lunedì 13 gennaio 2014
Origine e cause dei conflitti in Africa e le guerre dimenticate
Il passato ed il presente ci hanno abituato a conflitti anche cruenti in Africa, spesso l'occidente li ha visti, e li vede, come semplici problemi interni, e che nulla avevano o hanno a che fare con il dorato mondo civile.
Diritti umani, crimini di guerra e crimini contro l'umanità, eccidi, massacri, profughi, emigrazione, dittature cruente, tutto questo è il prodotto di secoli di sfruttamento dell'Africa da parte di potenze europee, e non solo europee.
È necessario distinguere però l'Africa mediterranea dall'Africa Sub-Sahariana. Se l'Africa mediterranea era conosciuta al mondo europeo fin dall'Impero Romano, tutta l'Africa al di sotto del deserto del Sahara era un continente del tutto sconosciuto. Infatti il deserto è rimasto una barriera invalicabile ai più fino al XIV secolo. Solo con la conquista araba dell'Africa mediterranea sono iniziati i primi commerci con le popolazioni dell'Africa che si trovavano al di sotto del deserto.
Con la scoperta dell'America sono poi iniziate le prime esplorazioni via nave, scoprendo così che per arrivare all'Africa continentale non era più necessario attraversare il deserto.
Ma il vero dramma dell'Africa è iniziato con la Conferenza di Berlino (1884-1885) quando le potenze europee di allora si sono spartite l'Africa, dando il via al processo di colonizzazione che si sarebbe concluso solo all'inizio degli anni sessanta. Un secolo che ha privato l'Africa, non solo delle sue risorse naturali, ma soprattutto ha privato l'Africa delle sue ricchezze naturali, culturali e politiche. Ha privato generazioni e generazioni di africani di vivere della loro identità culturale, obbligandoli a seguire religioni non loro, a parlare lingue non loro, imponendo la cultura europea, alimentando conflitti tribali, riducendo in schiavitù giovani, uomini, bambini e donne.
La fine della colonizzazione "politica" del continente africano non ha però fatto cessare l'influenza economica dell'Europa sull'Africa. Il petrolio, i minerali preziosi, i minerali rari, i diamanti, immensi territori da adibire ad agricoltura sono sempre sotto il controllo di multinazionali europee e compagnie straniere, con la complicità di governi e autorità locali. E così pur di sfruttare l'Africa il mondo intero non ha voluto e non vuole vedere il dolore di un intero continente, e continua ad appoggiare governi "criminali", dittatori e perfino assassini.
I fatti africani, anche attuali, appaiono ai più come dei semplici accadimenti senza senso, sconnessi tra di loro, frutto di una sovrastruttura selvaggia, atavicamente incline al caos della insignificanza. Occorre, invece, reinserire l'Africa nella storia dell'umanità ed analizzare i suoi fatti come pezzi del mosaico impazzito del disordine mondiale, dalle cause e dalle responsabilità ben identificabili.
Queste cause sono di natura storica, economica e geopolitica. Esistono anche cause endogene che non sono affatto riconducibili alla genetica (vedi tutte le teorie coloniali o tardo coloniali sull'incapacità intrinseca degli africani di autogestirsi e di forme di convenzione civile e la conseguente necessità di ri-colonizzare il continente). Esse trovano la loro genesi nelle modalità di ingresso dell'Africa nella modernità politica ed economica.
L'uso dell'etnia come strumento politico
L'appartenenza etnica, in se positiva in quanto luogo della manifestazione e della trasmissione dell'identità individuale e collettiva, diventa uno strumento di potere politico aizzato contro altri gruppi etnici rivali nella corsa per la conquista violenta del potere e della ricchezza.
Le rivalità etniche (che non sono monopolio esclusivo dell'Africa) sapientemente coltivate dal potere coloniale prima, e dai regimi totalitari poi, dovrebbero spingere gli africani a ridefinire in modo critico il concetto di stato-nazione che non può avere lo stesso significato che ha avuto nei paesi dell'Europa.
Esistono, o sono esistite, delle forme tradizionali per garantire la pace sociale e il consenso politico che, se riscoperte e rielaborate secondo le esigenze attuali, possono essere utili a prevenire i conflitti e a ritrovare la "cultura di pace" intrinseca in molte tradizioni culturali africane.
