Con Tsipras contro l’Europa dell’austerità

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aaaa42
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Re: Con Tsipras contro l’Europa dell’austerità

Messaggio da aaaa42 »

il compagno Alfonso Gianni risponde alle polemiche sul nome lista ( la mancanza del termine sinistra).
Il problema NON è il nome ma la strategia riguardo l' Europa e l' Euro
segue un commento all' intervento del compagno Gianni.
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A proposito delle polemiche sul nome e sul simbolo della lista Tsipras
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di Alfonso Gianni

Leggo polemiche sul nome sul simbolo della lista Tsipras, che indubbiamente meritano più di una riflessione. Mi riferisco naturalmente solo a quelle che forniscono argomenti veri di discussione. Tralascio altre che ne sono prive e che purtroppo non sono poche.

Chi ha avanzato le proposte sul simbolo, su cui si è condotta la consultazione, aveva presente due priorità: la comparsa del termine Europa con un’aggettivazione o un verbo che desse il senso del cambiamento, la presenza del nome di Tsipras, la scelta di un colore, quello rosso, che rendesse visivamente e immediatamente conto di una collocazione di campo opposta rispetto a quella evidenziata dalla simbologia cromatica delle destre e dei moderati. Di tutte queste questioni abbiamo discusso fin dall’inizio con i compagni di Syriza e con coloro che ora sostengono la lista.

Fin dagli incontri di ottobre con la delegazione di Syriza – che fece un giro dell’Europa incontrando nei vari paesi forze e singole personalità, per studiare la fattibilità di liste che si richiamassero esplicitamente al leader greco – era chiaro che purtroppo il caso italiano rappresentava una particolarità segnata dalla debolezza della sinistra (uso questo termine intendendo con esso le forze alla sinistra del Pd ed escludendo quest’ultimo in quanto tale). A differenza di altri paesi europei non esistono forze politiche della sinistra, né sono già in corso processi aggregativi sperimentati con qualche successo, come nel caso francese, che permettano di trasferire nella dimensione italiana una indicazione di candidatura che nel frattempo stava – ma al tempo non lo era ancora, perché erano in campo anche altre opzioni – maturando nel Partito della Sinistra europea, del quale peraltro anche il sottoscritto fa parte.

Il problema per l’Italia perciò era ed è duplice: raccogliere nell’organizzazione della lista e nel voto la sinistra organizzata nei piccoli partiti esistenti e la sinistra diffusa (quella dei movimenti, delle associazioni, delle esperienze locali di lotta ecc.), ma nello stesso tempo non fermarsi ad essa, almeno nelle intenzioni e quindi nel modo di presentarsi, sapendo che esiste un arco molto vasto di persone che sono radicalmente critiche nei confronti delle politiche europee, ma pensano che la fuoriuscita dall’Europa e dall’euro peggiorerebbe – almeno nell’immediato – la situazione anziché migliorarla. Il sondaggio andato in onda durante la trasmissione dalla Gruber cui hanno partecipato Alexis Tsipras e Barbara Spinelli, ha poi confermato ampiamente la validità di quell’ipotesi.

Dove si collocano quelle persone nel panorama politico italiano e come è possibile intercettarle, malgrado i tempi brevi su cui si basa la nostra operazione elettorale? Certamente in buona parte nel campo della sinistra – ove però, per completezza è utile ricordarlo, sta anche chi o vuole l’uscita immediata dall’euro o chi si è dichiarato fin dall’inizio disinteressato alla scadenza elettorale – , ma non solo. Stanno nell’inesplorato campo della crescente astensione; stanno in quell’ampio strato di cittadini con o senza tessera in tasca che in questi anni hanno dato vita a un movimento democratico in difesa della Costituzione; stanno nelle forze associative e nei movimenti sociali, del e per il lavoro, nazionali o locali, tematici o generalisti che hanno alimentato la conflittualità nella società civile italiana in questi anni; stanno in più piccoli movimenti e associazioni, se si vuole di carattere prevalentemente intellettuale, che si battono da decenni per un’Europa unita, federale e democratica; stanno in un campo crescente di intellettualità dotate di capacità di influenza che si batte contro l’austerity che per fortuna non si limita alla sinistra d’alternativa.

