Diario della caduta di un regime.
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Re: Diario della caduta di un regime.
L'ITALIA DEI VENTENNI(Nel senso dei periodi storici)
Il ventennio berlusconiano sta chiudendo i battenti come li aveva chiusi la Democrazia Cristiana. Che di ventenni se n'era fatti almeno due.
Il salumiere adesso farà fatica a mantenere la leadersihp del centrodestra.
Arretrerà lentemente, anche se sarà il partito maggiore, ma pretendere di fare a modo suo sarà d'ora in poi più difficile.
Perchè il mondo delle poltrone non perdona, anche se vivono tutti quanti degli stessi valori.
Lombardia, mazzette negli appalti odontoiatrici
Arrestato Fabio Rizzi, fedelissimo di Maroni
Operazione ‘Smile’, 21 misure cautelari. Pm ipotizza associazione a delinquere finalizzata a corruzione
turbativa e riciclaggio. Il leghista è consigliere regionale e autore della riforma della Sanità regionale
Giustizia & Impunità
C’è anche Fabio Rizzi, l’autore della riforma della sanità in Lombardia e presidente della commissione permanente Sanità e politiche sociali, tra le persone arrestate martedì mattina dai carabinieri del Comando provinciale di Milano nell’ambito dell’operazione “Smile”. L’indagine, condotta a Monza, si è concentra su un presunto giro di mazzette e di turbative d’appalti pubblici banditi da diverse aziende ospedaliere per la gestione, in outsourcing, di servizi odontoiatrici. In tutto sono ventuno le persone arrestate all’alba con le accuse di associazione per delinquere finalizzata alla corruzione, turbativa d’asta e riciclaggio
^^^^^^^^^^
Fabio Rizzi, arrestato consigliere regionale Lega Nord per tangenti sugli appalti odontoiatrici
Giustizia & Impunità
Altre 20 persone coinvolte nell'operazione "Smile": le accuse sono, a vario titolo, di associazione per delinquere finalizzata alla corruzione, turbativa d’asta e riciclaggio. Ai domiciliari anche la moglie del consigliere. Ambrosoli (Patto civico): "Continui mercanteggiamenti"
di Alessandro Madron | 16 febbraio 2016
Commenti (369)
Viene considerato un fedelissimo del governatore. E da presidente della commissione permanente sulla sanità ha firmato la riforma in Lombardia. Una sorta di assessore ombra dopo la “cacciata” di Mario Mantovani, pochi giorni dopo arrestato per corruzione. Ma anche per Fabio Rizzi, varesotto, medico anestesista, consigliere regionale per la Lega, è arrivata una notifica di un’ordinanza di custodia cautelare. C’è infatti anche il suo nome nella lista di coloro che, questa mattina, sono stati arrestati dai carabinieri del Comando provinciale di Milano. Cuore dell’indagine della Procura di Monza, condotta dal procuratore Luisa Zanetti e dal sostituto Manuela Massens, il solito giro di mazzette e meccanismi per turbare appalti pubblici. Gare bandite dalle aziende ospedaliere per la gestione, in outsourcing, di servizi odontoiatrici. E proprio per questo l’operazione è stata chiamata “Smile”. Ordine di custodia cautelare anche la moglie di Rizzi, per la quale il gip ha disposto gli arresti domiciliari.
Ventuno indagati, “corruzione e turbativa d’asta”
In tutto sono ventuno le persone indagate (9 in carcere, 7 ai domiciliari e 5 con obbligo di firma) con le accuse, a vario titolo, di associazione per delinquere finalizzata alla corruzione, turbativa d’asta e riciclaggio. Nel mirino degli investigatori dell’Arma un gruppo imprenditoriale accusato di aver corrotto funzionari ai quali erano affidate una serie di gare di appalto: le operazioni coinvolgevano anche appalti di società private accreditate con il Sistema sanitario nazionale, tutte per la gestione esterna di servizi odontoiatrici. Gli episodi di corruzione ricostruiti nel corso delle indagini sono dieci. Nel 2013 Fabio Rizzi al Fatto.it disse che la gestione Formigoni aveva lasciato un “buco di 200-300 milioni”. Il giorno dopo aveva tentato di smentire, ma il Fatto.it aveva pubblicato la registrazione. Rizzi, 49 anni, ha alle spalle una lunga militanza nella Lega Nord. Segretario provinciale del Carroccio di Varese dal 2006 al 2008, è stato anche per cinque anni senatore dal 2008 al 2013 (una figura vicina ai tempi sia a Umberto Bossi sia a Maroni) oltre che sindaco del suo paese, Besozzo. In passato Rizzi si faceva notare anche perché girava a bordo di Hummer giallo.
Così il privato si inseriva sul pubblico come un vero e proprio reparto
È stato il componente di un collegio sindacale di un’azienda ospedaliera lombarda a far partire. “Sono quattro gli imprenditori che si sono aggiudicati importanti gare d’appalto per la gestione dei servizi odontoiatrici nel territorio lombardo, su cui ha indagato il Nucleo Investigativo di Milano – spiega il Comandante Provinciale dei carabinieri di Milano, colonnello Canio Giuseppe La Gala – le gare di appalto pubbliche venivano vinte illecitamente da questo gruppo con la complicità di undici funzionari pubblici”.
A capo del sodalizio, secondo la Procura, c’è l’imprenditrice Maria Paola Canegrati, che ha assicurato appalti milionari al proprio gruppo imprenditoriale Odonto Quality. La Canegrati con le imprese del suo gruppo si è aggiudicata appalti nel settore della sanità, in particolare nell’esternalizzazione dei servizi odontoiatrici. Gli appalti, per gli investigatori, sono stati truccati con la collaborazione di diversi funzionari pubblici. E tutto, questa l’ipotesi, è stato reso possibile grazie alle influenze politiche di Rizzi e al suo factotum Mario Valentino Longo (odontoiatra) che hanno fatto in modo che gli appalti per i servizi odontoiatrici venissero vinti sempre dalla Canegrati.
L’indagine, che riguarda principalmente strutture sanitarie in provincia di Milano e Monza Brianza. Marginalmente anche a Como, Varese, Bergamo e Brescia, ha permesso di scoprire che da oltre 10 anni numerose aziende ospedaliere hanno esternalizzato il servizio di odontoiatria ricorrendo a gare di appalto per circa 400 milioni. Il privato si inseriva all’interno della struttura ospedaliera come un vero e proprio reparto, gestendo tutto, dall’allestimento dei locali alle visite passando per la gestione del personale, in un regime di sostanziale monopolio del settore odontoiatrico in Lombardia il tutto a danno della qualità del servizio e degli utenti che venivano spinti (tramite allungamento delle lista d’attesa) a servirsi dei servizi a pagamento.
