Renzi

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lilly
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Re: Renzi

Messaggio da lilly »

Piero Ostellino che si autodefinisce liberale fà parte di una parte politica che ha in mente la riforma presidenziale e il vincolo di mandato per i parlamentari.Per me la riforma giusta è quella dell'Ulivo fine del bicameralismo una camera delle regioni co rappresentanza paritetica e modello westminster per la forma di governo dove nell'ambito della democrazia parlamentare non c'è la sfiducia costruttiva e il primo ministro pur se stabile non è una figura esuberante.Pensare di mantenere l'attuale bicameralismo e dire che non è il problema è sbagliato perche con una legge che dà la maggioranza in ambedue le camere i rischi sono ancora maggiori.Infatti si potrebbero fare riforme a maggioranza semplice sarebbero compromessi gli equilibri e poi non sarebbe possibile per il senato richiamare una legge per introddure cambiamenti cosa che evita la dittatura della maggioranza.Ma poi quale camera per il federalismo ci sarebbe?pensare al proporzionale ancora peggio perche il parlamento diventerebbe una giostra impazzita
UncleTom
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Re: Renzi

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CONSIDERARSI L’UOMO PIU’ FURBO DELL’UNIVERSO COMPORTA IL SUO PREZZO.

BENITO, PINOCCHIO MUSSOLONI-LA TRUFFA, NON HA CONSIDERATO PER NIENTE L’EFFETTO BOOMERANG DELLE SUE SCONSIDERATE PAROLE.

L’ALTRO GIORNO HA DEFINITO “UN’ACCOZZAGLIA” I RAPPRESENTANTI DEL NO.

OGGI QUELLI DEL FATTO QUOTIDIANO HANNO RESPINTO AL MITTENTE L’INUTILE SPARATA DEL PIU’ FURBO DELL’UNIVERSO, CON TUTTI GLI INTERESSI.

LA PRIMA SOVRAPAGINA E L’ULTIMA, DEL FATTO QUOTIDIANO, RIPORTANO L’ALLEGRA BRIGATA CHE FA CAPO A BENITO, PINOCCHIO MUSSOLONI-LA TRUFFA.

C’E’ DA AUGURARSI CHE NEI RESTANTI 12 GIORNI CONTINUI A FARE SPARATE BOOMERANG, IN QUANTO OLTRE A RITORNARGLI INDIETRO CON GLI INTERESSI, GLI FARANNO PERDERE UN NUMERO CONSIDEREVOLE DI VOTI.

FORZA BENITO, DATTI DA FARE CHE LA TUA FINE POLITICA SI AVVICINA.
UncleTom
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Re: Renzi

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SULLA PRIMA PAGINA, INTITOLATA: “L’accozzaglia del Sì” SPICCANO I FACCIONI, UNO ACCANTO ALL’ALTRO, DI UOMINI, CHE A NAPOLI NON ESITEREBBERO UN'ISTANTE A BOLLARE CON IL NUMERO 71 DELLA SMORFIA NAPOLETANA.

La Smorfia: il significato del numero 71
http://www.disarmonline.it/notizie-util ... numero-71/


………………………L’accozzaglia del Sì
Signor cosiddetto presidente del Consiglio, noi abbiamo sempre contestato la sua controriforma
nel merito e mai sulle persone. Ma siccome lei continua a insultare i galantuomini del No
con lo stupido argomento dell’”accozzaglia”, la serviamo come lei merita: con un bel florilegio
dell’accozzaglia del Sì. Come diceva Sandro Pertini, “a brigante, brigante e mezzo”


………………………………………………………………..Marco Travaglio
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Re: Renzi

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………………………....………………L’accozzaglia del Sì

Al centro un ingrugnato, Matteo Renzi Ex sindaco ed ex Presidente della Provincia di Firenze, segretario nazionale del Pd, presidente del Consiglio.

