Re: quo vadis PD ????
Inviato: 07/09/2012, 22:22
Terremoto di magnitudo 20 in casa Pd
E Bersani ora dubita degli alleati
(Federico Geremicca).
05/09/2012 di triskel182
Matteo Renzi cresce nei sondaggi, miete simpatie anche fuori del Pd, richiama folle crescenti alle sue iniziative eppure – paradossalmente – non è il sindaco di Firenze, in queste ore, la preoccupazione maggiore di Pier Luigi Bersani. A campagna per le primarie ormai aperta (aperta senza regole e senza nemmeno la certezza che la consultazione avrà poi davvero luogo) quello che comincia a impensierire il segretario dei democratici sono gli scricchiolii e i riposizionamenti all’interno della maggioranza che lo ha sostenuto fino ad ora, e che dovrebbe spingerlo alla vittoria contro lo scatenato sindaco di Firenze.
Infatti, sotto l’effetto del ciclone-Renzi e alla luce di un paio di mosse del segretario – che non pochi nel Pd hanno giudicato sbagliate – la geografia interna al partito sembra mutare col passar dei giorni in maniera imprevedibile e non favorevole a Bersani.
Walter Veltroni è perplesso, tanto da augurarsi – mentre molti degli uomini a lui vicini cominciano a spostarsi verso Renzi –
che le primarie non si svolgano;
Enrico Letta e i suoi riflettono e tacciono, dopo alcune sortite del segretario giudicate eccessivamente anti-montiane;
Romano Prodi non annuncia quello che pareva uno scontato sostegno al suo «ministro delle lenzuolate» e i cosiddetti «giovani turchi» sono partiti decisamente all’attacco e chiedono (proprio come il sindaco di Firenze)
che «i vecchi si facciano da parte».
Un quadro, come si vede, non incoraggiante.
Al quale si è aggiunta ieri una pesante e inattesa critica di Rosy Bindi, presidente dell’Assemblea nazionale Pd, che ha chiesto a Bersani «una parola chiara» in difesa del gruppo dirigente, pena il rischio che – «tra il battutismo renziano e le intemerate dei giovani turchi sul ricambio generazionale» – le primarie si trasformino «in una farsa o in una impropria resa dei conti».
E’ l’intero gruppo dirigente del Pd, insomma, a fibrillare sotto l’incalzare del «tutti a casa» urlato da Renzi in giro per il Paese. Fibrilla e sospetta che – di fronte all’efficacia di quello slogan – Bersani stia mettendo nel conto di abbandonare al loro destino alcuni dei più stagionati dirigenti del partito…
Non basta. Per i leader della maggioranza legata al segretario, infatti, gli imbarazzi di Bersani sul tema del rinnovamento non sono l’unica ragione di perplessità. Non sono piaciuti, per esempio, i toni riservati di recente al governo di Mario Monti e alla necessità del ritorno in campo della politica: sono parsi uno sgradito avvicinamento alle posizioni di chi considera il governo tecnico «una parentesi» da chiudere rapidamente, quasi fino a mettere in discussione perfino quell’«agenda Monti» considerata – ancora ieri – la stella polare del cammino futuro.
La preoccupazione insomma è che – complice la necessità di contrastare la linea moderata e filo-montiana di Matteo Renzi – Bersani faccia ancor più sue posizioni «gauchiste» alla Fassina.
Anche il piglio da «candidato in pista» assunto dal segretario non convince molti. Non è piaciuta la decisione (solitaria) di dare del fascista a Beppe Grillo, trasformando in un colpo il Pd nel «nemico numero uno» del popolare comico genovese; non ha convinto l’articolo su Togliatti e il pantheon del Pd pubblicato da «l’Unità» (che avrebbe fatto davvero infuriare Romano Prodi) e ancor meno è stato gradito il mancato invito al ministro Fornero alla Festa nazionale Pd.
Insomma, un decisionismo insolito per Bersani: e che sembra poter riservare una sorpresa al giorno, mentre i big del partito chiedono al segretario rassicurazioni e collegialità.
Una partita che sembrava senza storia, dunque, rischia di trasformarsi in una sfida dall’esito e dalle conseguenze imprevedibili.
A ciò, più in generale, va aggiunta la sgradevole sensazione di confusione che regna con e tra i possibili alleati elettorali e di governo: Vendola contro Casini, Casini contro Vendola e il Pd che cerca di rassicurare e tenere tutto assieme.
Inevitabilmente, torna a volteggiare il fantasma dell’Unione, quell’alleanza così indimenticabilmente eterogenea da portare al naufragio del secondo governo di Romano Prodi. E al di là delle primarie, è questo quel che rischia di render davvero più difficile una vittoria elettorale che pareva certa…
Da La Stampa del 05/09/2012.
