IO, TIM COOK (Crozza)
Eni ed Enel sponsor di squadre e sagre di paese
Così le multinazionali ottengono il consenso
Non solo lobby e non solo petrolio. Da Civitavecchia ad Agrigento, i grandi gruppi non lesinano contributi a pioggia pur di accaparrarsi le simpatie dei territori in cui si concentrano gli affari. Tutto legale
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Economia & Lobby
Fiere, sagre, squadre di basket e calcio, festival, feste di parrocchia allietate da musicisti nazionali e intere processioni religiose con tanto di logo sui manifesti. Da Enel a Eni, da Shell a Total fino a Nestlé, c’è un po’ di tutto nella ricchissima lista delle sponsorizzazioni gentilmente offerte ogni anno dalle principali multinazionali nei più disparati centri italiani. Denaro che arriva a rallegrare la vita culturale e sportiva di piccole e grandi città, spesso accomunate da un unico comune denominatore: ospitano centrali elettriche, geotermiche e a carbone, rigassificatori, pozzi e stabilimenti di raffinazione del petrolio, persino ricche sorgenti di acqua minerale di Giuseppe Pipitone
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Eni, Enel, Shell, Total e le sponsorizzazioni a squadre, feste e sagre di paese: ecco come i colossi si assicurano il consenso
Lobby
Da Brindisi ad Agrigento, passando per La Spezia e Civitavecchia: i grandi gruppi non lesinano contributi a pioggia pur di accaparrarsi le simpatie dei territori in cui si concentrano i loro affari. Tutto legale, tutto alla luce del sole
di Giuseppe Pipitone | 3 aprile 2016
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Più informazioni su: Agrigento, Basilicata, Brindisi, Enel, Eni, Shell, Total
Fiere, sagre, squadre di basket e calcio, costosi festival medievali, piccole feste di parrocchia allietate da musicisti nazionali e addirittura intere processioni religiose con tanto di logo sui manifesti. Dall’Enel all’Eni, dalla Shell alla Total fino alla Nestlé, c’è un po’ di tutto nella ricchissima lista delle sponsorizzazioni gentilmente offerte ogni anno dalle principali multinazionali nei più disparati centri italiani.
Rivoli di denaro che arrivano a rallegrare la vita culturale e sportiva di piccole e grandi città italiane, spesso accomunate da un unico comune denominatore: ospitano centrali elettriche, geotermiche e a carbone, rigassificatori, pozzi e stabilimenti di raffinazione del petrolio, persino ricche sorgenti di acqua minerale. Spesso sono impianti a forte impatto socio ambientale, qualche volta sono stati protagonisti dalle indagini della magistratura (come in Basilicata con il caso Tempa Rossa che ha provocato le dimissioni del ministro Guidi), ma in ogni caso hanno sempre animato lunghe battaglie ambientaliste combattute sul territorio da parte dei cittadini. Sarà una coincidenza, una ciclica casualità, ma è proprio in quelle zone che da qualche anno i colossi dell’energia (e non solo) hanno deciso di varare una massiccia operazione simpatia con un unico obiettivo: aprire il portafogli per migliorare il rapporto con le comunità locali. Da Agrigento e La Spezia, da Brindisi a Civitavecchia passando per Gela e Galatina, ilfattoquotidiano.it ha messo in fila i casi principali in cui le zone ritenute interessanti dalle principali multinazionali hanno ricevuto contributi a pioggia per le attività più disparate: quello che ne emerge è una carta geografica alternativa del nostro Paese, una mappa fatta da piccole mance, loghi luccicanti e affari milionari. Tutto legale, tutto alla luce del sole. Nessun reato: solo un modus operandi che la dice assai lunga sulla creazione del consenso da parte dei colossi impegnati nei territori.
