Il dilemma: ambiente/salute o lavoro?
Re: Il dilemma: ambiente/salute o lavoro?
INVECE CONCITA
di Concita De Gregorio
27NOV2012
Rettili e minerali
Anche a non essere lombrosiani, e diventa ogni giorno più difficile, lo spettacolo dei volti dei Riva padre e figlio e del loro ufficiale pagatore Girolamo Archinà dice della vicenda Ilva almeno quanto, forse più delle parole. Che l’erede di una fortuna costruita sulla morte per cancro di centinaia di operai dica al telefono ‘Due tumori in piú? Una michiata’ e’ un’enormità non tanto aggravata quanto illustrata dalla sua faccia. Rettili, questo sembrano i tre affiancati in foto. Archinà, l’equivalente del ragionier Spinelli, come ciascuno in città sa aveva a libro paga non Olgettine ma arcivescovi e cardinali.
Che per 52 anni la chiesa tarantina si sia lasciata zittire con una mancia mensile é della storia il dettaglio più indecente. Con una mano si avvelenavano i lavoratori e con l’altra si costruiva, nel quartiere della morte – i Tamburi – la chiesa di Gesù divin lavoratore con un mosaico in stile socialismo reale dove i dirigenti della fabbrica e gli operai, i pescatori e i padroni, tutti insieme, rendono omaggio al dono del lavoro portato dal Cristo. All’ombra di quel mosaico e in cambio dei denari avuti per altre magnificenti opere di carità i preti hanno per anni consolato le vedove e le orfane, che vuoi ragazza mia, e’ il volere del Signore. Se gli uomini morivano a 40 anni, se i bambini nascevano con la leucemia. Una fatalità, preghiamo.
Saggi, intanto, gli amministratori e i politici che si sono succeduti nelle decadi si sono ben guardati dall’aprire a Taranto un centro pubblico di oncologia pediatrica: i bimbi malati meglio mandarli a curarsi e a morire fuori ,così non entrano nel conto in carico alla città e non fanno statistica. I bambini: gli stessi che nei loro disegni dipingono la fabbrica che sputa ‘ minerale’ come un drago. I bambini che tornano da scuola con la faccia che luccica di polvere, i ‘minori’ che secondo l’ordinanza del sindaco è meglio non far giocare per strada, ai Tamburi. Teneteli a casa.
Come al solito le parole sulla tragedia della chiusura dello stabilimento e della perdita del lavoro per una città intera sono fuori luogo. Pare trattarsi di una catasofe naturale: un terremoto, uno tsunami improvviso, la mano di un giudice dissennato, un imprevedibile accidente. Ma che a Taranto si muore di cancro e che la fabbrica che dà da vivere è la stessa che stermina famiglie intere lo sanno tutti da decenni e lo sopportano: gli ultimi perché non hanno alternative, tutti gli altri perchè gli conviene. Chiunque ti spiega il ‘peccato originale’ quale sia stato: aver deciso di collocare la zona di stoccaggio e di lavorazione a caldo a ridosso della città e non dal lato opposto come sarebbe stato logico. Perché? Per risparmiare qualche metro di nastro trasportatore dei materiali dal porto. Per spendere meno, insomma, e pazienza se le fornaci che sputano veleno minerale stanno a ridosso delle case. Quando? 52 anni fa, nel 1960. Mezzo secolo.
Ce ne sarebbe stato di tempo per chiedere ai padroni dell’acciaio, da ultimo ai Riva, interventi di bonifica drastici, per obbligarli con le leggi, per evitare di lasciarsi comprare e per denunciare i corrotti. Per evitare che si arrivasse al punto in cui a pagare sono come sempre quelli che hanno da vendere soltano il loro lavoro, la vita compresa nel prezzo, e di entrambi restano senza. Le lacrime di coccodrillo, parlando di rettili, sono una pratica ignobile e in tempi come i nostri insopportabile. Suscitano rabbia e furore, legittimi. Se fossi un candidato premier oggi sarei all’Ilva a parlare con gli operai che la occupano: soprattutto sarei lì ad ascoltarli e pazienza se insultano. Hanno ragione loro e bisogna dirglielo. Assumersi le proprie responsabilita, scusarsi senza dar le colpe ad altri che le colpe politiche si ereditano e si scontano, ascoltarli e dire: avete ragione.