E Bersani ora dubita degli alleati
(Federico Geremicca).
05/09/2012 di triskel182
Matteo Renzi cresce nei sondaggi, miete simpatie anche fuori del Pd, richiama folle crescenti alle sue iniziative eppure – paradossalmente – non è il sindaco di Firenze, in queste ore, la preoccupazione maggiore di Pier Luigi Bersani. A campagna per le primarie ormai aperta (aperta senza regole e senza nemmeno la certezza che la consultazione avrà poi davvero luogo) quello che comincia a impensierire il segretario dei democratici sono gli scricchiolii e i riposizionamenti all’interno della maggioranza che lo ha sostenuto fino ad ora, e che dovrebbe spingerlo alla vittoria contro lo scatenato sindaco di Firenze.
Infatti, sotto l’effetto del ciclone-Renzi e alla luce di un paio di mosse del segretario – che non pochi nel Pd hanno giudicato sbagliate – la geografia interna al partito sembra mutare col passar dei giorni in maniera imprevedibile e non favorevole a Bersani.
Walter Veltroni è perplesso, tanto da augurarsi – mentre molti degli uomini a lui vicini cominciano a spostarsi verso Renzi –
che le primarie non si svolgano;
Enrico Letta e i suoi riflettono e tacciono, dopo alcune sortite del segretario giudicate eccessivamente anti-montiane;
Romano Prodi non annuncia quello che pareva uno scontato sostegno al suo «ministro delle lenzuolate» e i cosiddetti «giovani turchi» sono partiti decisamente all’attacco e chiedono (proprio come il sindaco di Firenze)
che «i vecchi si facciano da parte».
Un quadro, come si vede, non incoraggiante.
Al quale si è aggiunta ieri una pesante e inattesa critica di Rosy Bindi, presidente dell’Assemblea nazionale Pd, che ha chiesto a Bersani «una parola chiara» in difesa del gruppo dirigente, pena il rischio che – «tra il battutismo renziano e le intemerate dei giovani turchi sul ricambio generazionale» – le primarie si trasformino «in una farsa o in una impropria resa dei conti».
E’ l’intero gruppo dirigente del Pd, insomma, a fibrillare sotto l’incalzare del «tutti a casa» urlato da Renzi in giro per il Paese. Fibrilla e sospetta che – di fronte all’efficacia di quello slogan – Bersani stia mettendo nel conto di abbandonare al loro destino alcuni dei più stagionati dirigenti del partito…
Non basta. Per i leader della maggioranza legata al segretario, infatti, gli imbarazzi di Bersani sul tema del rinnovamento non sono l’unica ragione di perplessità. Non sono piaciuti, per esempio, i toni riservati di recente al governo di Mario Monti e alla necessità del ritorno in campo della politica: sono parsi uno sgradito avvicinamento alle posizioni di chi considera il governo tecnico «una parentesi» da chiudere rapidamente, quasi fino a mettere in discussione perfino quell’«agenda Monti» considerata – ancora ieri – la stella polare del cammino futuro.
La preoccupazione insomma è che – complice la necessità di contrastare la linea moderata e filo-montiana di Matteo Renzi – Bersani faccia ancor più sue posizioni «gauchiste» alla Fassina.
Anche il piglio da «candidato in pista» assunto dal segretario non convince molti. Non è piaciuta la decisione (solitaria) di dare del fascista a Beppe Grillo, trasformando in un colpo il Pd nel «nemico numero uno» del popolare comico genovese; non ha convinto l’articolo su Togliatti e il pantheon del Pd pubblicato da «l’Unità» (che avrebbe fatto davvero infuriare Romano Prodi) e ancor meno è stato gradito il mancato invito al ministro Fornero alla Festa nazionale Pd.
Insomma, un decisionismo insolito per Bersani: e che sembra poter riservare una sorpresa al giorno, mentre i big del partito chiedono al segretario rassicurazioni e collegialità.
Una partita che sembrava senza storia, dunque, rischia di trasformarsi in una sfida dall’esito e dalle conseguenze imprevedibili.
A ciò, più in generale, va aggiunta la sgradevole sensazione di confusione che regna con e tra i possibili alleati elettorali e di governo: Vendola contro Casini, Casini contro Vendola e il Pd che cerca di rassicurare e tenere tutto assieme.
Inevitabilmente, torna a volteggiare il fantasma dell’Unione, quell’alleanza così indimenticabilmente eterogenea da portare al naufragio del secondo governo di Romano Prodi. E al di là delle primarie, è questo quel che rischia di render davvero più difficile una vittoria elettorale che pareva certa…
Da La Stampa del 05/09/2012.