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camillobenso
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il Fatto 23.10.13
Le “panzane” di Napolitano
di Fabrizio d’Esposito

Il Fatto riporta le accuse del falchi del Pdl al presidente sul patto tradito di graziare Berlusconi “motu proprio”. Il capo dello Stato perde la testa e insulta il nostro giornale per smentirli. Peccato che non abbia aperto bocca quando altri scrissero le stesse cose o quando B. lo chiamò “i naffidab ile” e minacciò di “rivelare tutte le sue promesse”

UN PATTO CON SILVIO? PER IL COLLE NON C’È “PANZANA ASSURDA”
UNA NOTA DI NAPOLITANO CONTRO “IL FATTO QUOTIDIANO” E I FALCHI DEL PDL CHE LO ACCUSANO DI “TRADIMENTO” MA BERLUSCONI CONTINUA A RICHIEDERE UN SALVACONDOTTO

La resa dei conti sulla decadenza di B. si avvicina e Giorgio Napolitano teme sempre di più il faccia a faccia finale con il Cavaliere, snodo cruciale della legislatura e del-l’implosione imminente del Pdl. Oggetto: il “patto tradito” di cui più volte ha parlato in questi giorni Daniela Santanchè, guida politico-mediatica dei falchi berlusconiani. Ed è per questo che ieri il Quirinale ha stroncato con una nota durissima un articolo del Fatto in cui si dava conto del contenuto di questo “patto tradito” secondo l’ala guerrigliera del Pdl: una grazia motu proprio del Colle per la condanna definitiva del Cavaliere sui diritti tv Mediaset. Indiscrezione, peraltro, riportata anche da Repubblica senza evidenza, però, nel titolo o nei sommari.
DI QUI L’ANATEMA del Colle contro il nostro quotidiano, affinché la Pitonessa Santanchè e gli altri falchi intendano: “Solo il Fatto Quotidiano crede alle ridicole panzane come quella del patto tradito dal presidente Napolitano”. Oggi in un’intervista, la stessa Santanchè, che al Colle viene appellata con fastidio come “la Signora”, replica che la vera panzana è la pacificazione promessa a suo tempo a Berlusconi . Perché, andando alla radice del caos attuale da larghe intese, il problema è questo. Nella primavera scorsa il Cavaliere fu uno dei protagonisti dell’incredibile evoluzione politica dopo gli sfaceli bersaniani: il patto per la rielezione di Napolitano al Quirinale, poi quello per Enrico Letta a Palazzo Chigi con l’appendice, allo stesso tempo, di sbarrare la strada a Renzi premier. Lo rivela lo stesso sindaco di Firenze nel suo ultimo libro, raccontando una telefonata di B.: “Non c’è un veto nostro, caro sindaco. Semplicemente non vogliamo te, preferiamo Amato e Letta”. Oggi i soliti falchi aggiungono altri velenosi dettagli: “Fu Napolitano a chiedere a B. di fermare Renzi”. Vero o falso che sia, è in corso una guerra totale tra il Colle e il Cavaliere versione falco per il “rispetto dei patti di primavera” . Guerra destinata a intensificarsi a mano a mano che si approssimerà la data fatidica della decadenza al Senato. Non a caso, proprio ieri, quando il Colle ha diramato la nota contro il Fatto (e non è la prima), sul Corriere della Sera è uscito un accorato editoriale del costituzionalista Michele Ainis, saggio delle riforme, che ha una frase chiave: “Attorno a Napolitano si sta scavando un vuoto. Magari perché i partiti l’avvertono in uscita, pur avendogli chiesto di rientrare al Quirinale”. Ed è quel vuoto che innervosisce tantissimo Napolitano. Con un timore: cosa succederà quando B. sarà dichiarato decaduto da Palazzo Madama? Dalla corte berlusconiana, che oggi dovrebbe tornare a Roma, forse, dicono: “Abbiamo perso il conto di quante volte, nei mesi scorsi, Gianni Letta è stato ricevuto al Colle. Chissà, forse il presidente teme di essere sbugiardato da Berlusconi”. Santanchè (e Fatto) a parte, è stato infatti proprio il Cavaliere, al-l’inizio di ottobre, a mettere nero su bianco i termini della questione sulla sua condanna. Dalla lettera al settimanale ciellino Tempi di Luigi Amicone: “Enrico Letta e Giorgio Napolitano avrebbero dovuto rendersi conto che, non ponendo la questione della tutela dei diritti politici del leader del centrodestra nazionale, distruggevano un elemento essenziale della loro credibilità e minavano le basi della democrazia parlamentare. Come può essere affidabile chi non riesce a garantire l’agibilità politica neanche al proprio fondamentale partner di governo e lascia che si proceda al suo assassinio politico per via giudiziaria”. Ecco, dal suo punto di vista, Berlusconi ha chiesto di onorare i patti iniziali delle larghe intese. Adesso, però, le manovre per accantonarlo e ridurlo al ruolo di padre nobile di un centrodestra alfanizzato, perdipiù con Casini, lo rendono cupo, pessimista e volubile. Per cui nessuno è in grado di prevedere, né falchi né colombe, la sua decisione finale. Che sia questo il quadro lo confermano le cronache di questi giorni. Ecco, per esempio, lunedì scorso, come il Corriere della Sera ha dato conto del primo attacco della Santanchè al Colle sul “patto tradito”: “Parole durissime, che certamente nella sostanza, in privato, Berlusconi ripete spesso e che sono il cuore dei suoi sfoghi di questi giorni”. Sono gli stessi sfoghi in cui ripete: “Non posso continuare a stare con i miei carnefici”.
QUESTA È LA GUERRA in corso. Si può far finta di non vederla, isolando i falchi mandati avanti, e nascondersi dietro la liturgia di note e solidarietà di circostanza. Ma prima o poi esploderà.

