IL REFERENDUM COSTITUZIONALE
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Re: IL REFERENDUM COSTITUZIONALE
L’ULTIMA TRUFFA DELL’UE
Dizionario di Italiano
il Sabatini ColettiDizionario della Lingua Italiana
populismo
[po-pu-lì-smo] s.m.
• 1 Atteggiamento o movimento politico tendente a esaltare il ruolo e i valori delle classi popolari
• 2 spreg. Atteggiamento demagogico volto ad assecondare le aspettative del popolo, indipendentemente da ogni valutazione del loro contenuto, della loro opportunità
• 3 Movimento rivoluzionario russo della fine del sec. XIX, che propugnava l'emancipazione delle classi contadine e dei servi della gleba attraverso la realizzazione di una sorta di socialismo rurale
• 4 In ambito artistico, raffigurazione idealizzata del popolo, presentato come modello etico positivo
TRECCANI, LA CULTURA ITALIANA
Vocabolario on line
populismo s. m. [dall’ingl. populism (der. di populist: v. populista), per traduz. del russo narodničestvo]. – 1.Movimento culturale e politico sviluppatosi in Russia tra l’ultimo quarto del sec. 19° e gli inizî del sec. 20°; si proponeva di raggiungere, attraverso l’attività di propaganda e proselitismo svolta dagli intellettuali presso il popolo e con una diretta azione rivoluzionaria (culminata nel 1881 con l’uccisione dello zar Alessandro II), un miglioramento delle condizioni di vita delle classi diseredate, spec. dei contadini e dei servi della gleba, e la realizzazione di una specie di socialismo rurale basato sulla comunità rurale russa, in antitesi alla società industriale occidentale. 2. Per estens., atteggiamento ideologico che, sulla base di principî e programmi genericamente ispirati al socialismo, esalta in modo demagogico e velleitario il popolo come depositario di valori totalmente positivi. Con sign. più recente, e con riferimento al mondo latino-americano, in partic. all’Argentina del tempo di J. D. Perón (v. peronismo), forma di prassi politica, tipica di paesi in via di rapido sviluppo dall’economia agricola a quella industriale, caratterizzata da un rapporto diretto tra un capo carismatico e le masse popolari, con il consenso dei ceti borghesi e capitalistici che possono così più agevolmente controllare e far progredire i processi di industrializzazione. In ambito artistico e letterario, rappresentazione idealizzata del popolo, considerato come modello etico e sociale: il p. nella letteratura italiana del secondo dopoguerra.
Populismo
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
populismo (dall'inglese populism, traduzione del russo народничество narodničestvo)[1] è un atteggiamento culturale e politico che esalta in modo demagogico e velleitario il popolo, sulla base di principi e programmi generalmente ispirati al socialismo[2]. Il populismo può essere sia democratico e costituzionale, sia autoritario. Nella sua varianteconservatrice è spesso detto populismo di destra.
Storia[modifica | modifica wikitesto]
Prende il nome dall'omonimo movimento sviluppatosi in Russia tra la fine dell'Ottocento e l'inizio del Novecento che proponeva un miglioramento delle condizioni di vita delleclassi contadine e dei servi della gleba, attraverso la realizzazione di un socialismo basato sulla comunità rurale russa, in antitesi alla società industriale occidentale.
Un Partito del Popolo (Populist o People's party) venne fondato nel 1891 anche negli Stati Uniti da gruppi di operai e agricoltori che si battevano per la libera coniazionedell'argento, la nazionalizzazione dei mezzi di comunicazione, la limitazione nell'emissione di azioni, l'introduzione di tasse di successione adeguate e l'elezione di presidente, vicepresidente e senatori con un voto popolare diretto; sciolto dopo le elezioni presidenziali del 1908.[3]
Il termine è stato riferito alla prassi politica di Juan Domingo Perón (vedi la voce peronismo e la sua recente variante di sinistra, il kirchnerismo), al bolivarismo e al chavismo, in quanto spesso fanno riferimento alle consultazioni popolari e ai plebisciti, perché il popolo decida direttamente nei limiti della Costituzione. Il movimento precursore di questa idea di democrazia può essere indicato e riconosciuto nel bonapartismo (Napoleone I e Napoleone III, in accezione cesaristica) e nella rivoluzione francese, specialmente nelle fazioni che si rifacevano alle idee politiche del filosofo Jean-Jacques Rousseau, come i giacobini.[4]
In Italia è stato spesso usato con accezione negativa, nei confronti del fascismo o del berlusconismo, e di vari movimenti leaderistici, spesso affini alla destra, il che giustificava in passato la netta presa di distanze dei partiti di massa verso la “democrazia del pubblico”[5].