L’imprenditrice: “Quando le cose non vanno bene metto di mezzo la politica”
Negli anni imprenditrice Canegrati si era costruita una rete di aderenze nel mondo della politica regionale, formando un vero e proprio gruppo che si è dedicato a cercare influenze nei vari settori, a livello amministrativo cooptando funzionari corrotti, che si sono messi a libro paga delle imprese appartenenti al gruppo principale rendendo favori alle imprese del gruppo, ad esempio portando avanti le pratiche amministrative delle imprese stesse, al di fuori di qualunque regola di trasparenza e buona amministrazione. I favori venivano pagati con denaro ma anche con altre utilità (assunzione di parenti, finte consulenze).
Il livello politico ha assicurato le condizioni per il permanere di questo sistema clientelare “quando le cose non vanno bene metto di mezzo la politica” diceva l’imprenditrice. Gli investigatori hanno documentato anche un passaggio di 50mila euro dalla Canegrati a Longo, che poi lo avrebbe spartito con Rizzi. Le mogli di Rizzi e Longo, quest’ultima aveva avuto per un periodo una finta consulenza da 5mila euro al mese, erano poi entrate in quote di società partecipate per metà da loro e metà dalla Canegrati. Un modo questo per garantire flusso di denaro senza dare nell’occhio.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/02 ... i/2468677/
Il ventennio berlusconiano sta chiudendo i battenti come li aveva chiusi la Democrazia Cristiana. Che di ventenni se n'era fatti almeno due.
Il salumiere adesso farà fatica a mantenere la leadersihp del centrodestra.
Arretrerà lentemente, anche se sarà il partito maggiore, ma pretendere di fare a modo suo sarà d'ora in poi più difficile.
Perchè il mondo delle poltrone non perdona, anche se vivono tutti quanti degli stessi valori.
Lombardia, mazzette negli appalti odontoiatrici
Arrestato Fabio Rizzi, fedelissimo di Maroni
Operazione ‘Smile’, 21 misure cautelari. Pm ipotizza associazione a delinquere finalizzata a corruzione
turbativa e riciclaggio. Il leghista è consigliere regionale e autore della riforma della Sanità regionale
Giustizia & Impunità
C’è anche Fabio Rizzi, l’autore della riforma della sanità in Lombardia e presidente della commissione permanente Sanità e politiche sociali, tra le persone arrestate martedì mattina dai carabinieri del Comando provinciale di Milano nell’ambito dell’operazione “Smile”. L’indagine, condotta a Monza, si è concentra su un presunto giro di mazzette e di turbative d’appalti pubblici banditi da diverse aziende ospedaliere per la gestione, in outsourcing, di servizi odontoiatrici. In tutto sono ventuno le persone arrestate all’alba con le accuse di associazione per delinquere finalizzata alla corruzione, turbativa d’asta e riciclaggio
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Fabio Rizzi, arrestato consigliere regionale Lega Nord per tangenti sugli appalti odontoiatrici
Giustizia & Impunità
Altre 20 persone coinvolte nell'operazione "Smile": le accuse sono, a vario titolo, di associazione per delinquere finalizzata alla corruzione, turbativa d’asta e riciclaggio. Ai domiciliari anche la moglie del consigliere. Ambrosoli (Patto civico): "Continui mercanteggiamenti"
di Alessandro Madron | 16 febbraio 2016
Commenti (369)
Viene considerato un fedelissimo del governatore. E da presidente della commissione permanente sulla sanità ha firmato la riforma in Lombardia. Una sorta di assessore ombra dopo la “cacciata” di Mario Mantovani, pochi giorni dopo arrestato per corruzione. Ma anche per Fabio Rizzi, varesotto, medico anestesista, consigliere regionale per la Lega, è arrivata una notifica di un’ordinanza di custodia cautelare. C’è infatti anche il suo nome nella lista di coloro che, questa mattina, sono stati arrestati dai carabinieri del Comando provinciale di Milano. Cuore dell’indagine della Procura di Monza, condotta dal procuratore Luisa Zanetti e dal sostituto Manuela Massens, il solito giro di mazzette e meccanismi per turbare appalti pubblici. Gare bandite dalle aziende ospedaliere per la gestione, in outsourcing, di servizi odontoiatrici. E proprio per questo l’operazione è stata chiamata “Smile”. Ordine di custodia cautelare anche la moglie di Rizzi, per la quale il gip ha disposto gli arresti domiciliari.
Ventuno indagati, “corruzione e turbativa d’asta”
In tutto sono ventuno le persone indagate (9 in carcere, 7 ai domiciliari e 5 con obbligo di firma) con le accuse, a vario titolo, di associazione per delinquere finalizzata alla corruzione, turbativa d’asta e riciclaggio. Nel mirino degli investigatori dell’Arma un gruppo imprenditoriale accusato di aver corrotto funzionari ai quali erano affidate una serie di gare di appalto: le operazioni coinvolgevano anche appalti di società private accreditate con il Sistema sanitario nazionale, tutte per la gestione esterna di servizi odontoiatrici. Gli episodi di corruzione ricostruiti nel corso delle indagini sono dieci. Nel 2013 Fabio Rizzi al Fatto.it disse che la gestione Formigoni aveva lasciato un “buco di 200-300 milioni”. Il giorno dopo aveva tentato di smentire, ma il Fatto.it aveva pubblicato la registrazione. Rizzi, 49 anni, ha alle spalle una lunga militanza nella Lega Nord. Segretario provinciale del Carroccio di Varese dal 2006 al 2008, è stato anche per cinque anni senatore dal 2008 al 2013 (una figura vicina ai tempi sia a Umberto Bossi sia a Maroni) oltre che sindaco del suo paese, Besozzo. In passato Rizzi si faceva notare anche perché girava a bordo di Hummer giallo.