Tanto ai compagni di Syriza quanto a chi ha sostenuto questa impresa fin dall’inizio è risultato chiaro che il maledetto quorum poteva essere ottenuto solo tenendo insieme tutti i lati dello schieramento possibile, dando quindi vita a una lista che abbiamo chiamato – con tutta l’approssimazione inevitabile – di “cittadinanza” (non civica) e di poterlo fare senza annacquare minimamente la piattaforma e il profilo programmatico, come dimostrato poi dalla dichiarazione con cui Alexis Tsipras si è candidato alla Presidenza della commissione europea.

La seconda convinzione che ci ha animato – almeno parlo per me – è che il processo di ricostruzione di una sinistra nel nostro paese non può avvenire attraverso passaggi elettorali. L’importante è che questi non contraddicano il processo ma lo aiutino. Ma non si può chiedere di più, non si può delegarlo ad essi. La ricostruzione della sinistra non è infatti la rimessa assieme, magari con qualche semplice rimescolamento, del già esistente. Questo non è sufficiente neppure dal punto di vista elettorale, come il flop della Sinistra Arcobaleno aveva già a suo tempo dimostrato impietosamente, e stendo un velo pietoso sulla lista Ingroia. Richiede un lavoro di ricostruzione in primo luogo di una cultura e di una egemonia culturale di sinistra, di un pensiero lungo, capace di interpretare la fase di transizione dal capitalismo a qualcosa che ancora non è definito neppure teoricamente, se non per deboli tentativi, sapendo che i modelli del passato in ogni caso non sono riproponibili. Questo lavoro non avviene in può avvenire cenacoli intellettuali, ma in una relazione dialettica con i movimenti reali. Ma guai a considerare chi produce pensiero teorico per ciò stesso necessariamente slegato dalla realtà e per converso chi sta dentro i movimenti anima e corpo per solo questo fatto portatore di verità intangibili. Ci vuole più senso del limite in entrambi i campi, per costruire assieme.

Quindi caratterizzare la lista che stiamo costruendo con il termine sinistra avrebbe tranquillizzato le coscienze di molti militanti – tra cui metto anche la mia – ma avrebbe significato restringere inutilmente in partenza il campo di riferimento e il possibile bacino di raccolta di consensi e nello stesso tempo fingere che un lavoro tutto da fare fosse già in buona parte compiuto. Due errori in uno.

Del resto se guardiamo al quadro europeo, allo stato delle cose reali, dei rapporti di forza come si ama dire nella tradizione delle forze politiche del movimento operaio, il nostro primo obiettivo è quello di invertire la rotta, ovvero bloccare lo strapotere del neoliberismo nelle sue varie formulazioni, aprire un nuovo processo di partecipazione e di legittimazione democratica del progetto dell’unità europea, una campagna costituente. Di tutto questo la sinistra che dobbiamo ricostruire, in primis nel nostro paese che ne è priva, è un elemento portante, ma da sola non ce la farebbe. Nello stesso tempo è solo all’interno di un processo come questo, in uno spazio politico europeo, che la sinistra può essere ricostruita.

Se la lista Tsipras in Italia, e le tante altre liste Tsipras, con i loro diversi nomi, a seconda delle condizioni negli altri paesi, otterranno successo, eleggeranno deputati combattivi nel parlamento europeo e se in Grecia, anche grazie a questo successo continentale, Syriza in possibili elezioni anticipate diventasse il primo partito e assumesse la responsabilità di governare il proprio paese, il discorso di invertire la rotta, di ricostruire la sinistra in Europa, di spostare a sinistra l’Europa stessa diventerebbero finalmente obiettivi praticabili e non più coraggiosi sogni infranti, restituendo al termine sinistra un nuovo e pieno significato.

(18 febbraio 2014)
aaaa42
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Re: Con Tsipras contro l’Europa dell’austerità

