Renzi

E' il luogo della libera circolazione delle idee "a ruota libera"
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UncleTom
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Re: Renzi

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Dalla prima pagina de Il Fatto Quotidiano:

R E F E R E N D UM Fallisce il tentativo di rinviare il voto, si spera nel ricorso di Onida
Renzi rimane solo con Alfano
e vuole silenziare il Fatto in tv


Il ministro dell’I n te r n o rilancia l’idea di spostare la consultazione a causa del sisma, ma la partita è chiusa e pure il premier si affretta a bocciare l’usc ita di Angelino. I numeri dei sondaggi preoccupano ancora Palazzo Chigi
D’ESPOSITO E ROSELLI A PAG. 2 - 3
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Re: Renzi

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NEL PD RENZIANO LA DISFUNZIONE DELLA TIROIDE E' UN OBBLIGO

https://it.wikipedia.org/wiki/Cretinismo



L'ora della grande paura per i Matteo boys "Rischiamo il disastro"
Laura Cesaretti - Gio, 03/11/2016 - 08:18
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«Ma quale rinvio, sarebbe un disastro per noi». Non ha dubbi, l'alto dirigente renziano del Pd: lo spostamento del referendum al prossimo anno a Palazzo Chigi viene visto nel modo più negativo possibile. Un «disastro» per la riforma e i suoi sostenitori: «Non è un caso che, a presentare affannosamente ricorsi su ricorsi per rinviare il voto, siano gli azzeccagarbugli del No, che evidentemente ne temono l'esito». ( ipotiroidismo congenito-ndt )


Sono ore di suspense, perché è attesa la sentenza del tribunale civile di Milano sul ricorso studiato per l'appunto dall'emerito Valerio Onida, che fu brevemente presidente della Corte Costituzionale (nell'era in cui la Consulta attuava un frenetico turn-over dei propri presidenti, e i maligni sospettavano lo facesse per ragioni di benefit pensionistici). E che oggi è uno degli alfieri del No.

Il governo, attraverso l'avvocatura di Stato, si è fieramente opposto al tentativo di bloccare la consultazione tramite rinvio alla Consulta per «disomogeneità del quesito». Ma il verdetto è atteso in un clima di fibrillazione. Certo, i precedenti (come la secca bocciatura di un analogo ricorso presentato al Tar del Lazio) dovrebbero indurre all'ottimismo, perché - come spiegano insigni giuristi - la messa in discussione di un voto parlamentare e di una pronuncia della Cassazione per via giudiziaria costituirebbe «un precedente gravissimo». Ma, vista la imperscrutabilità delle pronunce giurisdizionali nel nostro Paese, l'ansia c'è.

Renzi ha già ripetutamente messo una pietra tombale sulle ipotesi di rinvio del referendum avanzate in sede politica dopo il terzo terremoto in Italia centrale. «Una boutade giornalistica, non esiste», ha detto liquidando il suggerimento avanzato dal Pd Pierluigi Castagnetti. E ieri raccontano che il premier fosse doppiamente irritato per il rilancio di Angelino Alfano, che ha immediatamente tacitato: «Nessun rinvio, è un dibattito surreale. Terremoto e referendum non hanno niente a che fare». Il premier è infastidito da quelli che considera solo «assist» al fronte del No: non solo, spiegano i suoi, avallare voci di rinvio fa il gioco delle opposizioni, pronte ad accusare il fronte del Sì di «avere paura». Ma in casa renziana c'è la convinzione che prima si vota meglio è: il trend per il Sì è in costante salita nei sondaggi di Palazzo Chigi e la campagna pro-riforma sta prendendo slancio: «Uno stop sarebbe deleterio per noi».

