per il riconoscimento da parte di Aams dei livelli di servizio negli anni passati (secondo i bilanci, 51 milioni per il 2007-2008 e 37 milioni per il solo 2009) e potrebbe incassare altri 55 milioni di euro per il 2011 mentre – per la Corte dei conti – deve pagare 845 milioni per i suoi inadempimenti passati.
Compensazione per le slot. Il governo Monti – dopo aver fatto propria l’idea di Angelino Alfano della compensazione dei crediti tra Stato e imprese a favore delle imprese – potrebbe proporre ai concessionari una compensazione a favore stavolta dell’erario e quindi dei terremotati. Per chiudere la vertenza sulle maxi-multe che si trascina da cinque anni (la Procura chiedeva inizialmente 90 miliardi di euro) i re delle slot dovrebbero rinunciare ai loro crediti verso l’Aams destinando i 223 milioni di euro dei livelli di servizio all’aiuto dei terremotati. In cambio lo Stato rinuncerebbe alla sua pretesa sui 2,5 miliardi. D’altro canto, proprio con la scusa del reperimento di somme in occasione del terremoto in Abruzzo i concessionari delle slot machine hanno ottenuto il via libera al grande affare delle videolottery, le slot, simili a quelle dei casinò, che permettono di vincere fino a 500 mila euro con una giocata. E in Abruzzo stanno ancora aspettando i soldi promessi per la ricostruzione.
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Re: Come se ne viene fuori ?
Day after day
Un Paese allo sfascio
Berlusconi scherza. E c'è l'ultima
grana del Pdl: evadere l’Imu
Santanché sfida Alfano sulla tassa per la casa Tensione e proteste mentre Berlusconi si smentisce sull’Euro: «Scherzavo...».
Di Federica Fantozzi 3 giugno 2012
Il Pdl passa da ambizioso contenitore dei moderati a «zattera della Medusa» in un batter di ciglia. Quelle di Berlusconi, come sempre. Nell’arco di 24 ore la «pazza idea» dell’euro stampato nei patrii confini è stata smentita con una nota: «Grave che una battuta detta intra moenia con ironia, venga scambiata per proposta, preoccupante che divenga pretesto per costruirci sopra teorie stravaganti, per inventare una nuova linea politica mia o del PdL».
Ma è troppo tardi. I filo-terzopolisti, da Scajola all’«avvilito» Pisanu a Saro, hanno ormai chiaro che finché Berlusconi resta a fare «l’allenatore» non esiste un futuro diverso dal passato. Anche perché la “discesa in campo” di Daniela Santanché che invita a non pagare l’Imu - iniziativa che pochi dubitano essere concordata con il Cavaliere - rinverdisce le «stravaganti teorie» di tentazioni grilliste o movimentiste.
E il fronte sulle tasse spacca il partito per l’ennesima volta tra falchi e colombe. «Il Pdl è un grande partito, candidato a governare l’Italia e non impegnato ad aizzare le piazze - stoppa la proposta della pasionaria milanese Osvaldo Napoli - Sull’Imu daremo battaglia in Parlamento». Mentre Sandro Bondi, considera l’imposta «iniqua e mal congegnata, ma la serietà ci impone di non invitare a procrastinarne il pagamento».
Lo scontro sull’Imu chiama in causa direttamente Alfano, che della battaglia contro la nuova imposta sulla casa aveva fatto un cavallo di battaglia sì, ma parlamentare. Fiero di aver ottenuto la rateizzazione, impegnato a renderla una tantum e dunque «ad abolirla se nel 2013 vincerà il fronte dei moderati». Una prospettiva che aveva appena ripetuto ai gruppi riuniti, e si è ritrovato la Santanché che lo scavalca e lo sfida apertamente. In vista delle primarie? O dello «spacchettamento» dell’offerta politica berlusconiana in tante liste? E perché Silvio ha pubblicamente scomunicato i «formattatori» definendoli «ragazzotti» dopo che Alfano all’ultimo era andato alla loro convention e regalando quindi al delfino un altro ceffone?
Sono gli spauracchi che agitano il Pdl. Soprattutto le sempre più sparute colombe. Molte di loro, peraltro, nella convocazione del gruppo parlamentare (voluta, questo i deputati se lo dicono tra loro, per potersi avvalere di un legittimo impedimento ai fini del processo Ruby) avevano riposto scarse speranze. Su 365 invitati i presenti erano poco più di 150. Assente Frattini, in ritardo Carfagna, in ultima fila Gelmini e di umor nero Alfano: ecco la fotografia della «corrente dei 40enni» che dovrebbe potenziare il segretario attraverso una controversa cabina di regia.
Ma chissà se entrerà mai in funzione. Le cose sembrano di nuovo cambiate. Sotto botta il rassemblement modello Ppe italiano, con Montezemolo durissimo nel bocciare ipotesi di gruppi parlamentari “transfughi” dal Pdl e diretti verso Italia Futura: «Non imbarchiamo naufraghi» tanto meno da questo Parlamento «screditato». Sul sito, Silvio Berlusconi al termine dell’assemblea dei gruppi del Pdl di venerdì scorso per fugare dubbi, il celebre quadro di Géricault, icona delle navi che affondano senza lieto fine. Mentre Daniela Santanché non molla l’osso. Dopo la conferenza stampa contro l’Imu, l’imprenditrice si compra due paginoni su Libero e Giornale per spiegare meglio la sua proposta: «Sospendiamo il pagamento della prima rata di questa tassa iniqua e depressiva, nella speranza che Monti rifletta e il governo si ravveda».