Messaggio da aaaa42 »

l' esperimento Lista Tsipras è FONDAMENTALE per la sinistra e per il SOCIALISMO DI SINISTRA in Italia . La linea politica su Euro ed Europa della Lista per Tisipras è debole . La tecnostruttura e trattati europei sono materia molto complessa, in Italia nessuna ha capito un c...o compreso Draghi e altri camerieri neoliberisti .
non puoi dire costruiamo un altra europa, perchè NON esiste attualmente una Europa ma una struttura chiamata ' piattaforma finanziaria' ed un segno-moneta ( Euro) che rappresenta questa piattaforma finanziaria.
IL PROBLEMA OGGI E' COME DISTRUGGERE QUESTA PIATTAFORMA FINANZIARIA.
questa piattaforma finanziaria in Italia è formata da 5 società finanziarie, sono società finanziarie sconosciute, chi le finanzia ? ovviamente non sembrano quotate in borsa e dove sono localizzate ?
si sa che sono aziende oligopolistiche e gestiscono il mercato primario dei titoli di stato italiano . Sono queste aziende che strutturano il tasso di interesse dei titoli di stato italiano .
Queste 5 aziende hanno decretato la fine del governo berlusconi in italia.
sono le stese aziende che fatto cadere il governo zapatero in Spagna ?

carissimo compagno Alfonso Gianni questa europa formato da tecnostrutture finanziarie molto sofisticate e occulte non la sconfiggi con un 'altra' europa, ma la sconfiggi distruggendo le loro basi, cioè le piattaforme finanziarie, cioè
distruggendo il loro IMPERO.
pancho
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Re: Con Tsipras contro l’Europa dell’austerità

Messaggio da pancho »

aaaa42 ha scritto:l' esperimento Lista Tsipras è FONDAMENTALE per la sinistra e per il SOCIALISMO DI SINISTRA in Italia . La linea politica su Euro ed Europa della Lista per Tisipras è debole . La tecnostruttura e trattati europei sono materia molto complessa, in Italia nessuna ha capito un c...o compreso Draghi e altri camerieri neoliberisti .
non puoi dire costruiamo un altra europa, perchè NON esiste attualmente una Europa ma una struttura chiamata ' piattaforma finanziaria' ed un segno-moneta ( Euro) che rappresenta questa piattaforma finanziaria.
IL PROBLEMA OGGI E' COME DISTRUGGERE QUESTA PIATTAFORMA FINANZIARIA.
questa piattaforma finanziaria in Italia è formata da 5 società finanziarie, sono società finanziarie sconosciute, chi le finanzia ? ovviamente non sembrano quotate in borsa e dove sono localizzate ?
si sa che sono aziende oligopolistiche e gestiscono il mercato primario dei titoli di stato italiano . Sono queste aziende che strutturano il tasso di interesse dei titoli di stato italiano .
Queste 5 aziende hanno decretato la fine del governo berlusconi in italia.
sono le stese aziende che fatto cadere il governo zapatero in Spagna ?

carissimo compagno Alfonso Gianni questa europa formato da tecnostrutture finanziarie molto sofisticate e occulte non la sconfiggi con un 'altra' europa, ma la sconfiggi distruggendo le loro basi, cioè le piattaforme finanziarie, cioè
distruggendo il loro IMPERO.
.....carissimo compagno Alfonso Gianni questa europa formato da tecnostrutture finanziarie molto sofisticate e occulte non la sconfiggi con un 'altra' europa, ma la sconfiggi distruggendo le loro basi, cioè le piattaforme finanziarie, cioè
distruggendo il loro IMPERO.

Fosse cosi' semplice caro Antoine.
In un mondo oramai globalizzato economicamente e finanziariamente trovo assai difficile questa via. E' un lavoro di lunga durata conquistando posizioni su posizioni. Ora abbiamo davanti questo obiettivo Tsipras che con tutti i suoi difetti puo' essere un'incipìt per poter iniziare contarci.

Andare direttamente alla fase finale ci distruggerebbero subito anche se avessimo un elettorato che ora non abbiamo.

Siamo realisti almeno su questo. Non vedo alternative se non quelle di avere il popolo con noi.

E questo bisogna conquistarselo.

Se non riusciamo a portarlo a noi in questi frangenti, che dovrebbero essere a noi piu' favorevoli, quando ancora lo potremmo fare?


un salutone da Juan
Cercando l'impossibile, l'uomo ha sempre realizzato e conosciuto il possibile, e coloro che si sono saggiamente limitati a ciò che sembrava possibile non sono mai avanzati di un sol passo.(M.A.Bakunin)
aaaa42
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Re: Con Tsipras contro l’Europa dell’austerità

Messaggio da aaaa42 »

questa analisi sull' europa è totalmente condivisibile, manca il Che fare ? di Lenin
o il Chhhe femmmmmo ? di renzie in riferimento alle POLITICHE ATTIVE per l' Occupazione.