Così il privato si inseriva sul pubblico come un vero e proprio reparto
È stato il componente di un collegio sindacale di un’azienda ospedaliera lombarda a far partire. “Sono quattro gli imprenditori che si sono aggiudicati importanti gare d’appalto per la gestione dei servizi odontoiatrici nel territorio lombardo, su cui ha indagato il Nucleo Investigativo di Milano – spiega il Comandante Provinciale dei carabinieri di Milano, colonnello Canio Giuseppe La Gala – le gare di appalto pubbliche venivano vinte illecitamente da questo gruppo con la complicità di undici funzionari pubblici”.
A capo del sodalizio, secondo la Procura, c’è l’imprenditrice Maria Paola Canegrati, che ha assicurato appalti milionari al proprio gruppo imprenditoriale Odonto Quality. La Canegrati con le imprese del suo gruppo si è aggiudicata appalti nel settore della sanità, in particolare nell’esternalizzazione dei servizi odontoiatrici. Gli appalti, per gli investigatori, sono stati truccati con la collaborazione di diversi funzionari pubblici. E tutto, questa l’ipotesi, è stato reso possibile grazie alle influenze politiche di Rizzi e al suo factotum Mario Valentino Longo (odontoiatra) che hanno fatto in modo che gli appalti per i servizi odontoiatrici venissero vinti sempre dalla Canegrati.
L’indagine, che riguarda principalmente strutture sanitarie in provincia di Milano e Monza Brianza. Marginalmente anche a Como, Varese, Bergamo e Brescia, ha permesso di scoprire che da oltre 10 anni numerose aziende ospedaliere hanno esternalizzato il servizio di odontoiatria ricorrendo a gare di appalto per circa 400 milioni. Il privato si inseriva all’interno della struttura ospedaliera come un vero e proprio reparto, gestendo tutto, dall’allestimento dei locali alle visite passando per la gestione del personale, in un regime di sostanziale monopolio del settore odontoiatrico in Lombardia il tutto a danno della qualità del servizio e degli utenti che venivano spinti (tramite allungamento delle lista d’attesa) a servirsi dei servizi a pagamento.
L’imprenditrice: “Quando le cose non vanno bene metto di mezzo la politica”
Negli anni imprenditrice Canegrati si era costruita una rete di aderenze nel mondo della politica regionale, formando un vero e proprio gruppo che si è dedicato a cercare influenze nei vari settori, a livello amministrativo cooptando funzionari corrotti, che si sono messi a libro paga delle imprese appartenenti al gruppo principale rendendo favori alle imprese del gruppo, ad esempio portando avanti le pratiche amministrative delle imprese stesse, al di fuori di qualunque regola di trasparenza e buona amministrazione. I favori venivano pagati con denaro ma anche con altre utilità (assunzione di parenti, finte consulenze).
Il livello politico ha assicurato le condizioni per il permanere di questo sistema clientelare “quando le cose non vanno bene metto di mezzo la politica” diceva l’imprenditrice. Gli investigatori hanno documentato anche un passaggio di 50mila euro dalla Canegrati a Longo, che poi lo avrebbe spartito con Rizzi. Le mogli di Rizzi e Longo, quest’ultima aveva avuto per un periodo una finta consulenza da 5mila euro al mese, erano poi entrate in quote di società partecipate per metà da loro e metà dalla Canegrati. Un modo questo per garantire flusso di denaro senza dare nell’occhio.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/02 ... i/2468677/
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Re: Diario della caduta di un regime.
DOPO GOLA PROFONDA, LATO "B" PROFONDO
Il Financial Times devasta Renzi: "La sua fortuna si sta esaurendo"
Dalla ripresa lenta alla crisi delle banche, il Financial Times fa a pezzi il premier: "Ci sono problemi che minacciano di travolgere la sua amministrazione"
Sergio Rame - Mar, 16/02/2016 - 10:31
commenta
"Il quarantunenne premier che è andato al potere sull'onda dell'ottimismo e della buona volontà, come il leader più forte in Italia dai tempi di Silvio Berlusconi, deve ora fare i conti con i problemi in casa propria e all'estero.
Problemi che minacciano di travolgere la sua amministrazione". Il Financial Times si schiera di nuovo contro Matteo Renzi. Un nuovo commento questa volta a firma di James Politi, demolisce il presidente del Consiglio proprio nell'anniversario del secondo anno di governo.
"Le slide di Renzi proteggono con attenzione la dura realtà - mette in chiaro Politi sul Financial Times - e la sua fortuna sembra si stia esaurendo". Lo scorso venerdì i dati pubblicati dall'Istat hanno mostrato tutti i mali dell'economia italiana che nel quarto trimestre del 2015 è cresciuta di appena lo 0,1%. "I dati hanno sollevato la possibilità preoccupante che la fragile e lenta ripresa italiana non è pronta ad accelerare come previsto dalla maggior parte degli economisti", continua l'analista paventando la possibilità che la crescita possa rallentare di nuovo. "Nel frattempo - aggiunge Politi - le banche italiane sono stati tra le più colpite dalla recente disfatta del mercato globale, scatenando i timori che il paese potrebbe essere vulnerabile di fronte a una nuova crisi finanziaria".
I problemi di Renzi non si fermano alla crisi economica e al nodo banche. In cima all'agenda di Palazzo Chigi si sono anche l'immigrazione e il terrorismo islamico. Due emergenze che sono strettamente legate all'espansione dello Stato islamico in Libia. "L'Italia sta affrontando il dilemma strategico su come rispondere alla crescente minaccia dell'Isis, distante circa 300 chilometri dall'isola siciliana di Lampedusa - fa notare Politi - le sue relazioni con l'Egitto, il rapporto commerciale e strategico che Renzi ha duramente lavorato per coltivare, sono stati messi in discussione dal misterioso omicidio di un ricercatore italiano che studiava i diritti sindacali al Cairo". Quindi la stoccata: "Renzi è noto per essere un politico agile e capace, ma questi venti contrari, nel corso di un anno cruciale per il governo italiano, potrebbero creare una situazione più cupa di quanto previsto da tanti".
http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... 25554.html
Il Financial Times devasta Renzi: "La sua fortuna si sta esaurendo"
Dalla ripresa lenta alla crisi delle banche, il Financial Times fa a pezzi il premier: "Ci sono problemi che minacciano di travolgere la sua amministrazione"
Sergio Rame - Mar, 16/02/2016 - 10:31
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"Il quarantunenne premier che è andato al potere sull'onda dell'ottimismo e della buona volontà, come il leader più forte in Italia dai tempi di Silvio Berlusconi, deve ora fare i conti con i problemi in casa propria e all'estero.