Sotto, Vincenzo De Luca Ex sindaco di Salerno, presidente della giunta regionale della Campania (Pd) plurimputato
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Re: Renzi

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REFERENDUM COSTITUZIONALE
Renzi, come annegare la democrazia nel decisionismo

Referendum Costituzionale
di Pierfranco Pellizzetti | 22 novembre 2016
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Pierfranco Pellizzetti
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La domanda che ieri sera Silvia Truzzi, brillante animatrice del dibattito promosso dal comitato milanese per il NO referendario, mi poneva era – al tempo stesso – intrigante e complessa: “Perché il voto contrario al quesito costituzionale del 4 dicembre viene equiparato a traumi demagogici quali Brexit e vittoria Usa di Trump?”. E non a caso la nostra chairlady evitava l’aggettivo “populista”, ormai trasformato dall’establishment, secondo lezione berlusconiana, in un puro lemma di esecrazione; al pari di “giustizialista” o ”comunista”. La neo-lingua della restaurazione.

Si sarebbe potuto – molto semplicemente – rispondere trattarsi di uno spudorato acchiappacitrulli, proprio delle tecniche imbonitorie dominanti in questa stagione politica (che l’Oxford Dictionary definisce di post-truth, post-verità: “una situazione in cui i fatti obiettivi sono meno influenti sull’opinione pubblica rispetto agli appelli emotivi e alle convinzioni personali”). In effetti il tema sollevato impone un’analisi un tantinello più complessa, che chiama in causa le derive lungo le quali il Comando a Occidente ha mutato strategie, mentre la politica andava sottomettendosi all’economia finanziaria. In base a un principio da cui tutto discende: Iil potere è esercitato prevalentemente con la costruzione di significato nella mente umana tramite processi di comunicazione attivati dalle reti multimediali globali/locali della comunicazione di massa” (Manuel Castells, 2009).


Come da definizione, tale mossa mixa abilmente massificazione e semplificazione con effetti truffaldini, a vantaggio del consolidamento delle élites (recentemente descritte da Federico Rampini come “un ceto privilegiato che estrae risorse dal resto della società, per il potere che esercita direttamente: politici, tecnocrati, alti dirigenti nella sfera di governo; capitalisti, banchieri, top manager nella sfera dell’economia”). Da qui i tratti prevalenti dell’epoca in cui prevale il pop, un popolaresco che stinge nel plebeo. Che gratifica a scopo manipolatorio la pigrizia diffusa di bersi le apparenti presunzioni di eccezionalità illusionistica. Per questo mi ero azzardato nella provocazione di paragonare Renzi a Bob Dylan, suscitando i furori di masse per la blasfemia di leggere il folk-singer come un manufatto industriale. Dimenticando – i credenti fondamentalisti (quegli stessi pronti a incoronate con il serto d’alloro poetico anche il nostro Fabrizio de André) – che lo stesso bardo di Duluth ebbe ad accreditare la propria natura di prodotto commerciale.

Appunto, una provocazione con una base di ragionamento per indurre orientamenti critici. Ossia l’atteggiamento mentale che consentirebbe di leggere la fenomenologia reale del nostro premier; che chiarisce meglio di tante elucubrazioni giuridiche l’operazione del 4 dicembre: una sequenza dettata dalle centrali del pensiero pensabile per annegare la democrazia nel decisionismo. Operazione che viene da lontano e sostituisce all’antica ripartizione del potere, Esecutivo-Legislativo-Giudiziario, la trimurti collusa Mediatico-Finanziario-Governamentale (il leader sintonizzato sulle aspettative degli altri due poteri). Spirito critico che farebbe emergere tutte le trappole argomentative sparse dai gigliati magici. Come quella (in cui cadde Zagrebelsky), secondo cui la riforma non aumenterebbe il potere del premier. Certamente, visto che il contagio autoritario avviene battendo un’altra strada: azzerando controlli e contrappesi (dalla contrazione del voto popolare alla cancellazione di corpi intermedi).