Lo smarrimento culturale e la modernità
Modernità imposta che gli africani hanno adottato senza assumerla e senza la volontà (o la capacità) di imprimergli una fisionomia conforme alle aspirazioni dei suoi popoli. Quest'Africa in bilico tra l'attrazione di una modernità "trappola" guidata dagli altri e un'identità violentata e lacerata, ma ancora viva e attuale, stenta a ritrovare una bussola culturale in grado di guidare il suo mutamento e la sua necessaria apertura al mondo.
La violenza che esprime è la spia di uno smarrimento profondo di natura prioritariamente culturale, ossia la tremenda e drammatica sovrapposizione tra il retaggio tradizionale e strutture moderne gestite con criteri anacronistici. Il continente africano è abbandonato oggi alla cieca violenza attuata con strumenti e armamenti moderni sulla base di strutture mentali di tipo tradizionale.
I conflitti sono il risultato del tradimento del "sole delle indipendenze" da parte della politica africana, colpevole di aver mancato alle attese e alle aspirazioni profonde dei popoli africani che, grazie alla lotta anti-coloniale, avevano sognato orizzonti di libertà, di partecipazione, di equità e di prosperità. Non solo i dirigenti africani si sono accontentati di scimmiottare le istituzioni occidentali applicate senza discernimento alla realtà africana. Troppo presto hanno dimenticato i loro popoli per mettersi al servizio degli interessi esterni e delle ambizioni personali (o del proprio clan) di ricchezza e di longevità politica.
La geopolitica del petrolio e delle ricchezze dell'Africa
I conflitti in Africa nascono anche all'interno di un quadro geo-politico in pieno mutamento. Dal Congresso di Berlino, data di inizio della spartizione della torta coloniale, fino al "nuovo ordine mondiale" velleitariamente proclamato da George W. Bush all'inizio di questo millennio, passando attraverso la guerra fredda combattuta accanitamente in Africa (Corno d'Africa, Angola, Africa Australe, Africa occidentale, ecc..) con la sola costanza di aver trasformato l'intero continente africano in territorio di caccia degli appetiti insaziabili di espansione e di affermazione delle grandi e delle medie potenze. Il tutto attuato attraverso, potenti compagnie minerarie e petrolifere e multinazionali senza scrupoli.
Archiviata la guerra fredda l'Africa ha sognato di poter e di dover finalmente liberarsi dalla tutela obbligata dettata dal carattere bi-polare del mondo, delle potenze occidentali o di obbedienza sovietica. Il nuovo "ordine" unipolare ha suscitato nuove linee di contrapposizione non più riconducibili alle ideologie ma alla contiguità di interessi economici che strumentalizzano la politica e gli interessi dei governi dei paesi ricchi.
Potenti multinazionali, potentati economici mondiali che corrompono i governi locali africani e influenzano i governi dei paesi ricchi sui comportamenti politici da tenere con gli stati africani, e così sono stati sottovalutati conflitti cruenti, si è soprasseduto su massacri e crimini, si è fatto finta di non vedere tutto ciò che era scomodo far vedere al ricco occidente. Abbiamo così la geo-politica del petrolio, del diamante, dell'oro, di questo o quel minerale raro, e per il controllo di aree economicamente strategiche.
Alcuni paesi africani hanno perso la rendita geo-strategica del periodo della guerra fredda per diventare terreno di scontro in quanto detentori di preziose ricchezze economiche di importanza vitale per le multinazionali occidentali. Per conservare questi interessi, le potenze occidentali sono pronte a tutto, compresa la capacità di mantenere con la forza militare governi corrotti e repressivi (come il Togo e il Congo piuttosto che l'Eritrea e l'Etiopia) o poteri basati sull'egemonia etnica (Ruanda, Burundi, o il vecchio Sudafrica del'apartheid).
Conflitti che nascono e si sviluppano in un contesto economico globalizzato, con un unico ruolo assegnato all'Africa, quello di un immenso serbatoio di materie prime di tipo minerario e agricolo.
Guerre di sopravvivenza
La mancanza di prospettive economiche (tra il 1980 e il 1990, gli investimenti lordi in Africa hanno conosciuto un ribasso medio annuo del 4,3% e gli investimenti diretti stranieri si sono abbassati dal 25 al 19% durante gli anni '80) e il conseguente abbassamento del livello di vita che genera, rappresentano gravi fattori di instabilità che espongono le popolazioni, soprattutto quelle giovani colpite duramente dalla disoccupazione, ad ogni tipo di strumentalizzazione politica, anche nelle forme più violente della lotta armata.