Raccontano che Angelino Alfano sia fuori dalla grazia di Dio. Ma che stia cominciando a capire che tra tutti quelli che lo tirano per la giacca («Alfano è il nostro leader, noi intorno a lui») Berlusconi non c’è più. E che se resta fermo mentre crolla lo status quo neppure per lui ci sarà futuro.
Come lui la pensano Lupi, Frattini, Fitto, Scajola, Crosetto. Ma anche, su sponde diverse, Bertolini, Stracquadanio, Bergamini. Il problema sarà se andranno via prima loro (e dove?) o se li abbandonerà prima il Fondatore inquieto.
http://www.unita.it/italia/berlusconi-s ... u-1.417220
Un Paese allo sfascio
Berlusconi scherza. E c'è l'ultima
grana del Pdl: evadere l’Imu
Santanché sfida Alfano sulla tassa per la casa Tensione e proteste mentre Berlusconi si smentisce sull’Euro: «Scherzavo...».
Di Federica Fantozzi 3 giugno 2012
Il Pdl passa da ambizioso contenitore dei moderati a «zattera della Medusa» in un batter di ciglia. Quelle di Berlusconi, come sempre. Nell’arco di 24 ore la «pazza idea» dell’euro stampato nei patrii confini è stata smentita con una nota: «Grave che una battuta detta intra moenia con ironia, venga scambiata per proposta, preoccupante che divenga pretesto per costruirci sopra teorie stravaganti, per inventare una nuova linea politica mia o del PdL».
Ma è troppo tardi. I filo-terzopolisti, da Scajola all’«avvilito» Pisanu a Saro, hanno ormai chiaro che finché Berlusconi resta a fare «l’allenatore» non esiste un futuro diverso dal passato. Anche perché la “discesa in campo” di Daniela Santanché che invita a non pagare l’Imu - iniziativa che pochi dubitano essere concordata con il Cavaliere - rinverdisce le «stravaganti teorie» di tentazioni grilliste o movimentiste.
E il fronte sulle tasse spacca il partito per l’ennesima volta tra falchi e colombe. «Il Pdl è un grande partito, candidato a governare l’Italia e non impegnato ad aizzare le piazze - stoppa la proposta della pasionaria milanese Osvaldo Napoli - Sull’Imu daremo battaglia in Parlamento». Mentre Sandro Bondi, considera l’imposta «iniqua e mal congegnata, ma la serietà ci impone di non invitare a procrastinarne il pagamento».
Lo scontro sull’Imu chiama in causa direttamente Alfano, che della battaglia contro la nuova imposta sulla casa aveva fatto un cavallo di battaglia sì, ma parlamentare. Fiero di aver ottenuto la rateizzazione, impegnato a renderla una tantum e dunque «ad abolirla se nel 2013 vincerà il fronte dei moderati». Una prospettiva che aveva appena ripetuto ai gruppi riuniti, e si è ritrovato la Santanché che lo scavalca e lo sfida apertamente. In vista delle primarie? O dello «spacchettamento» dell’offerta politica berlusconiana in tante liste? E perché Silvio ha pubblicamente scomunicato i «formattatori» definendoli «ragazzotti» dopo che Alfano all’ultimo era andato alla loro convention e regalando quindi al delfino un altro ceffone?
Sono gli spauracchi che agitano il Pdl. Soprattutto le sempre più sparute colombe. Molte di loro, peraltro, nella convocazione del gruppo parlamentare (voluta, questo i deputati se lo dicono tra loro, per potersi avvalere di un legittimo impedimento ai fini del processo Ruby) avevano riposto scarse speranze. Su 365 invitati i presenti erano poco più di 150. Assente Frattini, in ritardo Carfagna, in ultima fila Gelmini e di umor nero Alfano: ecco la fotografia della «corrente dei 40enni» che dovrebbe potenziare il segretario attraverso una controversa cabina di regia.
Ma chissà se entrerà mai in funzione. Le cose sembrano di nuovo cambiate. Sotto botta il rassemblement modello Ppe italiano, con Montezemolo durissimo nel bocciare ipotesi di gruppi parlamentari “transfughi” dal Pdl e diretti verso Italia Futura: «Non imbarchiamo naufraghi» tanto meno da questo Parlamento «screditato». Sul sito, Silvio Berlusconi al termine dell’assemblea dei gruppi del Pdl di venerdì scorso per fugare dubbi, il celebre quadro di Géricault, icona delle navi che affondano senza lieto fine. Mentre Daniela Santanché non molla l’osso. Dopo la conferenza stampa contro l’Imu, l’imprenditrice si compra due paginoni su Libero e Giornale per spiegare meglio la sua proposta: «Sospendiamo il pagamento della prima rata di questa tassa iniqua e depressiva, nella speranza che Monti rifletta e il governo si ravveda».