Perché la fenomenologia di Renzi, tardo-blairiano di Rignano, è quella del solito giovanotto in carriera, spregiudicato e chiacchierino, che ha fiutato il vento ed è pronto ad assecondarlo. Nel declino della democrazia in post-democrazia. Domani democratura, secondo le dinamiche in atto dall’Est europeo alla Turchia.
UncleTom
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Re: Renzi

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Finemondo
di Marco Damilano
22 nov

L'Incentivo

Quando è cominciata? Tanto, tantissimo tempo fa. La mattina del 29 dicembre 2015, di sole freddo, nell'auletta dei gruppi parlamentari a due passi dalla Camera dei deputati. Andava in diretta tv la rituale conferenza stampa di fine anno del presidente del Consiglio. Matteo Renzi stava invadendo smartphone, telecamere e taccuini di slides, gufi, pagine di agenda con i successi del governo nell'anno in conclusione. Tra i giornalisti presenti tedio e voglia di fuggire per l'imminente festa di Capodanno. Finché, rispondendo a una domanda di Paolina Meli del Gr Rai sulle future campagne elettorali del 2016, il premier scosse la platea. Con un annuncio: «Abbiamo fatto una scommessa sulla riforma della Costituzione. A differenza delle elezioni amministrative che eleggono i sindaci, io farò campagna elettorale per il referendum costituzionale. Ed è del tutto evidente che se dovessi perderlo considererei fallita la mia esperienza in politica... Questo può essere un incentivo per alcuni...».

Chissà se davvero Renzi avrà poi davvero maledetto quella frase, come ha ostentato dopo l'estate, cospargendosi in pubblico il capo di cenere per l'errore di aver personalizzato il voto sulla riforma. Oppure, in cuor suo, ma senza più dirlo in giro, considera invece quel passaggio un successo. L'incentivo, in effetti, dal suo punto di vista ha funzionato: se Renzi non avesse messo in gioco il suo futuro politico forse la campagna elettorale sarebbe passata inosservata. Sarebbe stata tranquilla, noiosa, irrilevante. Undici mesi dopo, invece, il panorama politico è interamente devastato. E forse fin dall'inizio era questo l'obiettivo di Renzi. Distruggere per ricostruire, non è chiaro ancora cosa. Di certo, non il pallido Senato dei consiglieri regionali che uscirebbe dalla vittoria del Sì.

Coraggio, «non sarà lunghissima, non sarà noiosissima», diceva ieri al teatro Eliseo la deputata Lorenza Bonaccorsi incitando il pubblico a resistere alla serata del Pd romano per il Sì. La serata poi è scivolata via senza storia, Matteo Orfini, Roberto Giachetti e Paolo Gentiloni in prima fila e la ministra Maria Elena Boschi, nella partita è finita anche la «rivincita» per il disastro del voto per il Campidoglio. Serata carica di "non": «Non è vero che non ci siamo, non è vero che non abbiamo fatto i comitati del sì a Roma...», giuravano dal palco, e via scusandosi.

Quella che non sembra mai arrivare alla fine è l'interminabile campagna elettorale. Mancano meno di due settimane al voto del 4 dicembre, dodici giorni in cui sparare tutto quello che c'è, da raccontare quotidianamente in questo diario, da oggi fino al voto. Tappa per tappa, polemica per polemica, scenario per scenario.

Via le dispute accademiche, le tenzoni in punta di diritto sull'articolo 70, ora si fa sul serio, ha scandito Vincenzo De Luca, ora «non bisogna fare altro per le prossime due settimane», chiamate gli imprenditori amici, i concessionari di cliniche private, i professionisti, ognuno di loro deve portare «il blocco»: il blocco dei voti. Gli imprenditori i loro dipendenti, gli amministratori i loro amministrati. Si fa la riforma della Costituzione che dovrebbe modernizzare il Paese, ma i metodi di raccolta del voto dei capicordata restano quelli di cui parlava Francesco De Sanctis nel suo "Viaggio elettorale", nel 1875: «Il Piccolo Catilina si fa la sua clientela e la educa simile a sé, e vien su una gente meretricia, disposta a vendere il voto per un piatto di lenticchie...». Anzi no, bisogna andare ancora più indietro, all'antico metodo del «cuius regio eius religio»: non devi convertire tutti i fedeli, basta il loro sovrano. Non devi convincere gli elettori uno a uno, basta portare nel campo giusto i capicordata, i capobastone. E il Blocco seguirà: degli elettori? O dei sudditi?