Quando queste ipotesi di partecipazione e di comunicazione, che fuoriescono dalla tradizionale via del partito ideologico, si sono affermate anche nel centro-sinistra (come l'Italia dei Valori di Antonio Di Pietro), questi gruppi hanno spesso rifiutato l'etichetta[6] ovvero hanno rivendicato una sua accezione del termine in senso positivo, come "vicinanza al popolo e ai suoi valori": essa è stata ad esempio rivendicata da Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio per il Movimento 5 Stelle.[7][8]
Gli sviluppi politici europei del secondo decennio del XXI secolo[9] vengono spesso censiti sotto questa categoria[10].
Dizionario di Italiano
il Sabatini ColettiDizionario della Lingua Italiana
populismo
[po-pu-lì-smo] s.m.
• 1 Atteggiamento o movimento politico tendente a esaltare il ruolo e i valori delle classi popolari
• 2 spreg. Atteggiamento demagogico volto ad assecondare le aspettative del popolo, indipendentemente da ogni valutazione del loro contenuto, della loro opportunità
• 3 Movimento rivoluzionario russo della fine del sec. XIX, che propugnava l'emancipazione delle classi contadine e dei servi della gleba attraverso la realizzazione di una sorta di socialismo rurale
• 4 In ambito artistico, raffigurazione idealizzata del popolo, presentato come modello etico positivo
TRECCANI, LA CULTURA ITALIANA
Vocabolario on line
populismo s. m. [dall’ingl. populism (der. di populist: v. populista), per traduz. del russo narodničestvo]. – 1.Movimento culturale e politico sviluppatosi in Russia tra l’ultimo quarto del sec. 19° e gli inizî del sec. 20°; si proponeva di raggiungere, attraverso l’attività di propaganda e proselitismo svolta dagli intellettuali presso il popolo e con una diretta azione rivoluzionaria (culminata nel 1881 con l’uccisione dello zar Alessandro II), un miglioramento delle condizioni di vita delle classi diseredate, spec. dei contadini e dei servi della gleba, e la realizzazione di una specie di socialismo rurale basato sulla comunità rurale russa, in antitesi alla società industriale occidentale. 2. Per estens., atteggiamento ideologico che, sulla base di principî e programmi genericamente ispirati al socialismo, esalta in modo demagogico e velleitario il popolo come depositario di valori totalmente positivi. Con sign. più recente, e con riferimento al mondo latino-americano, in partic. all’Argentina del tempo di J. D. Perón (v. peronismo), forma di prassi politica, tipica di paesi in via di rapido sviluppo dall’economia agricola a quella industriale, caratterizzata da un rapporto diretto tra un capo carismatico e le masse popolari, con il consenso dei ceti borghesi e capitalistici che possono così più agevolmente controllare e far progredire i processi di industrializzazione. In ambito artistico e letterario, rappresentazione idealizzata del popolo, considerato come modello etico e sociale: il p. nella letteratura italiana del secondo dopoguerra.
Populismo
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
populismo (dall'inglese populism, traduzione del russo народничество narodničestvo)[1] è un atteggiamento culturale e politico che esalta in modo demagogico e velleitario il popolo, sulla base di principi e programmi generalmente ispirati al socialismo[2]. Il populismo può essere sia democratico e costituzionale, sia autoritario. Nella sua varianteconservatrice è spesso detto populismo di destra.