Raccontano che Angelino Alfano sia fuori dalla grazia di Dio. Ma che stia cominciando a capire che tra tutti quelli che lo tirano per la giacca («Alfano è il nostro leader, noi intorno a lui») Berlusconi non c’è più. E che se resta fermo mentre crolla lo status quo neppure per lui ci sarà futuro.
Come lui la pensano Lupi, Frattini, Fitto, Scajola, Crosetto. Ma anche, su sponde diverse, Bertolini, Stracquadanio, Bergamini. Il problema sarà se andranno via prima loro (e dove?) o se li abbandonerà prima il Fondatore inquieto.
http://www.unita.it/italia/berlusconi-s ... u-1.417220
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Re: Come se ne viene fuori ?
Day after day
Un Paese allo sfascio
007, Angelino con amore....
«Alfano e il programma segreto: «Renzi con noi...»
Di Tullia Fabiani 1 giugno 2012
"Il Pdl è in crisi di identità. Ma da eretico del Pdl dico che non ha senso abbandonare ora la barca. Lo trovo stupido. Bisogna avere dignità politica, se deve finire meglio finire combattendo, senza abbandonare la nave...".
Guido Crosetto, deputato pidiellino, ha partecipato all'assemblea dei gruppi del partito con Angelino Alfano e Silvio Berlusconi. "Il clima è stato positivo, soprattutto quando si è parlato del ruolo della Bce, di fiscal compact, della politica economica europea. Tutto da rivedere e correggere... sono cose che io dico da anni. Che ho sempre criticato. Quindi come non essere d'accordo?"
Condivide anche la "pazza idea" di stampare l'euro in Italia?
"Che l'Italia possa stampare l'euro è una cosa assurda, è chiaro che si tratta di una battuta. Una provocazione. Il discorso è un altro: discutere il modello economico europeo, riconsiderare il ruolo della Banca centrale, contrastare la politica del rigore a tutti i costi. Su questo c'è da lavorare".
Sul futuro del Pdl invece?
"Il Pdl sconta il fatto di essere stato al governo e non essere riuscito a fare ciò che diceva. E' in crisi, ma lo sono tutti i partiti: non sono più in grado di dare un messaggio politico efficace. Moderati e riformisti sono vecchie categorie, parole e riferimenti che hanno perso significato".
Eppure Alfano ha parlato di aggregazione dei moderati...
"In questa fase di moderati non c'è più nessuno, conosco solo incazzati..."
Lei è uno di loro?
"A me non interessa con chi fare alleanze, non mi interessano le alchimie politiche , mi interessa cosa si vuole fare".
Alcuni suoi colleghi vogliono fare "Un'altra Italia", forse anche un nuovo gruppo parlamentare.
"Tutto legittimo. Hanno fatto un'associazione, capirai una in più una in meno. Nel Pdl ognuno ha una sua associazione, saremo rimasti in tre a non averla..."
Sta pensando di farne una?
"No, no".
E' andato a Pavia dai giovani che vogliono "formattare il Pdl", su Twitter ha scritto che alcuni colleghi le dicevano di non andare. Perché?
"Per diversità di vedute. Hanno tutti paura del nuovo. Ma io ai giovani ho detto: avete mai visto un albero che si sposta per farne crescere un altro?”.
Quindi bene formattare?
"La formattazione si basa sulla credibilità di ogni persona, su quello che mostra di saper fare. E su un'idea politica".
Vuole anche lei formattare il Pdl? O meglio lasciarlo per un nuovo progetto?
"Io sono sempre stato un po' un eretico all'interno del partito, però oggi dico che non ha senso abbandonare la barca. Lo trovo stupido. Bisogna avere dignità politica, se deve finire meglio finire combattendo la propria battaglia, senza abbandonare la nave".
A proposito, Montezemolo ha detto che non vuole avere a che fare con certi naufraghi. Che ne pensa?
"Montezemolo ha parlato di naufraghi della Seconda Repubblica, il riferimento non è solo al Pdl".
Ma lei si sente un naufrago?
"No, direi di no. Né del Pdl, né della Seconda Repubblica. E poi se proprio vogliamo parlare di naufragi e crisi c'è da aggiungere una cosa...".
Quale?
"Che tutta la classe dirigente del Paese è coinvolta, non solo quella politica. Anche imprenditori, burocrati, nessuno escluso".
Anche Montezemolo?
"Tutta la classe dirigente".
Quindi nessun avvicinamento a Italia Futura.
"Ripeto, a me non interessano i nomi. Mi interessa il progetto, il programma. Chi vuole salvare il Paese deve essere capace di andare oltre gli schemi di alleanze che siamo abituati a vedere. Rimettere tutto in gioco".
E chi sarebbe il leader?
"Il leader può essere chiunque, chiunque sia capace di pensare e fare quello che serve all'Italia".
Alfano, per esempio?
"Lui è una persona seria, certo non è l'unica..."
Si faranno le primarie?