Aberrante, viene da dire per usare l'aggettivo della giornata, speso da Giorgio Napolitano nel salotto tv di Bruno Vespa. Aberrante che Beppe Grillo parli di serial killer per chi sostiene la riforma. Ma aberrante anche, Napolitano dixit, trasformare la riforma in un taglia-stipendi e taglia-poltrone, come fa Renzi: «Di questo passo non so dove si va a finire...». «Il freddo aiutino di Napolitano», titola oggi "Il Manifesto". E Stefano Folli su "Repubblica": «Si paga il prezzo di aver trasformato il voto del 4 dicembre in un giudizio di Dio, spaccando a metà l'opinione pubblica con una punta di fanatismo. Il che va al di là della normale fisiologia referendaria e inquieta anche il padre della riforma, Napolitano. Il groviglio tra giudizio sulla riforma e quello sul governo non porta fortuna al Sì, al contrario tende ad appesantirlo come il piombo, ma il primo responsabile è il presidente del Consiglio che ha trasformato il referendum in un plebiscito quando pensava di avere la vittoria a portata di mano». L'incentivo, appunto: aberrante. Che ora potrebbe rovesciarsi contro di lui.

«Impossibile mettere in discussione il referendum. Non ho trovato altra via d'uscita. Delle due l'una: o i Francesi vogliono le riforme, e ci daranno la maggioranza. Oppure i Francesi non vogliono più saperne, né di me né delle riforme. Allora dimostrerò che non sono il conservatore degli antichi privilegi, il protettore di chi ha paura. Me ne andrò». Così parlava Charles De Gaulle alla vigilia del referendum del 27 aprile 1969. Aveva per oggetto, curiosa ricorrenza, i poteri del Senato e la regionalizzazione del Paese. Il Generale lo perse e si dimise da presidente della Repubblica. Ma era arrivato alla fine della sua lunga parabola, «riesce a trasformare una disfatta in una ritirata, arte suprema della strategia», scrive uno dei biografi del Generale, il giornalista di "Le Monde" Jean Lacouture. Era anziano e aveva già combattuto e vinto mille battaglie, compresa quella referendaria per trascinare la Francia dalla Quarta Repubblica parlamentare alla Quinta presidenziale. Mentre Renzi è giovane e si è infilato in una battaglia campale per una riforma laterale, se non marginale. Di gollista ha l'ambizione, anche se non la statura: quale strategia metterà in campo in caso di disfatta? O di vittoria?
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Re: Renzi

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LIBRE news

Foa: Renzi come Hillary, solo i media gli credono ancora
Scritto il 23/11/16 • nella Categoria: idee Condividi

