Come se ne viene fuori ?

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lucfig
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Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da lucfig »

Ormai le guerre non vanno fatte con le armi, ma con l'economia!
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shiloh
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Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da shiloh »

lucfig ha scritto:Ormai le guerre non vanno fatte con le armi, ma con l'economia!
non ne sarei così sicuro.
perchè anche senza nominare esempi extraeuropei,
non mi pare che croazia,slovenia,kosovo,bosnia e serbia siano state formate a wall street...
perciò,
stiamo sempre vigili,
che prevenire è sempre meglio che curare...
e magari fra qualche mese scoppia una guerra civile in grecia e poi ci ritroviamo qui a chiederci il perchè...
camillobenso
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Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da camillobenso »

Day after day

Monti fine corsa?


La situazione è di nuovo bloccata. In questi ultimi due giorni ci sono segnali che vanno in questa direzione questi ultimi due giorni ci sono segnali che vanno in questa direzione.

Ieri Monti ha dichiarato che sono venuti meno gli appoggi dei poteri forti, di Confindustria e di un quotidiano nazionale.

A novembre 2011 aveva negato l’appoggio dei poteri forti.

I partiti sono in campagna elettorale, il governo è indebolito e potrà solo tirare a campare.
camillobenso
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Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da camillobenso »

Il Pompiere della Sera recepita la doglianza di Monti rimedia.


IL SENSO DI IRRESPONSABILITÀ
I ribaltonisti di memoria corta

In un'Italia con la memoria corta, selettiva e un po' furbesca, il ricordo del baratro finanziario sul quale il Paese era affacciato nel novembre dello scorso anno si è già sbiadito. E le difficoltà e i limiti che il governo tecnico di Mario Monti sta incontrando e mostrando tendono a diventare una sorta di schermo dietro il quale nascondere il passato recente. Ci si dimentica che la maggioranza anomala formatasi allora non è la causa ma la conseguenza del fallimento della coalizione di centrodestra; e che la decisione di dare vita ad un esperimento difficile, richiestoci dall'Europa come polizza di assicurazione a nostro favore, fu sofferta e insieme inevitabile.

I partiti la accettarono, e la sostennero con senso di responsabilità, perché nessuno era in grado di offrire un'alternativa di stabilità; e perché il voto anticipato avrebbe probabilmente inferto un colpo definitivo alla credibilità italiana sia rispetto agli alleati europei che ai mercati finanziari. Il fatto che le sorti della moneta unica siano incerte come mai è accaduto in questi anni non capovolge né smentisce il punto di partenza. E tende a presentare come pericolose scorciatoie le tentazioni di elezioni a ottobre, spuntate in spezzoni del Pdl e del Pd e non smentite finora con sufficiente convinzione dai rispettivi leader.

Non scorciatoie verso la stabilità, ma verso una nuova stagione di incertezza. L'aspetto più inquietante è che affiorano mentre ci si avvicina alla riunione del Consiglio europeo del 28 e 29 giugno prossimi: quella che dovrà definire il futuro dell'euro, e nel nostro piccolo anche il ruolo che l'Italia di Monti è riuscita faticosamente a recuperare presso le altre cancellerie occidentali e la Casa Bianca. Approdare all'appuntamento avendo alle spalle una maggioranza che neppure finge più di voler sostenere il presidente del Consiglio fino al 2013, sarebbe un'autorete.
Ma in gioco non c'è soltanto una questione di immagine e di proiezione internazionale. Viene da chiedersi quale tipo di Parlamento emergerebbe da una consultazione ravvicinata e traumatica. È difficile non vedere che si arriverebbe alle urne per la rinuncia soprattutto dei partiti maggiori ad assumersi fino in fondo la responsabilità di alcune riforme definite ineludibili proprio da loro. Non solo. Una delle ragioni per le quali si asseconderebbe la deriva elettorale, si dice sotto voce, è quella di impedire che si gonfi la bolla dei partiti estremisti. La miopia di un argomento del genere, tuttavia, è evidente.