Storia[modifica | modifica wikitesto]
Prende il nome dall'omonimo movimento sviluppatosi in Russia tra la fine dell'Ottocento e l'inizio del Novecento che proponeva un miglioramento delle condizioni di vita delleclassi contadine e dei servi della gleba, attraverso la realizzazione di un socialismo basato sulla comunità rurale russa, in antitesi alla società industriale occidentale.
Un Partito del Popolo (Populist o People's party) venne fondato nel 1891 anche negli Stati Uniti da gruppi di operai e agricoltori che si battevano per la libera coniazionedell'argento, la nazionalizzazione dei mezzi di comunicazione, la limitazione nell'emissione di azioni, l'introduzione di tasse di successione adeguate e l'elezione di presidente, vicepresidente e senatori con un voto popolare diretto; sciolto dopo le elezioni presidenziali del 1908.[3]
Il termine è stato riferito alla prassi politica di Juan Domingo Perón (vedi la voce peronismo e la sua recente variante di sinistra, il kirchnerismo), al bolivarismo e al chavismo, in quanto spesso fanno riferimento alle consultazioni popolari e ai plebisciti, perché il popolo decida direttamente nei limiti della Costituzione. Il movimento precursore di questa idea di democrazia può essere indicato e riconosciuto nel bonapartismo (Napoleone I e Napoleone III, in accezione cesaristica) e nella rivoluzione francese, specialmente nelle fazioni che si rifacevano alle idee politiche del filosofo Jean-Jacques Rousseau, come i giacobini.[4]
In Italia è stato spesso usato con accezione negativa, nei confronti del fascismo o del berlusconismo, e di vari movimenti leaderistici, spesso affini alla destra, il che giustificava in passato la netta presa di distanze dei partiti di massa verso la “democrazia del pubblico”[5].
Quando queste ipotesi di partecipazione e di comunicazione, che fuoriescono dalla tradizionale via del partito ideologico, si sono affermate anche nel centro-sinistra (come l'Italia dei Valori di Antonio Di Pietro), questi gruppi hanno spesso rifiutato l'etichetta[6] ovvero hanno rivendicato una sua accezione del termine in senso positivo, come "vicinanza al popolo e ai suoi valori": essa è stata ad esempio rivendicata da Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio per il Movimento 5 Stelle.[7][8]
Gli sviluppi politici europei del secondo decennio del XXI secolo[9] vengono spesso censiti sotto questa categoria[10].
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Re: IL REFERENDUM COSTITUZIONALE
L’ULTIMA TRUFFA DELL’UE
Al termine del capitolo:
Ci servono urgentemente occhiali nuovi, del libro IL MISTERO DELLA SITUAZIONE INTERNAZIONALE, Fausto Carotenuto scrive:
Parlare dell’argomento di questo libro non è per niente facile.
La descrizione swlla situazione internazionale è di per sé l’analisi di un quadro che si presenta fosco, che suscita timori e ansie , odio, pensieri e sentimenti negativi, e questo non avviene casualmente.
In questo libro cercheremo allora di evidenziare un dato di fatto molto importante e in genere passato sotto silenzio: quello che sta avvenendo nella nostra epoca è
UN’ACCELERAZIONE FORTEMENTE POSITIVA
di grande importanza per l’umanità.
LE FORZE LUMINOSE che operano nell’interiorità umana sono ALL’OFFENSIVA. Mentre le FORZE NEGATIVE sono in situazione di EMERGENZA.
No, non sono matto (Capitolo successivo)
No, non sono uscito fuori di senno per dire una cosa del genere.
Il fattto è che questa realtà enormemente positiva ci viene accuratamente nascosta con un fragoroso, accecante spettacolo virtuale organizzato per noi da quelle forze che stanno perdendo terreno.
E, come se non bastasse, agli spettatori ignari vengono anche serviti con abbondanza allucinogeni e narcotici di tutti i tipi.
CONTINUA
Al termine del capitolo:
Ci servono urgentemente occhiali nuovi, del libro IL MISTERO DELLA SITUAZIONE INTERNAZIONALE, Fausto Carotenuto scrive:
Parlare dell’argomento di questo libro non è per niente facile.