Dallo sport alla cultura: Brindisi, città dell’Enel
Una delle città che ha maggiormente beneficiato di questa mega operazione simpatia è probabilmente Brindisi. Qui l’Enel gestisce dal 1991 una grossa centrale termoelettrica a carbone, che si estende per 260 ettari, considerata la prima in Italia per emissioni di anidride carbonica secondo un rapporto dell’Agenzia europea per l’ambiente. Dal 2012 tredici dirigenti della centrale sono sotto processo, accusati di getto pericoloso di cose, danneggiamento delle colture e insudiciamento delle abitazioni. E mentre i suoi funzionari sono in attesa di giudizio, da anni il logo di Enel è proiettato in ogni settore della vita sportiva e culturale brindisina. Dal 2008 l’azienda energetica è main sponsor della squadra di basket locale: un ricco contributo, secondo solo a quello versato da Armani all’Olimpia Milano, che ha influito sulla promozione nella massima serie nazionale della squadra pugliese. A Brindisi Enel sponsorizza anche la società Ginnastica La Rosa, la squadra di calcio a 5 e in passato sosteneva tutte le formazioni giovanili del Brindisi calcio, oggi fallito. Ad aprile del 2015, poi, il colosso dell’energia è stato tra i partner della tappa pugliese della Fed Cup, il principale torneo di tennis per squadre nazionali femminili che aveva scelto proprio Brindisi per il match tra Italia e Stati Uniti. Ma in terra brindisina non c’è solo lo sport che beneficia delle generose elargizioni targate Enel. Grazie ai buoni offici della multinazionale, infatti, è arrivato addirittura il rapper Moreno ad esibirsi per la piccola festa patronale della chiesa San Giustino de Jacobis. Negli anni, poi, sono state concesse sponsorizzazioni anche al Teatro Verdi e al Medieval fest, importante rappresentazione storica in costume, incentrata sulla figura di Federico II, interpretato in un’occasione da Michele Placido: proprio al sovrano svevo è dedicata la centrale termoelettrica. Parecchie polemiche ha poi suscitato la storica partnership che lega Enel al Negroamaro Wine Festival, una delle principali rassegne enologiche d’Italia: il processo in corso nasce infatti proprio dalle polveri di carbone che finiscono sui vigneti brindisini, e cioè i protagonisti diretti della kermesse enologica finanziata con i fondi dell’azienda energetica.
Dalla festa della zucca alla cucina geotermica, tutte le mance di Enel in Italia
L’azienda guidata da Francesco Starace ha puntato sullo sport anche ad Agrigento, dove la ricca sponsorizzazione concessa all’Akragas, la squadra di calcio cittadina, ha portato alla storica promozione in Lega Pro della squadra siciliana. Ed è proprio nei pressi della città dei Templi, a Porto Empedocle, che la società coltiva da anni il progetto di un maxi rigassificatore da 800 milioni di euro. “Con lo zuccherino della squadra di calcio, l’Enel, su consiglio di Angelino Alfano, vuole addolcire la pillola amara e velenosa del rigassificatore”, dice l’ex ambientalista Giuseppe Arnone, dato che secondo rumors cittadini sarebbe stato il ministro dell’Interno a portare il logo della società energetica sulle maglie dell’Akragas. Tra ricorsi al Tar e al Consiglio di Stato, referendum popolari vinti con il 94% e voti negativi ratificati dal consiglio comunale, il rigassificatore, che doveva vedere la luce nel 2011, è ad oggi bloccato, mentre i calciofili agrigentini sono tornati dopo più di trent’anni a calcare i campi della vecchia serie C. È stata riconvertita nel 2013, invece, la centrale termoelettrica di Torrevaldaliga nord, nella zona di Civitavecchia: dagli oli combustibili è passata ad essere alimentata dal carbone, tra le dure proteste della popolazione, arrivata anche a proclamare uno sciopero della fame collettivo lungo tre settimane. Poco dopo, per una curiosa coincidenza, ecco che il logo dell’Enel è comparso sulle maglie delle squadre di volley e calcio di Civitavecchia, e sulle canotte del basket Santa Marinella. Un altro comune della zona, e cioè quello di Tarquinia, ha beneficiato invece di un contributo totale da 100mila euro per finanziare, tra le altre cose, la festa dell’anguria. A La Spezia, dove sorge una centrale