Re: Diario della caduta di un regime.
Inviato: 27/03/2016, 19:01
Valli a capire questi renziani.
E dire che alcuni di loro sono stati comunisti e ancora oggi si dichiarano di sinistra.
Uno di questi continua a chiedere a tutti: Ma tu non ami Renzi????
L'altro insiste nel dire che se noi non lo stimiamo, è stimatissimo all'estero.
CON QUESTA ARMATA BRANCALEONE NON POTEVA CHE FINIRE COSI'.
Quando si tratta di rubare i meriti il bamboccio sbruffone di Rignano è sempre in prima fila.
Quando si tratta di prendere i pesci in faccia manda avanti gli schiavetti che per la poltrona si adattano a tutto.
Armi spuntate
Palazzo Chigi fa
parlare Gentiloni,
che però ammette:
“L’Egitto è strategico”
PESI PIUMA Le bugie del Cairo su Regeni e l’assalto tedesco a Kessler (Olaf) per Vw
Dall’Egitto alla Germania:
prendiamo sberle da tutti
Il premier e la cantilena su “pretendiamo la verità” che va avanti da due mesi senza alcun
risultato. Intanto Berlino silura il nostro uomo all’Antifrode europea (Volkswagen rischia di dover ridare alla Ue 1,8 miliardi per lo scandalo dei diesel) per occupare anche quella casella
D’ONGHIA, PALOMBI E SANSA A PAG. 2 - 3
^^^^^
IL CASO La diplomazia italiana alla prova del delitto
Regeni, due mesi di parole:
la realpolitik batte i proclami
Renzi insiste: “Non ci accontentiamo”. Ma il governo subisce le “verità ”del Cairo
» SILVIA D’ONGHIA
Sono due le espressioni
che tornano più spesso
tra le “dure prese di posizione”
del governo sul
caso Regeni, dal giorno in cui è
stato ritrovato il cadavere del
ricercatore ucciso in Egitto:
“Niente verità di comodo” e
“pretendiamo collaborazione”.
Quasi come un mantra,
quasi a voler ripetere ossessivamente
ciò che – è ormai
chiaro –non potrà mai realizzarsi.
In questi due mesi dalla
scomparsa (25 gennaio) e poco
meno dal ritrovamento del
corpo (3 febbraio), a dispetto
dei proclami, degli annunci,
dell’“ira” delle autorità italiane,
troppe “verità di comodo”
sono invece arrivate, nel goffo
tentativo di depistare le indagini
e l’opinione pubblica italiana
e internazionale.
UN MANTRA, perché il governo
sa benissimo di non poter
fare altro, di non poter chiedere
di più al governo di Al Sisi.
Troppi interessi economici
(l’Eni su tutti), troppe paure (il
fronte dell’Isis), troppe cautele
diplomatiche da mantenere.
Poco hanno potuto, finora, i
nostri investigatori inviati là a
“collaborare” con i colleghi egiziani,
che invece tutto hanno
tirato fuori (persino i cinque
morti dell’altro giorno, colpevoli
di una “rapina” finita male)
tranne che la “verità”. Nulla
ha potuto il fronte diplomatico:
nessun atto di forza, nessuno
strappo. E nulla ha potuto, e
potrà, la politica, le mani legate
da troppi lacci. E infatti Matteo
Renzi, che ha chiaro il quadro
fin dall’inizio e che ieri ha
affidato alla sua E-news l’en -
nesima richiesta di chiarezza,
la maggior parte delle volte ha
mandato avanti, a mo’di ariete
ma di gomma, il suo ministro
degli Esteri, Paolo Gentiloni.
“Chiediamo fermamente
all’Egitto che le autorità italiane
possano
c o l l a bo r a r e
alle indagini,
perché vogliamo
che la
verità emerga
fino in fondo”,
auspicava
il titolare
della Farnesina
il 4 febbraio,
all’indomani della scoperta
di quel corpo martoriato.
“Abbiamo un solo obiettivo: la
verità – gli faceva eco il ministro
Alfano, il giorno dopo –so -
no convinto che Al Sisi non si
sottrarrà alla collaborazione”.
Eppure già qualche ora dopo si
andava delineando quello che
sarebbe stato: un muro di gomma.
“Siamo lontani dalla verità”,
sempre Gentiloni il 6 febbraio,
giorno del rientro della
salma di Giulio, attesa a Fiumicino
dalla famiglia e dal ministro
Orlando. Non da Renzi.
La voce di Gentiloni in quei
giorni sembrava un’arma
spuntata. “Non ci accontenteremo
di verità presunte” (8
febbraio); “Contiamo sulla
possibilità che ai nostri investigatori
sia consentito di collaborare
pienamente” (9 febbraio);
“Abbiamo reagito immediatamente
con fermezza
con il governo amico egiziano”
(10 febbraio, davanti alle commissioni
Esteri-Politiche Ue
di Camera e Senato).