"Mi auguro davvero che si facciano prima delle elezioni. Se Alfano si candidasse con il programma che ha preannunciato in un incontro a porte chiuse lo accoglierei sicuramente".
E cosa prevede questo programma?
"Questo lo deve dire lui".
Alle eventuali primarie Alfano e chi altro?
"Casini, Fini, Montezemolo distruggano i propri contenitori di riferimento, e si candidino alle primarie del centrodestra... venga anche Maroni... alla fine chi presenta la proposta migliore sarà il candidato".
Casini ha già rotto in parte il suo contenitore, potrebbe farsi avanti?
"Non credo, Casini fa finta. In realtà non accetterebbe questo meccanismo. Vuole difendere il suo contado. Ma io lo invito ad accettare questa sfida. E ripeto lo stesso vale per Fini, Montezemolo, Maroni E perché no, Renzi. Visto che di là non glielo fanno fare...".
Berlusconi parrebbe l'unico escluso. Ci potrebbero essere ripensamenti? Oppure potrebbe lanciare altre candidature, si è parlato anche di Daniela Santanché.
"Non so quello che farà Daniela Santanché, con Berlusconi parlo di cose concrete, dei problemi del Paese, di economia e problemi reali. Per quel che riguarda lui, in qualche modo si considera un traghettatore ormai. Non ha più voglia di guidare in prima persona. Ma non ha voglia comunque di mollare del tutto".
La riforma costituzionale e quella elettorale, ad esempio...
"Quella elettorale sarebbe da concretizzare il prima possibile, qualunque essa sia a due condizioni però: che restituisca la scelta agli elettori e consenta di governare. Se poi proprio deve restare il Porcellum, almeno che sia modificato introducendo le preferenze".
Che ne pensa delle misure prese dal governo per il terremoto in Emilia?
"Penso che debba essere fatto tutto quello che è necessario per rimettere in piedi quei paesi e ridare un tetto e la speranza a quelle persone".
La parata del 2 giugno doveva essere sospesa?
"In questo caso mi avvalgo della facoltà di non rispondere".
Ci andrà?
"Come ex sottosegretario alla Difesa non mi hanno invitato, ma visto che nonostante tutto sfilano andrò. Come cittadino che festeggia la Repubblica e rende omaggio ai suoi rappresentanti e ai suoi simboli".
http://www.unita.it/italia/alfano-e-il- ... e-1.416970
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Re: Come se ne viene fuori ?
Il testo - pubblicato da "la Repubblica" - è uno stralcio del discorso fatto da George Soros al Festival dell´Economia di Trento - Traduzione di Anna Bissanti
George Soros Sono giunto alla conclusione che la crisi dell´euro minaccia di distruggere davvero l´Unione Europea. L´Unione Europea è essa stessa una bolla. Nella fase del boom, la Ue era quella che lo psicoanalista David Tuckett definì un´"idea fantastica", irreale, ma affascinante. Era l´incarnazione stessa di società aperta, un´associazione di nazioni basata sui principi democratici, i diritti umani, la legalità, e nella quale nessuna nazionalità avrebbe avuto una posizione dominante rispetto alle altre.
GEORGE SOROSLa Germania è sempre stata in prima linea in questa impresa. Quando l´impero sovietico iniziò a disintegrarsi, i leader tedeschi si resero conto che la riunificazione del loro Paese sarebbe stata possibile soltanto nell´ambito di un´Europa più unita e furono disposti a fare considerevoli sacrifici per riuscirci. Quando giunse il momento di negoziare, furono disposti a dare qualcosa di più e a prendere un po´ meno degli altri, facilitando così che si arrivasse all´accordo. All´epoca gli statisti tedeschi erano soliti affermare che la Germania non aveva una politica estera indipendente, ma soltanto una politica europea.
George Soros
Il processo è culminato con il Trattato di Maastricht e con l´introduzione dell´euro, ai quali ha fatto seguito un periodo di stagnazione che dopo il crollo del 2008 si è trasformato in un processo di disintegrazione. Il primo passo lo ha fatto la Germania, quando Merkel - dopo la bancarotta di Lehman Brothers - ha dichiarato che la garanzia virtuale estesa ad altre istituzioni finanziarie sarebbe dovuta arrivare dall´azione di ogni Paese, e non dall´azione congiunta dell´Europa.
Il Trattato di Maastricht era difettoso in partenza. Il suo punto debole principale era del resto ben noto ai suoi artefici: instaurava un´unione monetaria senza che esistesse un´unione politica. Ma l´euro aveva anche altre imperfezioni strutturali delle quali i suoi artefici erano inconsapevoli e che perfino oggi non sono comprese appieno. In retrospettiva, la fonte principale di tutti i problemi è che gli Stati membri della zona euro hanno abdicato e ceduto alla Bce i loro diritti di creare moneta a costo forzoso.
ANGELA MERKEL
Non si sono resi affatto conto di quello che ciò implicava, e così pure le autorità europee. Quando l´euro è stato introdotto, i regolatori hanno consentito alle banche di acquistare quantità illimitate di titoli di Stato senza però accantonare alcun capitale azionario. E la Banca centrale ha accettato tutti i titoli di Stato al suo sportello-sconti alle stesse condizioni.