Ma perché Renzi non piace più? Perché non riesce più a convincere gli italiani? Me lo ha chiesto un giornalista del sito “ilsussidiario.net”, Federico Ferraù, intervistandomi sulla campagna referendaria. Ne è uscita una bella intervista, che potete leggere integralmente qui. La mia tesi è che Renzi stia ripetendo gli errori di Hillary Clinton, puntando soprattutto al controllo dei media mainstream. Controlla la Rai, Mediaset lo aiuta, i principali giornali sono favorevoli o comunque non ostili al governo, eppure questo non basta più a convincere la gente. Il modo di informarsi della popolazione è molto più diversificato rispetto al passato e va di pari passo con una crescente sfiducia verso la grande informazione, percepita come poco autorevole e ancor meno indipendente. Esiste un problema di fiducia personale nei confronti del premier. Quando Oscar Farinetti, che per queste cose ha la vista lunga, dice «dobbiamo tornare ad essere simpatici» (“Corriere della Sera”, 6 novembre), tocca un nervo scoperto. Il problema è che il premier è vittima della sua stessa propaganda.Se chi sta al governo promette le riforme in cento giorni, dice che “l’Italia riparte” e fa ossessive accuse a gufi e rosiconi, ma poi la gente nella vita di tutti i giorni non vede un cambiamento reale, l’impressione che si genera nell’opinione pubblica è che chi sta al governo non dica la verità. E quello che Renzi paga, oggi, è proprio un fortissimo deficit di credibilità, che, combinato al fattore mediatico, spiega perché la propaganda messa in campo non riesce a suscitare quel consenso che invece sarebbe lecito aspettarsi. Con tutta l’energia che Renzi vi ha messo finora, il Sì dovrebbe essere al 70% e il No al 30. E invece non si schioda da percentuali deludenti e per ora minoritarie. La propaganda martellante diventa addirittura controproducente. Insomma, la gente non gli crede più.Quando c’era il monopolio dell’informazione la gente “beveva” tutto quello che diceva la tv; oggi la tv è vista in modo costante soprattutto dagli over 60-65. Il resto della popolazione si informa anche sui social media, sui blog, sui siti di informazione alternativa; integra da sola le fonti e i frammenti. Oggi il messaggio di propaganda pura, tradizionale, non è più efficace come prima. Le prove? Brexit, in cui tutti i media tradizionali erano schierati contro, in un clima di terrorismo psicologico. Poi il voto Usa: la stragrande maggioranza dei media era sicurissima del trionfo di Hillary e pronosticava sfracelli finanziari in caso di vittoria di Trump; e invece… Così anche gli italiani non credono più che il paese andrebbe a catafascio se il Sì dovesse perdere il 4 dicembre.La contro-informazione è molto più efficace di quanto si pensi, perché è “one to one”, e per questo viene percepita da un numero crescente di italiani disillusi come più personalizzata e credibile dell’informazione ufficiale, televisiva ma non solo. Non è un caso che oggi i giornali assistano a un crollo delle vendite. Renzi sa comunicare molto bene, però è vittima della sindrome del Palazzo, come capita a quasi tutti i leader politici al governo nell’arco di due-tre anni: entrano in una bolla e non riescono più a capire il paese, che si ribella, che diffida, che diventa impermeabile a ogni forma di propaganda.(Marcello Foa, “Renzi non sa più comunicare, l’avreste mai detto?”, dal blog “Il Cuore del Mondo” su “Il Giornale” del 18 novembre 2016).
UncleTom
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Re: Renzi

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I BUCHI DEL GROVIERA ALLA FIORENTINA


IL VECCHIO VIZIO TRICOLORE.

E QUESTO SAREBBE IL NUOVO CHE VUOLE ROTTAMARE IL VECCHIO????????????





23 NOV 2016 12:48
IL MAXI BUCO DI FIRENZE! ANNULLATO IL PROGETTO DI FOSTER PER L’ALTA VELOCITA’: LA STAZIONE COSTATA 774 MILIONI COSA DIVENTERÀ? CANTIERI BLOCCATI IN ATTESA DELLA DECISIONE UFFICIALE


- IL PIANO B: COMPLETARE I TUNNEL SOLO PER I TRENI VELOCI - -




Sergio Rizzo per il Corriere della Sera


Che cosa si può fare con 774 milioni? Per esempio pagare la quattordicesima a un milione 200 mila pensionati. Oppure costruire due centri congressi (e mezzo) come la famosa Nuvola di Massimiliano Fuksas, a Roma.

O ancora, cinque stadi di calcio uguali a quello, realizzato a Torino, della Juventus. Invece a Firenze li hanno spesi per fare un buco. Non uno qualunque, beninteso. Un buco enorme. Così grande che potrebbe contenere una stazione dell' Alta velocità ferroviaria: 450 metri per 60, profondo 10.


Tuttavia sarebbe assai meglio dire: che avrebbe potuto. Perché quella stazione, dopo che si è sventrata mezza città, non si farà più. E i 774 milioni già spesi? Un bel centro commerciale, un gigantesco parcheggio o qualcos' altro, non c' è che l' imbarazzo della scelta.

Come nella migliore tradizione italiana, comincia tutto ventuno anni fa. Siamo agli albori dell' Alta velocità e nonostante sia appena passata la bufera di Tangentopoli tutto sembra possibile. Anche fare un passante ferroviario di otto chilometri sotto la città di Firenze per il transito dei supertreni. Una logica c' è, la stessa che farà spendere molti anni dopo 300 milioni a Roma per la stazione Tiburtina.

La linea ferroviaria veloce che dovrà collegare Milano con Napoli ha bisogno di stazioni passanti, diverse da quelle di Roma e Firenze dove i treni devono invece entrare uscendo poi a ritroso per proseguire la corsa.