Un contesto economico all'interno del quale il debito dei paesi africani costituisce un macigno sulla vita delle popolazioni e una fonte permanente di instabilità politica e sociale, terreno privilegiato da dove nascono frustrazioni e rivalità tra gruppi etnici e politici. Il conflitto armato spesso nasconde uno scontro di sopravvivenza, una lotta a morte per resistere alla crisi.
Tutto questo è la vera guerra d'Africa che miete milioni di vittime silenziose. Guerra sulla quale, invece, vige la legge del silenzio intriso di cattiva coscienza e di rimozione collettiva da parte della stampa e dell'opinione pubblica. Occorre ribadire che le guerre che si scatenano nelle periferie del mondo sono la piccola spia pericolosa di un disordine e di una violenza che rischia di allungarsi a tutto il pianeta.
E sotto questo profilo, le guerre d'Africa sono guerre di tutti, vissute drammaticamente dagli africani, ma corresponsabili delle cause che le scatenano sono tutti i meccanismi che uccidono la speranza di milioni di persone e soffocano la giustizia e la solidarietà. E su questi meccanismi è possibile agire come cittadini e come donne e uomini sensibili al futuro dell'umanità.
Tipi di guerre africane
Non tutte le guerre africane sono uguali. Per capirne meglio le cause potremmo distinguerle in:
Conflitti inter-statali. Scoppiati per lo più sino alla fine degli anni '80, che si limitavano a rivendicazioni di rettifica delle frontiere.
Tutti questi conflitti non sono sfociati in scontri armati anche se, ciclicamente, la minaccia del ricorso alle armi torna prepotentemente a farsi sentire, come succede oggi, per esempio tra Eritrea ed Etiopia.
A questo tipo di conflitti appartengono anche quelli tra Benin e Niger, per la frontiera lungo il fiume. Egitto e Sudan con il primo che reclama il cuneo di Wadi Halfa e il tringolo Jabel-Bartaziga-Korosko.
Somalia e Etiopia per la regione di Hawd e dell'Ogaden. Monzambico e e Malawi che si contendono la riva paludosa est del lago Chilwa, e moltissimi altri conflitti.
Conflitti di natura secessionista. Dove le frontiere coloniali sono state contestate dall'interno di una stessa nazione (Katanga nell'ex Congo Belga, Biafra in Nigeria) oppure ribellioni interne (Casamance in Senegal, ribellione dei Tuareg nel Mali e nel Niger, Comore in Anjouan, la regione del Kiwu nel conflitto congolese). Il Sud Sudan è l'esempio più recente di questo tipo di conflitto, dopo anni di combattimenti ha ottenuto l'indipendenza dal Sudan.
Conflitti etnici. Aggravati con la fine della guerra fredda e guidata da gruppi etnici, non di rado marginalizzati dai poteri politici, che si ribellano in nome di una identità etnica a torto o a ragione giudicata minacciata (Ruanda e Burundi con il conflitto tra tutsi e hutu.
La guerra nell'est della Repubblica Democratica del Congo. La Liberia e la Sierra Leone. Angola ed ex Congo-Brazaville).
Fattori politici (il fallimento della decolonizzazione e del processo democratico). Da inquadrare tra i fattori politici anche tutte le ribellioni della così detta "Primavera Araba" che ha coinvolto quasi tutti i paesi africani che si affacciano sul mediterraneo. Paesi fino a quel momento governati da pesanti dittature islamiche.
Fattori regionali (la vicinanza dell'Angola con la possibilità per i vari gruppi in conflitto di stringere alleanze con il governo di Luanda e con la ribellione dell'Unita rimasta fedele al precedente presidente).
Fattori personali, molto difficili da cogliere per gli osservatori esterni al continente, riconducibili alle personalità e alle storie dei protagonisti che regolano sulla pelle dei loro concittadini i conti delle loro rivalità e ambizioni (è certamente il caso di Sassou Ngauesso e Pascal Lissouba in Congo, di Edoardo Santos e Jonas Savimbi in Angola, e altri ancora).