Le banche commerciali hanno così scoperto che era vantaggioso accumulare i titoli dei Paesi membri della zona euro più deboli per guadagnare qualche punto extra percentuale. È questo ad aver fatto sì che i tassi di interesse convergessero e che la competitività divergesse. La Germania, affaticata per gli oneri della riunificazione, ha intrapreso riforme strutturali ed è diventata più competitiva. Altri Paesi hanno goduto di bolle immobiliari e dei consumi, alle spalle di credito a basso costo, e ciò li ha resi meno competitivi.
Poi è subentrato il tracollo del 2008, che ha creato situazioni lontane da quelle previste dal Trattato di Maastricht. Molti governi hanno dovuto trasferire i passivi bancari sui loro bilanci e impegnarsi in una massiccia spesa in disavanzo. Questi Paesi si sono ritrovati nella posizione di quelli del Terzo mondo: indebitati in una valuta sulla quale non avevano controllo. A causa delle divergenti performance, l´Europa si è spaccata in due: da una parte i paesi creditori, dall´altra i paesi debitori. E tutto ciò sta avendo implicazioni politiche molto più ampie.
mario draghi La zona euro sta adesso ripetendo quello che è spesso accaduto nel sistema finanziario globale. C´è uno stretto parallelismo tra la crisi dell´euro e la crisi bancaria internazionale scoppiata nel 1982. Allora le autorità finanziarie internazionali fecero tutto quello che era necessario per proteggere il sistema bancario: inflissero l´austerità alla periferia per proteggere il centro. Adesso la Germania e gli altri Paesi creditori stanno inconsapevolmente rivestendo quello stesso ruolo.
BUNDESBANK
I creditori stanno rifilando l´onere dell´adeguamento ai Paesi debitori, eludendo le proprie responsabilità per ciò che riguarda gli squilibri. Proprio come negli anni Ottanta, tutta la colpa e l´onere stanno ricadendo sulla "periferia", mentre la responsabilità del "centro" non è mai stata neppure adeguatamente riconosciuta. Eppure, nella crisi dell´euro la responsabilità del centro è di gran lunga maggiore di quanto fu nel 1982.
Il "centro" è responsabile per aver messo a punto un sistema bacato, per aver promulgato trattati e perseguito politiche piene di imperfezioni, e per aver sempre fatto troppo poco e troppo tardi. Negli anni Ottanta l´America latina soffrì a causa di un decennio perduto; oggi un simile destino incombe sull´Europa. Questa è la responsabilità che la Germania e gli altri Paesi creditori devono riconoscere. Invece, non ci sono segnali che ciò stia accadendo. Le autorità hanno ancora tre mesi per correggere i loro errori. Dicendo "le autorità" intendo il governo tedesco e la Bundesbank.
Certo che la posizione della Merkel diventa difficile adesso, se tiene duro distrugge tutto come Gugliemo I nel 1914 e Hitler nel 1939, se molla è finita politicamente...
L'asse anti-Merkel è ogni giorno più forte...
George Soros Sono giunto alla conclusione che la crisi dell´euro minaccia di distruggere davvero l´Unione Europea. L´Unione Europea è essa stessa una bolla. Nella fase del boom, la Ue era quella che lo psicoanalista David Tuckett definì un´"idea fantastica", irreale, ma affascinante. Era l´incarnazione stessa di società aperta, un´associazione di nazioni basata sui principi democratici, i diritti umani, la legalità, e nella quale nessuna nazionalità avrebbe avuto una posizione dominante rispetto alle altre.
GEORGE SOROSLa Germania è sempre stata in prima linea in questa impresa. Quando l´impero sovietico iniziò a disintegrarsi, i leader tedeschi si resero conto che la riunificazione del loro Paese sarebbe stata possibile soltanto nell´ambito di un´Europa più unita e furono disposti a fare considerevoli sacrifici per riuscirci. Quando giunse il momento di negoziare, furono disposti a dare qualcosa di più e a prendere un po´ meno degli altri, facilitando così che si arrivasse all´accordo. All´epoca gli statisti tedeschi erano soliti affermare che la Germania non aveva una politica estera indipendente, ma soltanto una politica europea.
George Soros
Il processo è culminato con il Trattato di Maastricht e con l´introduzione dell´euro, ai quali ha fatto seguito un periodo di stagnazione che dopo il crollo del 2008 si è trasformato in un processo di disintegrazione. Il primo passo lo ha fatto la Germania, quando Merkel - dopo la bancarotta di Lehman Brothers - ha dichiarato che la garanzia virtuale estesa ad altre istituzioni finanziarie sarebbe dovuta arrivare dall´azione di ogni Paese, e non dall´azione congiunta dell´Europa.
Il Trattato di Maastricht era difettoso in partenza. Il suo punto debole principale era del resto ben noto ai suoi artefici: instaurava un´unione monetaria senza che esistesse un´unione politica. Ma l´euro aveva anche altre imperfezioni strutturali delle quali i suoi artefici erano inconsapevoli e che perfino oggi non sono comprese appieno. In retrospettiva, la fonte principale di tutti i problemi è che gli Stati membri della zona euro hanno abdicato e ceduto alla Bce i loro diritti di creare moneta a costo forzoso.