http://ilmanifesto.it/la-grande-ambizio ... e-tsipras/
iospero
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Re: Con Tsipras contro l’Europa dell’austerità

Messaggio da iospero »

Da una ricerca di "Lettera 22" del 2010 ( le cose se sono cambiate sono cambiate in peggio) su 50.000 cittadini da 14 anni in su risulta :
-12milioni ( 23%)di cittadini ha ascoltato un dibattito politico almeno una volta negli ultimi 12 mesi;
- 42% in possesso di laurea;
-31% " di diploma
- 20 % " scuola media ;
Di questi 39% imprenditori e professionisti, 19% operai, 25% studenti , 20% in cerca di lavoro.
Il 66% di chi non si interessa di politica lo fa per disinteresse o per sfiducia ; tra i laureati il 30% lo fa per sfiducia e il 65% per disinteresse.
Il 93% si informa dalla TV , il 23% solo dalla TV, il 49% dai quotidiani e il 30% dalla radio.


Sul CHE FARE ? in questa situazione potrebbe essere un dialogo tra sordi .
E' vero che il disagio, la disperazione fra i cittadini li porta a protestare contro la politica, ma resta difficile farli scegliere tra le varie opzioni che vengono loro offerte specilamente quando non è possibile una informazione adeguata e ha più possibilità di vincere chi si serve di tecniche di marketiing.
aaaa42
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Iscritto il: 08/03/2012, 23:18

Re: Con Tsipras contro l’Europa dell’austerità

Messaggio da aaaa42 »

questo articolo mi sembra molto interessante anche se non condivisibile.
il problema non è il derby di calcio SI EURO contro NO EURO,
ma le politiche economiche di PIENA OCCUPAZIONE
e non le puoi fare con fantomas il piano marshall europeo.

http://www.listatsipras.eu/blog/item/39 ... istra.html
paolo11
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Re: Con Tsipras contro l’Europa dell’austerità

Messaggio da paolo11 »

E se domani, alla fine di questa storia, iniziata nel 1861, funestata dalla partecipazione a due guerre mondiali e a guerre coloniali di ogni tipo, dalla Libia all'Etiopia. Una storia brutale, la cui memoria non ci porta a gonfiare il petto, ma ad abbassare la testa. Percorsa da atti terroristici inauditi per una democrazia assistiti premurosamente dai servizi deviati(?) dello Stato. Quale Stato? La parola "Stato" di fronte alla quale ci si alzava in piedi e si salutava la bandiera è diventata un ignobile raccoglitore di interessi privati gestito dalle maitresse dei partiti. E se domani, quello che ci ostiniamo a chiamare Italia e che neppure più alle partite della Nazionale ci unisce in un sogno, in una speranza, in una qualunque maledetta cosa che ci spinga a condividere questo territorio che si allunga nel Mediterraneo, ci apparisse per quello che è diventata, un'arlecchinata di popoli, di lingue, di tradizioni che non ha più alcuna ragione di stare insieme? La Bosnia è appena al di là del mare Adriatico. Gli echi della sua guerra civile non si sono ancora spenti. E se domani i Veneti, i Friulani, i Triestini, i Siciliani, i Sardi, i Lombardi non sentissero più alcuna necessità di rimanere all'interno di un incubo dove la democrazia è scomparsa, un signore di novant'anni decide le sorti della Nazione e un imbarazzante venditore pentole si atteggia a presidente del Consiglio, massacrata di tasse, di burocrazia che ti spinge a fuggire all'estero o a suicidarti, senza sovranità monetaria, territoriale, fiscale, con le imprese che muoiono come mosche. E se domani, invece di emigrare all'estero come hanno fatto i giovani laureati e diplomati a centinaia di migliaia in questi anni o di "delocalizzare" le imprese a migliaia, qualcuno si stancasse e dicesse "Basta!" con questa Italia, al Sud come al Nord? Ci sarebbe un effetto domino. Il castello di carte costruito su infinite leggi e istituzioni chiamato Italia scomparirebbe. E' ormai chiaro che l'Italia non può essere gestita da Roma da partiti autoreferenziali e inconcludenti. Le regioni attuali sono solo fumo negli occhi, poltronifici, uso e abuso di soldi pubblici che sfuggono al controllo del cittadino. Una pura rappresentazione senza significato. Per far funzionare l'Italia è necessario decentralizzare poteri e funzioni a livello di macroregioni, recuperando l'identità di Stati millenari, come la Repubblica di Venezia o il Regno delle due Sicilie. E se domani fosse troppo tardi? Se ci fosse un referendum per l'annessione della Lombardia alla Svizzera, dell'autonomia della Sardegna o del congiungimento della Valle d'Aosta e dell'Alto Adige alla Francia e all'Austria? Ci sarebbe un plebiscito per andarsene. E se domani...
http://www.beppegrillo.it/2014/03/e_se_ ... 2014-03-08
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La provocazione di Crillo.Gerto che in Italia c'è moltissimo da fare.
Ciao
Paolo11
aaaa42
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Re: Con Tsipras contro l’Europa dell’austerità