Certificare un'interruzione della legislatura in una fase cruciale della vita economica e istituzionale aggiungerebbe fallimento a fallimento. E travolgerebbe l'argine che comunque Monti ha eretto intorno ai conti pubblici italiani. Il pesante declassamento di ieri della Spagna è un monito: il governo di Madrid è stato appena legittimato da un voto popolare. Attenzione, dunque, a non trasformare il vuoto politico di oggi in una voragine, che chiunque potrebbe sfruttare nel modo più imprevedibile. Nessuno può pensare di sottrarsi a un compito duro che richiede pazienza, umiltà e produce impopolarità. Vale per Monti, per i suoi ministri; e ancora di più per i partiti che lo sostengono.

Massimo Franco
8 giugno 2012 | 8:10
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Corriere.it
camillobenso
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Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da camillobenso »

Non scorciatoie verso la stabilità, ma verso una nuova stagione di incertezza.

Massimo Franco

***

Siamo alle solite, prima chiudevano gli occhi con il governo Berlusconi e consentivano che tirasse a campare, adesso il tutto si ripete con Monti.
camillobenso
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Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da camillobenso »

SULLA RIFORMA DEL LAVORO: «È STATA SOTTOVALUTATA, SOPRATTUTTO DALLE IMPRESE»
Monti denuncia l'accerchiamento:
«Perso l'appoggio dei poteri forti»

Il premier: «Il rigore dei conti pubblici non è in discussione, deve essere una convinzione radicata in tutti i Paesi»

MILANO - «Negli ultimi tempi il governo ha perso il sostegno di Confindustria e dei poteri forti». E' il primo atto d'accusa contro i presunti poteri forti quello del presidente del Consiglio Mario Monti, intervenendo in videoconferenza al congresso nazionale dell'Acri. «Il mio governo e io - ha detto Monti - abbiamo sicuramente perso negli ultimi tempi l'appoggio che gli osservatori ci attribuivano da parte dei cosiddetti poteri forti: in questo momento non incontriamo il favore di un grande quotidiano, considerato voce autorevole dei poteri forti, e non incontriamo il favore di Confindustria».
I CONTI PUBBLICI - Sulle misure di rientro sul deficit in ottica di stabilizzazione del debito il premier ha affermato: «Il rigore dei conti pubblici non è in discussione. Deve essere una convinzione radicata in tutti i paesi» Monti ha poi sottolineato come bisogna essere «grati» a quei paesi che hanno fatto del rigore uno dei loro capisaldi e tra questi in primis «la Germania», ricomponendo di fatto un vulnus nei rapporti italo-tedeschi, con le accuse piovute da più parti di un'estrema intransigenza teutonica sui debiti sovrani con la mancata volontà della Merkel di adottare gli eurobond, un sistema di copertura comunitaria dei debiti, con emissioni congiunta di obbligazioni dei paesi dell'Unione.

LA RIFORMA DEL LAVORO - Monti ha parlato anche della riforma del lavoro - appena licenziata dal Senato - e ha spiegato che la novità importante è stata sottovalutata dal mondo delle imprese, perché con il ddl del governo sono stati «toccati e scardinati» quelli che fino a qualche mese fa erano considerati temi tabù. Secondo il premier la riforma «è stata molto sottovalutata in Italia, soprattutto da coloro che, come il sistema delle imprese, ne saranno i principali beneficiari». «Non hanno colto - ha aggiunto il capo dell'esecutivo - che alcuni aspetti, fino ad alcuni mesi fa considerati tabù, sono stati toccati e scardinati in una prospettiva di maggiore protezione sociale».

GLI EUROBOND E IL FISCAL COMPACT - Il premier ha analizzato la situazione europea non contravvenendo alle critiche mossegli mercoledì dal Financial Times, secondo la quale un'autorevole fonte dell'esecutivo, avrebbe criticato la sua visione troppo europeista e poco incline ai problemi domestici: «È importante che la proposta sugli Eurobond venga mantenuta sul tavolo e approfondita in una prospettiva temporale non di lunghissimo periodo». In ogni caso questo «è un argomento che deve restare sul tavolo e deve essere affrontato non in un lungo periodo e non devono costituire una divisione tra i Paesi». E poi ha aggiunto: «Credo debbano essere valutate forme per incentivare al rientro dal debito pubblico eccessivo gli Stati che sono già impegnati nel consolidamento fiscale e hanno varato incisive riforme strutturali creando un complemento che renda più facilmente attuabili le disposizioni del Fiscal Compact».