Problemi che minacciano di travolgere la sua amministrazione". Il Financial Times si schiera di nuovo contro Matteo Renzi. Un nuovo commento questa volta a firma di James Politi, demolisce il presidente del Consiglio proprio nell'anniversario del secondo anno di governo.
"Le slide di Renzi proteggono con attenzione la dura realtà - mette in chiaro Politi sul Financial Times - e la sua fortuna sembra si stia esaurendo". Lo scorso venerdì i dati pubblicati dall'Istat hanno mostrato tutti i mali dell'economia italiana che nel quarto trimestre del 2015 è cresciuta di appena lo 0,1%. "I dati hanno sollevato la possibilità preoccupante che la fragile e lenta ripresa italiana non è pronta ad accelerare come previsto dalla maggior parte degli economisti", continua l'analista paventando la possibilità che la crescita possa rallentare di nuovo. "Nel frattempo - aggiunge Politi - le banche italiane sono stati tra le più colpite dalla recente disfatta del mercato globale, scatenando i timori che il paese potrebbe essere vulnerabile di fronte a una nuova crisi finanziaria".
I problemi di Renzi non si fermano alla crisi economica e al nodo banche. In cima all'agenda di Palazzo Chigi si sono anche l'immigrazione e il terrorismo islamico. Due emergenze che sono strettamente legate all'espansione dello Stato islamico in Libia. "L'Italia sta affrontando il dilemma strategico su come rispondere alla crescente minaccia dell'Isis, distante circa 300 chilometri dall'isola siciliana di Lampedusa - fa notare Politi - le sue relazioni con l'Egitto, il rapporto commerciale e strategico che Renzi ha duramente lavorato per coltivare, sono stati messi in discussione dal misterioso omicidio di un ricercatore italiano che studiava i diritti sindacali al Cairo". Quindi la stoccata: "Renzi è noto per essere un politico agile e capace, ma questi venti contrari, nel corso di un anno cruciale per il governo italiano, potrebbero creare una situazione più cupa di quanto previsto da tanti".
http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... 25554.html
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Re: Diario della caduta di un regime.
Tangenti sanità Lombardia: la Lega scarica Rizzi, il fedelissimo di Maroni. Vince Salvini, ma il colpo è forte
Politica
Dopo aver fatto le barricate per difendere Garavaglia, coinvolto nel caso Mantovani, il Carroccio usa toni duri sul consigliere arrestato nell'inchiesta sugli appalti odontoiatrici. Sullo sfondo, lo scontro fra il segretario duro e puro e il governatore più attento al palazzo
di Alessandro Madron | 16 febbraio 2016
“Hanno arrestato Rizzi”. L’sms rimbalza di telefono in telefono: “In regione ci sono i carabinieri. Sembra proprio che sia vero”. A metà mattinata arriva la conferma.
“Questa notizia ci ha colpiti tutti, non c’è nessuno che gode” assicurano i fedelissimi di Salvini.
A conferma di questa tesi la presenza del direttore di Radio Padania, Alessandro Morelli, accanto a Roberto Maroni durante la diretta radiofonica della sera di martedì 16 febbraio: Maroni e un salviniano doc fianco a fianco per rassicurare la base e far sapere di essere uniti e compatti.
Il messaggio è: “Nessuna frattura interna”, “Nessuna faida alle porte”.
A pensar male, il fatto che nella Lega si sia sentito il bisogno di questa sottolineatura sembra un’ammissione.
Del resto non è un mistero che, nelle scorse settimane e nei mesi passati, si sia consumata qualche frizione tra Maroni e Salvini durante la definizione di candidature e alleanze in vista delle prossime elezioni amministrative.
Da una parte il segretario duro e puro, votato a una gloriosa sconfitta.
Dall’altra l’uomo di palazzo, che per salvare gli equilibri al Pirellone aveva bisogno di accordi estesi e climi distesi.
Alla fine è passata la linea di Maroni: larghe intese e braccia aperte agli alfaniani.
Probabilmente se l’arresto di Rizzi fosse arrivato a giochi ancora aperti, l’ago della bilancia avrebbe potuto pendere a favore del segretario.
Fabio Rizzi, uomo di Maroni, appartiene alla seconda generazione leghista.
Classe ’66, iscritto dai primi anni Novanta, è cresciuto (politicamente) nella sua Besozzo, a pochi passi da Gemonio, quartier generale del partito quando la Lega faceva politica in canottiera.
E’ stato abile a rimanere a galla all’epoca delle faide interne al Carroccio, tra il 2011 e il 2012, quando avvenne la transizione tra la gestione di Bossi e quella di Maroni.
Capì che per sopravvivere avrebbe dovuto voltare le spalle al vecchio capo e giurare fedeltà a Bobo.
Ci è riuscito senza dare nell’occhio e in dote, l’amico Maroni, gli ha lasciato una candidatura alle regionali, dove approda nel 2013, dopo un mandato al Senato.
Oggi la buvette del consiglio regionale lombardo, orfana di Rizzi, è sommersa da una valanga di sguardi affranti.
Una galleria del dolore.
Chi scuote la testa, chi cerca di capire di più.
“Ma li sapete i nomi?”, “ti risulta che sia stato arrestato anche Donato?” e, ancora: “Ma ho sentito che si tratta solo di 50mila euro”.
Tra i consiglieri regionali di maggioranza e i loro collaboratori è un continuo scambio di sguardi, poi arrivano telefonate: “Stavolta è una cosa seria”.
Il capogruppo Massimiliano Romeo trova la forza di fare una battuta all’indirizzo dei cronisti presenti: “Adesso ridete eh?”, altri distolgono lo sguardo e tirano dritto.
In giro per il palazzo c’è anche Massimo Garavaglia, l’assessore leghista indagato nell’inchiesta che, appena qualche mese fa, ha inguaiato l’ex vicepresidente Mario Mantovani.
Per lui la Lega e il governatore della Lombardia avevano eretto barricate fittissime, mettendo in guardia chiunque dal parlare di tangenti. Il trattamento riservato a Fabio Rizzi è di segno opposto.
Nel primo pomeriggio il segretario Matteo Salvini esordisce con una frase perentoria: “Chi sbaglia davvero, non merita la Lega” a cui in serata segue la sospensione dal partito.
Qualche ora dopo, in consiglio regionale, Maroni dice di essere “incazzato e sorpreso”. Insomma, Rizzi è già stato scaricato.
