prendetevi un maloox prima di leggere , ma qui dentro c'è tutto il dramma Morettiano " i voti non se li guadagna, ma se li compra, attraverso le sue televisioni" tant'è che defenestrato Fede arriva la versione pulita del tg 4 extended version .... per pesca d'altura .
l TG4 cambia look e non solo: intervista al direttore GIOVANNI TOTI
di Francesco Chignola
«Direttore, le monetine». Nell’ufficio di Giovanni Toti, di fronte ai monitor che trasmettono i principali canali di news italiani, si gira il promo del Tg4 che andrà in onda, rinnovato, da settembre. Ma il regista interrompe le riprese: forse a causa di una nervosa timidezza, il direttore gioca con le monete che ha in tasca, facendo un rumore metallico che disturba i microfoni. La scena è da rifare.
L’atmosfera però è rilassata, il direttore scherza con lo staff che gira lo spot e con la giornalista che veste i panni di protagonista, Francesca Romanelli. Fuori dal suo studio, un lunghissimo e luminoso open space, rinnovato, ripulito e imbiancato di fresco: è la nuova redazione congiunta del Tg4 e di Studio Aperto.
«Stanno velocemente integrandosi» ci racconta il direttore «La vera novità è che
un’unica grande redazione produce due brand che sono anche in qualche modo agli antipodi per target di pubblico e di rete. Ma incrociando sensibilità e facendo sinergia, una cosa fondamentale per far funzionare qualsiasi struttura in un momento di crisi, riusciamo ad aumentare i volumi di prodotto senza aumenti d’organico».
Dal prossimo autunno ci saranno altre novità?
«Quella principale è l’
edizione delle 14 del Tg4, che si aggiunge a quelle del mattino e della sera. Da settembre parte anche un importante restyling dello studio, della sigla e anche della grafica, che si uniforma a quella della rete».
Dal suo arrivo, le due conduttrici sono state il cambiamento più immediato rispetto al passato…
«La Gasparini e la Corbi hanno avuto un ottimo successo. Sono due facce di lunga navigazione televisiva, però fresche e nel pieno della maturazione professionale, quindi erano perfette per rilanciare un telegiornale come il Tg4. Non erano giovani promesse del giornalismo né decane della professione come Fede: la giusta via di mezzo».
Però siete tutti e tre «under 50». La vostra età ha contribuito a dare la forma al nuovo Tg?
«C’è un salto generazionale e anche un indubbio tentativo della rete di essere più giovane. Ed è un tentativo che sta riuscendo: dai primi studi di marketing che abbiamo fatto, il Tg4 della sera ha già modificato sensibilmente il suo profilo di pubblico, sono aumentati gli uomini, è aumentato il livello qualitativo del pubblico, la sua scolarizzazione, si è uniformato a livello geografico. Il primo risultato l’abbiamo ottenuto».
Rimarranno da sole ad alternarsi anche in autunno?
«Vorrei un terzo volto per il telegiornale delle 19. A ottobre, quando saremo a pieno regime, probabilmente ruoteranno tre facce. E mi piacerebbe avere un uomo».
Ha già qualche idea?
«Sicuramente qualcuno dentro Mediaset».
Magari una co-conduzione all’americana?
«No, la conduzione doppia non mi è mai piaciuta».
Che caratteristiche dovrebbe avere?
«Come le due ragazze: un quarantacinquenne, professionalmente maturo ma ancora in grado di dare parecchio. Ne abbiamo tanti in azienda, alcuni sono sottovalorizzati. Non sarà difficile trovarlo. Semmai sarà difficile strapparlo agli altri direttori (Ride). Non facciamo nomi, sennò preparano le barricate».
Francesca Romanelli (foto Frezza-La Fata)
E lei invece vuole rimanere sempre dietro le quinte?
«Sì, guardi, condurre è un lavoro stressante…».
Anche dirigere due telegiornali.
«Appunto, non puoi fare tutte le parti in commedia, dirigere due tg è davvero impegnativo. Tutti i giorni pensi 40 o 50 servizi, parli con i politici, passi ore al telefono con Roma. La figura del direttore-conduttore secondo me è francamente impossibile e velleitaria. Uno fa bene una cosa, o l’altra cosa. Io preferisco far bene questa, perché mi dà più soddisfazione. E poi il mio profilo televisivo non è da front man. Andare in onda non mi interessa».
Che differenza c’è tra la direzione dei due Tg?
«Sono due cose diverse.
Il Tg4 delle 19 è un telegiornale di analisi della realtà, ti dà la soddisfazione di cercare di prendere i fatti che si sono srotolati durante la giornata, cercare di dare un’interpretazione, approfondirli, spiegare da che parte va la politica e l’economia a un pubblico già informato che pretende che le notizie siano ben articolate. Studio Aperto è un telegiornale molto diverso, anche se dipende dalla singola edizione».