Ma, secondo alcuni, ad alimentare l'irritazione renziana sarebbe anche il sospetto che una parte del suo stesso schieramento tifi per la dilazione. E c'è chi non nasconde il timore che persino sul Colle più alto, tra i suoi attuali o passati inquilini, si nutra la tentazione di temporeggiare, non solo per «svelenire» il clima politico nell'emergenza sisma, ma anche per la acuta preoccupazione di una situazione che, in caso di vittoria del No e dimissioni del premier, rischia di rivelarsi ingestibile. Il nuovo impennarsi dello spread viene interpretato come un'inquietante avvisaglia di quel che potrebbe abbattersi sull'Italia in caso di sconfitta renziana. Sospetti alimentati dal fatto che, a farsi portavoce del tentativo di congelare il voto siano stati personaggi molto vicini a Sergio Mattarella, come Castagnetti, o assai sensibili agli umori quirinalizi, come Alfano. Senza contare, continuano i malpensanti, che la gabola per forzare il rinvio è stata congegnata da un ex «saggio» nominato da Giorgio Napolitano come Valerio Onida. Renzi fa muro: «Tra un mese si vota». Intanto la minoranza bersaniana si accoda al fronte del No, con lo stesso ex segretario e mancato premier che annuncia manifestazioni contro la riforma da lui stesso (per tre volte) votata in Parlamento.
cielo 70
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Re: Renzi

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UncleTom ha scritto:il manifesto 2.11.17
Perché Renzi perde anche se a vincere sarà il Sì
Referendum. Ad avvantaggiarsi della devastazione della Carta sarebbe con ogni probabilità il M5S, che già oggi diversi sondaggi danno come primo partito in Italia
di Alberto Burgio
Non so quanto possa essere meglio uno scenario del genere.
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Re: Renzi

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NEL PAESE DEL BUNGA-BUNGA, LA TRUFFA E' IL MIO MESTIERE
Pinocchio Mussoloni

COSE DI CASTA Tutto già deciso ancora prima del referendum del 4 dicembre

Altro che tagliare:
il nuovo Senato
regala l’aumento
ai superburocrati


Con l’occasione della riforma in arrivo, i funzionari del Parlamento si rimangiano le riduzioni di stipendio del 2013 e colgono l’attimo per incassare sino a 1.600 euro in più al mese
ZANCA A PAG. 4
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Re: Renzi

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GENOVA Patteggiano gli imputati del crac
Chil Post, messaggi e email
imbarazzano il papà del premier



PATTEGGIAMENTO
Il pm ha detto sì: Mariano Massone ha pagato 20 mila euro ai creditori e ha ottenuto i lvia libera per il rito alternativo. La pena concordata tra accusa e difesa è due anni e due mesi. Potrebbe chiudersi così, il 24novembre, la vicenda giudiziaria di Massone e di Antonello Gabelli (che patteggerebbe un anno e otto mesi) e della Chil Post cheTiziano Renzi aveva ceduto ai due imprenditori piemontesi. Il padre del premier era stato indagato per bancarotta fraudolenta, ma nel luglio scorso ha ottenuto l’archiviazione. Caso chiuso. Nelle mani degli investigatori genovesi è finito, però, un articolo pubblicatomercoledì dal quotidiano La Verità. Si riferisce di contatti, messaggi, mail che sarebbero intercorsi negli ultimi mesi tra Massone e Tiziano Renzi. Un elemento di imbarazzo per il padre del premier, perché, scrive il giornale, l’archiviazione poggiava sul presuppostoche Renzi senior non fosse intervenuto negli affari di Massone. Il Fatto ha sentito Massone e gli ha chiesto un commento sulle frasi a lui attribuite. Massone ha preferito non rispondere: “Non ho niente da dire”.
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Re: Renzi

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Referendum, i timori di Renzi: così si prepara due vie d'uscita
Matteo Renzi starebbe pensando a due soluzioni per andare alle elezioni anticipate sia in caso di sconitta al Referendum sia in caso di vittoria del Sì


Claudio Cartaldo - Ven, 04/11/2016 - 11:50
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Matteo Renzi ha un piano per il dopo Referendum. La politica è questione di scelte immediate e la tattica è fondamentale.


Il premier sta dunque pensando a come gestire il risultato del voto referendario del 4 dicembre, soprattutto se dovesse primeggiare il No. Di certo c'è che il segretario del Pd sta pensando alle elezioni anticipate. In entrambi i casi.