il Fatto 23.10.13
Il giurista Franco Cordero:
“Neapolitanus Rex ha instaurato una specie di monarchia”
“Addio riforme, la monarchia di Giorgio può finire”
intervista di Silvia Truzzi

L’ultimo lavoro di Franco Cordero s’intitola Morbo italico: il diagnosta – professore emerito di Procedura penale alla Sapienza e commentatore di Repubblica – non sembra ottimista. “Il berlusconismo”, nota sulla soglia dell’intervista, “è organicamente entrato nel corpo italiano”.
Testuale dal libro: “L’anno scorso Neapolitanus Rex era inviolabile nei colloqui riservati: adesso nemmeno i parlamentari possono nominarlo, salvo che cantino laudi; sotto Giacomo II Stuart non esistevano censure così ferree. Quali siano i suoi poteri e come li eserciti, è questione politica, liberamente discutibile. Ha una falsa idea del
Parlamento chi pretende banchi muti o plaudenti”.
Vediamo l’etimologia: “Parlamento” significa luogo in cui rappresentanti del paese discutono de re publica in spirito laico; non vigono interdetti. L’augusta persona è attore nel teatro politico: rieletto (primo nella storia italiana), occupa larghi spazi interloquendo spesso; naturale che se ne parli, e il taglio critico riesce più serio dell’ossequio cortigianesco. Salta al-l’occhio la singolarità d’una rielezione combinata da 101 franchi tiratori intriganti notturni. Spira aria monarchica, nel senso d’un re che governa. Nei sette anni del primo mandato non emette sillaba sullo spaventoso conflitto d’interessi nel quale il pirata governava pro domo sua: anzi, coopera ai famigerati lodi d’immunità, vistosamente invalidi; tiene in piedi i resti d’un regime fallimentare; predica e impone l’ibrido berlusconoide (“meno male che Giorgio c’è”, cantava l’interessato).
E le riforme costituzionali?
Le saluta l’Olonese, al cui triplo stomaco non basta mai la misura del potere: è taumaturgo ma aveva le mani legate; appena gliele sciolgano, saranno mirabilia. Presiede l’officina un suddito d’Arcore, ministro ad hoc, e non era tiepido nel culto del Caimano .
Riforme capitali sotto un governo che nessuno immaginava, in un Parlamento eletto con una legge incostituzionale. Cominciano mettendo disinvoltamente le mani nell’art. 138, dov’è stabilito in qual modo siano operabili revisioni costituzionali.
Dicono di seguire la procedura corretta.
Affiora un limite definibile “sordità logica”. La questione è se l’art. 138 sia emendabile. Supponiamo che, seguendo quell’iter, le Camere lo riscrivano: nella nuova formula basti una maggioranza qualunque; o non siano più necessari i due voti con l’intervallo d’almeno tre mesi; o cada il requisito del referendum. Il prodotto sarebbe invalido. Finché duri l’attuale ordinamento, la Carta è modificabile solo nel modo stabilito dai costituenti: norme diversamente formate non appartengono al sistema 1° gennaio 1948; spetta alla Corte liquidarle. Se poi la discontinuità prende piede, perché il coup de main risulta effettivo, s’instaura un nuovo ordinamento: non è detto che le rivoluzioni espugnino Bastiglie o Palazzi d’Inverno; talvolta avvengono senza rumore, sornione. In ultima analisi, le regole dipendono dal fatto che i chiamati ad applicarle ubbidiscano o no.
Che funzione ha l’articolo 138?
Quale meccanismo genetico, sta sopra le norme passibili d’una revisione. Anche in sede giuridica vigono i livelli identificati da Bertrand Russell (teoria delle classi) e confondendoli alleviamo paradossi. Epimenide ne scova uno 26 o 27 secoli fa: “tutti i cretesi mentono”, enunciato universale affermativo (l’opposto è che almeno uno dei predetti sia credibile, almeno una volta) ; è vero o falso quando l’affermi un cretese? Vero, se falso, falso perché vero: frasi simili non hanno senso; l’acquistano appena dalla classe “cretesi” togliamo l’enunciante. Sul piano pratico, il