di Concita De Gregorio
27NOV2012
Rettili e minerali
Anche a non essere lombrosiani, e diventa ogni giorno più difficile, lo spettacolo dei volti dei Riva padre e figlio e del loro ufficiale pagatore Girolamo Archinà dice della vicenda Ilva almeno quanto, forse più delle parole. Che l’erede di una fortuna costruita sulla morte per cancro di centinaia di operai dica al telefono ‘Due tumori in piú? Una michiata’ e’ un’enormità non tanto aggravata quanto illustrata dalla sua faccia. Rettili, questo sembrano i tre affiancati in foto. Archinà, l’equivalente del ragionier Spinelli, come ciascuno in città sa aveva a libro paga non Olgettine ma arcivescovi e cardinali.
Che per 52 anni la chiesa tarantina si sia lasciata zittire con una mancia mensile é della storia il dettaglio più indecente. Con una mano si avvelenavano i lavoratori e con l’altra si costruiva, nel quartiere della morte – i Tamburi – la chiesa di Gesù divin lavoratore con un mosaico in stile socialismo reale dove i dirigenti della fabbrica e gli operai, i pescatori e i padroni, tutti insieme, rendono omaggio al dono del lavoro portato dal Cristo. All’ombra di quel mosaico e in cambio dei denari avuti per altre magnificenti opere di carità i preti hanno per anni consolato le vedove e le orfane, che vuoi ragazza mia, e’ il volere del Signore. Se gli uomini morivano a 40 anni, se i bambini nascevano con la leucemia. Una fatalità, preghiamo.
Saggi, intanto, gli amministratori e i politici che si sono succeduti nelle decadi si sono ben guardati dall’aprire a Taranto un centro pubblico di oncologia pediatrica: i bimbi malati meglio mandarli a curarsi e a morire fuori ,così non entrano nel conto in carico alla città e non fanno statistica. I bambini: gli stessi che nei loro disegni dipingono la fabbrica che sputa ‘ minerale’ come un drago. I bambini che tornano da scuola con la faccia che luccica di polvere, i ‘minori’ che secondo l’ordinanza del sindaco è meglio non far giocare per strada, ai Tamburi. Teneteli a casa.
Come al solito le parole sulla tragedia della chiusura dello stabilimento e della perdita del lavoro per una città intera sono fuori luogo. Pare trattarsi di una catasofe naturale: un terremoto, uno tsunami improvviso, la mano di un giudice dissennato, un imprevedibile accidente. Ma che a Taranto si muore di cancro e che la fabbrica che dà da vivere è la stessa che stermina famiglie intere lo sanno tutti da decenni e lo sopportano: gli ultimi perché non hanno alternative, tutti gli altri perchè gli conviene. Chiunque ti spiega il ‘peccato originale’ quale sia stato: aver deciso di collocare la zona di stoccaggio e di lavorazione a caldo a ridosso della città e non dal lato opposto come sarebbe stato logico. Perché? Per risparmiare qualche metro di nastro trasportatore dei materiali dal porto. Per spendere meno, insomma, e pazienza se le fornaci che sputano veleno minerale stanno a ridosso delle case. Quando? 52 anni fa, nel 1960. Mezzo secolo.
Ce ne sarebbe stato di tempo per chiedere ai padroni dell’acciaio, da ultimo ai Riva, interventi di bonifica drastici, per obbligarli con le leggi, per evitare di lasciarsi comprare e per denunciare i corrotti. Per evitare che si arrivasse al punto in cui a pagare sono come sempre quelli che hanno da vendere soltano il loro lavoro, la vita compresa nel prezzo, e di entrambi restano senza. Le lacrime di coccodrillo, parlando di rettili, sono una pratica ignobile e in tempi come i nostri insopportabile. Suscitano rabbia e furore, legittimi. Se fossi un candidato premier oggi sarei all’Ilva a parlare con gli operai che la occupano: soprattutto sarei lì ad ascoltarli e pazienza se insultano. Hanno ragione loro e bisogna dirglielo. Assumersi le proprie responsabilita, scusarsi senza dar le colpe ad altri che le colpe politiche si ereditano e si scontano, ascoltarli e dire: avete ragione.