Messaggio da aaaa42 »

il candidato leninista curdo

https://www.youtube.com/watch?v=nkNcHPS3vd0


c è una intervista di barbara spinelli a mio avviso molto discutibile.

con questa germania vuole il piano marshall
con questa tecnocrazia vuole potenziare la BCE
Maucat
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Re: Con Tsipras contro l’Europa dell’austerità

Messaggio da Maucat »

paolo11 ha scritto:E se domani, alla fine di questa storia, iniziata nel 1861, funestata dalla partecipazione a due guerre mondiali e a guerre coloniali di ogni tipo, dalla Libia all'Etiopia. Una storia brutale, la cui memoria non ci porta a gonfiare il petto, ma ad abbassare la testa. Percorsa da atti terroristici inauditi per una democrazia assistiti premurosamente dai servizi deviati(?) dello Stato. Quale Stato? La parola "Stato" di fronte alla quale ci si alzava in piedi e si salutava la bandiera è diventata un ignobile raccoglitore di interessi privati gestito dalle maitresse dei partiti. E se domani, quello che ci ostiniamo a chiamare Italia e che neppure più alle partite della Nazionale ci unisce in un sogno, in una speranza, in una qualunque maledetta cosa che ci spinga a condividere questo territorio che si allunga nel Mediterraneo, ci apparisse per quello che è diventata, un'arlecchinata di popoli, di lingue, di tradizioni che non ha più alcuna ragione di stare insieme? La Bosnia è appena al di là del mare Adriatico. Gli echi della sua guerra civile non si sono ancora spenti. E se domani i Veneti, i Friulani, i Triestini, i Siciliani, i Sardi, i Lombardi non sentissero più alcuna necessità di rimanere all'interno di un incubo dove la democrazia è scomparsa, un signore di novant'anni decide le sorti della Nazione e un imbarazzante venditore pentole si atteggia a presidente del Consiglio, massacrata di tasse, di burocrazia che ti spinge a fuggire all'estero o a suicidarti, senza sovranità monetaria, territoriale, fiscale, con le imprese che muoiono come mosche. E se domani, invece di emigrare all'estero come hanno fatto i giovani laureati e diplomati a centinaia di migliaia in questi anni o di "delocalizzare" le imprese a migliaia, qualcuno si stancasse e dicesse "Basta!" con questa Italia, al Sud come al Nord? Ci sarebbe un effetto domino. Il castello di carte costruito su infinite leggi e istituzioni chiamato Italia scomparirebbe. E' ormai chiaro che l'Italia non può essere gestita da Roma da partiti autoreferenziali e inconcludenti. Le regioni attuali sono solo fumo negli occhi, poltronifici, uso e abuso di soldi pubblici che sfuggono al controllo del cittadino. Una pura rappresentazione senza significato. Per far funzionare l'Italia è necessario decentralizzare poteri e funzioni a livello di macroregioni, recuperando l'identità di Stati millenari, come la Repubblica di Venezia o il Regno delle due Sicilie. E se domani fosse troppo tardi? Se ci fosse un referendum per l'annessione della Lombardia alla Svizzera, dell'autonomia della Sardegna o del congiungimento della Valle d'Aosta e dell'Alto Adige alla Francia e all'Austria? Ci sarebbe un plebiscito per andarsene. E se domani...
http://www.beppegrillo.it/2014/03/e_se_ ... 2014-03-08
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Ciao
Paolo11
Mi sembrano solo i vaneggiamenti di un folle... come quelli di chi auspica un'uscita dall'Euro...
iospero
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Re: Con Tsipras contro l’Europa dell’austerità

Messaggio da iospero »

da http://www.huffingtonpost.it
Guido Viale
Economista ed ecologista
Un programma radicale per cambiare l'Europa
Pubblicato: 12/03/2014 13:56

Qual è il programma con cui la lista L'altra Europa con Tsipras si confronta con il suo potenziale elettorato?