paradosso del cretese bugiardo sviluppa disordini. Inteso nel senso debole (e sarebbe gesto eversivo), l’art. 138 diventa grimaldello micidiale. L’Olonese arrembante aspirava al potere assoluto: in quali forme, lo indicano tanti episodi, incluse serate d’Arcore, né muta natura in vista degli ottant’anni; e nel governo presieduto dal Pd Letta junior, nipote del plenipotenziario Pdl, manovra l’alambicco costituente, cavandone capolavori, un devoto berlusconiano della specie ornitologica “quaglia-colomba”. Navighiamo sul Narrenschiff, allegra nave dei folli, ricorrente nella pittura quattro-cinquecentesca.
La Corte d’assise di Palermo ha accolto la richiesta del pubblico ministero d’ascoltare il Capo dello Stato nel processo sulla trattativa Stato-mafia.
Se ne discuteva l’anno scorso ed era prevedibile che in qualche modo riemergesse l’asserita inviolabilità del Totem, qualunque sia il contesto. In materia esiste una sentenza suicida della Consulta, dissecata nel Morbo italico. Eventi simili sprigionano dei riflessi: s’allinea subito ad regem la loquace Guardasigilli; scattano i quirinalisti; niente esclude un secondo sciagurato conflitto, sebbene il tema siano cose dette dal-l’allora consigliere su fatti remoti, estranee alle funzioni del Presidente. Dunque, nihil obstat e speriamo che stavolta nessuno opponga l’inesistente prerogativa.
I piani d'amnistia e indulto contemplano B.?
No, esclamano fonti virtuose, e guai a chi lo pensa; ma nei circuiti dell’eufemismo regna Monsieur Tartuffe: gli applausi dicono come i forzaitalioti intendano l’idea d’una clementia principis.
Ancora da Morbo italico: “Giochi notturni hanno riportato Napolitano sul Colle dopo sette anni, pesanti nella bilancia politica; e nessuno s’aspetta un autocritico passo abdicativo: rimane lassù fino all'anno 2020, in età da patriarca, ma prima d’allora sarà bancarotta, se non interviene qualche santo”. E poi: “Se vogliamo che qualcosa cambi in meglio e organicamente, questo governo deve andarsene. Impossibile finché dal Quirinale vegli GN”.
Tutti a casa?
L’ideale sarebbe un salto retrogrado ad aprile, quando Montecitorio votava in seduta comune, e mantenere la parola data a Romano Prodi, ma la freccia del tempo non vola indietro. Resta nel possibile che il rieletto d’allora attui la minaccia d’andarsene, offeso dalle mancate riforme (quas Deus avertat, se è permesso lo scongiuro latino).

il Fatto 23.10.13
Lettere dal Quirinale La terza in pochi mesi

È LA SECONDA VOLTA in pochi mesi che il capo dello Stato detta una nota che ha per oggetto Il Fatto Quotidiano. Oggi sono le “panza n e ”, nel giugno scorso era “il ridicolo falso” (contenuto a dire del Colle nella domanda di un’intervista a Barbara Spinelli) “di un termine posto dal Presidente della Repubblica alla durata dell’attuale governo”.
La stessa tigna smentitoria non è stata adoperata con la medesima misura con i giornali che, in queste settimane, raccontavano di visite al Colle degli ambasciatori più improbabili, da Gianni Letta ad Angelino Alfano, carichi di richieste per conto del condannato di Arcore. Ad agosto, poi, il giorno era l’8, arrivò al nostro giornale un’altra lettera di smentita, a firma Giorgio Napolitano: “Nell'articolo dal titolo ‘Napolitano ordina al Pdl: Fate i bravi fino a ottobre’ pubblicato da il Fatto, già infondato nel titolo, sono state attribuite a mia moglie Clio affermazioni che non corrispondono al vero. Si tratta di vergognose e grossolane panzane, inventate di sana pianta da chi vuole soltanto creare confusione e pescare nel torbido. La prego di considerare questa una lettera non a titolo personale, bensì scritta a nome mio e di mia moglie”. La parola “panzana”, al Quirinale, va per la maggiore.
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Messaggio da camillobenso »