ANGELA MERKEL
Non si sono resi affatto conto di quello che ciò implicava, e così pure le autorità europee. Quando l´euro è stato introdotto, i regolatori hanno consentito alle banche di acquistare quantità illimitate di titoli di Stato senza però accantonare alcun capitale azionario. E la Banca centrale ha accettato tutti i titoli di Stato al suo sportello-sconti alle stesse condizioni.
Le banche commerciali hanno così scoperto che era vantaggioso accumulare i titoli dei Paesi membri della zona euro più deboli per guadagnare qualche punto extra percentuale. È questo ad aver fatto sì che i tassi di interesse convergessero e che la competitività divergesse. La Germania, affaticata per gli oneri della riunificazione, ha intrapreso riforme strutturali ed è diventata più competitiva. Altri Paesi hanno goduto di bolle immobiliari e dei consumi, alle spalle di credito a basso costo, e ciò li ha resi meno competitivi.
Poi è subentrato il tracollo del 2008, che ha creato situazioni lontane da quelle previste dal Trattato di Maastricht. Molti governi hanno dovuto trasferire i passivi bancari sui loro bilanci e impegnarsi in una massiccia spesa in disavanzo. Questi Paesi si sono ritrovati nella posizione di quelli del Terzo mondo: indebitati in una valuta sulla quale non avevano controllo. A causa delle divergenti performance, l´Europa si è spaccata in due: da una parte i paesi creditori, dall´altra i paesi debitori. E tutto ciò sta avendo implicazioni politiche molto più ampie.
mario draghi La zona euro sta adesso ripetendo quello che è spesso accaduto nel sistema finanziario globale. C´è uno stretto parallelismo tra la crisi dell´euro e la crisi bancaria internazionale scoppiata nel 1982. Allora le autorità finanziarie internazionali fecero tutto quello che era necessario per proteggere il sistema bancario: inflissero l´austerità alla periferia per proteggere il centro. Adesso la Germania e gli altri Paesi creditori stanno inconsapevolmente rivestendo quello stesso ruolo.
BUNDESBANK
I creditori stanno rifilando l´onere dell´adeguamento ai Paesi debitori, eludendo le proprie responsabilità per ciò che riguarda gli squilibri. Proprio come negli anni Ottanta, tutta la colpa e l´onere stanno ricadendo sulla "periferia", mentre la responsabilità del "centro" non è mai stata neppure adeguatamente riconosciuta. Eppure, nella crisi dell´euro la responsabilità del centro è di gran lunga maggiore di quanto fu nel 1982.
Il "centro" è responsabile per aver messo a punto un sistema bacato, per aver promulgato trattati e perseguito politiche piene di imperfezioni, e per aver sempre fatto troppo poco e troppo tardi. Negli anni Ottanta l´America latina soffrì a causa di un decennio perduto; oggi un simile destino incombe sull´Europa. Questa è la responsabilità che la Germania e gli altri Paesi creditori devono riconoscere. Invece, non ci sono segnali che ciò stia accadendo. Le autorità hanno ancora tre mesi per correggere i loro errori. Dicendo "le autorità" intendo il governo tedesco e la Bundesbank.
Certo che la posizione della Merkel diventa difficile adesso, se tiene duro distrugge tutto come Gugliemo I nel 1914 e Hitler nel 1939, se molla è finita politicamente...
L'asse anti-Merkel è ogni giorno più forte...
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Re: Come se ne viene fuori ?
Soros sostiene che abbiamo tre mesi di tempo per salvare l'euro.
Andiamo verso un primo settembre similare a quello del 1939'
Debito, la crisi Ue trascina al ribasso anche l’economia di Cina, India e Brasile
In Cina l’attività manifatturiera è ormai in contrazione, in Brasile la crescita economica si è praticamente fermata (+0,2% nei primi tre mesi dell’anno rispetto ai tre mesi precedenti) mentre nello stesso periodo l’economia indiana ha registrato la peggior performance degli ultimi 10 anni. Colpa, dicono gli analisti, della "zavorra" europea e dell'immensa mole di debito in scadenza che il vecchio continente dovrà rifinanziare. Con lo spettro di una tempesta economica perfetta
di Mauro Del Corno | 4 giugno 2012
La zavorra europea inizia a frenare anche gli sprinter dell’economia mondiale. Paesi come Cina, India o Brasile, che hanno continuato a correre garantendo un incremento del Pil globale del 4% anche nel 2011, mostrano ora e evidenti segni di affaticamento. In Cina l’attività manifatturiera è ormai in contrazione, in Brasile la crescita economica si è praticamente fermata (+0,2% nei primi tre mesi dell’anno rispetto ai tre mesi precedenti) mentre nello stesso periodo l’economia indiana ha registrato la peggior performance degli ultimi 10 anni. “La situazione è estremamente preoccupante” chiarisce Fabio Sdogati, docente di economia internazionale alla business school del Politecnico di Milano. “Fino a ieri, spiega, si poteva parlare di una grande divergenza nell’economia globale con Europa e in minor misura gli Stati Uniti in affanno e i cosiddetti Brics (Brasile, Russia, Cina, India e Sudafrica) in pieno boom ma oggi non è più così”. “Evidentemente il mondo è ancora più interconnesso di quanto pensassimo” conclude Sdogati che ci tiene infine a chiarire: “La colpa di quanto sta accadendo è comunque tutta e solo dell’Europa e delle scelte irresponsabili dei suoi governi”.