Evidentemente le sue accuse creano più di qualche imbarazzo tra via Bellerio e i piani alti della Regione. Ma a tremare di più è la giunta regionale.
Oggi Maroni e Salvini sono come due pugili suonati.
Nessuno è finito al tappeto.
Il colpo è arrivato forte.
Loro hanno incassato alla meglio.
Ai punti vince il segretario, ma certo non solleverà al cielo la cintura del campione.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/02 ... e/2471263/
Politica
Dopo aver fatto le barricate per difendere Garavaglia, coinvolto nel caso Mantovani, il Carroccio usa toni duri sul consigliere arrestato nell'inchiesta sugli appalti odontoiatrici. Sullo sfondo, lo scontro fra il segretario duro e puro e il governatore più attento al palazzo
di Alessandro Madron | 16 febbraio 2016
“Hanno arrestato Rizzi”. L’sms rimbalza di telefono in telefono: “In regione ci sono i carabinieri. Sembra proprio che sia vero”. A metà mattinata arriva la conferma.
“Questa notizia ci ha colpiti tutti, non c’è nessuno che gode” assicurano i fedelissimi di Salvini.
A conferma di questa tesi la presenza del direttore di Radio Padania, Alessandro Morelli, accanto a Roberto Maroni durante la diretta radiofonica della sera di martedì 16 febbraio: Maroni e un salviniano doc fianco a fianco per rassicurare la base e far sapere di essere uniti e compatti.
Il messaggio è: “Nessuna frattura interna”, “Nessuna faida alle porte”.
A pensar male, il fatto che nella Lega si sia sentito il bisogno di questa sottolineatura sembra un’ammissione.
Del resto non è un mistero che, nelle scorse settimane e nei mesi passati, si sia consumata qualche frizione tra Maroni e Salvini durante la definizione di candidature e alleanze in vista delle prossime elezioni amministrative.
Da una parte il segretario duro e puro, votato a una gloriosa sconfitta.
Dall’altra l’uomo di palazzo, che per salvare gli equilibri al Pirellone aveva bisogno di accordi estesi e climi distesi.
Alla fine è passata la linea di Maroni: larghe intese e braccia aperte agli alfaniani.
Probabilmente se l’arresto di Rizzi fosse arrivato a giochi ancora aperti, l’ago della bilancia avrebbe potuto pendere a favore del segretario.
Fabio Rizzi, uomo di Maroni, appartiene alla seconda generazione leghista.
Classe ’66, iscritto dai primi anni Novanta, è cresciuto (politicamente) nella sua Besozzo, a pochi passi da Gemonio, quartier generale del partito quando la Lega faceva politica in canottiera.
E’ stato abile a rimanere a galla all’epoca delle faide interne al Carroccio, tra il 2011 e il 2012, quando avvenne la transizione tra la gestione di Bossi e quella di Maroni.
Capì che per sopravvivere avrebbe dovuto voltare le spalle al vecchio capo e giurare fedeltà a Bobo.
Ci è riuscito senza dare nell’occhio e in dote, l’amico Maroni, gli ha lasciato una candidatura alle regionali, dove approda nel 2013, dopo un mandato al Senato.
Oggi la buvette del consiglio regionale lombardo, orfana di Rizzi, è sommersa da una valanga di sguardi affranti.
Una galleria del dolore.
Chi scuote la testa, chi cerca di capire di più.
“Ma li sapete i nomi?”, “ti risulta che sia stato arrestato anche Donato?” e, ancora: “Ma ho sentito che si tratta solo di 50mila euro”.
Tra i consiglieri regionali di maggioranza e i loro collaboratori è un continuo scambio di sguardi, poi arrivano telefonate: “Stavolta è una cosa seria”.
Il capogruppo Massimiliano Romeo trova la forza di fare una battuta all’indirizzo dei cronisti presenti: “Adesso ridete eh?”, altri distolgono lo sguardo e tirano dritto.
In giro per il palazzo c’è anche Massimo Garavaglia, l’assessore leghista indagato nell’inchiesta che, appena qualche mese fa, ha inguaiato l’ex vicepresidente Mario Mantovani.
Per lui la Lega e il governatore della Lombardia avevano eretto barricate fittissime, mettendo in guardia chiunque dal parlare di tangenti. Il trattamento riservato a Fabio Rizzi è di segno opposto.
Nel primo pomeriggio il segretario Matteo Salvini esordisce con una frase perentoria: “Chi sbaglia davvero, non merita la Lega” a cui in serata segue la sospensione dal partito.
Qualche ora dopo, in consiglio regionale, Maroni dice di essere “incazzato e sorpreso”. Insomma, Rizzi è già stato scaricato.
Evidentemente le sue accuse creano più di qualche imbarazzo tra via Bellerio e i piani alti della Regione. Ma a tremare di più è la giunta regionale.
Oggi Maroni e Salvini sono come due pugili suonati.
Nessuno è finito al tappeto.
Il colpo è arrivato forte.
Loro hanno incassato alla meglio.
Ai punti vince il segretario, ma certo non solleverà al cielo la cintura del campione.
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Re: Diario della caduta di un regime.
Popolare di Vicenza, capitale quasi azzerato. E i soci si ritrovano in mano azioni che valgono il 90% in meno
Lobby
I risparmiatori che hanno sottoscritto le ricapitalizzazioni comprando i titoli a 62,5 euro l'uno scoprono che oggi sono valutati 6,3 euro. Soldi peraltro virtuali, perché il diritto di recesso è sospeso. Ma l'istituto vuole convincerli a sottoscrivere un nuovo aumento da 1,7 miliardi e per indorare la pillola offre incentivi e premi fedeltà
di Paolo Fior | 17 febbraio 2016
Commenti (39)
Tosati peggio delle pecore. Come altro definire gli azionisti della Banca popolare di Vicenza che nell’istituto hanno messo soldi veri e oggi si ritrovano con pochi spiccioli virtuali in mano? Certo, da mesi tutti sapevano che la botta sarebbe arrivata: il famigerato conto della gestione Zonin. Nessuno però pensava che potesse andare addirittura peggio che ai soci della vicina Veneto Banca. Martedì sera il consiglio di amministrazione della Popolare di Vicenza ha comunicato il prezzo di recesso e l’entità dell’aumento di capitale finalizzato al ripristino dei coefficienti patrimoniali e all’ingresso in Borsa dell’istituto vicentino. Un uno-due micidiale.