Freddo e neve in arrivo
http://www.3bMeteo.com

*

A Sud fate sempre il bagnetto a 31° e 27 ° ???
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Re: Top News

Messaggio da camillobenso »

PREVISIONI METEO: ALLERTA SOPRATTUTTO IN LIGURIA, LOMBARDIA E VENETO
Martedì forte maltempo su tutto il Nord
Nuvole anche per il ponte dei Morti

La «coda» della «tempesta di St. Jude» che ha colpito il Nord Europa arriva in Italia: previste piogge abbondanti


http://www.corriere.it/cronache/13_otto ... 7cda.shtml
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Re: Top News

Messaggio da camillobenso »

La memoria che assopisce gli avvenimenti drammatici di un singolo o di un popolo è un bene per la sopravvivenza di chi ne è stato colpito.

Se la memoria non si assopisce si rischierebbe di impazzire.

Grave invece quando i file della memoria che sono dentro di noi li si cancella volontariamente quando riemergono in occasioni particolari.

Come ad esempio in occasione degli avvenimenti di Lampedusa e precedenti dimenticando che un giorno l’emigrazione era toccata a noi.

E non è detto che possa ritornare se non si riuscirà dare uno shock sostanziale all’economia italiana.

Per poter dare un shock di questo livello, occorrono gli uomini.

Ero convinto nei primi 15 giorni di incarico che lo potesse fare Monti, un estreno della politica, ma poi si è rivelato l’uomo dei poteri forti incapace di farsi rispettare dai partiti falliti, soprattutto quello dei Fratelli mussulmani.



La Storia come non ve l'hanno mai raccontata. Trovare l'America è il primo volume fotografico che racconta per immagini l'epopea degli italiani immigrati negli Stati Uniti, oltre 500 foto storiche provenienti dagli archivi della Library of Congress di Washington per la prima volta offerte al pubblico. La storia di Little Italy, fatta di volti, bagagli, amori e sacrifici ritratti in foto di grande intensità - tra cui si scorgono anche giovanissimi Antonio Meucci, Joe Di Maggio e altri futuri famosi - si intreccia con la storia personale di Martin Scorsese, fortemente voluto dal curatore Paolo Battaglia (ex direttore degli Archivi Fotografici Panini, ideatore e promotore dell'intero progetto editoriale cui la Library of Congress si è detta disposta a collaborare) per introdurre il volume. Trovare l'America, edizioni Anniversary Books, 320 pagine, 48 euro, online sul sito: http://www.anniversarybooks.it LEGGI IN ESCLUSIVA LA PREFAZIONE DI MARTIN SCORSESE

http://d.repubblica.it/attualita/2013/1 ... REC1-19#26
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Messaggio da camillobenso »

Planet of the monkeys - 1


»Esteri
DAL "THE OBSERVER"
Usa, l'indiscrezione: nel 1983, rischio guerra nucleare con l'Unione Sovietica
Un'esercitazione Nato talmente realistica da preparare i russi al contrattacco. Sbucano dopo 30 anni i "War games" anglo-americani


"Nel 1983 si è rischiata una guerra nucleare". Ecco la notizia choc che emerge dai documenti declassificati citati dall'Observer. Si parla ormai di trent'anni fa esatti, ma, proprio in quel periodo, a quanto si apprende dal periodico britannico, avremmo rischiato la Terza guerra mondiale e una vera e propria apocalisse nucleare. Nel 1983 la Nato era impegnata in un'esercitazione, a guida americana e britannica, che ha rischiato di scatenare la reazione dell'allora Unione Sovietica. Gli Sati Uniti, insieme ai suoi alleati, avevano messo a punto una piattaforma War games, esercitazioni, dal nome in codice "Operation Able Archer", talmente realistiche da preparare i russi al contrattacco. Pericolo poi fortunatamente sventato grazie alle intercettazioni dell'Intelligence, che fece rientrare il rischio catastrofe.

Nel sopraccitato War games, considerando anche il clima teso di quegli anni tra le due potenze mondiali, erano coinvolte 40mila truppe dell'Alleanza atlantica, che si sarebbero dovute mobilitare nell'Europa ovest, simulando una reazione a un ipotetico attacco dell'Unione Sovietica verso l'allora Jugoslavia, la penisola scandinava e la Grecia.

