Re: Top News
Inviato: 21/04/2012, 9:52
21/04/2012 - VERSO IL VOTO GLI SCENARI
Arriva da Napolitano l’elogio del centrismo
Il Presidente si è commosso ricordando l’amico scomparso
E torna a sferzare la politica: si deve risollevare dalla decadenza
ANTONELLA RAMPINO
ROMA
Interpretare le parole di Giorgio Napolitano come un endorsement a Pier Ferdinando Casini e alla sua nascente formazione centrista sarebbe una forzatura. Ma quando ieri, intervenendo al convegno che l’Enciclopedia Italiana guidata da Giuliano Amato ha dedicato all’opera di Luciano Cafagna, Napolitano ha preso la parola un fremito ha scosso la sala. In sostanza, oltre a un breve ulteriore richiamo alla politica perché si apra ai giovani e si rinnovi «sollevandosi dalla decadenza», Napolitano ha lodato le virtù del «centrismo», «categoria» ancora attualissima, rispetto al «perentorio bipolarismo». Un argomento che avrà mandato in brodo di giuggiole i centristi, appunto. E poi Napolitano ha elogiato le «arti del compromesso», specificando che vennero dispiegate al meglio da De Gasperi e Togliatti, come da Moro e Berlinguer. E qui in sala il frisson è andato calando, consolidandosi la convinzione che il Capo dello Stato, a un convegno storico su uno storico che come Cafagna che «considerava insostituibile valore la cultura politica, ovvero la cultura di chi fa politica», pensasse non alla girandola di iniziative annunciate di oggi al centro, al quasi-centro, e al centro-destra che annuncia favolose «novità» taumaturgiche, quanto piuttosto agli avvenimenti politici che hanno segnato la sua stessa lunga carriera politica, da ragazzo che conobbe Togliatti conversando di cultura lungo la via Tragara a Capri sino alle più alte cariche politiche e istituzionali e al Colle.
Occorre collocare le parole di Napolitano nel contesto in cui sono state pronunciate, per comprenderle. Cafagna è lo storico, e storico socialista per anni alla guida di «Mondoperaio», che - in soldoni - riaccese i riflettori sulla figura di Cavour, dando una moderna lettura dell’autore dell’Unità d’Italia. Spiegò, alla fine dello scorso millennio e dunque a scesa in campo berlusconiana compiuta, che genere di conflitto d’interessi avesse lo statista dell’unificazione, esemplificazione storica di un vizio che permea ampiamente non solo la politica, ma l’intera società italiana. Nella sala della Treccani si susseguono gli oratori, Michele Salvati, Ernesto Galli Della Loggia (del quale a suo tempo il capo dello Stato non apprezzò la confutazione della legittimità del governo Monti, «ma del resto non si tratta di un costituzionalista...», fu il commento).
Il presidente della Repubblica ascolta, prende come sempre qualche appunto. Poi parla a braccio. Dopo aver anzitutto precisato di muoversi «nel solco del meditato intervento del professor Galli della Loggia», che aveva parlato di due Cafagna, uno storico e l’altro politico, Napolitano sottolinea quale «rapporto stretto» vi sia tra i due Cafagna. E arriva a citare il capitolo conclusivo del saggio su Cavour del 1999, quello «nel quale compare la categoria, piuttosto contemporanea, del “ricorso al centrismo”, e assieme ad una realistica valorizzazione delle “arti, a volte geniali, a volte mediocri, della mediazione e del compromesso, da Depretis-Correnti o da Giolitti-Turati, a De Gasperi-Togliatti e a Moro-Berlinguer». Il tutto, dice Napolitano, in evidente controtendenza «rispetto alle correnti demolitorie della cosiddetta Prima Repubblica», e anche in controtendenza «alla nascente mitologia del più perentorio bipolarismo». Quello che Casini, absit iniuria verbis , definirebbe «bipolarismo muscolare».
Napolitano sottolinea pure che Cafagna di Cavour apprezzava «l’alta meditazione sulla politica», e «il ruolo decisivo dell’alchimia politica». Perciò, il presidente della Repubblica si duole «di non poter chiedere consiglio» all’amico scomparso, e naturalmente nel pronunciare queste parole un po’ si commuove. Ma poi, ripresosi con vigore, scandisce che «la sfida è vedere oggi la politica risollevarsi dalla decadenza». E anche che al Paese, pure in politica, occorrono «strade nuove». Evitando una cesura con la storia politica del Paese, e di quella che per convenzione si chiama «Prima Repubblica», visto anche che forse le strada nuova e non costituzionalmente sancita della «Seconda Repubblica», il bipolarismo appunto, non ha dato risultati soddisfacenti. Una riflessione personale e storica, con non pochi spunti di attualità.