La descrizione swlla situazione internazionale è di per sé l’analisi di un quadro che si presenta fosco, che suscita timori e ansie , odio, pensieri e sentimenti negativi, e questo non avviene casualmente.
In questo libro cercheremo allora di evidenziare un dato di fatto molto importante e in genere passato sotto silenzio: quello che sta avvenendo nella nostra epoca è
UN’ACCELERAZIONE FORTEMENTE POSITIVA
di grande importanza per l’umanità.
LE FORZE LUMINOSE che operano nell’interiorità umana sono ALL’OFFENSIVA. Mentre le FORZE NEGATIVE sono in situazione di EMERGENZA.
No, non sono matto (Capitolo successivo)
No, non sono uscito fuori di senno per dire una cosa del genere.
Il fattto è che questa realtà enormemente positiva ci viene accuratamente nascosta con un fragoroso, accecante spettacolo virtuale organizzato per noi da quelle forze che stanno perdendo terreno.
E, come se non bastasse, agli spettatori ignari vengono anche serviti con abbondanza allucinogeni e narcotici di tutti i tipi.
CONTINUA
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Re: IL REFERENDUM COSTITUZIONALE
Flessibilità, l'Ue adesso apre: "Ok per migranti e terremoto"
Flessibilità per i migranti e il terremoto. L'Ue con il Commissario agli Affari Economici, Moscovici, apre uno spiraglio per l'Italia
Luca Romano - Gio, 06/10/2016 - 18:35
commenta
Flessibilità per i migranti e il terremoto. L'Ue apre uno spiraglio per l'Italia. Pierre Moscovici, Commissario Ue agli Affari economici, è intervenuto all'Atlantic Council a margine dei lavori del Fmi, spiegando che Bruxelles valuterà la flessibilità per le "spese per la crisi dei rifugiati, o un terremoto, o per un paese che soffre attacchi terroristici.
Si tratta di flessibilità precise, limitate e chiaramente spiegate". Di fatto la posizione di Moscovici non è la stessa di Juncker che solo qualche giorno fa aveva ricordato al premier Matteo Renzi di rinunciare a richieste di flessibilità perché "nel Patto di stabilità, che non deve essere un patto di flessibilità, abbiamo già introdotto molti elementi di flessibilità combattendo contro chi sapete" e senza i quali elementi "l'Italia quest'anno avrebbe potuto spendere 19 miliardi di meno". Moscovici adesso cambia rotta rispetto a quella tracciata da Juncker: "Abbiamo detto chiaramente cosa è la flessbilità nel gennaio 2015 - ha spiegato Moscovici -. Dobbiamo incoraggiare i paesi che creano molti investimenti, lo abbiamo fatto con l'Italia. Aiutare i paesi che portano avanti riforme strutturali affinchè possano avere più tempo, lo abbiamo fatto con l'Italia. Abbiamo detto che saremmo pronti a considerare spese per la crisi di rifugiati o un terremoto o un Paese che soffre attacchi terroristici come il Belgio. Si tratta di flessibilità precise, limitate e chiaramente spiegate. In generale un Paese deve rispettare i criteri e ridurre il debito, è il principale problema di Italia e Belgio". Adesso bisogna capire in quali termini il governo userà questa "flessibilità" all'interno del Def da presentare a Bruxelles. Ma dall'europa arriva anche un'altra "carezza" per il premier: "In Italia c'è una minaccia populista, per questo sosteniamo gli sforzi di Renzi affinchè sia un partner forte nella Ue".
Flessibilità per i migranti e il terremoto. L'Ue con il Commissario agli Affari Economici, Moscovici, apre uno spiraglio per l'Italia
Luca Romano - Gio, 06/10/2016 - 18:35
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Flessibilità per i migranti e il terremoto. L'Ue apre uno spiraglio per l'Italia. Pierre Moscovici, Commissario Ue agli Affari economici, è intervenuto all'Atlantic Council a margine dei lavori del Fmi, spiegando che Bruxelles valuterà la flessibilità per le "spese per la crisi dei rifugiati, o un terremoto, o per un paese che soffre attacchi terroristici.