Re: Il dilemma: ambiente/salute o lavoro?
Giornalista da premio Pulitzer, Concy.
Non fa una piega ma della "ragione" queste persone che se ne fanno? quelli vogliono, giustamente, soluzioni.
uno che è disposto a morire beccandosi il tumore pur di portare lo stipendio a casa non si limita agli insulti, e se sono in migliaia i candidati premier non ci tornano, vivi, a casa .
Non fa una piega ma della "ragione" queste persone che se ne fanno? quelli vogliono, giustamente, soluzioni.
uno che è disposto a morire beccandosi il tumore pur di portare lo stipendio a casa non si limita agli insulti, e se sono in migliaia i candidati premier non ci tornano, vivi, a casa .
-
- Messaggi: 3688
- Iscritto il: 22/02/2012, 14:30
Re: Il dilemma: ambiente/salute o lavoro?
Caso Ilva, i 190 milioni dei Riva
di Vittorio Malagutti
I proprietari della fabbrica di Taranto sostengono di aver investito tutti gli utili in azienda, per renderla meno inquinante. Invece un bel gruzzolo è stato trasferito in una loro holding
(25 ottobre 2012)
Emilio RivaTutto nell'azienda, tutto per l'azienda. Ci fosse un motto da esporre nell'insegna del casato, c'è da scommettere che Emilio Riva, l'ottuagenario patron dell'Ilva, sceglierebbe una frase come questa. Poche parole per coronare una carriera da industriale duro e puro, partito da un piccolo commercio di rottami per diventare uno dei signori mondiali dell'acciaio. L'avventura si sta concludendo nel peggiore dei modi. Tra i fumi dell'Ilva che hanno avvelenato Taranto e le accuse pesantissime a Emilio Riva e al figlio Nicola, agli arresti da fine luglio.
Resisteva il mito dell'imprenditore casa e fabbrica. "Tutto nell'azienda, tutto per l'azienda", appunto. Solo che i documenti consultati da "l'Espresso" raccontano una storia ben diversa. Negli ultimi anni, come minimo dal 2008, un fiume di denaro è passato dalle casse dell'Ilva a quelle di una holding dei Riva. Si arriva a 190 milioni di euro senza contare il 2010, di cui (chissà perché) non è rimasta traccia di questi flussi nei bilanci. I soldi vanno dal gruppo Ilva alla Riva Fire, di proprietà della famiglia di industriali lombardi.
Funziona così. La holding sigla ricchi contratti di consulenza con il colosso dell'acciaio, che paga di conseguenza. In questo modo la famiglia preleva decine di milioni ogni anno dalle casse del gruppo siderurgico. Niente dividendi, allora, non ce n'è bisogno.
I profitti? I Riva li hanno sempre reinvestiti per intero nel gruppo, ribadiva il concetto un comunicato stampa diffuso venerdì 19 ottobre in risposta a una dichiarazione di Nichi Vendola. Il governatore pugliese aveva tirato in ballo «gli ingenti utili» (nell'ordine dei miliardi di euro) realizzati a Taranto dai Riva a partire dal 1995, dai tempi della privatizzazione della siderurgia di Stato.
La replica è arrivata a stretto giro di posta. «I profitti sono stati sempre investiti nell'ammodernamento tecnologico del gruppo». Vero. Se non fosse che gli azionisti erano già passati alla cassa, attribuendosi ricchi compensi sulla base di quelli che nei documenti vengono definiti "contratti di consulenza e servizi". Il rischio di conflitto d'interessi è evidente. I Riva che comandano all'Ilva sono gli stessi che controllano la holding di famiglia. E fino a poco tempo fa coincidevano almeno in parte anche i consigli di amministrazione delle due società. Il patron Emilio è stato a lungo presidente dell'Ilva così come della holding Riva Fire.