Renzi si è fatto sentire per la
prima volta il 12 febbraio a Ra -
dio Anch’io,
nove giorni
dopo il ritrovamento,
per
quella che
poteva sembrare
una velata
minaccia:
“L’amici -
zia è un bene
prezioso ed è
possibile solo nella verità”.
Quindi un’azione forte, il richiamo
del nostro ambasciatore
al Cairo? Assolutamente
no: un simile atto avrebbe avuto
conseguenze disastrose. E
allora, di nuovo, Alfano e Gentiloni
nei giorni successivi a ribadire
la necessità della “coo -
perazione”e a sbattere i pugni
su un tavolo inesistente: “Non
accetteremo ricostruzioni facili
o verità di comodo”. Lo
stesso tavolo al quale, durante
l’assemblea del Pd (21 febbraio)
si è risieduto il premier
– “Non c’è business o realpolitik
che tenga, non è un optional
la verità per Giulio” –, che
però ha dovuto ammettere:
“L’Egitto è strategico per contrastare
procuratore capo di Roma, Pignatone,
trasferta che sembrava
andare nel segno di
quella “collaborazione” tanto
auspicata. È sotto gli occhi di
tutti che non è così, o almeno
finora non lo è stato, contrariamente
a quanto “assicurato”
dallo stesso presidente Al Sisi
nelle due interviste concesse a
R e pu b b li c a il 16 e 17 marzo:
“Non ci fermeremo finché non
sarà stata raggiunta la verità”
anche se –per Al Sisi – “l’obiet -
tivo è colpire l’economia egiziana
e isolare il Paese”. Le relazioni
vanno mantenute a livello
bilaterale: siamo importanti
per l’Egitto anche più di
quanto l’Egitto lo sia per noi.
IL TORMENTONEgovernativo,
dicevamo, è tornato ieri: “L’Italia
non si accontenterà di
nessuna verità di comodo –ha
scritto Renzi sulla E-news –.
Consideriamo un passo in avanti
importante il fatto che le
autorità egiziane abbiano accettato
di collaborare e che i
magistrati locali siano in coordinamento
con i nostri, guidati
da una figura autorevolissima
come il procuratore di Roma
Pignatone”.
La parola mantra nasce
dall ’unione dei termini sanscriti
manas cioè mente e tra -
yati che vuol dire liberare. Ecco:
liberare la mente serve anche
a non cercare “verità”sco -
mode.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
E dire che alcuni di loro sono stati comunisti e ancora oggi si dichiarano di sinistra.
Uno di questi continua a chiedere a tutti: Ma tu non ami Renzi????
L'altro insiste nel dire che se noi non lo stimiamo, è stimatissimo all'estero.
CON QUESTA ARMATA BRANCALEONE NON POTEVA CHE FINIRE COSI'.
Quando si tratta di rubare i meriti il bamboccio sbruffone di Rignano è sempre in prima fila.
Quando si tratta di prendere i pesci in faccia manda avanti gli schiavetti che per la poltrona si adattano a tutto.
Armi spuntate
Palazzo Chigi fa
parlare Gentiloni,
che però ammette:
“L’Egitto è strategico”
PESI PIUMA Le bugie del Cairo su Regeni e l’assalto tedesco a Kessler (Olaf) per Vw
Dall’Egitto alla Germania:
prendiamo sberle da tutti
Il premier e la cantilena su “pretendiamo la verità” che va avanti da due mesi senza alcun
risultato. Intanto Berlino silura il nostro uomo all’Antifrode europea (Volkswagen rischia di dover ridare alla Ue 1,8 miliardi per lo scandalo dei diesel) per occupare anche quella casella
D’ONGHIA, PALOMBI E SANSA A PAG. 2 - 3
^^^^^
IL CASO La diplomazia italiana alla prova del delitto
Regeni, due mesi di parole:
la realpolitik batte i proclami
Renzi insiste: “Non ci accontentiamo”. Ma il governo subisce le “verità ”del Cairo
» SILVIA D’ONGHIA
Sono due le espressioni
che tornano più spesso
tra le “dure prese di posizione”
del governo sul
caso Regeni, dal giorno in cui è
stato ritrovato il cadavere del
ricercatore ucciso in Egitto:
“Niente verità di comodo” e
“pretendiamo collaborazione”.
Quasi come un mantra,
quasi a voler ripetere ossessivamente
ciò che – è ormai
chiaro –non potrà mai realizzarsi.
In questi due mesi dalla
scomparsa (25 gennaio) e poco
meno dal ritrovamento del
corpo (3 febbraio), a dispetto
dei proclami, degli annunci,
dell’“ira” delle autorità italiane,
troppe “verità di comodo”
sono invece arrivate, nel goffo
tentativo di depistare le indagini
e l’opinione pubblica italiana
e internazionale.