LA CRISI - Su una cosa, però, Monti è certo: «Nell'ultimo anno l'Italia ha attraversato momenti difficili che non sono purtroppo alle spalle». Per poi ricordare come il paese abbia affrontato una fase «di risanamento strutturale».

Fabio Savelli
7 giugno 2012 | 16:56
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camillobenso
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Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da camillobenso »

Che la situazione stia precipitando lo vediamo dai dati della Swg di Weber di oggi per Agorà.

Pd........=..23,2.%
M5S.....=..20,2.%
Pdl.......=..15,4.%


Il Pd oggi si riunisce e questi dati peseranno.

Nel partito del caro estinto sentiranno fortemente la necessità di prendere una decisione.

Sono schiacciati nella morsa tra lo staccare la spina e giocare la partita del viva il parroco, oppure, morire lentamente appoggiando il governo Monti tirando a campare.

Lo stesso dicasi per Bersani.

Solo 3 punti dividono il M5S dal Pd, e se la progressione è questa il sorpasso è a breve.

I grillini del Pd sono impegnatissimi allo spasimo per fare trionfare il partito mamma.

Anche quello che verrà fuori dalla direzione di oggi andrà verso questo impegno d'onore dei grillini del Pd.
camillobenso
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Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da camillobenso »

Monti: “Il governo ha perso l’appoggio di poteri forti e Confindustria”
Il presidente del Consiglio da Palermo fa il punto sull'esecutivo e attacca l'associazione degli industriali: "Novità sul lavoro sottovalutate dalle imprese. La riforma sulle pensioni ha infranto dei tabù rimasti intoccabili fino ad ora in Italia". Poi rilancia gli eurobond


di Redazione Il Fatto Quotidiano | 7 giugno 2012


“Il mio governo e io abbiamo sicuramente perso in questi ultimi tempi l’appoggio, che gli osservatori ci attribuivano, dei poteri forti”. Mario Monti, nel messaggio in videoconferenza durante il congresso nazionale dell’Acri a Palermo, fa il punto sull’esecutivo tecnico che, dice, al momento “non incontra i favori di un grande quotidiano che è espressione autorevole di poteri forti, e presso Confindustria” . Che attacca sull’approccio in merito alla riforma del lavoro “sottovalutata in Italia soprattutto da coloro, come il sistema delle imprese, che ne sono e ne saranno i principali beneficiari e che forse non hanno colto come aspetti considerati tabù fino a 4-5 mesi fa siano stati infranti e scardinati”.

Il presidente del Consiglio analizza anche la situazione del paese, che nell’ultimo anno “ha attraversato momenti difficili che non sono purtroppo dietro le spalle”. Una situazione critica a cui il governo ha reagito con un piano di riforme che “hanno infranto dei tabù rimasti intoccabili fino ad ora in Italia, cito per tutti per la riforma delle pensioni” nonostante talvolta l’opinione pubblica non ne colga “lo slancio riformatore” . “Non posso negare che avremmo potuto fare di più e meglio”, dice, ma aggiunge che “molte delle riforme sono state messe a punto con incisività”.

A livello comunitario il premier loda la Germania che ha agito tempestivamente sul “rigore dei conti pubblici” e ha tracciato la strada anche per gli altri paesi. Però rilancia l’idea invisa a Berlino degli eurobond, una proposta che è bene mantenere sul tavolo e che non diventi “elemento di divisione tra paesi che devono dare prova di coesione” e ribadisce che “i paesi membri dell’Unione europea devono esprimere nell’immediato la volontà di preservare la moneta unica”. Infatti secondo Monti “c’è una mancanza di fiducia nel sistema della moneta unica” ed è necessario “spezzare questo circuito vizioso tra la vulnerabilità del sistema bancario e la crisi del debito sovrano”. Il presidente del Consiglio chiede anche all’Europa di aiutare gli Stati “già impegnati nel consolidamento fiscale” a riassorbire i debiti pubblici visto che “hanno varato incisive riforme strutturali creando un complemento che renda più facilmente attuabili le disposizioni del fiscal compact”.