Le due strade di Renzi
Secondo quanto scrive il Messaggero in un retroscena, Renzi ha pronte due strade possibili in caso di vittoria del No. Se i cittadini bocceranno le "sue" riforme, allora è probabile che il premier non si dimetta immediatamente ma aspetti - per evitare crisi immediate - l'arrivo di gennaio. Mattarella sarebbe irritato dal dover nominare un nuovo governo nel bel mezzo dell'approvazione della legge di bilancio. Non solo. Una volta date le dimissioni, invece, Renzi vorrebbe riprendere a due mani le redini del Pd e giocare la partita elettorale da una posizione meno istituzionale di quanto non debba fare ora che siede a Palazzo Chigi. E così ha fatto recapitare al Quirinale questo messaggio: non intendo accettare un nuovo incarico e il Pd sosterrà solo un premier transitorio che porti alle elezioni anticipate. Il motivo? Vuole evitare di trovarsi impantanato nella ricerca di una nuova maggioranza ed è certo di poter dire la sua alle urne. E così proporrà a Matteralla due nomi per il ruolo di presidente del Consiglio: Pier Carlo Padoan, ora ministro dell'Economia, oppure Dario Franceschini, ministro della Cultura. La scelta potrebbe dipendere dalla reazione dei mercati alla notizia della vittoria del No. Se dovesse presentarsi una tempesta finanziaria, allora sarebbe Padoan l'uomo preferito. In caso contrario sarebbe il turno di Franceschini che, dice il Messaggero, garantirebbe maggior collegamento tra via del Nazzareno e piazza Colonna.

Ovviamente Renzi non ha piacere a pensare ad una sconfitta referendaria. E preferisce immaginare di uscirne vittorioso. Se così dovesse essere il premier porterà comunque gli italiani al voto, visto che - è il suo ragionamento - non avrebbe senso tenere in vita un Senato che nei fatti non esisterebbe più come prima. Le elezioni concluderebbero allora il disegno renziano: ottenere più voti degli altri e governare finalmente da solo. Come in una monarchia.
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Re: Renzi

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IERI QUESTA NOTIZIA L'AVEVA ANTICIPATA IL GIORNALE. MA GLI AVEVO DATO UN PESO RELATIVO, SAPENDO CHE QUELLO E' IL GIORNALE DEL "PARON".

OGGI, INVECE, VIENE RIPRESA ANCHE DAL FATTO QUOTIDIANO, E QUINDI ASSUME UN ALTRO ASPETTO.



» POLITICA
venerdì 04/11/2016
Referendum, Berlusconi dichiara guerra a Renzi: “Merita una dura lezione”
Berlusconi raduna i colonnelli azzurri e pronuncia un monologo durissimo contro il premier: “Mi impegnerò per il No. Ormai Renzi non buca più il video e gli darò il colpo finale”

di Fabrizio d’Esposito | 4 novembre 2016
| Commenti (0)
Incontenibile, per usare l’aggettivo di un commensale ieri a Palazzo Grazioli, residenza privata di B. nella Capitale. “È stato incontenibile, il Presidente è in una forma smagliante, ha quasi sempre parlato solo lui”. Silvio Berlusconi raduna i colonnelli azzurri a pranzo e si esibisce in un monologo durissimo contro il premier. Agita finanche un mazzo di slide. È la supermedia dei sondaggi sul referendum: “Il No è in forte vantaggio, altro che rinvio come vuole Renzi. Io sono contrario e i miei avvocati mi hanno spiegato che tecnicamente è impossibile rinviarlo. Non esiste alcuna trattativa”.

Attorno a lui, in ordine sparso ci sono: i capigruppo parlamentari Romani e Brunetta, Gasparri, le ex ministre Bernini e Gelmini, Toti, i suoi due nuovi angeli custodi Giacomoni e Valentini, Gianni Letta, Ghedini. Dopo settimane di silenzi e di sospetti “nazareni” degli alleati fascioleghisti, l’ex Cavaliere stavolta ha sciolto davvero la riserva: “Mi impegnerò per il No, farò campagna nelle due ultime settimane, quelle decisive. Ormai Renzi non buca più il video e gli darò il colpo finale”. Non a caso, la riunione a tavola inizia con un po’ di ritardo perché B. ha completato alcune registrazioni. Interviste tv o video per le manifestazioni forziste in giro d’Italia.

“Mi impegnerò per il No”, la frase berlusconiana rivela la scelta finale della strategia azzurra tra la carota della colomba Confalonieri – propedeutica a un basso profilo per favorire Renzi – e il bastone propugnato dallo stesso ex premier. Ha vinto il bastone perché l’ottuagenario B., altro pokerista di talento, vuole “intavolare una nuova trattativa negoziale con Renzi solo da una posizione di forza”, come spiega un secondo commensale. Solo con “una dura lezione al premier il 4 dicembre” si potranno aprire altri ragionamenti e disegnare altri scenari, aggiunge un terzo. Quali? In merito, l’ex Cavaliere non si sbilancia.