Un vero e proprio "gioco di guerra": i "buoni" erano i blu, i "cattivi" gli arancioni. Quando le intenzioni russe furono intercettate e il rischio sventato, i servizi britannici comunicarono il tutto all'allora prima ministro conservatore inglese Margaret Thatcher, che immediatamente mobilitò diplomatici e funzionari per far sì che tutto ciò non si ripetesse in futuro.


http://www.liberoquotidiano.it/news/est ... etica.html
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Re: Top News

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Legge elettorale, la mossa a sorpresa della Consulta cancellare il Porcellum e riesumare il Mattarellum

(GOFFREDO DE MARCHIS).
06/11/2013 di triskel182


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Nella maggioranza molti sospettano che la Corte costituzionale possa il 3 dicembre ammettere il ricorso e poi prendere in contropiede tutti.

ROMA— Nella partita a scacchi della legge elettorale si affaccia l’ipotesi più sorprendente, una “bomba nucleare” per il sistema. Il 3 dicembre la Corte costituzionale ammette il ricorso della Cassazione e qualche settimana dopo (a gennaio o agli inizi di febbraio) straccia il Porcellum dal primo all’ultimo articolo, lo cancella dalla faccia della terra. Non interviene su alcuni punti, non usa il bisturi. Giudica l’intero impianto della norma Calderoli una “porcata” anche sul piano costituzionale. E lascia l’Italia senza una legge per andare a votare. Ripristina il Mattarellum, la legge che c’era prima: 75 per cento di seggi assegnati con il maggioritario uninominale (un candidato contro l’altro nei collegi) e 25 per cento di quota proporzionale. In gergo tecnico, si chiama “reviviscenza”. In parole povere, un terremoto che si abbatte sul Palazzo e sulle larghe intese.
Per la maggioranza dei costituzionalisti, è un vero azzardo, una follia. Ma il folto gruppo di giuristi che si esercita sul Porcellum considera l’ammissione del ricorso «irrituale ». Basta leggere sul web i forum degli addetti ai lavori: sono pieni di interventi che non accettano nemmeno l’idea che la Cassazione investa la Consulta con un suo ricorso sul sistema di voto. Per due ministri del governo Letta invece la possibilità non è così assurda. Gaetano Quagliariello tiene la bocca chiusa. Il ritorno al Mattarellum? Il titolare delle Riforme, nel cortile della Camera, sorride. Il ministro dei rapporti col Parlamento Dario Franceschini, uscendo dal Senato dopo le comunicazioni di Annamaria Cancellieri, si spinge appena oltre: «Ne ho sentito parlare. Ma la Consulta è imprevedibile». Non dicono: no, è impossibile, ma cosa vi salta in mente. È una strada.
Poi, ci sono gli esperti che intorno alla legge elettorale hanno speso la vita e il fiore degli anni. Mario Segni, sopra a tutti. Secondo il leader referendario, nelle prime discussioni informali nelle stanze della Consulta si è affacciata la soluzione di un ritorno al Mattarellum. Ne avrebbero parlato tre alti giudici tra i più influenti e ascoltati: i due di nomina presidenziale Sabino Cassese e Giuliano Amato, Sergio Mattarella eletto dalle Camere. Per quest’ultimo sarebbe davvero il colmo (e fonte d’imbarazzo conoscendone l’estrema prudenza) dare il via libera alla
“resurrezione” della sua legge. Certo, Segni parla da tifoso. È stato il promotore, insieme ad Arturo Parisi, del referendum contro la legge Caderoli del 2009. La Consulta in quel caso escluse la “reviviscenza” e gli elettori fecero il resto facendo mancare il quorum.
Adesso però si apre una partita tutta nuova. Il ritorno al Mattarellum è possibile, quel precedente referendario non conta. Restano tutti in piedi i dubbi su una decisione che sarebbe politica. La più politica di tutte. Metterebbe in mora il Parlamento, aprirebbe un conflitto con le Camere e il percorso delle riforme istituzionali volute dal governo subirebbe un contraccolpo. Possibile che proprio giudici costituzionali con una sensibilità istituzionale consolidata aprano una fase di guerra totale? Il Pdl alzerebbe le barricate, le larghe intese sarebbero investite in pieno dal cataclisma. Festeggerebbero invece i tifosi del maggioritario. Stapperebbe lo champagne una buona parte del Partito democratico, anche dalle parti di Palazzo Vecchio. Perché con la cancellazione del Porcellum le elezioni anticipate a marzo, su cui Matteo Renzi continua puntare, diventerebbero la prima delle opzioni in campo.