Si tratta di flessibilità precise, limitate e chiaramente spiegate". Di fatto la posizione di Moscovici non è la stessa di Juncker che solo qualche giorno fa aveva ricordato al premier Matteo Renzi di rinunciare a richieste di flessibilità perché "nel Patto di stabilità, che non deve essere un patto di flessibilità, abbiamo già introdotto molti elementi di flessibilità combattendo contro chi sapete" e senza i quali elementi "l'Italia quest'anno avrebbe potuto spendere 19 miliardi di meno". Moscovici adesso cambia rotta rispetto a quella tracciata da Juncker: "Abbiamo detto chiaramente cosa è la flessbilità nel gennaio 2015 - ha spiegato Moscovici -. Dobbiamo incoraggiare i paesi che creano molti investimenti, lo abbiamo fatto con l'Italia. Aiutare i paesi che portano avanti riforme strutturali affinchè possano avere più tempo, lo abbiamo fatto con l'Italia. Abbiamo detto che saremmo pronti a considerare spese per la crisi di rifugiati o un terremoto o un Paese che soffre attacchi terroristici come il Belgio. Si tratta di flessibilità precise, limitate e chiaramente spiegate. In generale un Paese deve rispettare i criteri e ridurre il debito, è il principale problema di Italia e Belgio". Adesso bisogna capire in quali termini il governo userà questa "flessibilità" all'interno del Def da presentare a Bruxelles. Ma dall'europa arriva anche un'altra "carezza" per il premier: "In Italia c'è una minaccia populista, per questo sosteniamo gli sforzi di Renzi affinchè sia un partner forte nella Ue".
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Re: IL REFERENDUM COSTITUZIONALE
CONTINUAcamillobenso ha scritto:L’ULTIMA TRUFFA DELL’UE
Al termine del capitolo:
Ci servono urgentemente occhiali nuovi, del libro IL MISTERO DELLA SITUAZIONE INTERNAZIONALE, Fausto Carotenuto scrive:
Parlare dell’argomento di questo libro non è per niente facile.
La descrizione swlla situazione internazionale è di per sé l’analisi di un quadro che si presenta fosco, che suscita timori e ansie , odio, pensieri e sentimenti negativi, e questo non avviene casualmente.
In questo libro cercheremo allora di evidenziare un dato di fatto molto importante e in genere passato sotto silenzio: quello che sta avvenendo nella nostra epoca è
UN’ACCELERAZIONE FORTEMENTE POSITIVA
di grande importanza per l’umanità.
LE FORZE LUMINOSE che operano nell’interiorità umana sono ALL’OFFENSIVA. Mentre le FORZE NEGATIVE sono in situazione di EMERGENZA.
No, non sono matto (Capitolo successivo)
No, non sono uscito fuori di senno per dire una cosa del genere.
Il fattto è che questa realtà enormemente positiva ci viene accuratamente nascosta con un fragoroso, accecante spettacolo virtuale organizzato per noi da quelle forze che stanno perdendo terreno.
E, come se non bastasse, agli spettatori ignari vengono anche serviti con abbondanza allucinogeni e narcotici di tutti i tipi.
CONTINUA
Cercheremo di raccontare la sceneggiatura di questa grande manipolazione, di rivelarne gli attori consci e inconsci, gli obiettivi, i mezzi, i trucchi, le trappole, le strategie.
Ma soprattutto di evidenziare quello che di fortemente positivo sta succedendo ovunque nell’umanità e di descrivere le potenti e segrete “armi bianche “ che abbiamo a disposizione.
Armo che non servono per “combattere” le forze negative, ma per fare qualcosa di molto meglio: cominciare a trasformare coscientemente il negativo in positivo, le azioni del Male in preziose opportunità del Bene.
Certo, non è possibile conoscere e descrivere tutte le situazioni complesse e variegate di cui è fatta la situazione internazionale.
E nemmeno è necessario, ma proveremo quanto meno a tracciare un quadro di riferimento, con alcuni esempi significativi, che possa essere utile per decifrare il senso dei drammatici eventi della nostra epoca.
E per riflettere sulla cosa più importante:
su quello che siamo venuti a fare qui,
esattamente nel posto dove ognuno di noi è ora,
proprio in questi anni terribili e meravigliosi.