http://www3.lastampa.it/politica/sezion ... tp/451125/
Arriva da Napolitano l’elogio del centrismo
Il Presidente si è commosso ricordando l’amico scomparso
E torna a sferzare la politica: si deve risollevare dalla decadenza
ANTONELLA RAMPINO
ROMA
Interpretare le parole di Giorgio Napolitano come un endorsement a Pier Ferdinando Casini e alla sua nascente formazione centrista sarebbe una forzatura. Ma quando ieri, intervenendo al convegno che l’Enciclopedia Italiana guidata da Giuliano Amato ha dedicato all’opera di Luciano Cafagna, Napolitano ha preso la parola un fremito ha scosso la sala. In sostanza, oltre a un breve ulteriore richiamo alla politica perché si apra ai giovani e si rinnovi «sollevandosi dalla decadenza», Napolitano ha lodato le virtù del «centrismo», «categoria» ancora attualissima, rispetto al «perentorio bipolarismo». Un argomento che avrà mandato in brodo di giuggiole i centristi, appunto. E poi Napolitano ha elogiato le «arti del compromesso», specificando che vennero dispiegate al meglio da De Gasperi e Togliatti, come da Moro e Berlinguer. E qui in sala il frisson è andato calando, consolidandosi la convinzione che il Capo dello Stato, a un convegno storico su uno storico che come Cafagna che «considerava insostituibile valore la cultura politica, ovvero la cultura di chi fa politica», pensasse non alla girandola di iniziative annunciate di oggi al centro, al quasi-centro, e al centro-destra che annuncia favolose «novità» taumaturgiche, quanto piuttosto agli avvenimenti politici che hanno segnato la sua stessa lunga carriera politica, da ragazzo che conobbe Togliatti conversando di cultura lungo la via Tragara a Capri sino alle più alte cariche politiche e istituzionali e al Colle.
Occorre collocare le parole di Napolitano nel contesto in cui sono state pronunciate, per comprenderle. Cafagna è lo storico, e storico socialista per anni alla guida di «Mondoperaio», che - in soldoni - riaccese i riflettori sulla figura di Cavour, dando una moderna lettura dell’autore dell’Unità d’Italia. Spiegò, alla fine dello scorso millennio e dunque a scesa in campo berlusconiana compiuta, che genere di conflitto d’interessi avesse lo statista dell’unificazione, esemplificazione storica di un vizio che permea ampiamente non solo la politica, ma l’intera società italiana. Nella sala della Treccani si susseguono gli oratori, Michele Salvati, Ernesto Galli Della Loggia (del quale a suo tempo il capo dello Stato non apprezzò la confutazione della legittimità del governo Monti, «ma del resto non si tratta di un costituzionalista...», fu il commento).
Il presidente della Repubblica ascolta, prende come sempre qualche appunto. Poi parla a braccio. Dopo aver anzitutto precisato di muoversi «nel solco del meditato intervento del professor Galli della Loggia», che aveva parlato di due Cafagna, uno storico e l’altro politico, Napolitano sottolinea quale «rapporto stretto» vi sia tra i due Cafagna. E arriva a citare il capitolo conclusivo del saggio su Cavour del 1999, quello «nel quale compare la categoria, piuttosto contemporanea, del “ricorso al centrismo”, e assieme ad una realistica valorizzazione delle “arti, a volte geniali, a volte mediocri, della mediazione e del compromesso, da Depretis-Correnti o da Giolitti-Turati, a De Gasperi-Togliatti e a Moro-Berlinguer». Il tutto, dice Napolitano, in evidente controtendenza «rispetto alle correnti demolitorie della cosiddetta Prima Repubblica», e anche in controtendenza «alla nascente mitologia del più perentorio bipolarismo». Quello che Casini, absit iniuria verbis , definirebbe «bipolarismo muscolare».
Napolitano sottolinea pure che Cafagna di Cavour apprezzava «l’alta meditazione sulla politica», e «il ruolo decisivo dell’alchimia politica». Perciò, il presidente della Repubblica si duole «di non poter chiedere consiglio» all’amico scomparso, e naturalmente nel pronunciare queste parole un po’ si commuove. Ma poi, ripresosi con vigore, scandisce che «la sfida è vedere oggi la politica risollevarsi dalla decadenza». E anche che al Paese, pure in politica, occorrono «strade nuove». Evitando una cesura con la storia politica del Paese, e di quella che per convenzione si chiama «Prima Repubblica», visto anche che forse le strada nuova e non costituzionalmente sancita della «Seconda Repubblica», il bipolarismo appunto, non ha dato risultati soddisfacenti. Una riflessione personale e storica, con non pochi spunti di attualità.
http://www3.lastampa.it/politica/sezion ... tp/451125/