La situazione che desta più preoccupazioni è probabilmente quella del Brasile. Protagonista negli ultimi anni di un vero e proprio boom che ha portato il paese al sesto posto tra le economie del mondo e permesso a 30 milioni dei suoi abitanti di entrare a far parte della classe media, deve ora fare i conti con la fine del suo momento magico. La crescita del Pil è precipitata dal 7,5 del 2010 al 3% del 2011 e nella prima parte di quest’anno l’economia si è quasi fermata. Il mese scorso l’indice Pmi elaborato da Markit per misurare l’attività manifatturiera ha inoltre toccato quota 49,3 punti, al di sotto di quella linea dei confine dei 50 punti che fa da spartiacque tra crescita e contrazione. E’ vero che il governo ha già annunciato pacchetti di stimolo per l’economia e che la banca centrale sta favorendo un deprezzamento del real brasiliano per agevolare l’export ma potrebbe non bastare. Già in tempi non sospetti gli osservatori più attenti avevano messo in luce come il boom fosse troppo legato all’aumento delle quotazioni delle materie prime di cui il Brasile è forte esportatore senza che nel paese si assistesse un vero sviluppo dell’industria locale. Ora che i prezzi di petrolio e altre commodities iniziano a sgonfiarsi i nodi vengono al pettine.
Campanelli d’allarme a ripetizione stanno suonando anche in India dove nei primi tre mesi dell’anno il Pil è cresciuto “solo” del 5,3% rispetto all’anno prima. Un dato che dalle nostre parti verrebbe accolto con i caroselli per le strade ma che a Nuova Delhi significa la peggior performance da quasi 10 anni. E poi la Cina, seconda economia al mondo con un Pil da 11mila miliardi di dollari, che sta vivendo un progressivo rallentamento della crescita. Secondo le stime del Fondo Monetario Internazionale quest’anno l’incremento del Pil non andrà oltre l’ 8% a fronte di balzi del 10% ed oltre che avevano caratterizzato le annate precedenti. I dati dell’ufficio delle dogane mostrano infine come stiano frenando anche le esportazioni, salite ad aprile del 4,9% rispetto all’anno prima a fronte di incrementi vicini all’8% dei trimestri precedenti. Cosa ancor più grave per il resto del mondo che nella Cina trova anche un immenso mercato in continua espansione, le importazioni hanno addirittura smesso di crescere.
Come fa notare l’economista dell’istituto Ref ricerche Fedele De Novellis: “Che in questi paesi le cose non vadano più bene come prima lo si vede anche da come sono tornati ad agire sul cambio favorendo un indebolimento delle loro monete per favorire le esportazioni”. De Novellis trova però anche qualche elemento di ottimismo. “E’ vero che le importazioni frenano quasi ovunque ma almeno per ora tengono. Inoltre ci sono alcune aree come il Sud Est Asiatico che restano in ottima salute”.
C’è davvero da incrociare le dita. Nel 2008 la Cina svolse un ruolo chiave nell’aiutare l’economie occidentali a superare il trauma del crack di Lehman Brothers finanziando tra l’altro una spesa in disavanzo per quasi 600 miliardi di dollari. Se di fronte al precipitare della crisi europea non si aprisse neppure il paracadute dei Brics le conseguenze sarebbero ancora più devastanti. Si potrebbero realizzare allora anche le profezie più fosche come quella recentemente pronunciata da Standard and Poor’s. Secondo l’agenzia di rating nei prossimi 4 anni arriveranno infatti a scadenza prestiti, obbligazioni societarie e per 46mila miliardi di dollari (di cui oltre 11mila sono in Europa) contratti prima dello scoppio della crisi. Un ulteriore deterioramento della situazione economica renderebbe problematico rimpiazzare tutti i vecchi prestiti con nuove linee di credito scatenando sui mercati quella che la stessa agenzia definisce “una tempesta finanziaria perfetta”
IFQ
Andiamo verso un primo settembre similare a quello del 1939'
Debito, la crisi Ue trascina al ribasso anche l’economia di Cina, India e Brasile
In Cina l’attività manifatturiera è ormai in contrazione, in Brasile la crescita economica si è praticamente fermata (+0,2% nei primi tre mesi dell’anno rispetto ai tre mesi precedenti) mentre nello stesso periodo l’economia indiana ha registrato la peggior performance degli ultimi 10 anni. Colpa, dicono gli analisti, della "zavorra" europea e dell'immensa mole di debito in scadenza che il vecchio continente dovrà rifinanziare. Con lo spettro di una tempesta economica perfetta
di Mauro Del Corno | 4 giugno 2012
La zavorra europea inizia a frenare anche gli sprinter dell’economia mondiale. Paesi come Cina, India o Brasile, che hanno continuato a correre garantendo un incremento del Pil globale del 4% anche nel 2011, mostrano ora e evidenti segni di affaticamento. In Cina l’attività manifatturiera è ormai in contrazione, in Brasile la crescita economica si è praticamente fermata (+0,2% nei primi tre mesi dell’anno rispetto ai tre mesi precedenti) mentre nello stesso periodo l’economia indiana ha registrato la peggior performance degli ultimi 10 anni. “La situazione è estremamente preoccupante” chiarisce Fabio Sdogati, docente di economia internazionale alla business school del Politecnico di Milano. “Fino a ieri, spiega, si poteva parlare di una grande divergenza nell’economia globale con Europa e in minor misura gli Stati Uniti in affanno e i cosiddetti Brics (Brasile, Russia, Cina, India e Sudafrica) in pieno boom ma oggi non è più così”. “Evidentemente il mondo è ancora più interconnesso di quanto pensassimo” conclude Sdogati che ci tiene infine a chiarire: “La colpa di quanto sta accadendo è comunque tutta e solo dell’Europa e delle scelte irresponsabili dei suoi governi”.