Conflitti religiosi. Dopo l'11 settembre, ma soprattutto con l'intervento occidentale nelle guerre di Afghanistan e Iraq, sono riemerse le profonde divisioni religiose presenti in Africa, aggravando, anche le contrapposizioni etniche. I mussulmani, i Cristiani e la cultura animista che spesso si sovrapponevano e convivevano, ora l'integralismo islamico li ha di nuovo divisi.
Si pensi al conflitto della Repubblica Centrafricana (gruppi islamici di Seleka e il colpo di stato del marzo 2013), al Mali (integralisti islamici che hanno imposto la legge islamica nel nord risolto con l'intervento francese), oppure in Nigeria (dove il gruppo integralista di Boko-Haram uccide e massacra i cristiani per liberare il nord Nigeria ormai da diversi anni con l'intento di creare uno stato islamico), alla Somalia (dove l'Islam integralista vuole imporre la legge islamica), e i gruppi Tuareg integralisti che operano nel deserto e sempre pronti a mettersi a disposizione di chiunque voglia dichiarare una "guerra santa" in Africa.
Si assiste sempre di più ad una miscela esplosiva di tutti questi fattori che non agiscono sempre singolarmente, ma che si scatenano e si alimentano reciprocamente. Non di rado, un conflitto iniziato con la motivazione politica (per esempio la contestazione di un risultato elettorale) può degenerare in conflitto etnico con risvolti economici.
Attuali conflitti dell'Africa
Sono conflitti gravi tutti alimentati da motivazioni religiose o etniche, con il sottofondo del controllo delle risorse del minerarie o petrolifere, infatti questi sono tutti paesi ricchi di petrolio o minerali preziosi.
Sud Sudan .. È il paese più giovane del mondo, diventato indipendente dopo la separazione dal Sudan nel 2011. Solo un anno dopo iniziò una sanguinosa guerra civile tra le etnie Dinka e Nuer per la conquista del poter e per il controllo dei giacimenti di petrolio della regione meridionale del paese. Un guerra civile che ha provocato migliaia di profughi e più 12.000 bambini soldato. Articoli Sud Sudan: "Tra guerra civile e catastrofe umanitaria", "Migliaia in fuga dalla guerra", "Tra violenze, esodo di massa e prostituzione minorile".
Libia .. L'intervento aereo della coalizione occidentale nel 2011 con i bombardamenti ha favorito la fine della caduta del regime pluridecennale di Gheddafi, ma ha anche favorito la contrapposizione tra le decine di tribù ed etnie presenti nel paese. Attualmente il paese è percorso da violenze e attentati. Si ritrova con due governi e due parlamenti e con lo "Stato Islamico" dei miliziani dell'ISIS che occupano una buona parte delle regioni nord-orientali.
Darfur .. Un conflitto ventennale che ha dilaniato le regioni sud-occidentali del Sudan e provocato una crisi umanitaria senza precedenti e mai risolta. Un vero e proprio genocidio che si è consumato nell'indifferenza del mondo. Articoli Darfur: "Trecentomila sfollati in sei mesi", "Oltre 300mila morti e nessun colpevole".
Repubblica Centrafricana .. È uno dei paesi più poveri del mondo dove coabitano cristiani (la maggioranza) e mussulmani sempre contrapposti tra loro. Nel marzo del 2013 le milizie islamiche Seleka attuano un colpo di stato prendendo il potere ed iniziano a massacrare la popolazione cristiana. Inizia così un periodo di violenze indicibili su base religiosa che l'ONU ha definito "quasi genocidio". L'intervento della Comunità Europea con forze militari e poi dell'ONU pongono fine ai massacri dei civili. Da alcuni mesi la situazione sembra sotto controllo. Articoli Repubblica Centrafricana: "Crimini spaventosi e il mondo sta a guardare", "I bambini dimenticati della Repubblica Centrafricana", "È genocidio e nessuno ne parla".
Nigeria .. Dal 2009 la popolazione cristiana del nord della Nigeria è presa di mira dalle milizie islamiche Boko Haram che in quei luoghi vogliono instaurare uno Stato Islamico. Attentati, attacchi a luoghi di culto cristiani, massacri di studenti nelle scuole e nei villaggi cristiani, e poi rapimenti di ragazze da vendere come schiave. Tutti crimini che passano quasi inosservati all'opinione pubblica mondiale e nei mass-media internazionali. Articoli: "Nigeria, una strage continua", "La strage di Baga", "Le ragazze rapite da Boko Haram raccontano".