Per farla breve si può dire che i Riva facevano i consulenti di se stessi, con i soldi dell'acciaieria di Taranto. Tutto regolare? La famiglia Amenduni, azionista dell'Ilva con il 10 per cento del capitale sin dai tempi della privatizzazione del 1995, ha cercato di capire meglio. A giugno, all'assemblea dei soci, un legale della Valbruna Nederland (la holding degli Amenduni) ha chiesto chiarimenti su quei contratti di consulenza milionari. Niente da fare. Le domande di Luciano Pontiroli, questo il nome dell'avvocato degli azionisti di minoranza, vengono di fatto rispedite al mittente.
«I corrispettivi pattuiti con Riva Fire appaiono conformi alle evidenze emerse con un campione significativo di gruppi italiani commissionato a una primaria società di consulenza indipendente», questa la risposta dei vertici dell'Ilva, che per l'occasione hanno affidato l'incarico alla Deloitte financial advisory service. La risposta, tradotta dal burocratese, suona più o meno così. «Abbiamo una perizia ad hoc che dice che va tutto bene». Nessun problema, allora. Parola di un consiglio di amministrazione all'epoca presieduto da Nicola Riva, uno dei beneficiari delle consulenze contestate.
Pontiroli però insiste, chiede copia del parere targato Deloitte. La richiesta risale al 25 giugno scorso, data dell'assemblea. A tutt'oggi, però, secondo quanto risulta a "l'Espresso", gli Amenduni non avrebbero ricevuto quel documento. Per capire meglio la situazione sarebbe utile sapere in che cosa consistano davvero quelle consulenze pagate dall'Ilva ai Riva. Il bilancio 2011 del gruppo siderurgico, un colosso da 6 miliardi di ricavi con 12 stabilimenti e oltre 15 mila dipendenti in Italia, spiega che i costi sostenuti nei confronti della holding Riva Fire ammontano all'1,6 per cento dei propri costi complessivi. Poca cosa? Mica tanto, perché l'1,6 per cento dei costi di Ilva vale comunque qualcosa come 103 milioni di euro per il solo 2011. L'importo dei compensi però non è fisso, spiega a "l'Espresso" un portavoce di Ilva. Il contratto prevede il pagamento di una somma pari all'1,3 per cento dei ricavi del gruppo siderurgico. Con una clausola: se l'azienda viaggia in perdita, cioè se a bilancio non viene raggiunto un margine lordo positivo, allora il compenso si dimezza, dall'1,3 per cento del fatturato si passa allo 0,65 per cento. Questo è quanto è successo, per esempio, nel 2009, un anno molto difficile per il gruppo, quando Ilva pagò a Riva Fire "solo" 23 milioni di euro, contro i 90,4 milioni dell'anno prima.
http://espresso.repubblica.it/dettaglio ... va/2193722
.............................................................
Quanti soldi costa alla Sanità .Le morti per l'amianto,le morti per tumore nel Napoletano le discariche che seminano veleni,Binbi che si ammalano nei primi anni di vita.Il petrolchimico di Marghera morti pure per anni.Mi ricordo magistrato Casson che aveva preso a cuore la situazione di quell'impianto.
Paghiamo ancora le pensioni della seconda guuerra montiale.Abbiamo morti per l'uranio inpoverito sia in Sardegna ,per il policono, e la Maddalena dove c'era la base dei sommergibili USA.Muoiono le pecore, le persone si ammalano.Muoiono i soldati in Bosnia per l'uranio impoverito ancora oggi.Franca Ramec riportava queste morte nel suo blog.Lo stato non faceva caso.Ora non possono piu nascondere la cosa.Tutto questo quanto costa alle strutture ospedagliere? e chi le paga ?noi cittadini normali.TASSE.Dimenticavo la mia zona Monte Venda Scavato sotto la montagna controllo strategico aereo.Morti per il Radon assorbito per anni.Ora da quanche anno chiuso i battenti.Per fortuna dicono che è aumentata l'età media delle persone.Si dei nostri politici, certo non fanno un lavoro pericoloso.