Ma quale la diverte di più?
«Il vero divertimento è la sfida editoriale che parte da un progetto industriale: continuare a fare una tv di qualità ai costi che la crisi attuale ci permette di sostenere, ma senza omologare l’informazione. Noi stiamo riuscendo da qualche mese a fare bene sia un Tg4 con un taglio più tradizionale, sia un notiziario tabloid com’è Studio Aperto. E lo facciamo con le stesse persone: questo dà l’idea della qualità professionale delle persone che lavorano a Mediaset».
Sono anche due modi di raccontare la stessa notizia.
«L’idea di aver mescolato le due redazioni ha portato una grande ricchezza: da una parte c’è l’esperienza consolidata dei colleghi con un’età professionale superiore, dall’altra c’è la freschezza dei ragazzi di Studio Aperto, tutti trentenni e con una capacità di lavoro e di fatica decisamente alta. A tavolino può sembrare un mostro, ma ha creato una sinergia creativa inaspettata, una sorta di Big Bang: l’entusiasmo è primordiale».
Se domani le dicessero che può tenerne uno solo? È come chiedere se si vuol più bene a mamma o a papà?
«Quando mi hanno nominato direttore del Tg4, io sapevo di dover diventare direttore del Tg4. Poi è nata l’idea di fondere le due redazioni, perché l’azienda cerca di creare organismi produttivi per produrre più informazioni nelle compatibilità economiche che ci chiedono. Se dovesse restarmene uno solo è evidente che resterei al Tg4 perché era la scelta iniziale dell’editore. Ma voglio bene a tutti e due i bambini».
Nel caso, chi vedrebbe bene come successore a Studio Aperto?
«Ci sono tantissime professionalità interne, il giochino dei nomi non si può fare perché verrei subito subissato dalle telefonate…».
Irene Tarantelli (foto Frezza-La Fata)
Quanto si sente ancora in redazione l’impronta e l’eredità di Emilio Fede?
«Credo che l’impronta di Emilio Fede si senta in tutto il giornalismo italiano, non solo nel Tg4. Era l’uomo di Vermicino, della prima grande diretta, poi del Tg4 e dell’annuncio della Guerra del Golfo, di Bellini e Cocciolone. È anche l’uomo che quando Berlusconi è sceso in campo ha avuto il coraggio di dire «io sto con lui» facendo un’informazione sicuramente schierata ma leale nei confronti dello spettatore».
E adesso cos’è cambiato?
«
Oggi noi abbiamo bisogno di fare un passo avanti. L’editore vuole dal Tg4 un’informazione che sia aderente alle esigenze di un paese che è in seria difficoltà e che non ha bisogno di contrapposizioni nette tra le persone: smussare i toni vuol dire salvare tutta la casa. Il momento economico è talmente difficile che non possiamo più permetterci i lussi da Guelfi contro Ghibellini».
C’è anche questo elemento nella prossima evoluzione del Tg4?
«C’è già stato. La prima cosa che ho fatto è stato far intervenire tutti i leader politici di ogni schieramento e aprire a tutti gli editorialisti. I vertici mi hanno chiesto di fare un telegiornale autorevole. L’unico modo che conosco è fare un telegiornale completo, e l’unico modo per farlo è far sentire tutte le voci di ogni partita. Questa è l’evoluzione: non solo modernizzarlo dal punto di vista grafico e creativo. Questo paese è stato congelato vent’anni, come quelli della direzione di Fede, nello scontro tra berlusconiani e antiberlusconiani.
Ognuno di loro aveva le sue ragioni e ognuno aveva i suoi torti, ma oggi mi sembra che il clima sia decisamente svelenito. Sicuramente il Tg4 non sarà un ultrà da una parte né dall’altra. Resterà moderato».
Lei ha dichiarato che sua moglie Siria Magri è molto critica nei confronti del suo lavoro. Come si coniugano le vostre vita personali e professionali?
«Non so quanto le due si sleghino: tre quarti della nostra vita si svolge dentro Mediaset e la quasi totalità parlando di lavoro, ma il suo giudizio ora è positivo. Mi ha seguito sempre ed è il mio primo consigliere, oltre che una delle persone più brave a fare televisione in assoluto. Detto questo, è di rara pignoleria, mentre io sono un pochino più facilone. Magari io ho l’idea buona, mentre lei ha anche la costanza e la pervicacia nel perseguirla in ogni dettaglio. Però capita che a fine giornata io le chieda“hai visto com’è venuto bene oggi?” e lei risponda: “Sì, però poteva essere fatta meglio”. Quel suo “però” ogni tanto mi manda in bestia…».