Il capitale della banca è praticamente azzerato: dopo aver sottoscritto aumenti di capitale per centinaia di milioni a 62,5 euro per azione, i soci scoprono che oggi sulla carta i loro titoli vengono valutati 6,3 euro, praticamente il 90% in meno. L’87% se si calcola invece il prezzo dell’azione a 48 euro fissato dall’ultima assemblea, prezzo al quale nessun socio però ha acquistato azioni. E si tratta ancora una volta di soldi virtuali, perché anche chi non volesse aderire alla trasformazione in spa non avrebbe alcuna chance di vedersi liquidare le sue azioni a 6,3 euro, essendo stato sospeso sine die – come previsto dalla legge – l’esercizio del diritto di recesso. Era già accaduto a Montebelluna, dove i soci di Veneto Banca hanno visto le loro azioni svalutate “solo” dell’81%, e tutti – sia a Vicenza, sia a Montebelluna – sanno anche che non è finita perché a fare il prezzo vero sarà poi la Borsa.
Ma il consiglio d’amministrazione della Popolare di Vicenza non si è limitato a rendere noto il prezzo virtuale per l’esercizio del recesso e a fissare al 5 marzo la data dell’assemblea dei soci per la trasformazione in spa e per il via libera all’aumento di capitale e alla quotazione. Il cda ha anche ridefinito l’ammontare dell’aumento, portandolo da 1,5 a 1,76 miliardi di euro. Da un lato i conti dell’istituto sono peggiorati e sono state effettuate svalutazioni maggiori rispetto a quelle già draconiane del giugno scorso, dall’altro, l’amministratore delegato Francesco Iorio è preoccupato dal fatto che i soci – ormai totalmente sfiduciati – non partecipino all’aumento e, bontà sua, prova a indorare la pillola (la richiesta di altri quattrini a chi ha praticamente perso tutto il capitale investito) con degli incentivi e dei premi-fedeltà.
L’aumento di capitale che l’assemblea sarà dunque chiamata ad approvare prevede che 1,5 miliardi di euro siano destinati al ripristino dei coefficienti patrimoniali dell’istituto, 150 milioni siano al servizio della cosiddetta opzione di “sovrallocazione”, 38 milioni per l’emissione di “strumenti o diritti da assegnare agli azionisti con funzione di fidelizzazione” e 75 milioni di euro per l’emissione di “strumenti o diritti da assegnare agli azionisti con funzione di incentivazione”. Il comunicato della banca spiega che, pur essendo il prezzo uguale per tutti (vecchi azionisti, investitori istituzionali, retail), gli attuali azionisti di Popolare Vicenza beneficeranno di condizioni vantaggiose per partecipare all’aumento. Come la possibilità di sottoscrivere azioni aggiuntive dopo un certo periodo di tempo beneficiando di uno sconto massimo del 50% rispetto al prezzo di quotazione.
Un bell’incentivo davvero, specie se si considera che il prezzo in Borsa potrà scendere anche significativamente rispetto al prezzo di quotazione. In ogni caso, l’aumento di capitale sarà riservato fino al 45% agli attuali azionisti e almeno per il 50% agli investitori istituzionali. Il restante 5% sarà destinato al retail, cioè ai piccoli investitori privati che non aspettano altro che rischiare i loro quattrini sulla Popolare di Vicenza. Ovviamente, informa la banca, sono previsti dei meccanismi in virtù dei quali “sarà possibile riallocare a favore di una tranche quelle azioni eventualmente non collocate nella altre tranche”. E, ricorda sempre la banca, con Unicredit è stato stipulato “un accordo preliminare di garanzia, a condizioni e termini di mercato, avente ad oggetto la sottoscrizione delle azioni da emettersi in esecuzione dell’aumento di capitale fino all’ammontare massimo di 1,5 miliardi di euro”.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/02 ... o/2472139/
Lobby
I risparmiatori che hanno sottoscritto le ricapitalizzazioni comprando i titoli a 62,5 euro l'uno scoprono che oggi sono valutati 6,3 euro. Soldi peraltro virtuali, perché il diritto di recesso è sospeso. Ma l'istituto vuole convincerli a sottoscrivere un nuovo aumento da 1,7 miliardi e per indorare la pillola offre incentivi e premi fedeltà
di Paolo Fior | 17 febbraio 2016
Commenti (39)
Tosati peggio delle pecore. Come altro definire gli azionisti della Banca popolare di Vicenza che nell’istituto hanno messo soldi veri e oggi si ritrovano con pochi spiccioli virtuali in mano? Certo, da mesi tutti sapevano che la botta sarebbe arrivata: il famigerato conto della gestione Zonin. Nessuno però pensava che potesse andare addirittura peggio che ai soci della vicina Veneto Banca. Martedì sera il consiglio di amministrazione della Popolare di Vicenza ha comunicato il prezzo di recesso e l’entità dell’aumento di capitale finalizzato al ripristino dei coefficienti patrimoniali e all’ingresso in Borsa dell’istituto vicentino. Un uno-due micidiale.
Il capitale della banca è praticamente azzerato: dopo aver sottoscritto aumenti di capitale per centinaia di milioni a 62,5 euro per azione, i soci scoprono che oggi sulla carta i loro titoli vengono valutati 6,3 euro, praticamente il 90% in meno. L’87% se si calcola invece il prezzo dell’azione a 48 euro fissato dall’ultima assemblea, prezzo al quale nessun socio però ha acquistato azioni. E si tratta ancora una volta di soldi virtuali, perché anche chi non volesse aderire alla trasformazione in spa non avrebbe alcuna chance di vedersi liquidare le sue azioni a 6,3 euro, essendo stato sospeso sine die – come previsto dalla legge – l’esercizio del diritto di recesso. Era già accaduto a Montebelluna, dove i soci di Veneto Banca hanno visto le loro azioni svalutate “solo” dell’81%, e tutti – sia a Vicenza, sia a Montebelluna – sanno anche che non è finita perché a fare il prezzo vero sarà poi la Borsa.