Al posto suo lo fanno altri, come Romani, che si soffermano su “un governo di scopo” per fare la nuova legge elettorale. Tutto, ovviamente, tranne che l’Italicum, “che spalancherebbe le porte ai grillini”. Quanto al baratro predicato dai sostenitori del Sì sulle conseguenze di un No paragonato alla Brexit, questa la versione di Berlusconi: “Alla gente non importa nulla del referendum. A fallire sono state le politiche economiche di Renzi e del suo governo”. L’ex Cavaliere chiarisce anche il motivo principale per cui metterà la faccia sul No: “Al Nord molti nostri elettori sono tentati dal Sì, tocca a me spiegare loro che sbagliano”.

Ecco il punto. Ecco perché, dal suo punto di vista tattico, B. è costretto a buttarsi sul No: “Col Sì nascerebbe il Partito della Nazione che rischierebbe seriamente di toglierci voti”. Invece, la vittoria dell’altro fronte porterebbe anche alla definitiva rinascita del centrodestra coi fascioleghisti di Salvini e Meloni, altro infinito tormentone di casa ad Arcore e Palazzo Grazioli e peggiorato con l’investitura di Stefano Parisi, nuovo volto moderato del berlusconismo civico.

Durante la riunione, si è speso per la causa antirenziana persino Gianni Letta, colomba storica ma che una settimana fa, come rivelato dal Fatto, si era schierato con Berlusconi nel pieno di un aspro confronto con Fedele Confalonieri, esponente del partito Mediaset da sempre filogovernativo. Chi c’era, infine, riferisce di un clima “ottimista ma guardingo”. Da vero giocatore, Berlusconi, adesso ha un solo obiettivo: battere Renzi e far vincere il No. Il resto, tra governo di scopo e alleanze, verrà dopo perché “se Renzi dovesse perdere, il 5 dicembre ci sarà un paesaggio politico completamente nuovo”. E a B., adesso, interessa soprattutto sedersi al tavolo dei vincitori.
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Re: Renzi

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sabato 19 marzo 2011
la parabola delle rane bollite
di lo Scorfano

Oggi ho sentito alla radio un non so chi che raccontava «la parabola della rana bollita»: magari tutti sapete da sempre di cosa si tratta e state già sbuffando. Io invece non sapevo niente e la parabola mi ha sorpreso e lasciato interdetto; e sono anche andato sul web a cercare delle conferme sulla sua veridicità, prima di rifletterci davvero e di cominciare a crederci. E tuttora non so se la parabola della rana bollita abbia una sua qualche pertinenza scientifica o se invece sia come il paradosso del calabrone, una storiella per allocchi senza alcun fondamento razionale.

In ogni caso, la parabola della rana bollita dice questo: dice che se voi mettete una rana nell’acqua molto calda, la rana spiccherà un balzo rapidissimo per cercare di scappare via; e probabilmente ce la farà. Se invece la mettete in una pentola con acqua a temperatura ambiente, e poi appoggiate la pentola su una fonte di calore media e costante, che scaldi piano piano l’acqua, la rana non scapperà via. Anzi, mentre la temperatura salirà dai 20 ai 27 gradi centigradi, essa rana sguazzerà sempre più beatamente nella sua acqua sempre più piacevolmente tiepida. Poi lentamente la temperatura dell’acqua salirà ancora e la rana si intorpidirà, perderà forza e non sarà più in grado di saltare. E bollirà dolcemente senza nemmeno rendersene conto (forse): e sarà arrivata a essere la rana irrimediabilmente bollita che dà il titolo alla parabola stessa.
Io non so se tutto questo sia vero.
Non so se una rana sia in grado sul serio di schizzare via dall’acqua bollente o anche solo molto calda. In questo momento non mi interessa nemmeno saperlo, vi dico la verità. Quello che mi angoscia di questa storia è che io non credo affatto che la storia voglia insegnarci che dobbiamo usare una fonte di calore costante, per bollire le rane; o che le rane sono le nostre vittime e che stiamo distruggendo un qualsiasi ecosistema del nostro pianeta; o che l’acqua bollente, tutto sommato, fa male ed è meglio non infilarci un dito dentro. La parabola, temo, ci dice che tutti siamo rane; o almeno che lo siamo in tanti e che forse siamo tutti dentro una pentola.