Ieri sera ho visto un pezzo di quinta colonnacon Paolo Del Debbio,in studio c'era un poliziotto.Alla domanda come vede i prossimi mesi la situazione delle manifestazioni ecc......Risposta:La vede peggiore degli anni di piombo brigate rosse.La situazione economica di allora non era come adesso.
http://www.video.mediaset.it/video/quin ... embre.html
Ciao
Paolo11
di Vittorio Malagutti
I proprietari della fabbrica di Taranto sostengono di aver investito tutti gli utili in azienda, per renderla meno inquinante. Invece un bel gruzzolo è stato trasferito in una loro holding
(25 ottobre 2012)
Emilio RivaTutto nell'azienda, tutto per l'azienda. Ci fosse un motto da esporre nell'insegna del casato, c'è da scommettere che Emilio Riva, l'ottuagenario patron dell'Ilva, sceglierebbe una frase come questa. Poche parole per coronare una carriera da industriale duro e puro, partito da un piccolo commercio di rottami per diventare uno dei signori mondiali dell'acciaio. L'avventura si sta concludendo nel peggiore dei modi. Tra i fumi dell'Ilva che hanno avvelenato Taranto e le accuse pesantissime a Emilio Riva e al figlio Nicola, agli arresti da fine luglio.
Resisteva il mito dell'imprenditore casa e fabbrica. "Tutto nell'azienda, tutto per l'azienda", appunto. Solo che i documenti consultati da "l'Espresso" raccontano una storia ben diversa. Negli ultimi anni, come minimo dal 2008, un fiume di denaro è passato dalle casse dell'Ilva a quelle di una holding dei Riva. Si arriva a 190 milioni di euro senza contare il 2010, di cui (chissà perché) non è rimasta traccia di questi flussi nei bilanci. I soldi vanno dal gruppo Ilva alla Riva Fire, di proprietà della famiglia di industriali lombardi.
Funziona così. La holding sigla ricchi contratti di consulenza con il colosso dell'acciaio, che paga di conseguenza. In questo modo la famiglia preleva decine di milioni ogni anno dalle casse del gruppo siderurgico. Niente dividendi, allora, non ce n'è bisogno.
I profitti? I Riva li hanno sempre reinvestiti per intero nel gruppo, ribadiva il concetto un comunicato stampa diffuso venerdì 19 ottobre in risposta a una dichiarazione di Nichi Vendola. Il governatore pugliese aveva tirato in ballo «gli ingenti utili» (nell'ordine dei miliardi di euro) realizzati a Taranto dai Riva a partire dal 1995, dai tempi della privatizzazione della siderurgia di Stato.
La replica è arrivata a stretto giro di posta. «I profitti sono stati sempre investiti nell'ammodernamento tecnologico del gruppo». Vero. Se non fosse che gli azionisti erano già passati alla cassa, attribuendosi ricchi compensi sulla base di quelli che nei documenti vengono definiti "contratti di consulenza e servizi". Il rischio di conflitto d'interessi è evidente. I Riva che comandano all'Ilva sono gli stessi che controllano la holding di famiglia. E fino a poco tempo fa coincidevano almeno in parte anche i consigli di amministrazione delle due società. Il patron Emilio è stato a lungo presidente dell'Ilva così come della holding Riva Fire.
Per farla breve si può dire che i Riva facevano i consulenti di se stessi, con i soldi dell'acciaieria di Taranto. Tutto regolare? La famiglia Amenduni, azionista dell'Ilva con il 10 per cento del capitale sin dai tempi della privatizzazione del 1995, ha cercato di capire meglio. A giugno, all'assemblea dei soci, un legale della Valbruna Nederland (la holding degli Amenduni) ha chiesto chiarimenti su quei contratti di consulenza milionari. Niente da fare. Le domande di Luciano Pontiroli, questo il nome dell'avvocato degli azionisti di minoranza, vengono di fatto rispedite al mittente.