Da la Repubblica del 06/11/2013.
camillobenso
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Re: Top News

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Finmeccanica vende 8 elicotteri da attacco alle Filippine in guerra. Ma la legge lo vieta
Agusta Westland ha annunciato la fornitura per un valore stimato in 58 milioni di euro. Ma nel Paese è in corso un conflitto civile che impedirebbe la vendita in base alla legge 185 del 1990

di Enrico Piovesana | 9 novembre 2013Commenti (242)


In spregio alla legge 185 del 1990 che vieta la vendita di armi italiane a paesi in conflitto, Agusta Westland, azienda aeronautica del gruppo Finmeccanica, ha annunciato la fornitura di otto elicotteri da attacco Aw109 Power completi di sistemi d’arma (lanciarazzi e mitragliatrici pesanti) alle forze aeree delle Filippine. Le stesse che ancora poche settimine fa hanno usato proprio gli elicotteri per bombardare la città di Zamboanga nel corso dell’ennesima battaglia con i ribelli indipendentisti musulmani del Fronte moro di liberazione nazionale (Mnlf), terminata con un bilancio di 61 morti, 150 feriti e 60 mila profughi. Ultimo atto di una sanguinosa guerra civile che prosegue a fasi alterne dal 1971 e che ha provocato almeno 150 morti, ma che soprattutto ha garantito – insieme all’altro pluridecennale conflitto interno con i guerriglieri comunisti del Nuovo esercito popolare (Npa) – un potere ed economico enorme alle forze armate armate di Manila che di fatto controllano la politica del Paese opponendosi a ogni pacificazione duratura. Oltre a essere regolarmente accusate di crimini di guerra e torture da parte delle organizzazioni internazionali per i diritti umani.

Insomma: proprio l’identikit del Paese al quale, secondo la legge italiana, non andrebbe venduto nemmeno una pallottola prodotta nel nostro Paese. Ciononostante le Filippine sembrano destinate a diventare uno dei principali clienti dell’export militare italiano, soprattutto dopo che nel giugno 2012 l’allora ministro della Difesa Giampaolo Di Paola si era recato in visita ufficiale a Manila per incontrare il presidente Benigno Aquino III e le massima autorità militari locali. In ballo c’erano, e ci sono ancora, non solo questa fornitura degli elicotteri Aw109 Power (i primi tre sono stati venduti, disarmati, alla Marina filippina lo scorso gennaio) ma anche quella di un paio di navi da guerra (vecchie fregate Maestrale della nostra Marina rimodernate da Fincantieri) e la svendita di una decina di nuovi caccia Eurofighter (di cui la nostra Aeronautica militare vuole sbarazzarsi per far posto agli F-35); più altre forniture aeronautiche di Alenia Aermacchi e Piaggio Aero.

Il nuovo contratto annunciato da Agusta Westland, di cui non è stato reso noto l’ammontare ma che secondo fonti di Manila si aggira sui 58 milioni di euro, prevede anche l’addestramento dei piloti militari filippini all’accademia aziendale di Sesto Calende, in provincia di Varese. Giustamente, se vendiamo strumenti di guerra dobbiamo anche insegnare ai nostri clienti come usarli efficacemente nella prossima battaglia. Commentando questo nuovo affare, l’amministratore delegato di Agusta Westland, Daniele Romiti, ha espresso “gran piacere per la firma di questo contratto con le forze aeree filippine”, cui ha garantito l’impegno dell’azienda “a fornire le migliori capacità di missione e i servizi di alta qualità che questo cliente merita”.