Rane malferme e indebolite che probabilmente dovrebbero saltare via ma non sanno né da dove né perché. E nemmeno sanno in quale direzione saltare. Rane che per ora stanno ancora bene, meglio di come siano mai state prima nella loro storia di esseri viventi: acqua a ventisette gradi centigradi, tepore stordente, nessuna fatica, mortalità infantile ai minimi di sempre, piccoli viaggi, televisione sempre accesa, informazioni tutte disponibili, connessioni wireless. Ma ci dice anche che questo è uno stare bene pericoloso, da acqua riscaldata artificialmente: e se il calore aumenta, allora c’è da qualche parte una fonte di calore; e se c’è da qualche parte una fonte di calore, allora da qualche altra parte c’è qualcuno con un accendino; un qualcuno che ci sta bollendo, che ci vuole bollire, che ci vuole impedire di scappare.

E forse questi sono gli ultimi istanti che abbiamo per scappare via. Forse, se non lo facciamo ora, dopo non potremo farlo mai più. Forse c’è qualcuno che ride, mentre noi felicemente ci godiamo il nostro calduccio di questi anni bolliti e non ci rendiamo conto che è un calduccio assassino. A meno che, e mi sento male a scriverlo, a mano che, e non vorrei mai dirlo, né di me né di nessuno di voi, a meno che, adesso lo dico, non siamo già tutti completamente bolliti, senza saperlo: e di scappare non se ne può più nemmeno parlare.

* * *

O forse, niente di tutto questo, perché a dire il vero noi non siamo rane.

E allora c’è solo che oggi è scoppiata di botto la primavera, e il sole scalda le strade, e i gatti si muovono da un’aiuola all’altra con passo attento e pigro, i ragni trottano, le papere nuotano, e l’aria tiepida ha un profumo meraviglioso che non mi ricordavo nemmeno più che potesse avere. E le rane bollono altrove, chissà dove.

pubblicato da Il Disagiato a 09:01
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Re: Renzi

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Giornalettismo 4.11.16
I dieci comandamenti di Renzi sui confronti tv: sì ai leghisti, no ai 5 Stelle
Il restroscena Stampa: il premier ai ministri chiede maggiore impegno per la campagna elettorale


Più si avvicina il giorno del voto sulla riforma costituzionale, più i confronti in tv tra sostenitori del ‘Sì’ e del ‘No’ diventano importanti per convincere gli elettori ancora indecisi. Dalle parti di Matteo Renzi ci si organizza per evitare errori nei talk show e favorire così la rimonta sul largo fronte dell’opposizione (che gli ultimi sondaggi segnalano in vantaggio di qualche punto).
Ilario Lombardo sulla Stampa racconta oggi di una sorta di ‘decalogo’ del premier per l’uso della tv nell’ultimo cruciale mese di campagna elettorale:
Sì ai confronti tv con i leghisti, no con i 5 Stelle. I faccia a faccia servono per mostrare la distanza tra chi «vuole cambiare le cose» e chi «rappresenta il passato». Nel team che segue il comitato del Sì per sintetizzare lo chiamano «il volto peggiore del No». E allora ben vengano Matteo Salvini, o gli ex Pd Stefano Fassina e Alfredo D’Attore, due dei nomi fatti in questi giorni, non proprio rampanti per ritmo televisivo, e rappresentativi, secondo il premier e i suoi guru mediatici, di «chi sa solo essere disfattista». Ben venga Renato Brunetta e ancora sì ai «dinosauri da Prima Repubblica» resuscitati da un dibattito che rimette in gioco la Costituzione. Lo schema è quello di Renzi vs Ciriaco De Mita del programma Sì o No? di Enrico Mentana, l’unico a riprodurre la tribuna in chiave referendaria (questa sera tutta al femminile).
Il premier avrebbe chiesto anche a due nomi pesanti del governo, Dario Franceschini e Andrea Orlando, di «metterci la faccia» nella campagna elettorale. Una mossa studiata da Renzi per inchiodare anche altre figure di primo piano alle loro responsabilità, ed evitare di sfilarsi in caso di sconfitta dopo il 4 dicembre. Per quanto riguarda gli avversari del Movimento 5 Stelle, l’atteggiamento dei renziani è quello di evitare i duelli. Racconta ancora Lombardo: L’ordine è di evitare i grillini. Populisti, certo, ma non rientrano nella categoria del vecchio. Sono e appaiono giovani. Renzi ha lanciato la sfida a Beppe Grillo, e ieri il comico gli ha risposto: «Se vuoi mi trovi in piazza, tra la gente». Grillo conosce le logiche tv e infatti: «Sei a caccia di anziani come Zagrebelsky e De Mita. Vuoi confrontarti in tv? – rilancia -. Abbiamo un vicepresidente della Camera giovane e bello». In realtà, di confronti tv lo stesso Luigi Di Maio non ne voleva sapere. E finora le presenze sono state in solitaria. La novità è che ieri Alessandro Di Battista, che più di tutti vorrebbe incontrare Boschi, ha aperto: «Io, Di Maio e Fico siamo disponibili». Se così sarà ce lo diranno i prossimi palinsesti.
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Re: Renzi