Abbiamo sempre detto che quel programma si costruisce in corso d'opera, attraverso la partecipazione di chi sostiene il nostro progetto e soprattutto dei tanti gruppi organizzati che hanno buone pratiche o lotte esemplari da proporre come modelli da generalizzare. Naturalmente il tutto si deve sviluppare lungo i binari che sono stati tracciati dall'appello di Barbara Spinelli e dei promotori e dalla dichiarazione programmatica di Alexis Tsipras. Vale a dire che con questo progetto si respinge tanto l'accettazione passiva delle politiche di austerità che stanno portando un numero crescente di cittadini europei e l'intero edificio dell'Unione verso la catastrofe, quanto l'idea che si possa "uscire dalla crisi" con un recupero delle sovranità nazionali - ben sintetizzato dalla proposta di "uscire dall'euro" - a cui si affiancano spesso reviviscenze nazionalistiche o, peggio, fasciste. Noi della "lista Tsipras" vogliamo più e non meno Europa, ma un'Europa democratica, federalista, rispettosa dei diritti di tutti e delle autonomie locali, pacifica ma forte, inclusiva, sottratta al dominio della finanza.

Una buona traccia intorno a cui lavorare per definire il nostro programma sono i dieci punti elencati nella dichiarazione programmatica di Tsipras. Alcuni vanno precisati, perché nella loro formulazione attuale potrebbero anche dare luogo a equivoci (per esempio, dove si parla di infrastrutture, occorrerebbe precisare che non stiamo parlando di Grandi opere, ma dell'esatto contrario: tante piccole opere per rimettere in sesto il nostro territorio, i nostri edifici, il nostro patrimonio culturale, i nostri beni comuni).

Alcune altre cose mancano, e per noi non sono di poco conto (per esempio, il reddito minimo garantito, la riduzione dell'orario di lavoro, la tassa sulle rendite, sui patrimoni e sulle transazioni finanziarie). Altre ancora, relative alla democrazia e ai diritti della persona, non sono nemmeno nominate perché rimandano ai tre principi contenuti nella prima parte della dichiarazione. Ma più che concentrarci su questi punti per allungare l'elenco (si rischierebbe di produrne uno senza fine e illeggibile) è decisamente meglio fissare l'attenzione sui tre principi che li inquadrano per cercare di esplicitarne la logica alla luce degli esempi concreti che l'esperienza pratica di ciascuno di noi può contribuire a definire. Anche perché la logica di questi principi è rivoluzionaria, di una radicalità sufficiente non solo a distinguerci, ma a marcare una netta contrapposizione verso tutte le altre formazioni politiche che parteciperanno alle prossime elezioni europee. PD, Pdl e 5S, infatti, non hanno un vero programma per l'Europa; partecipano a queste elezioni solo per avere un'affermazione o una conferma da far valere nel gioco politico nazionale. Noi invece siamo nati, come "lista Tsipras", per giocare la nostra partita in Europa, che consideriamo il terreno principale dello scontro politico, sociale, e anche culturale, del nostro tempo; il che ovviamente non significa trascurare le conseguenze che una nostra affermazione (ancorché modesta) in queste elezioni potrebbe avere anche sul quadro politico nazionale.

Dunque, quali sono le logiche radicali dei tre principi di Tsipras, cioè dell'abolizione dall'austerity, della riconversione ambientale e delle politiche di inclusione?