«I corrispettivi pattuiti con Riva Fire appaiono conformi alle evidenze emerse con un campione significativo di gruppi italiani commissionato a una primaria società di consulenza indipendente», questa la risposta dei vertici dell'Ilva, che per l'occasione hanno affidato l'incarico alla Deloitte financial advisory service. La risposta, tradotta dal burocratese, suona più o meno così. «Abbiamo una perizia ad hoc che dice che va tutto bene». Nessun problema, allora. Parola di un consiglio di amministrazione all'epoca presieduto da Nicola Riva, uno dei beneficiari delle consulenze contestate.
Pontiroli però insiste, chiede copia del parere targato Deloitte. La richiesta risale al 25 giugno scorso, data dell'assemblea. A tutt'oggi, però, secondo quanto risulta a "l'Espresso", gli Amenduni non avrebbero ricevuto quel documento. Per capire meglio la situazione sarebbe utile sapere in che cosa consistano davvero quelle consulenze pagate dall'Ilva ai Riva. Il bilancio 2011 del gruppo siderurgico, un colosso da 6 miliardi di ricavi con 12 stabilimenti e oltre 15 mila dipendenti in Italia, spiega che i costi sostenuti nei confronti della holding Riva Fire ammontano all'1,6 per cento dei propri costi complessivi. Poca cosa? Mica tanto, perché l'1,6 per cento dei costi di Ilva vale comunque qualcosa come 103 milioni di euro per il solo 2011. L'importo dei compensi però non è fisso, spiega a "l'Espresso" un portavoce di Ilva. Il contratto prevede il pagamento di una somma pari all'1,3 per cento dei ricavi del gruppo siderurgico. Con una clausola: se l'azienda viaggia in perdita, cioè se a bilancio non viene raggiunto un margine lordo positivo, allora il compenso si dimezza, dall'1,3 per cento del fatturato si passa allo 0,65 per cento. Questo è quanto è successo, per esempio, nel 2009, un anno molto difficile per il gruppo, quando Ilva pagò a Riva Fire "solo" 23 milioni di euro, contro i 90,4 milioni dell'anno prima.
http://espresso.repubblica.it/dettaglio ... va/2193722
.............................................................
Quanti soldi costa alla Sanità .Le morti per l'amianto,le morti per tumore nel Napoletano le discariche che seminano veleni,Binbi che si ammalano nei primi anni di vita.Il petrolchimico di Marghera morti pure per anni.Mi ricordo magistrato Casson che aveva preso a cuore la situazione di quell'impianto.
Paghiamo ancora le pensioni della seconda guuerra montiale.Abbiamo morti per l'uranio inpoverito sia in Sardegna ,per il policono, e la Maddalena dove c'era la base dei sommergibili USA.Muoiono le pecore, le persone si ammalano.Muoiono i soldati in Bosnia per l'uranio impoverito ancora oggi.Franca Ramec riportava queste morte nel suo blog.Lo stato non faceva caso.Ora non possono piu nascondere la cosa.Tutto questo quanto costa alle strutture ospedagliere? e chi le paga ?noi cittadini normali.TASSE.Dimenticavo la mia zona Monte Venda Scavato sotto la montagna controllo strategico aereo.Morti per il Radon assorbito per anni.Ora da quanche anno chiuso i battenti.Per fortuna dicono che è aumentata l'età media delle persone.Si dei nostri politici, certo non fanno un lavoro pericoloso.
Ieri sera ho visto un pezzo di quinta colonnacon Paolo Del Debbio,in studio c'era un poliziotto.Alla domanda come vede i prossimi mesi la situazione delle manifestazioni ecc......Risposta:La vede peggiore degli anni di piombo brigate rosse.La situazione economica di allora non era come adesso.
http://www.video.mediaset.it/video/quin ... embre.html
Ciao
Paolo11
-
- Messaggi: 17353
- Iscritto il: 06/04/2012, 20:00
Re: Il dilemma: ambiente/salute o lavoro?
Visto che:Amadeus ha scritto:Giornalista da premio Pulitzer, Concy.
Non fa una piega ma della "ragione" queste persone che se ne fanno? quelli vogliono, giustamente, soluzioni.
uno che è disposto a morire beccandosi il tumore pur di portare lo stipendio a casa non si limita agli insulti, e se sono in migliaia i candidati premier non ci tornano, vivi, a casa .