Repubblica Democratica del Congo .. Nella regione mineraria del Kiwu, nel nord-est del paese, è da decenni in atto un conflitto tra le milizie M23 e l'esercito regolare, per il controllo delle miniere di diamanti e minerali preziosi, tra i quali il coltan, minerale necessario per il funzionamento dei cellulari. Nel 2013 l'ONU ha denunciato stupri di massa e orrori di ogni genere. Articoli Repubblica Democratica del Congo: "Orrori e stupri di massa".
Somalia .. Dall'inizio degli anni '90 la Somalia è dilaniata da una sanguinosa guerra civile. I vari governi "ufficiali" sono sempre avversati dalle "Corti Islamiche" e dalle milizie di "al-Shabaab" di matrice integralista islamica (gli stessi degli attentati in Kenia).
Mali .. Nel 2012, dopo un tentativo di colpo di stato, milizie islamiche impongo la Sharia e attuano una serie di violenze contro la popolazione civile. Solo con l'intervento militare della Francia nel 2013 la situazione si risolve, ma le tensioni nelle regioni del nord del paese continuano ancora e non sono rari i casi di violenze ai danni della popolazione civile. Articoli Mali: "Il dramma degli ex-bambini soldato".
Eritrea .. È considerato un vero e proprio lager a cielo aperto, dove i giovani sono reclutati nell'esercito già a 16 - 17 anni. Costretti a lavorare per il governo praticamente a vita, insomma diventano veri e propri schiavi. Oppositori incarcerati anche per futili motivi. Le organizzazioni umanitarie calcolano che almeno tremila persone ogni mese fuggano dall'Eritrea. Articoli Eritrea: "In fuga dall'orrore".
Dittature e regimi totalitari dell'Africa
Dei 54 Paesi che compongono l'Africa più della metà sono governi dittatoriali, alcuni sono regimi morbidi, altri al contrario veri e propri regimi totalitari cruenti. Tiranni che governano paesi spesso ricchissimi di materie prime e i cui guadagni vengono ripartiti tra una ristretta classe di funzionari corrotti.
Governi che fanno affari con i ricchi governi occidentali incuranti dei diritti umani che in quei paesi vengono costantemente violati, e dei crimini che tutti i giorni quelle popolazioni sono costrette a subire.
Tralasciando i paesi dell'Africa mediterranea, per esempio la Libia dove Gheddafi (al potere dal 1969 al 2011) o l'Egitto di Mubarak (rimasto al potere per 30 anni dal 1981 al 2011), e dove negli ultimi due anni ci sono state profonde trasformazioni politiche (Primavera Araba), nell'Africa continentale ci sono almeno un'altra decina di regimi totalitari in mano a dinastie familiari che governano con pugno di ferro pur di non perdere la loro prerogativa di potere. Paesi che però al mondo occidentale risultano pacificati, e per questo nessuno se ne interessa, o giudicando i crimini che avvengono solo come semplici problemi interni a quel paese.
Questi attualmente i regimi africani più longevi:
Gabon - la dinastia dei Bongo è al potere da 46 anni.
Zimbadwe - Robert Mugabe presidente dal 1980 (la sua presidenza è anche chiamata il "Regno del Terrore")
Guinea Equatoriale - Teodoro Obiang Nguema, al potere dal 1979 (Si stima che il suo patrimonio personale si aggiri intorno ai 600 milioni di dollari, la rivista Forbes lo colloca all'ottavo posto tra i governanti più ricchi del mondo).
Angola - José Eduardo dos Santos, al potere ininterrottamente dal 1979. Diventò presidente dopo la morte di Agostinho Neto, colui che conquistò l'indipendenza dal Portogallo, considerato un eroe nazionale. Santos, dopo aver appoggiato la rivoluzione d'UNITA (di matrice marxista), una volta al potere si è avvicinato invece sempre di più alle posizione dell'America, della Gran Bretagna e del Portogallo. Tra il 1997 e il 2002 la controffensiva governativa contro i ribelli dell'UNITA provocò un milione e mezzo di morti.