Su che cosa significa abolizione dall'austerity bisogna essere chiari e nessun economista finora lo è stato abbastanza. Il debito pubblico dell'Italia, come quello della Grecia, del Portogallo e, in un prossimo futuro, di molti altri Stati, è insostenibile. Nessuna politica di salvaguardia dei diritti di cittadinanza, lavoro, reddito, salute, istruzione, giustizia, nessuna politica di sviluppo umano e meno che mai nessuna politica di rilancio della "crescita" (per chi crede che la soluzione dei nostri problemi stia nella crescita del PIL) è perseguibile entro i vincoli del pareggio di bilancio o, peggio, entro quelli del fiscal compact, che prevede la restituzione (alle banche!) di oltre mille miliardi, sottratti ai redditi di chi ancora ne ha uno, entro i prossimi vent'anni. Come sostiene Tsipras nella sua dichiarazione, quei debiti vanno rinegoziati per ottenerne una sostanziale riduzione, sia attraverso la mutualizzazione di una loro parte sostanziale, sia attraverso la loro remissione, sul modello di quanto fatto nei confronti della Germania con la conferenza di Londra del 1953. Tutto ciò non può essere imposto da un solo paese (equivarrebbe a un mero fallimento, che vorremmo evitare), ma deve essere proposto e sostenuto da una coalizione dei paesi che lo presentino come unica alternativa praticabile non solo al proprio fallimento, ma a quello dell'euro e dell'intera costruzione europea. Per questo andiamo in Europa con Tsipras e non ci rifugiamo nelle nostalgie di una immaginaria autonomia nazionale.

Anche sulla riconversione ambientale bisogna essere chiari. Non è, o non è solo, green economy, cioè passaggio da prodotti e tecnologie rovinose per l'ambiente e prodotti e tecnologie meno dannose e più sostenibili (tanto più che la cosiddetta green economy è sempre di più risucchiata nel gorgo impietoso della finanziarizzazione, cioè della mercificazione di quanto resta della natura, secondo il principio "chi inquina paga", che nella migliore delle ipotesi - e oggi lo si vede bene - significa solo più: "paga e potrai inquinare"). La conversione ecologica non è un processo che possa essere governato dall'alto, con dei semplici piani di investimento, che pure sono indispensabili. Occorre basarsi sulla diffusione capillare di impianti, interventi, pratiche e mercati diffusi e "territorializzati", e una transizione del genere può solo realizzarsi attraverso la partecipazione diretta delle comunità che vivono o lavorano nei territori che la promuovono. Ma la conversione ecologica è anche l'unico modo per sostenere un piano generale del lavoro e una politica industriale in grado di garantire a tutti, insieme alla salvaguardia del territorio e del pianeta, occupazione, reddito e replicabilità in ogni angolo della Terra. Tutto ciò richiede una forma diversa di governo della produzione e dell'impresa, sia pubblica che privata, dove accanto al management - o in sostituzione del "padrone che lascia" o delocalizza - abbiano voce anche le maestranze, le organizzazioni di cittadinanza che operano sul territorio, le università e le istituzioni di ricerca e il governo locale. A condizione che i sindaci sappiano assumersi le responsabilità che loro competono, attraverso forme di coinvolgimento e di partecipazione della cittadinanza attiva. E soprattutto attraverso la riconquista e la gestione diretta dei servizi pubblici locali. Come è ovvio, tutto ciò è incompatibile con il patto di stabilità interno, che strangola la finanza locale, e con essa la democrazia di prossimità. Una questione che rimanda, in modo indissolubile, al punto precedente.

Infine l'inclusione porta in primo piano le politiche da adottare in tutta Europa attraverso la condivisione degli oneri e delle opportunità comportati da una scelta di accoglienza nei confronti dei migranti, dei cittadini stranieri, dei profughi sia politici che economici che ambientali. È questo un problema che ha messo in luce e sta alimentando il volto peggiore dell'Europa e che deve invece essere affrontato di pari passo con la difesa dei diritti della persona per tutti coloro a cui vengono negati, relativamente a nascita, fine vita, convivenza, salute, istruzione, casa e lavoro, soprattutto. Ma sarebbe un errore fatale separare questi ambiti e stabilire delle false priorità, come quelle che ci vengono tutti i giorni riproposte, a volte con un segno apertamente razzistico, a volte in forme mascherate da una pretesa di razionalità: tipo, prima gli italiani e poi gli stranieri; oppure, prima i diritti dei lavoratori e poi quelli di tutti gli altri; prima il lavoro e poi i diritti civili, la parità di genere, il matrimonio gay, ecc.; prima i capifamiglia e poi le loro mogli o i loro figli... Perché, se non si parte dagli ultimi, per risollevarsi poi tutti insieme, non si aiutano e non si fanno gli interessi neanche dei penultimi o dei terzultimi. Si creano o si rafforzano solo delle divisioni, che sono quelle su cui contano quelli che "contano" per tenerci divisi e continuare a esercitare il loro potere. Anche questo va detto con forza e convinzione.
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