La situazione che desta più preoccupazioni è probabilmente quella del Brasile. Protagonista negli ultimi anni di un vero e proprio boom che ha portato il paese al sesto posto tra le economie del mondo e permesso a 30 milioni dei suoi abitanti di entrare a far parte della classe media, deve ora fare i conti con la fine del suo momento magico. La crescita del Pil è precipitata dal 7,5 del 2010 al 3% del 2011 e nella prima parte di quest’anno l’economia si è quasi fermata. Il mese scorso l’indice Pmi elaborato da Markit per misurare l’attività manifatturiera ha inoltre toccato quota 49,3 punti, al di sotto di quella linea dei confine dei 50 punti che fa da spartiacque tra crescita e contrazione. E’ vero che il governo ha già annunciato pacchetti di stimolo per l’economia e che la banca centrale sta favorendo un deprezzamento del real brasiliano per agevolare l’export ma potrebbe non bastare. Già in tempi non sospetti gli osservatori più attenti avevano messo in luce come il boom fosse troppo legato all’aumento delle quotazioni delle materie prime di cui il Brasile è forte esportatore senza che nel paese si assistesse un vero sviluppo dell’industria locale. Ora che i prezzi di petrolio e altre commodities iniziano a sgonfiarsi i nodi vengono al pettine.
Campanelli d’allarme a ripetizione stanno suonando anche in India dove nei primi tre mesi dell’anno il Pil è cresciuto “solo” del 5,3% rispetto all’anno prima. Un dato che dalle nostre parti verrebbe accolto con i caroselli per le strade ma che a Nuova Delhi significa la peggior performance da quasi 10 anni. E poi la Cina, seconda economia al mondo con un Pil da 11mila miliardi di dollari, che sta vivendo un progressivo rallentamento della crescita. Secondo le stime del Fondo Monetario Internazionale quest’anno l’incremento del Pil non andrà oltre l’ 8% a fronte di balzi del 10% ed oltre che avevano caratterizzato le annate precedenti. I dati dell’ufficio delle dogane mostrano infine come stiano frenando anche le esportazioni, salite ad aprile del 4,9% rispetto all’anno prima a fronte di incrementi vicini all’8% dei trimestri precedenti. Cosa ancor più grave per il resto del mondo che nella Cina trova anche un immenso mercato in continua espansione, le importazioni hanno addirittura smesso di crescere.
Come fa notare l’economista dell’istituto Ref ricerche Fedele De Novellis: “Che in questi paesi le cose non vadano più bene come prima lo si vede anche da come sono tornati ad agire sul cambio favorendo un indebolimento delle loro monete per favorire le esportazioni”. De Novellis trova però anche qualche elemento di ottimismo. “E’ vero che le importazioni frenano quasi ovunque ma almeno per ora tengono. Inoltre ci sono alcune aree come il Sud Est Asiatico che restano in ottima salute”.
C’è davvero da incrociare le dita. Nel 2008 la Cina svolse un ruolo chiave nell’aiutare l’economie occidentali a superare il trauma del crack di Lehman Brothers finanziando tra l’altro una spesa in disavanzo per quasi 600 miliardi di dollari. Se di fronte al precipitare della crisi europea non si aprisse neppure il paracadute dei Brics le conseguenze sarebbero ancora più devastanti. Si potrebbero realizzare allora anche le profezie più fosche come quella recentemente pronunciata da Standard and Poor’s. Secondo l’agenzia di rating nei prossimi 4 anni arriveranno infatti a scadenza prestiti, obbligazioni societarie e per 46mila miliardi di dollari (di cui oltre 11mila sono in Europa) contratti prima dello scoppio della crisi. Un ulteriore deterioramento della situazione economica renderebbe problematico rimpiazzare tutti i vecchi prestiti con nuove linee di credito scatenando sui mercati quella che la stessa agenzia definisce “una tempesta finanziaria perfetta”
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