LA CORRUZIONE IN ITALIA E NEL MONDO: UN PO’ DI DATI
•
•
"Troppa corruzione in Italia, penultima nell'Eurozona". Così intitolava Il Sole 24 Ore del 2 dicembre 2011 a corredo dei dati sulla corruzione che annualmente vengono diffusi dall'Ong Transaperncy Internacional.
Nel 2011 l'Italia, al sessantanovesimo posto su 182 Paesi presi in esame (nel 2010 eravamo al 67° posto), nella Ue fa meglio solo della Grecia (80esima), e di Romania e Bulgaria nella lotta alla corruzione. Su una scala da zero (massimo livello di corruzione percepita) a dieci, l'ong tedesca che annualmente pubblica il rapporto ha assegnato all'Italia 3,9 punti e ad Atene 3,4, entrambe molto vicine alla Cina, settantacinquesima. In pratica, a leggere la classifica, l'Italia è un paese corrotto.
http://www.cittadinanzattiva.it/approfo ... -dati.html
***
In materia di libertà di stampa facciamo schifo
18 ottobre 2011
12:10
http://tech.fanpage.it/la-liberta-di-st ... ituazione/
La libertà di stampa in Italia: un’istantanea della situazione
La situazione della libertà di stampa in Italia è nuovamente da "semaforo giallo" e ci mette al livello di nazioni come Benin, Serbia e Sudafrica. Ma è davvero solo colpa di Berlusconi e del mai risolto conflitto d'interessi se la stampa italiana non fa il suo mestiere?
http://tech.fanpage.it/la-liberta-di-st ... ituazione/
continua su:http://tech.fanpage.it/la-liberta-di-st ... z2DQnigi3n
http://tech.fanpage.it
http://rsfitalia.files.wordpress.com/20 ... -mondo.pdf
****
In materia ambientale ci facciamo anche battere dalla Corea del Sud che ha risolto quel tipo di problemi?
Visto che:
LUNEDÌ 26 DICEMBRE 2011
La Classifica delle maggiori potenze economiche al mondo
Oggi sui giornali veniva riportata la notizia della classifica delle maggiori economie al mondo, ecco la classifica:
1. Stati Uniti
2. Cina
3. Giappone
4. Germania
5. Francia
6. Brasile
7. Gran Bretagna
8. Italia
9. Russia
10. India
***
La Corea del Sud non compare nella lista delle prime dieci potenze economiche.
O forse siamo una potenza economica alle vongole nel paese di Pulcinella?
-
- Messaggi: 1081
- Iscritto il: 15/05/2012, 9:38
Re: Il dilemma: ambiente/salute o lavoro?
Io ancora non capisco.
Se una banca fallisce, per non avere centinaia migliaia di cittadini e aziende incazzati perche` hanno perso i loro risparmi,
con conseguenti disordini a impatti finanziari devastanti a tutti i livelli, lo Stato se la piglia perche` e` "un asset strategico".
La nazionalizza, la rifinanzia, la ristruttura.
Poi la rivende.
In Italia pero` no.
Non si puo`.
La parola "nazionalizzazione" non e` pronunciabile.
Non c'e` neanche nel vocabolario.
Tantomeno, poi, e` pensabile di applicarla a settori industriali, come FIAT o ILVA.
Poveri noi.
soloo42000
Se una banca fallisce, per non avere centinaia migliaia di cittadini e aziende incazzati perche` hanno perso i loro risparmi,
con conseguenti disordini a impatti finanziari devastanti a tutti i livelli, lo Stato se la piglia perche` e` "un asset strategico".
La nazionalizza, la rifinanzia, la ristruttura.
Poi la rivende.
In Italia pero` no.
Non si puo`.
La parola "nazionalizzazione" non e` pronunciabile.
Non c'e` neanche nel vocabolario.
Tantomeno, poi, e` pensabile di applicarla a settori industriali, come FIAT o ILVA.