Bisogna quindi fare stazioni nuove, grandi e accoglienti per consentire alle future Freccerosse di fermarsi e ripartire nel più breve tempo possibile. Peraltro, senza essere costretti a tortuose carambole nel traffico dei convogli pendolari. A Firenze però lo spazio per passare in superficie non c' è, quindi si deve scavare. Un bel tunnel e una bella stazione sotterranea, quindi.

Si bandisce un concorso per il progetto e lo vince lo studio del celebre architetto britannico Norman Foster. L' investimento delle Ferrovie è cospicuo e cresce come la panna montata: da 700 milioni la spesa prevista arriva a superare di slancio il miliardo e mezzo. Ma compatibilmente con i disagi, qualche protesta e molte perplessità sul luogo prescelto, a un chilometro o poco più da Santa Maria Novella, la cosa sembra procedere. Nemmeno le inchieste giudiziarie che inevitabilmente sfiorano anche questa opera riescono a bloccarla. Anche le difficoltà politiche sembrano superate.

A Firenze c' è un sindaco, Matteo Renzi, che fa le bizze. Ma con la promessa di un indennizzo da 100 milioni per la città pure lui si placa. Nessuno immagina, alle Ferrovie, che tre anni dopo il giovanotto diventerà presidente del Consiglio, e allora la musica cambierà.


Succede a marzo 2016. Da un paio d' anni Renzi è a Palazzo Chigi e il suo posto l' ha preso il fido Dario Nardella. Ma l' ex sindaco è ancora di casa a Palazzo Vecchio, e un bel giorno il Corriere Fiorentino rivela un fatto clamoroso. Il premier si presenta al Comune e presiede di fatto una giunta straordinaria per fare il punto sui finanziamenti governativi per le infrastrutture della sua città: in quell' occasione si decreta la fine dello scalo sotterraneo dell' Alta velocità che tutti ormai chiamano stazione Foster.


Per la società Condotte, subentrata da un anno e mezzo al consorzio Nodavia che aveva vinto la gara acquisendo la quota di maggioranza detenuta da Coopsette, è un' amara sorpresa. A Roma si sta ultimando la Nuvola di Fuksas, operazione quanto mai travagliata. L' impresa di Duccio Astaldi ha fatto anche causa al committente, l' azienda pubblica Eur spa, avanzando riserve per 202 milioni più interessi: una somma paragonabile a quella dell' intero appalto. E a Firenze l' esisto si profila ben peggiore.

Anche perché Renzi ha appena consegnato il timone delle Ferrovie a un altro fedelissimo qual è Renato Mazzoncini, già protagonista della cosiddetta privatizzazione dell' Ataf, l' azienda di trasporto del Comune di Firenze. La sua tesi è nota: da quando due decenni fa è stato partorito il progetto la tecnologia ha fatto passi tali da rendere inutile la stazione sotterranea.


La verità è che spostare il traffico da Santa Maria Novella comporterebbe più problemi collaterali che vantaggi pratici: il caso della stazione Tiburtina a Roma, che non è mai decollata veramente, lo sta a dimostrare. Meglio allora lasciare tutto com' è, magari completando il tunnel per i soli treni veloci che collegano direttamente Milano alla Capitale.

L' unico a non essere d' accordo sembra essere il presidente della Regione Toscana Enrico Rossi, ma le sue armi paiono spuntate. Per seppellire definitivamente il progetto si attende solo un pronunciamento ufficiale: che però non risolverà il grande pasticcio. Quasi 800 milioni spesi, i cantieri praticamente fermi, le perdite che viaggiano al ritmo di 2 milioni al mese, un buco enorme in mezzo alla città. E un' idea da escogitare per salvare capra e cavoli. Cadono le braccia...
UncleTom
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Re: Renzi

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IATTURE TRICOLORI



23 NOV 2016 10:50
DOPO DI ME IL DILUVIO

- SE PERDE IL REFERENDUM, MATTEUCCIO VUOLE LE ELEZIONI ANTICIPATE: VOTO IN APRILE (POI SI CORREGGE) - SEMBRA CHE IL QUIRINALE SI SIA INCAZZATO: NON CI STA A FARSI TIRARE PER LA GIACCHETTA

- IL BAU-BAU, PERO’, RESTA (E GRILLO SOGNA PALAZZO CHIGI)