Monti interviene anche sulla finanza internazionale, convinto che bisogni “spezzare il circolo vizioso fra vunerabilità del settore bancario e crisi del debito sovrano” ed “è necessario considerare meccanismi che consentano di agire per ricapitalizzare gli intermediari bancari con forme che coinvolgano meno direttamente gli Stati membri con effetti sui loro debiti pubblici”. Anche in questo caso, la soluzione passa dall’Europa che “deve procedere verso l’unione bancaria”.
camillobenso
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Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da camillobenso »

rapina al Glasgow Londra. il capo evaso in Brasile ne festeggia i trent' anni
Ronald Biggs ha festeggiato l' anniversario della rapina al treno postale inglese avvenuta l' 8 agosto 1963


http://archiviostorico.corriere.it/1993 ... 8349.shtml

E' passato mezzo secolo da quella che allora fu definita la rapina del secolo.

Se quella era la rapina del secolo che fruttò solo due milioni e mezzo di sterline, quella dei banchieri di oggi che cos'è???

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7 giugno 2012
ECONOMIA & LOBBY
Alle banche 4.500 miliardi in 3 anni
Ma gli istituti bloccano i finanziamenti

Gli aiuti della Bce al mondo del credito tra 2008 e 2011, secondo la Commissione, "sono stati inutili"
Regna la sfiducia: i prestiti internazionali si riducono a velocità simile a quella del dopo crac Lehman


Equivalgono al 37% del Pil dell’intera Unione europea, i 4.500 miliardi di aiuti concessi agli istituti di credito tra fine 2008 e fine 2011. Ma dopo tre anni di sostegno la crisi bancaria è tutt’altro che risolta. E ora tocca agli istituti spagnoli che hanno bisogno di una cifra tra i 40 e gli 80 miliardi (articolo di Alessio Pisanò). Assetate di liquidità, in preda ad una crisi di nervi, le banche di tutto il mondo hanno ridotto i loro prestiti internazionali per 615 miliardi di euro. Un calo medio del 6%, che in Italia arriva al 10%. L'economista dell'università Cattolica Angelo Baglioni: "Il mercato interbancario è arrivato a fermarsi quasi come nel 2008" (articolo di Mauro Del Corno)

*

Il megasostegno dell’Ue alle banche: 4500 miliardi di aiuti di Stato in 3 anni
Un mare di soldi che, per ammissione della stessa Commissione, è servito a davvero poco. E ora tocca agli istituti spagnoli che hanno bisogno di una cifra tra i 40 e gli 80 miliardi. Intanto tutti gli altri aiuti di stato in Europa sono vietati, pena multa della Corte di Giustizia europea


di Alessio Pisanò | 7 giugno 2012

“Tra il 2008 e il 2011 la Commissione europea ha approvato aiuti di Stato a favore delle banche per 4.500 miliardi di euro”. A rendere pubblica questa cifra impressionante è stato il Commissario Ue al Mercato interno Michel Barnier alla presentazione della proposta della Commissione di prevenzione e gestione delle crisi bancarie. Una montagna di soldi che equivale al 37% del Pil dell’intera Unione europea. E dopo tre anni di aiuti a pioggia la crisi bancaria è tutt’altro che risolta. La prossima sulla lista degli aiutini è la spagnola Bankia, che insieme ad altri istituti del Paese sembra aver bisogno di almeno 40 miliardi di euro. Nel frattempo imprese e aziende chiudono e i cittadini di mezza Europa fanno i conti con tagli e tasse aggiuntive.

Le cifre le dà il Commissario Barnier a Bruxelles. Mille miliardi di euro sono le perdite subite dalle banche europee tra 2007 e 2010 (8% del Pil dell’Unione), 4500 gli aiuti di Stato concessi dalla Commissione europea agli istituti di credito (37% del Pil). A questo bisogna aggiungere una contrazione del 6% della produzione totale dell’Ue (dati Eurostat) dovuta principalmente alla crisi finanziaria. Insomma il quadro è perfetto.

Una cosa ormai è evidente a tutti: questa crisi economica nasce, si sviluppa e continua in seno all’attuale sistema bancario internazionale. Colossi del calibro di Bear Sterns e Lehman Brothers (Stati Uniti) e Northern Rock, HBOS e Bradford and Bingley (Gran Bretagna) hanno causato un’ondata di crisi globale che ha investito tutto il mondo e che continua ad effetto domino. Inutili gli interventi europei a suon di cash a RBS, Bradford e Lloyds (Gran Bretagna), KBC Group (Belgio), Bayern LB e Commerzbank (Germania), Allied Irish Banks e Bank of Ireland (Irlanda) e Cajasur (Spagna). La crisi passa da istituto a istituto, da Paese a Paese, ma stenta ad estinguersi.