Ma il consiglio d’amministrazione della Popolare di Vicenza non si è limitato a rendere noto il prezzo virtuale per l’esercizio del recesso e a fissare al 5 marzo la data dell’assemblea dei soci per la trasformazione in spa e per il via libera all’aumento di capitale e alla quotazione. Il cda ha anche ridefinito l’ammontare dell’aumento, portandolo da 1,5 a 1,76 miliardi di euro. Da un lato i conti dell’istituto sono peggiorati e sono state effettuate svalutazioni maggiori rispetto a quelle già draconiane del giugno scorso, dall’altro, l’amministratore delegato Francesco Iorio è preoccupato dal fatto che i soci – ormai totalmente sfiduciati – non partecipino all’aumento e, bontà sua, prova a indorare la pillola (la richiesta di altri quattrini a chi ha praticamente perso tutto il capitale investito) con degli incentivi e dei premi-fedeltà.
L’aumento di capitale che l’assemblea sarà dunque chiamata ad approvare prevede che 1,5 miliardi di euro siano destinati al ripristino dei coefficienti patrimoniali dell’istituto, 150 milioni siano al servizio della cosiddetta opzione di “sovrallocazione”, 38 milioni per l’emissione di “strumenti o diritti da assegnare agli azionisti con funzione di fidelizzazione” e 75 milioni di euro per l’emissione di “strumenti o diritti da assegnare agli azionisti con funzione di incentivazione”. Il comunicato della banca spiega che, pur essendo il prezzo uguale per tutti (vecchi azionisti, investitori istituzionali, retail), gli attuali azionisti di Popolare Vicenza beneficeranno di condizioni vantaggiose per partecipare all’aumento. Come la possibilità di sottoscrivere azioni aggiuntive dopo un certo periodo di tempo beneficiando di uno sconto massimo del 50% rispetto al prezzo di quotazione.
Un bell’incentivo davvero, specie se si considera che il prezzo in Borsa potrà scendere anche significativamente rispetto al prezzo di quotazione. In ogni caso, l’aumento di capitale sarà riservato fino al 45% agli attuali azionisti e almeno per il 50% agli investitori istituzionali. Il restante 5% sarà destinato al retail, cioè ai piccoli investitori privati che non aspettano altro che rischiare i loro quattrini sulla Popolare di Vicenza. Ovviamente, informa la banca, sono previsti dei meccanismi in virtù dei quali “sarà possibile riallocare a favore di una tranche quelle azioni eventualmente non collocate nella altre tranche”. E, ricorda sempre la banca, con Unicredit è stato stipulato “un accordo preliminare di garanzia, a condizioni e termini di mercato, avente ad oggetto la sottoscrizione delle azioni da emettersi in esecuzione dell’aumento di capitale fino all’ammontare massimo di 1,5 miliardi di euro”.
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Re: Diario della caduta di un regime.
Unioni civili, Alfano fa il duro:
"Ripartire dalla maggioranza"
Il leader Ncd esulta per il rinvio del ddl: "È la vittoria del nostro buon senso". Ma a vincere sono state le opposizioni
di Sergio Rame
poco fa
15
SPERIAMO CHE L'ISIS NON DECIDA MAI D'INVADERCI, PERCHE' CON QUESTI PERSONAGGI A DIFENDERCI CE LA VEDREMO MALE. MOLTO MALE.
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Re: Diario della caduta di un regime.
QUESTO STRANO CENTRODESTRA
feb 16
Il delirio di George Soros … e i veri nemici dell’Europa
http://blog.ilgiornale.it/rossi/2016/02 ... elleuropa/
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Re: Diario della caduta di un regime.
camillobenso ha scritto:QUESTO STRANO CENTRODESTRA
feb 16
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Ai tempi della guerra fredda la sinistra, in prevalenza comunista, era schierata con l'Unione Sovietica.
Il centrodestra era schierato con gli Usa.
Oggi il centrodestra è schierato con l'ex comunista Putin che non é più comunista.
E spesso sono avversi agli Usa.
Valli a sapire!!!!!
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Re: Diario della caduta di un regime.
ANCHE IL CENTRODESTRA STA ANDANDO IN PEZZI
A Roma Salvini fa saltare tutto.
Non gli sta bene di Bertolaso
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Re: Diario della caduta di un regime.
Cariferrara, dopo Banca Etruria arriva l’insolvenza anche per la Cassa estense. E si apre l’ipotesi bancarotta
Numeri & News
di F. Q. | 19 febbraio 2016
Commenti (1)
Non solo Banca Etruria. Anche la Cassa di Risparmio di Ferrara è insolvente. Lo hanno stabilito i giudici del Tribunale fallimentare di Ferrara motivando la decisione in cinque pagine.
Il testo integrale, pubblicato dal sito della Nuova Ferrara, indica in sintesi che la vecchia Carife è insolvente perché ha accumulato debiti per 467 milioni di euro, potendo contare su attivi pari a zero. Lo stato di insolvenza è presupposto per il fallimento e dal punto di vista penale apre le porte, ai pm che già indagavano sul passato dell’istituto, per l’apertura di un fascicolo per bancarotta. Con tutto ciò che ne consegue per gli ex amministratori.
Come analizza la Nuova Ferrara, si tratta di un buco nero, con poche o nessuna possibilità di onorare i propri doveri nei confronti dei creditori, tra i quali ci sono gli obbligazionisti subordinati “congelati” nella procedura di liquidazione, per oltre 34 milioni di euro. Il dissesto della vecchia banca nasce da una situazione pregressa al commissariamento, che ha prodotto una perdita lorda di 376 milioni tra il primo gennaio 2013 eil 31 marzo 2015, anche a seguito delle svalutazioni rese necessarie nei comparti del credito e delle partecipazioni.
Nel dissesto i giudici fanno ricadere anche la risoluzione stabilita dal Salva Banche del 22 novembre scorso, che ha determinato l’individuazione di ulteriori perdite per complessivi 492,6 milioni, somma che togliendo le obbligazioni subordinate scende a quota 433 milioni. Poiché l’intera azienda è stata ceduta all’ente ponte Nuova Cassa di Risparmio, alla vecchia Carife spa non sono rimasti che i debiti. E così per il ristoro dei creditori non sono rimasti beni immobili da vendere, né crediti da riscuotere o rami d’azienda da far fruttare.