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ANTICIPAZIONI DEL NUOVO REGIME FASCISTA SE VINCE IL SI.





Leopolda, vietato manifestare per il “no”. Contrari bloccati a 2 km: “Ci arriveremo comunque”



Referendum Costituzionale
Il corteo non potrà sfilare per le vie del centro e raggiungere la sede della kermesse renziana. Lo ha deciso la Questura. Gli organizzatori non ci stanno e sfidano Renzi: "Arriveremo lo stesso". E il divieto si scatena un coro di critiche
di F. Q. | 4 novembre 2016
COMMENTI (0)
Più informazioni su: Comitati, Cortei, Leopolda, Matteo Renzi, Questura, Referendum Costituzionale 2016
Né sul palco né fuori dalla Leopolda. Vietato manifestare per il “no”, lo dice la Questura. Scoppia una bufera alla vigili della kermesse Pd che vedrà sfilare fino a domenica i paladini della riforma costituzionale a Firenze, la città di Renzi. Ma dove chi è contrario non può entrare e dire la sua e neppure dirla fuori, per le strade della città. E’ vietato dalla Questura. Questa la brutta sorpresa per il comitato “Firenze dice no” che fin dai primi di ottobre aveva deciso di manifestare la propria avversione alla riforma portandola proprio sotto le insegne della manifestazione renziana. Con mille-duemila persone al seguito provenienti da tutta Italia. Ma ora è tutta da vedere. Perché solo ieri mattina gli organizzatori hanno ricevuto comunicazione dalla polizia che potranno manifestare, certo, ma restando fermi e buoni in piazza Santissima Annunziata, a debita distanza di due chilometri dall’epicentro della convention.


Ma loro non ci stanno e in una conferenza stampa oggi hanno annunciato l’intenzione di non seguire le prescrizioni e di voler sfilare lo stesso per le vie del centro e fin sotto la Leopolda alla quale partecipa il premier Matteo Renzi. Ignorando, di fatto, il provvedimento. “Confermiamo l’appuntamento alle 15 in piazza San Marco – ha detto Luca Toscano, esponente del comitato -, non si può impedire che questa manifestazione esista e che arrivi alla Leopolda”. “Questo divieto – ha aggiunto – è stato fatto a due giorni dalla manifestazione e senza un motivo valido, non deriva solo da una scelta della questura ma da una questione politica”. “C’è un clima turco. Un divieto a manifestare a Firenze non si era mai visto. Renzi può manifestare. Invece il no al referendum non ne ha diritto”. Bruno Paladini del comitato ‘è una furia. “Autorizzazione negata perché in città ci sono autorità di governo, c’è Renzi e i ministri, così ci è stato detto”, dice Paladini.

Per la senatrice Alessia Petraglia e l’onorevole Marisa Nicchi, di Sinistra italiana, le quali precisano di non essere tra gli organizzatori dalla manifestazione, “è gravissimo” che non sia stato proposto un percorso alternativo, poiché “manifestare liberamente è un diritto sancito dalla Costituzione”. Secondo la sigla di sinistra Perunaltracittà il no al corteo “è un atto senza precedenti” col quale “si intende negare il diritto di manifestare”. Sulla questione sono intervenuti anche i sindacati di base, che in una nota parlano di “un’iniziativa liberticida”. Per il comitato no tav Firenze si tratta di una “palese violazione di uno dei pilastri della Costituzione”.
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