Camerun - Paul Biya, presidente dal 1982 (considerato un presidente lontano dalla gente, tutti i suoi oppositori vengono sistematicamente emarginati dalla società civile).
Uganda - Yoweri Museweni, presidente dal 1986 (la sua presidenza è caratterizzata da continui conflitti con i paesi vicini, Rwanda, Sudan, Repubblica Democratica del Congo. Alla fine degli anni '80 intraprese una sanguinosa guerra civile contro il gruppo armato Lord's Resistance Army comandate dal generale Joseph Kony e che provocò 800 mila profughi e 500 mila vittime civili, Joseph Kony fu in seguito condannato per crimini di guerra e contro l'umanità).
Burkina Faso - Blaise Campaoré, presidente dal 1987 (ha instaurato un regime di tipo marxista stretto e si dice che egli stesso abbia ucciso il suo predecessore Thomas Sankara che aveva portato il paese fuori dalla crisi economica e avviato una profonda trasformazione in senso democratico. Il Burkina Faso è ora uno dei paesi più poveri del mondo). Alla fine di ottobre del 2014 dopo imponenti manifestazioni popolari l'esercito prende il potere e Blaise Campaoré è costretto alla fuga, mettendo così fine a 27 di regime totalitario - News - Leggi anche "La rivincita della felicità".
Sudan - Omar Hassan al Bashir, presidente dal 1989 (islamico, ha provocato il conflitto del Darfur, ancora in corso, per il quale è già stato condannato per genocidio e crimini contro l'umanità, ha poi intrapreso una lotta di religione armata contro il Sud Sudan in prevalenza cristiano. Sud Sudan che ha ottenuto l'indipendenza nel 2012).
Ciad - Idris Débby, presidente dal 1990 (il paese è attraversato da continue tensioni e tentativi di colpi di stato sempre risolti anche per l'appoggio delle truppe francesi. Paese ricco di petrolio, Débby è accusato di trattenere per se i proventi derivanti dall'estrazione che si calcola ammontino a 486 milioni di dollari).
Etiopia - Meles Zenawi presidente dal 1991 fino alla sua morte avvenuta nel 2012 (il suo è considerato uno dei regimi più cruenti in assoluto, dove la violazione dei diritti umani era la norma. Attualmente l'Etiopia è governata da colui che fu il suo vice Haile Mariam Desalegn, e quindi nulla cambia dal punto di vista delle libertà personali e degli affari da fare con i governi occidentali).
Swaziland - monarchia assoluta dinastia Mswati al potere dall'indipendenza (1968) (l'attuale re Mwati III si sceglie una moglie all'anno durante una cerimonia a cui partecipano circa 50 mila ragazze provenienti anche da molti altri paesi africani, i suoi sudditi vivono con meno di un dollaro di reddito al mese).
Riepilogando
Paesi africani nei quali i diritti civili e politici sono del tutto o fortemente limitati: Guinea, Guinea Equatoriale, Costa d'Avorio, Camerun, Ciad, Sudan, Sud Sudan, Eritrea, Etiopia, Somalia, Repubblica Democratica del Congo, Rwanda, Angola, Zimdabwe, Swaziland.
Paesi africani nei quali i diritti civili e politici sono parzialmente limitati: Gambia, Mauritania, Sierra Leone, Liberia, Burkina Faso, Togo, Niger, Nigeria, Gabon, Repubblica Centroafricana, Etiopia, Uganda, Kenya, Tanzania, Zambia, Malawi, Mozambico, Madagascar, Seychelles e Comore.
A questo elenco sono esclusi tutti i paesi islamici che si affacciano sul Mediterraneo e coinvolti nelle insurrezioni interne della così detta "Primavera Araba", paesi nei quali è ancora in corso una fase di stabilizzazione e democratizzazione. Sono paesi a forte presenza islamica. In Tunisia è stata approvata una nuova costituzione che ha avviato un programma di democratizzazione molto deciso basato anche sulla parità uomo-donna. In Libia è tutt'ora in corso una sanguinosa guerra civile con la presenza dello "Stato Islamico" e dei miliziani dlel'ISIS.
Nei restanti paesi non elencati (Capo Verde, Senegal, Mali, Ghana, Benin, Sao Tomé e Principe, Namibia, Botswana, Sudafrica, Mauritius) le garanzie politiche e tutte le altre libertà sono costituzionalmente garantite.
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