termoelettrica a carbone, Enel ha invece preferito puntare sulla cultura, sponsorizzando la manifestazione Libriamoci e facendo da partner storico al premio intitolato a Eugenio Montale. Dalla Liguria alla Toscana, la società energetica ha quindi puntato sulla cucina locale dell’Amiata, dove sorgono ben cinque centrali geotermiche. La geotermia è considerata ovunque un’energia rinnovabile e pulita, ma secondo gli ambientalisti della zona non è quello che avviene sul monte Amiata, che essendo un ex vulcano custodisce nel sottosuolo sostanze inquinanti e cancerogene. Per i sindaci della zona, però, le centrali sono un toccasana per le casse comunali, che ricevono ogni anno sei milioni da Enel, mentre la multinazionale energetica si è impegnata negli ultimi tempi nel promuovere i prodotti culinari lanciando addirittura un inedito Menù geotermico. “Da oggi avremmo la festa della castagna geotermica, poi ci sarà la sagra della patata geotermica, quella dell’olio geotermico, del pecorino geotermico, del fungo geotermico: bel salto di qualità rispetto ai vari dop, doc e igp”, ironizzano in rete gli abitanti della zona.
Basilicata: oro nero in cambio di gite premio
La musica non cambia se da energia e carbone si passa al petrolio. Ne sanno qualcosa in Basilicata, probabilmente una delle Regioni più povere d’Italia, e allo stesso tempo quella con la più alta percentuale di tumori di tutta la nazione. Il sottosuolo lucano, però nasconde un vero tesoro: la regione infatti è ricchissima di giacimenti di petrolio. Basti pensare che i 40 pozzi presenti in Val d’Agri (una zona abitata da poche migliaia persone) garantiscono l’80 percento dell’intera produzione nazionale di petrolio. Ed è per questo che la Lucania è diventata da anni terra di conquista per i principali cercatori di oro nero: lasciano il 10 per cento di royaties alla Regione e portano via il resto, non dimenticando di finanziare una serie di feste di paese, per migliorare l’umore della popolazione, che nonostante i ricchi giacimenti continua a soffrire una disoccupazione superiore alle medie nazionali. L’Eni, per esempio, è stata tra i main sponsor dell’iniziativa culturale ribattezzata “I Tesori delle Valli”, una rassegna di una settimana dedicata proprio alla Val d’Agri pubblicizzata persino a Roma. “Che le valli della Lucania siano un tesoro per l’Eni e per la fondazione Mattei è una certezza. Presto, molto presto, le compagnie petrolifere sponsorizzeranno anche il secolare culto mariano della Madonna nera di Viggiano. La scena mi pare già di intravederla: i fedeli che ascendono al sacro monte porteranno in spalla la statua della Vergine e sul baldacchino la scritta Riparti con Eni”, commentava ironico il leader dei radicali lucani Maurizio Bolognetti. E mentre l’azienda del cane a sei zampe legava il suo nome anche un portale turistico locale, la Shell offriva buffet e spettacoli musicali a Potenza e Matera e viaggi premio ad Amsterdam, seguita a ruota dalla Total che invece organizzava una vacanza in terra di Francia per i giornalisti lucani, portati in gita negli stabilimenti casalinghi della multinazionale d’Oltralpe. Più leggeri i cadeaux lasciati in Sicilia dagli altri big petroliferi: ad Augusta la Erg ha sponsorizzato le nuove maglie della squadra di calcio a 5, mentre la Esso ha contribuito a lanciare un corso di vela per bambini disabili. La città in provincia di Siracusa ospita 18 stabilimenti tra centrali elettriche e impianti di raffinazione, ed è uno dei vertici del più grande polo industriale d’Europa: insieme a Priolo e Melilli costituisce il cosiddetto “triangolo della morte”. “Qui è in atto un genocidio”, è la denuncia di don Palmiro Prisutto, il sacerdote che ogni mese legge in chiesa i nomi di tutti i morti di tumore della città. Esilarante invece il destino dell’omaggio lasciato dall’Eni a Gela: una gigantesca fontana con giochi d’acqua e luci piazzata all’entrata della città. Nel 2013, però, la città del petrolchimico ha deciso di spegnere l’enorme installazione. Il motivo? Le bollette erano diventate troppo costose, dato che i giochi d’acqua consumavano un’enorme quantità di energia elettrica.