http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/11 ... ta/770736/


Vox populi


MIGNANI GIORGIO • 5 ore fa
Fatta la legge...trovato l'inganno!
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robertit2002 • 6 ore fa
saranno gli stessi che l'India non ha piu voluto , magari erano scontati .....ehhehe
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antonimus • 7 ore fa
Ma come si fa a parlare di armi a Paesi in guerra, quando l'Italia è stata "costretta" a farla "la guerra" alla Libia, solo per non contrariare Cameron ed Hollande ! Siamo diventati un Paese di ciechi governato da stolti.
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resegone • 7 ore fa
L'Augustawestland è una compagnia italo-inglese. Ora, poiché nel Regno Unito è in corso una guerra civile religiosa che dura da decenni, l'Irlanda del Nord, e gli elicotteri inglesi sono quasi tutti Augustawestland, come mai il fatto quotidiano se ne accorge solo ora del problema? Oltretutto nelle Filippine non c'è una guerra civile. I mussulmani sunniti, che sono il 5% della popolazione contro il quasi 95% di cristiani, non contenti di aver ottenuto una regione autonoma mussulmana con poteri maggiori di quelli del nostro Alto Adige, vogliono che i cristiani che abitano l'isola di Mindanao, e che sono la stragrande maggioranza, l'abbandonino la lasciano tutta a loro. Pure in Francia c'è una guerra civile in corso, le bombe in Corsica e non solo le ricordiamo tutti. In Spagna con i baschi. Persino in Italia, negli anni sessanta-settanta gli altoatesini mettevano le bombe e poi si rifugiavano in Austria che non concedeva l'estradizione. Ma se il giornalista non conosce la realtà e scrive baggianate, almeno i grandi geni pacifisti, che poi vanno alle manifestazioni armati di bombe carta, bastoni, sfere d'acciaio, si informino prima di fare le solite elucubrazioni con relativi paraocchi.
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mirko isoli resegone • 6 ore fa −
Non c'è una guerra civile ? Ma cosa stai dicendo ? E' un conflitto per alcuni aspetti simile a quello scoppiato in Jugoslavia negli anni 90. Gruppi di ribelli e di religioni diverse che si oppongono al Governo e invadono città . Il Governo che risponde al fuoco e alle violenze . Profughi. Morti tra i civili. Non si tratta certo di piccoli attentati...
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joslino • 7 ore fa
io sarei pronto a sacrificare anche qualche grande testa dei liberal chic lanciadole dall'agusta
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camillobenso
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Re: Top News

Messaggio da camillobenso »

Ci mancava la bufala di Craxi
di Nando dalla Chiesa | 9 novembre 2013Commenti (87)


Ci mancava pure la nuova bufala. Dalla Chiesa fu fatto uccidere da Andreotti e Craxi perché “ce l’avevano sul collo”, ha dichiarato il pentito di mafia Francesco Onorato, ascoltato a Palermo nell’ambito del processo sulla trattativa tra Stato e mafia. C’è solo da sperare che ora questa non diventi la nuova “verità inconfessabile”, il nuovo “mistero” della storia repubblicana a cui si affezionano, “a prescindere”, giornalisti o giallisti di mafia. Qualcosa tipo le carte di Moro stipate nella cassaforte del prefetto, secondo le ambigue testimonianze di personaggi che mio padre disistimava profondamente. Ma credute con tenacia irriducibile da plotoni di “esperti da lontano”. Andreotti, dunque. Che la corrente andreottiana fosse immersa fino al collo nella vicenda che portò alla strage di via Carini l’ho sempre pensato e detto. Lo dissi e lo scrissi quasi in assoluta solitudine trent’anni fa, l’ho riscritto e l’ho ridetto ogni volta che ho ritenuto giusto farlo, nei tribunali come nei libri o negli incontri pubblici. Che quella corrente fosse la più intrisa di mafia, la “più inquinata del luogo”, lo scrisse, inascoltato, mio padre stesso al capo del governo Giovanni Spadolini. E lo disse direttamente pure a Giulio Andreotti che aveva voluto vederlo prima della partenza per la Sicilia, avvisandolo che non avrebbe avuto “riguardo per i suoi grandi elettori” nell’isola. Né, ovviamente, si può dimenticare la posizione con cui Andreotti è uscito, nonostante le grida trionfali di amici e sodali, dal processo a cui fu condotto dalla procura di Gian Carlo Caselli: “prescritto” per mafia. Non è dunque il riferimento al suo nome che mi meraviglia, anche se queste “novità” che arrivano a freddo dopo trent’anni mi inquietano e mi pongono interrogativi seri e più generali su strategie e comportamenti recenti di certi pentiti “minori”.

Quel che davvero suona come bufala è il riferimento a Bettino Craxi. Il quale (diversamente da Andreotti, che negò di suo pugno che esistesse un’emergenza mafiosa) sostenne con convinzione l’invio di mio padre a Palermo. Al punto che il nuovo prefetto venne visto dalla parte più compromessa della Dc come colui che aggredendo il sistema mafioso avrebbe oggettivamente squassato il potere democristiano in Sicilia a vantaggio del Partito socialista. Partecipai a una discussione accalorata, incredula, di mio padre con un amico, tutti e tre seduti a un tavolo della villa di campagna, tre settimane prima del delitto. L’amico gli rappresentava la diffidenza dei vertici democristiani, convinti che lui fosse (testuale) “un cavallo di Craxi”. E mio padre, visibilmente allibito che questa potesse essere “la” o “una” ragione del suo isolamento, replicò di avere servito lealmente per quarant’anni ministri degli Interni tutti democristiani. Se, come sempre si dice, nulla di ciò che la mafia fa è leggibile al di fuori di un contesto e di logiche politiche, questo fu il contesto.