E per cominciare a farlo, una buona volta.
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Re: IL REFERENDUM COSTITUZIONALE
Referendum, il politologo Pasquino: “Renzi ha rifiutato dibattito con me a RadioRai e mio invito è stato cancellato”
Referendum Costituzionale
Il professore era stato chiamato per un confronto sul tema della riforma a Radioanch'io, ma poche ore prima è stato informato che il presidente del Consiglio non voleva il confronto: "Da premier può decidere se e con chi dibattere. Ma nel momento in cui ritiene di essere il dominus di queste riforme, allora dovrebbe dibattere"
di David Marceddu | 7 ottobre 2016
COMMENTI (1023)
“Giovedì 6 ottobre alle 17 la Rai m’invita a RadioAnch’io con Matteo Renzi. Alle 19.40 la Rai stessa mi comunica che il presidente del Consiglio non vuole fare il dibattito”. A raccontare i fatti è lo stesso Gianfranco Pasquino, politologo di fama mondiale e senatore per tre legislature tra le fila della sinistra indipendente. Non solo quindi la fatwa contro La7 (con l’ordine ai renziani di boicottare i programmi della rete). Questa mattina come da (nuovo) programma il premier ha parlato da solo in trasmissione, criticando tra l’altro “il clima da caccia all’uomo mediatica contro chi la pensa diversamente dal No”. Peccato che proprio premier, secondo quanto riferito dal professore, non ha voluto il contraddittorio. Pasquino a ilfattoquotidiano.it ha detto: “Se avessi potuto parlare gli avrei fatto notare alcune contraddizioni della sua Riforma”. Schierato per il No al referendum costituzionale del prossimo 4 dicembre, da mesi il professore fa dibattiti in tutta Italia (“Un’ottantina per ora lungo tutto il Paese, da Sciacca ad Alessandria”) per combattere una riforma che, a parere suo, non porterà alcun miglioramento nella vita dei cittadini.
Che cosa avrebbe chiesto al presidente del consiglio se avesse potuto partecipare al dibattito radiofonico?
Gli avrei fatto notare alcune contraddizioni della sua Riforma. Per esempio gli avrei chiesto che cosa ci fanno in un Senato delle Regioni 5 senatori nominati per sette anni dal presidente della Repubblica? Gli avrei fatto notare che il parlamento italiano finora ha fatto più leggi e in tempi più brevi del bicameralismo tedesco o francese o inglese.
È stato chiamato qualcuno a sostituirla alla trasmissione?
No, c’è stata mezzora di scambio con il conduttore, che peraltro ha fatto delle ottime domande. La mia critica non è al conduttore, ma a chi ha accettato l’imposizione del presidente del Consiglio.
Crede che Renzi abbia evitato di averla in trasmissione perché è in difficoltà?
Premetto che Renzi da premier può decidere se e con chi dibattere. Obama non va mica ai dibattiti alla Cnn. Ma nel momento in cui il nostro presidente ritiene di essere il dominus di queste riforme, allora dovrebbe dibattere. Detto questo, non so quanto sia in difficoltà. Durante i dibattiti qualche volta sembra che non capisca le obiezioni e quindi va avanti dicendo le solite cose facilmente contestabili: “Ce lo chiede l’Europa”, “È da 30 anni che aspettiamo”, “Bisogna velocizzare”. Ma raramente queste cose gli vengono contestate. Lui va avanti, interrompe, prosegue oltre i tempi: ha adottato una tattica che conosciamo perfettamente. Nei dibattiti c’è sempre un prevaricatore. Lui è un prevaricatore, che però ha la carica di presidente del consiglio”.
Non capisce le obiezioni?
Credo che qualche volta vada avanti perché non voglia rispondere, qualche volta invece non sa. Sul merito è debole. Per esempio alla domanda del referendum: Volete voi il superamento del bicameralismo paritario, la risposta può essere sì. Ma la domanda vera è se questo superamento, contenuto nella riforma Renzi, sia il migliore possibile? E la risposta è no”
Quando parla di “prevaricatore” si riferisce al dibattito televisivo con Gustavo Zagrebelsky?