Un’indiscrezione pubblicata oggi dal quotidiano spagnolo Abc riferisce che secondo il Fondo monetario internazionale Fmi servirebbero tra i 40 e 80 miliardi di euro per il salvataggio delle banche spagnole, prime fra tutte Bankia, il quarto istituto di credito del Paese. 23 i miliardi che Madrid, dopo aver tagliato ormai da per tutto (comprese regioni e ministeri), si appresta a iniettare nel circuito creditizio nazionale.

E dire che gli aiuti di Stato, in tutti gli altri settori dell’economia reale, sono vietati dal trattato sul funzionamento dell’Unione europea. Questo perché, secondo Bruxelles, “favorendo alcune imprese a scapito dei concorrenti, questi aiuti di Stato possono falsare la concorrenza”. Ecco allora che il 30 marzo scorso, ad esempio, l’Italia è stata condannata dalla Corte di Giustizia Ue per un pacchetto di finanziamenti concessi ad alcuni albergatori sardi, dichiarato illegittimo da Bruxelles e mai recuperato da Roma. Oppure ecco la condanna di 30 milioni di euro arrivata nel novembre 2011 per non aver recuperato gli aiuti per contratti di formazione lavoro elargiti a centinaia di aziende in forma di sgravi fiscali. Ma questo discorso per le banche non vale. Alcune deroghe, infatti, autorizzano “gli aiuti che siano giustificati da obiettivi di comune interesse, ad esempio gli aiuti destinati a servizi d’interesse economico generale”. Vallo a dire a chi ha dovuto chiudere l’attività per fallimento o a chi per pagare l’Imu dovrà fare i salti mortali.

Eppure ieri pomeriggio, quando a Francoforte Mario Draghi si è rifiutato di tagliare ulteriormente i tassi d’interesse della Bce (oggi al record storico dell’1 per cento) qualcuno si è arrabbiato. Come se le aste trimestrali dell’Eurotower a prezzi stracciati fossero poco, soldi intascati a miliardi dagli istituti di credito nei mesi scorsi e senza alcun vincolo. C’è arrivato perfino Tremonti, che lo scorso febbraio attaccava: “Se sei un Governo devi pagare il 5-6% ma la Banca Centrale Europea alle banche regala capitali all’1%. Con quell’1% per tre anni le banche possono fare quello che vogliono. E’ chiaro che se regalano i soldi per un po’ stai ancora in piedi”. Eppure a qualcuno ieri questo 1 per cento d’interesse è sembrato troppo.

“Non deve più ripetersi che a pagare per le banche siano i contribuenti”, ha detto ieri Barnier. E menomale. Proprio per questo la Commissione europea ha presentato ieri una proposta di prevenzione e gestione di eventuali crisi bancarie proponendo un modello europeo. Prevenzione, gestione coordinata, supervisione dell’Autorità bancaria europea e fondi di salvataggio finanziati dalle banche stesse (anche se qui ci si è limitati ad un misero 1 per cento dei depositi coperti in dieci anni). “La crisi finanziaria ha avuto un costo elevato per i contribuenti”, ha osservato argutamente Barnier. “Dobbiamo dotare le autorità pubbliche degli strumenti necessari per gestire adeguatamente eventuali future crisi bancarie. In caso contrario, toccherà ancora una volta ai cittadini pagare il conto, mentre le banche continueranno ad agire come prima, sapendo che, se necessario, saranno nuovamente salvate”. Tutto vero.

Intanto in Italia l’ex ad di Unicredit, Alessandro Profumo, è stato rinviato a giudizio per dichiarazione fraudolenta dei redditi aggravata dall’ostacolo alle indagini. Ma questa è un’altra storia.

http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/06 ... ni/256429/
camillobenso
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Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da camillobenso »

Rassegna stampa del Ministero Dell'Interno

http://tweb.interno.it/news/daily/rasse ... STAMPA.pdf

Se guardate le prime pagine delle corazzate berlusconiane, si può vedere l'attacco a fondo a Monti.

Il Giornale

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