Poveri noi.
soloo42000
-
- Messaggi: 3973
- Iscritto il: 21/02/2012, 17:56
Re: Il dilemma: ambiente/salute o lavoro?
soloo42000 ha scritto:Io ancora non capisco.
neanche io...
pare che l'ultima brillante idea del banchiere mannaro,
sia quella di eleggere il polo sidurergico di Taranto a "sito di interesse strategico nazionale",
come fatto per l'inceneritore di Acerra.
cosicchè poi potranno tranquillamente continuare ad avvellenare le persone...
però..."nell'interesse nazionale".
-
- Messaggi: 1081
- Iscritto il: 15/05/2012, 9:38
Re: Il dilemma: ambiente/salute o lavoro?
>>"sito di interesse strategico nazionale"
E` un genio.
E magari gia` che ci siamo facciamo una bella legge ad-tarantum per alzare le soglie
di inquinamento ammissibili e le soglie di normalita` epidemica.
Cosi` a Riva:
- gli risolviamo i problemi sanitari locali
- gli ammoderniamo lo stabilimento (asset strategico)
- lui mantiene controllo e proprieta` dell'asset a quel punto di valore incrementato
- i cittadini si tengono conto, sfruttamento e malattie
E` un vero genio.
Proprio vero che la Bocconi e` la fucina della classe dirigenziale del futuro.
soloo42000
E` un genio.
E magari gia` che ci siamo facciamo una bella legge ad-tarantum per alzare le soglie
di inquinamento ammissibili e le soglie di normalita` epidemica.
Cosi` a Riva:
- gli risolviamo i problemi sanitari locali
- gli ammoderniamo lo stabilimento (asset strategico)
- lui mantiene controllo e proprieta` dell'asset a quel punto di valore incrementato
- i cittadini si tengono conto, sfruttamento e malattie
E` un vero genio.
Proprio vero che la Bocconi e` la fucina della classe dirigenziale del futuro.
soloo42000
Re: Il dilemma: ambiente/salute o lavoro?
Sì, va be'. Sono tutti bravi a parlare, ma in pratica che hanno fatto e che propongono di fare?
Vendola, per esempio, perché oltre che a Pomigliano, non si fa vedere adesso a Taranto davanti all'Ilva?
Vendola, per esempio, perché oltre che a Pomigliano, non si fa vedere adesso a Taranto davanti all'Ilva?
-
- Messaggi: 3688
- Iscritto il: 22/02/2012, 14:30
Re: Il dilemma: ambiente/salute o lavoro?
E poi tutto ricade sulla sanità.Si ammalano di tumori i lavoratgori i cittadini, bambini eccc....
E il tecnico Monti se ne esce con la novità.Ma mi sà che anche Monti a volte dia i numeri.
Ciao
Paolo11
E il tecnico Monti se ne esce con la novità.Ma mi sà che anche Monti a volte dia i numeri.
Ciao
Paolo11
-
- Messaggi: 1081
- Iscritto il: 15/05/2012, 9:38
Re: Il dilemma: ambiente/salute o lavoro?
>>Sì, va be'. Sono tutti bravi a parlare, ma in pratica che hanno fatto e che propongono di fare?
Io quello che propongo lo scrivo.
Altrove lo fanno pure, nell'Europa civile.
Da noi dato che cancelliamo interi concetti politici dal vocabolario, poi non dobbiamo soprenderci se "non fanno".
In teoria si nazionalizza, risana, rilancia e rivende.
Come hanno fatto per dozzine di banche.
In Europa, in UK e negli USA.
Invece in pratica da noi si fa il "decreto condanna a morte".
Ad-tarantum.
Coi voti del PD.
Col mio voto.
Ciao.
soloo42000
Io quello che propongo lo scrivo.
Altrove lo fanno pure, nell'Europa civile.
Da noi dato che cancelliamo interi concetti politici dal vocabolario, poi non dobbiamo soprenderci se "non fanno".
In teoria si nazionalizza, risana, rilancia e rivende.
Come hanno fatto per dozzine di banche.
In Europa, in UK e negli USA.
Invece in pratica da noi si fa il "decreto condanna a morte".
Ad-tarantum.
Coi voti del PD.
Col mio voto.
Ciao.
soloo42000
Chi c’è in linea
Visitano il forum: Nessuno e 12 ospiti