Quel dibattito ha dimostrato che Renzi controlla meglio le sue espressioni in tv perché più irruento. Zagrebelsky cercava di ragionare più a fondo e forse avrebbe potuto farsi insegnare qualche cosa su come si sta in tv. La sostanza può essere travolta dall’irruenza.
Gli italiani come risponderanno a questa irruenza? Come andrà il referendum?
Dovunque io vada c’è grande interesse a cercare di capire. La riforma ha indubitabilmente degli elementi di complessità e già questo contraddice il fatto che questa riforma sia quella della semplificazione. Questa riforma non semplifica ma complessifica. Molti italiani decideranno nell’ultima settimana prima del voto e forse anche la mattina stessa. E le informazioni le riceveranno dai loro genitori, dai loro amici e dai loro figli, o dai loro colleghi di lavoro. L’umore collettivo si costruisce attraverso rapporti tra persone.
Che disegno ci vede dietro questa riforma costituzionale?
Non credo che ci sia un disegno: queste sono riforme occasionali, contingenti. Nella riforma berlusconiana del 2005 il disegno era chiaro: rafforzare il capo del governo e dare contemporaneamente più potere alle regioni. Qui in questa riforma non c’è invece alcun disegno: il Senato non c’entra niente con il Cnel. Il Senato non c’entra nulla con i referendum. Il Senato c’entra molto poco con la trasformazione del titolo V. Sono 4 riforme episodiche che stanno insieme finché ci sarà l’Italicum”.
Le piace questa legge elettorale?
Salverei solo il ballottaggio, per il resto la definirei un ‘porcellinum’. Tra l’altro se Renzi continua a dire che questa legge elettorale è ottima, ma è disposto a cambiarla, qualcuno gli vada a dire che questa è una contraddizione. Perché se secondo lui è ottima la dovrebbe difendere sino all’ultimo”.
RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO UNA NOTA DELLA RAI
Nessun diktat, nessuna imposizione da palazzo Chigi. Radio Anch’io ieri ha valutato diversi format per l’intervista al Presidente del Consiglio. Poi, intorno alle 19.00 ha deciso di adottare per par condicio lo stesso modulo dell’intervista della mattina precedente con Massimo D’Alema, intervista alla quale non hanno partecipato né costituzionalisti né politici, ma solo il conduttore, con le domande degli ascoltatori e una domanda di una giornalista. Sono stati quindi richiamati gli ospiti precedentemente contattati – sostenitori del si e del no, come il prof. Pasquino – e si è loro comunicato che la mattina dopo non sarebbero intervenuti per il confronto con il premier. Lo stesso prof. Pasquino nell’intervista al Fatto quotidiano, riconosce per altro che le domande del conduttore sono state ‘ottime’ e in ultima analisi ci sembra questa la sostanza, ciò che conta in una trasmissione giornalistica. Ci dispiace che l’intento di assicurare parità di condizioni alle tesi del si ed a quelle del no si sia trasformato nell’ennesima polemica. Forse avremmo dovuto argomentare meglio la nostra scelta al prof. Pasquino, ma l’insigne costituzionalista è stato più volte ospite delle trasmissioni di Radio1 e sa bene che ogni critica ci si può muovere tranne quella di non rappresentare la pluralità delle posizioni. Come dimostrano due interviste, ampiamente riprese dai media, a D’Alema ed a Renzi nel giro di 24 ore.
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Re: IL REFERENDUM COSTITUZIONALE
C'E' CHI DICE NO Gli studenti Ieri proteste in più di cinquanta piazze d’Italia contro i tagli all‘istruzione e il referendum: “Siamo stanchi di imposizioni e ingerenze”
In migliaia per dire No
“Adesso decidiamo noi”
Decidiamo NOi”: ottobre, si
sa, è tempo di manifestazioni.
Studenti delle scuole superiori
e, soprattutto, universitari.