Una possibilità può essere rappresentata dalle azioni di responsabilità nei confronti degli ex amministratori, che la legge sulle liquidazioni coatte amministrative attribuisce direttamente ai commissari liquidatori, cioè Antonio Blandini. Sul piatto ci sono i famosi 100 milioni già richiesti al tribunale delle imprese di Bologna, ma la via è lunga e incerta. Per eventuali cause civili da parte dei risparmiatori può avere importanza il periodo nel quale è maturato il dissesto: la sentenza si focalizza molto sul 2015, quando la situazione della vecchia Carife è precipitata, ma tiene aperta una finestra sulle cause “a monte”, su periodo precedente al commissariamento.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/02 ... a/2477878/
Numeri & News
di F. Q. | 19 febbraio 2016
Commenti (1)
Non solo Banca Etruria. Anche la Cassa di Risparmio di Ferrara è insolvente. Lo hanno stabilito i giudici del Tribunale fallimentare di Ferrara motivando la decisione in cinque pagine.
Il testo integrale, pubblicato dal sito della Nuova Ferrara, indica in sintesi che la vecchia Carife è insolvente perché ha accumulato debiti per 467 milioni di euro, potendo contare su attivi pari a zero. Lo stato di insolvenza è presupposto per il fallimento e dal punto di vista penale apre le porte, ai pm che già indagavano sul passato dell’istituto, per l’apertura di un fascicolo per bancarotta. Con tutto ciò che ne consegue per gli ex amministratori.
Come analizza la Nuova Ferrara, si tratta di un buco nero, con poche o nessuna possibilità di onorare i propri doveri nei confronti dei creditori, tra i quali ci sono gli obbligazionisti subordinati “congelati” nella procedura di liquidazione, per oltre 34 milioni di euro. Il dissesto della vecchia banca nasce da una situazione pregressa al commissariamento, che ha prodotto una perdita lorda di 376 milioni tra il primo gennaio 2013 eil 31 marzo 2015, anche a seguito delle svalutazioni rese necessarie nei comparti del credito e delle partecipazioni.
Nel dissesto i giudici fanno ricadere anche la risoluzione stabilita dal Salva Banche del 22 novembre scorso, che ha determinato l’individuazione di ulteriori perdite per complessivi 492,6 milioni, somma che togliendo le obbligazioni subordinate scende a quota 433 milioni. Poiché l’intera azienda è stata ceduta all’ente ponte Nuova Cassa di Risparmio, alla vecchia Carife spa non sono rimasti che i debiti. E così per il ristoro dei creditori non sono rimasti beni immobili da vendere, né crediti da riscuotere o rami d’azienda da far fruttare.
Una possibilità può essere rappresentata dalle azioni di responsabilità nei confronti degli ex amministratori, che la legge sulle liquidazioni coatte amministrative attribuisce direttamente ai commissari liquidatori, cioè Antonio Blandini. Sul piatto ci sono i famosi 100 milioni già richiesti al tribunale delle imprese di Bologna, ma la via è lunga e incerta. Per eventuali cause civili da parte dei risparmiatori può avere importanza il periodo nel quale è maturato il dissesto: la sentenza si focalizza molto sul 2015, quando la situazione della vecchia Carife è precipitata, ma tiene aperta una finestra sulle cause “a monte”, su periodo precedente al commissariamento.
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Re: Diario della caduta di un regime.
La Stampa 19.2.15
Banche, conti e riforme: l’Italia è sotto accusa
Da Londra a Berlino fino a Bruxelles gli affondi più duri
Per la stampa anglosassone l’incertezza sul credito può far deragliare il premier
Schaeuble in pressing sui nostri titoli di Stato e Juncker critica il governo su debito e deficit
di Giuseppe Bottero
Dai conti pubblici alle banche, l’Italia torna nel mirino. I primi dubbi, verso la fine di gennaio, sono comparsi sul «New York Times». Poi, rumoroso, è arrivato l’affondo del «Financial Times», a firma dell’editorialista tedesco Wolfgang Munchau. Erano i giorni più duri dello scontro Renzi-Juncker. Il presidente della Commissione Ue aveva accusato il premier di offendere continuamente Bruxelles, e il quotidiano ha sfoderato il carico da novanta mettendo in dubbio «la sostenibilità dell’Italia all’interno dell’Eurozona» e dipingendo un panorama con Roma e Atene malate quasi incurabili. Ci è tornato su, un paio di giorni fa, il corrispondente da Roma: «La fortuna di Renzi si sta esaurendo» e i «venti contrari, nel corso di un anno cruciale, potrebbero creare una situazione più cupa del previsto». Prima era toccato a «The Economist»: «Il sistema bancario è strangolato dai crediti in sofferenza». E sempre sulle banche è andato in scena il pressing di Schaeuble: vuole mettere un tetto alla presenza di titoli di Stato nei bilanci. Ieri, a rafforzare i timori di Palazzo Chigi sui possibili movimenti ostili dalle parti di Berlino, Bruxelles, Londra e Washington, ci ha pensato di nuovo il «Financial Times». «La questione che può far deragliare il leader di centrosinistra è l’incertezza che avvolge le banche».
Banche, conti e riforme: l’Italia è sotto accusa
Da Londra a Berlino fino a Bruxelles gli affondi più duri
Per la stampa anglosassone l’incertezza sul credito può far deragliare il premier
Schaeuble in pressing sui nostri titoli di Stato e Juncker critica il governo su debito e deficit
di Giuseppe Bottero
Dai conti pubblici alle banche, l’Italia torna nel mirino. I primi dubbi, verso la fine di gennaio, sono comparsi sul «New York Times». Poi, rumoroso, è arrivato l’affondo del «Financial Times», a firma dell’editorialista tedesco Wolfgang Munchau. Erano i giorni più duri dello scontro Renzi-Juncker. Il presidente della Commissione Ue aveva accusato il premier di offendere continuamente Bruxelles, e il quotidiano ha sfoderato il carico da novanta mettendo in dubbio «la sostenibilità dell’Italia all’interno dell’Eurozona» e dipingendo un panorama con Roma e Atene malate quasi incurabili. Ci è tornato su, un paio di giorni fa, il corrispondente da Roma: «La fortuna di Renzi si sta esaurendo» e i «venti contrari, nel corso di un anno cruciale, potrebbero creare una situazione più cupa del previsto». Prima era toccato a «The Economist»: «Il sistema bancario è strangolato dai crediti in sofferenza». E sempre sulle banche è andato in scena il pressing di Schaeuble: vuole mettere un tetto alla presenza di titoli di Stato nei bilanci. Ieri, a rafforzare i timori di Palazzo Chigi sui possibili movimenti ostili dalle parti di Berlino, Bruxelles, Londra e Washington, ci ha pensato di nuovo il «Financial Times». «La questione che può far deragliare il leader di centrosinistra è l’incertezza che avvolge le banche».
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