Elisa Calessi per Libero Quotidiano


La saga referendaria procede ormai su due livelli. Il primo, grazie al decisivo contributo di Beppe Grillo, è un trionfo di trivialità e reciproche accuse. Ieri a lanciare il sasso è stato un post apparso sul blog del Movimento: «Renzi ha una paura fottuta del voto del 4 dicembre. Si comporta come una scrofa ferita che attacca chiunque veda». Il premier gli ha risposto da Livorno: «Quando a noi dicono "siete serial killer", noi si risponde sul Cnel, le poltrone, il bicameralismo. Quando dicono "scrofa ferita", noi si dice del Cnel. Dobbiamo parlare sempre nel merito. Non fatevi fregare».


Ma la guerra è guerra. E così se Renzi sta al merito, Giuditta Pini, Pd, va all' attacco di Dibba (Alessandro Di Battista) portando le cifre di quanto si trattiene dello stipendio da parlamentare e che risulta essere molto più dei 3mila euro dichiarati (circa 10mila euro).

Intanto si scatena, su Twitter, una polemica attorno a una foto, postata dalla scrittrice Michela Murgia, che ritrae un uomo con piedi nudi e una saponetta con su scritto "Basta un sì". Scalfarotto chiede di ritirare l' immagine «profondamente e schifosamente omofoba». Nelle stesse ore il fronte del No annuncia di essere pronto a fare ricorso alla Corte costituzionale se il Sì dovesse farcela con il voto degli italiani all' estero, perché le modalità non garantirebbero la segretezza (tralasciando che si tratta di una legge dello Stato).


«Tentano di buttarla in rissa», ha risposto Renzi. Nel frattempo, lui si batte come un leone. Va nella rossa Piombino, nella tana grillina (Livorno), nella città di Enrico Letta (Pisa), poi a Modena, a Reggio Emilia. Combatte a suon di battute («De Mita dice che siamo stati frettolosi. Mi ricorda quel ministro di Mao Tse Tung che quando gli chiesero cosa pensava della Rivoluzione Francese, rispose: è troppo presto per dare un giudizio»), slide con i risultati del governo, imitazioni (fa il verso a Berlusconi, a Monti e a D' Alema). Si cala nei panni di un deputato della prossima legislatura dopo la vittoria dei no. Stile Cetto La Qualunque: «Signori, io sono per abolire il Senato, il Cnel, ma il popolo si è pronunciato...».


Poi c' è un secondo livello. Che riguarda il dopo-referendum. Lorenzo Guerini, vicesegretario del Pd, rispondendo a Bloomberg, a proposito di cosa farà Renzi in caso di vittoria del no, ha spiegato che c' è una sola certezza: le elezioni anticipate entro l' estate 2017. «Se c' è la volontà politica possiamo lavorare per arrivare a una nuova legge elettorale in tempi brevi e andare a elezioni con una nuova legge elettorale presto, entro l' estate del 2017».

Parole che al Quirinale non devono avere apprezzato. Guerini si è poi corretto: si è trattata di una «forzatura». Intendeva dire che, se vince il no, ci sarà una fase di «instabilità». In realtà ha detto quello che, tra i renziani, tutti dicono: senza il Pd, non c' è una maggioranza alternativa. E siccome il premier non è disponibile a «governicchi», non resta che il voto anticipato.


«Io ho detto che se perdo, me ne vado. Che sia tra 2 settimane o 7 anni», ha detto ieri Renzi. Ma siccome bisogna approvare la legge di bilancio, rivedere la legge elettorale e gestire il G7 a Taormina, la prima scadenza utile è l' estate. Sintesi: chi vota no, prepara il Paese al voto.
UncleTom
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Re: Renzi

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IL CASO
La stazione Foster dell’Alta Velocità L’enorme buco nel centro di Firenze
Costato 774 milioni, cosa diventerà?

La stazione che non si farà. Annullato il progetto di Foster per l’Alta velocità. Cantieri fermi in attesa della decisione ufficiale. Adottata la stessa logica della stazione Tiburtina a Roma, costata 300 milioni di euro


http://www.corriere.it/cronache/16_nove ... ee72.shtml
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