UN MANTRA, perché il governo
sa benissimo di non poter
fare altro, di non poter chiedere
di più al governo di Al Sisi.
Troppi interessi economici
(l’Eni su tutti), troppe paure (il
fronte dell’Isis), troppe cautele
diplomatiche da mantenere.
Poco hanno potuto, finora, i
nostri investigatori inviati là a
“collaborare” con i colleghi egiziani,
che invece tutto hanno
tirato fuori (persino i cinque
morti dell’altro giorno, colpevoli
di una “rapina” finita male)
tranne che la “verità”. Nulla
ha potuto il fronte diplomatico:
nessun atto di forza, nessuno
strappo. E nulla ha potuto, e
potrà, la politica, le mani legate
da troppi lacci. E infatti Matteo
Renzi, che ha chiaro il quadro
fin dall’inizio e che ieri ha
affidato alla sua E-news l’en -
nesima richiesta di chiarezza,
la maggior parte delle volte ha
mandato avanti, a mo’di ariete
ma di gomma, il suo ministro
degli Esteri, Paolo Gentiloni.
“Chiediamo fermamente
all’Egitto che le autorità italiane
possano
c o l l a bo r a r e
alle indagini,
perché vogliamo
che la
verità emerga
fino in fondo”,
auspicava
il titolare
della Farnesina
il 4 febbraio,
all’indomani della scoperta
di quel corpo martoriato.
“Abbiamo un solo obiettivo: la
verità – gli faceva eco il ministro
Alfano, il giorno dopo –so -
no convinto che Al Sisi non si
sottrarrà alla collaborazione”.
Eppure già qualche ora dopo si
andava delineando quello che
sarebbe stato: un muro di gomma.
“Siamo lontani dalla verità”,
sempre Gentiloni il 6 febbraio,
giorno del rientro della
salma di Giulio, attesa a Fiumicino
dalla famiglia e dal ministro
Orlando. Non da Renzi.
La voce di Gentiloni in quei
giorni sembrava un’arma
spuntata. “Non ci accontenteremo
di verità presunte” (8
febbraio); “Contiamo sulla
possibilità che ai nostri investigatori
sia consentito di collaborare
pienamente” (9 febbraio);
“Abbiamo reagito immediatamente
con fermezza
con il governo amico egiziano”
(10 febbraio, davanti alle commissioni
Esteri-Politiche Ue
di Camera e Senato).
Renzi si è fatto sentire per la
prima volta il 12 febbraio a Ra -
dio Anch’io,
nove giorni
dopo il ritrovamento,
per
quella che
poteva sembrare
una velata
minaccia:
“L’amici -
zia è un bene
prezioso ed è
possibile solo nella verità”.
Quindi un’azione forte, il richiamo
del nostro ambasciatore
al Cairo? Assolutamente
no: un simile atto avrebbe avuto
conseguenze disastrose. E
allora, di nuovo, Alfano e Gentiloni
nei giorni successivi a ribadire
la necessità della “coo -
perazione”e a sbattere i pugni
su un tavolo inesistente: “Non
accetteremo ricostruzioni facili
o verità di comodo”. Lo
stesso tavolo al quale, durante
l’assemblea del Pd (21 febbraio)
si è risieduto il premier
– “Non c’è business o realpolitik
che tenga, non è un optional
la verità per Giulio” –, che
però ha dovuto ammettere:
“L’Egitto è strategico per contrastare
procuratore capo di Roma, Pignatone,
trasferta che sembrava
andare nel segno di
quella “collaborazione” tanto
auspicata. È sotto gli occhi di
tutti che non è così, o almeno
finora non lo è stato, contrariamente
a quanto “assicurato”
dallo stesso presidente Al Sisi
nelle due interviste concesse a
R e pu b b li c a il 16 e 17 marzo:
“Non ci fermeremo finché non
sarà stata raggiunta la verità”
anche se –per Al Sisi – “l’obiet -
tivo è colpire l’economia egiziana
e isolare il Paese”. Le relazioni
vanno mantenute a livello
bilaterale: siamo importanti
per l’Egitto anche più di
quanto l’Egitto lo sia per noi.
IL TORMENTONEgovernativo,
dicevamo, è tornato ieri: “L’Italia
non si accontenterà di
nessuna verità di comodo –ha
scritto Renzi sulla E-news –.
Consideriamo un passo in avanti
importante il fatto che le
autorità egiziane abbiano accettato
di collaborare e che i
magistrati locali siano in coordinamento
con i nostri, guidati
da una figura autorevolissima
come il procuratore di Roma
Pignatone”.
La parola mantra nasce
dall ’unione dei termini sanscriti
manas cioè mente e tra -
yati che vuol dire liberare. Ecco:
liberare la mente serve anche
a non cercare “verità”sco -
mode.
© RIPRODUZIONE RISERVATA