La processione? La sponsorizza la multinazionale del gasdotto
Curiosa anche la scena andata in onda a Scorrano, nel Salento, in Puglia, nel luglio del 2014: durante la festa di santa Domenica, patrona della cittadina, sono apparse luminarie più uniche che rare. Non rappresentavano, infatti, preghiere e invocazioni alla santa, ma al contrario la scritta Tap, acronimo di Trans Adriatic Pipeline, e cioè il consorzio industriale che vorrebbe costruire un mega gasdotto tra il mar Caspio e la Puglia. La Tap non era nuova a sponsorizzazioni simili: due settimane prima aveva pensato bene di finanziare la festa dei santi Pietro e Paolo a Galatina. Il logo della multinazionale stampato in bella mostra sui manifesti della festa religiosa ha fatto scatenare la polemica. “Cosa ne sanno le signore che vanno in chiesa di Tap? Loro in quei giorni capiscono solo che c’è una messa e che forse bisogna ringraziare Tap senza sapere neanche cosa sia. Ci meravigliamo invece del vescovo, ci meravigliamo del comitato feste e ci meravigliamo di chi accetta di parlare e farsi dare soldi da personaggi senza scrupoli, incapaci di presentare un progetto decente”, tuonavano in quei giorni i manifestanti del comitato No Tap. A nulla sono valse invece le proteste degli abitanti di Santo Stefano Quisquina, in provincia di Agrigento. Mentre l’intera Sicilia soffre una crisi idrica senza precedenti, sui Monti Sicani sgorgano ogni giorno migliaia di litri di acqua oligominerale purissima. Solo che sono quasi totalmente appannaggio della Nestlé, titolare di una concessione con la Regione Siciliana per prelevare almeno dieci litri d’acqua al secondo. Un affare che permette alla multinazionale svizzera di vendere la pregiata acqua siciliana ad appena 33 centesimi a bottiglia. Il bello è che l’acqua dei rubinetti della provincia di Agrigento non viene dalla stessa fonte della Nestlé ma invece dal dissalatore di Porto Empedocle, gestito dalla Girgenti Acque di Marco Campione, che pratica costi altissimi ed è considerata dai cittadini di scarsissima qualità. Morale della favola? Anche per cucinare gli agrigentini sono spesso costretti a comprare l’acqua in bottiglia che la Nestlé preleva nel loro stesso territorio. Pochi giorni fa però è arrivata la lieta notizia: acqua gratis per gli agrigentini? Ovviamente no. Piuttosto la Nestlé ha deciso di sponsorizzare la Usd Quisquinese, squadra di calcio dilettantistica di Santo Stefano. Un accordo triennale da trentamila euro che ha fatto felici i tifosi della piccola squadra sicana. Che magari, andando allo stadio la domenica, dimenticheranno per qualche ora l’annoso problema dell’acqua corrente. Sport, religione, feste di paese, folclore: tutto pur di smorzare le proteste delle popolazioni che ospitano impianti energetici, petroliferi o magari solo una fonte d’acqua. Una strategia che in fondo non è poi tanto nuova. A ben pensarci, il primo a teorizzarla fu il latino Giovenale con il celebre “panem et circenses”: pane e giochi, al popolo interessa solo quello. Duemila anni dopo non è poi cambiato molto.
Twitter: @pipitone87
(ha collaborato Andrea Tundo)
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