Nessuno può accusarmi di avere nutrito tenerezze verso il craxismo. Ci sono le annate di Società civile, il mensile che dirigevo a Milano negli anni Ottanta, a dimostrarlo. Credo anzi di avere ben pagato l’avversione al craxismo in occasione della mia candidatura a sindaco di Milano nel 1993. Ma mi sentirei colpevole di avallare il falso se non dicessi che fu proprio Bettino Craxi, visibilmente provato anche emotivamente da quel che era accaduto, a difendermi dai pubblici furori che seguirono le mie denunce della matrice politica del delitto. Poi in pochi anni un bisogno di coerenza mi portò su posizioni lontane e anche contrapposte alle sue, ma questa è la verità. Guai a perdere la memoria meticolosa, sofferta, ribelle, dei fatti. O la storia potrà rifarla un pentito che, se le sfumature semantiche hanno un senso, ancora prova qualche compassione per Totò Riina (perché “stanno pagando solo i mafiosi”) o un malcelato orgoglio per il passato di killer agli ordini dei corleonesi: “Io ero uno dei prediletti, perché fare parte del gruppo di fuoco della commissione era come fare parte della nazionale di calcio. I migliori mafiosi entravano in squadra”. Grazie no, la storia che ho vissuto (e denunciato) non me la faccio rifare da questo pentito.

Da Il Fatto Quotidiano, 9 novembre 2013
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Algoritmi che passione!

di Enrico Nardelli | 9 novembre 2013Commenti (48)


Di recente ho apprezzato il libro “La Patria, bene o male” di Massimo Gramellini perché, ricordandomi il percorso del nostro paese nei 150 anni dalla sua unificazione, mi ha fatto riflettere ed ha quindi contribuito al mio arricchimento umano. Prendo spunto da un suo recente “Buongiorno” per alcune riflessioni sul rapporto tra pensiero scientifico e intuizione umana.

In particolare, la sua brillante presa in giro degli algoritmi ha suscitato in me alcune riflessioni. La prima è che usare la facile retorica dello scienziato che scopre l’ovvio e della dipendenza tecnologica usata per controllare l’insicurezza, per poi invocare qualcuno che con “sana follia della passione” faccia piazza pulita dell’arido sapere scientifico che vuole (s)piegare il comportamento umano, non contribuisce all’accrescimento culturale dei lettori.

Ho recentemente criticato proprio l’uso meccanico degli algoritmi per valutare la ricerca, argomentando che gli esseri umani sono “più intelligenti di qualunque sistema di regole e di indicatori costruito con il supporto della tecnologia”. Alcune delle affermazioni dell’articolo di Gramellini sopra citato mi trovano pertanto d’accordo.

Una seconda riflessione è quella riguardante la dicotomia scienza-letteratura: quando il sentimento umano si fa beffe del pensiero scientifico il risultato non è mai produttivo. Penso, invece, che bisogna valicare il ponte tra “le due culture” e capire che il punto di vista scientifico e quello umanistico alla conoscenza sono complementari e non antagonisti.

Se il modo di pensare basato sull’ottocentesca assunzione del primato dell’approccio umano-sociale alla conoscenza del mondo fosse corretto, dovremmo buttar via prima di tutto il cellulare. Infatti, questo funziona perché la gestione delle chiamate avviene proprio con un algoritmo, inventato – tra l’altro – da uno scienziato di origine italiana. Dovremmo poi sbarazzarci di gran parte della tecnologia moderna, nella quale è innestata sempre più profondamente l’informatica, la disciplina che fa dello studio degli algoritmi uno dei suoi pilastri fondamentali.

E, soprattutto, dovremmo rinunciare ad una delle conquiste culturali più importanti che gli algoritmi hanno apportato al XX secolo: verificare che un’intuizione è corretta sembra essere enormemente più facile che trovare l’intuizione stessa. Questo spiega perché certi problemi possono essere risolti dai computer (imbattibili nella verifica) e per molti altri abbiamo bisogno delle persone (eccellenti nell’intuizione).

C’è un grande bisogno di dialogo tra chi conta e chi racconta. Giornalisti e scrittori potrebbero apportare un maggior contributo alla formazione dei lettori confrontandosi di più con chi quotidianamente lavora con gli algoritmi. In questo modo si arriverebbe meglio a comprendere quella tensione che è andata sviluppandosi nella società contemporanea tra visione tecnologica e visione umana e l’assoluta necessità di arrivare ad una loro maggiore integrazione.

Il compito è difficile, la parola chiave è collaborazione.

http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/11 ... ne/772044/
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