Come ogni anno,
dice qualcuno. Contro il sistema
qualunque sia, dicono
altri. Contro la Buona Scuola,
i tagli all’istruzione e a richiesta
di una legge nazionale
sul diritto allo studio diceva
ieri anche il sindaco di Napoli
Luigi De Magistris che,
durante i cortei, ha incontrato
una delegazione di studenti.
Le oltre cinquanta piazze
italiane in cui si è manifestato
hanno accolto 100mila
studenti. Pioggia e lacrimogeni.
Scontri con la polizia in
alcuni casi (ma sempre provocate
da piccoli gruppi ribelli,
staccati dal movimento
principale). E migliaia di
manifesti con uno slogan comune:
il No. A Renzi, alle politiche
del governo su ricerca
e istruzione. E quindi, anche
al referendum costituzionale.
Tra gli studenti che
protestano, insomma, l’e ffetto
della personalizzazione
del premier sul referendum
di dicembre è tangibile.
DALLE FINESTRE dei palazzi
di Roma e lungo gli argini del
Tevere, viene calato un lungo
striscione: “Tagli al diritto
allo studio e alla democrazia:
ma anche No”. Di fronte al
ministero dell’Istr uzione,
decine di studenti reggono
un altro cartello: “Una generazione
che dice No”. A Bari
e a Lecce stanno in piedi sotto
la pioggia, capelli bagnati e
Renzi in ogni parola, in ogni
slogan. A Torino, in testa al
corteo, la richiesta è “Pren -
diamoci ciò che ci spetta” . A
Palermo, dove a protestare
erano almeno 4mila, “Ca cciare
Renziӏ la frase regina.
A Benvento e a Bologna, “De -
cidiamo NOi” è su ogni volantino
diffuso dai comitati,
Link e Unione degli Studenti
in testa.
“La giornata di oggi rappresenta
un segnale importante
al premier – spiega
Martina Carpani, coordinatrice
della Rete della Conoscenza
- che solo negli ultimi
giorni aveva espresso la volontà
di ‘riprendersi le scuole’
tramite i giovani del partito.
Le piazze di oggi dimostrano
che le scuole e le università
del nostro paese sanno
molto bene da che parte
stare, esprimendo un rifiuto
generalizzato delle politiche
del Partito Democratico così
come di una riforma costituzionale
autoritaria
Poi, la chiamata ad unirsi
insieme in piazza, l’appello a
tutte le forze sociali che stanno
organizzando la campagna
per il No, per organizzare
una giornata di mobilitazione
popolare proprio nella
data indicata dai comitati per
il 29 ottobre, giorno in cui
Renzi ha chiamato il fronte
del Sì a un momento pubblico
a Roma. “Se il premier
continua ad animare passerelle
e palchi, noi saremo ovunque
a costruire questo rifiuto
di massa verso le sue politiche
e la sua riforma”, dicono
gli studenti.
VDS
© RIPRODUZIONE RISERVATA
In migliaia per dire No
“Adesso decidiamo noi”
Decidiamo NOi”: ottobre, si
sa, è tempo di manifestazioni.
Studenti delle scuole superiori
e, soprattutto, universitari.
Come ogni anno,
dice qualcuno. Contro il sistema
qualunque sia, dicono
altri. Contro la Buona Scuola,
i tagli all’istruzione e a richiesta
di una legge nazionale
sul diritto allo studio diceva
ieri anche il sindaco di Napoli
Luigi De Magistris che,
durante i cortei, ha incontrato
una delegazione di studenti.
Le oltre cinquanta piazze
italiane in cui si è manifestato
hanno accolto 100mila
studenti. Pioggia e lacrimogeni.
Scontri con la polizia in
alcuni casi (ma sempre provocate
da piccoli gruppi ribelli,
staccati dal movimento
principale). E migliaia di
manifesti con uno slogan comune:
il No. A Renzi, alle politiche
del governo su ricerca
e istruzione. E quindi, anche
al referendum costituzionale.
Tra gli studenti che
protestano, insomma, l’e ffetto
della personalizzazione
del premier sul referendum
di dicembre è tangibile.
DALLE FINESTRE dei palazzi
di Roma e lungo gli argini del
Tevere, viene calato un lungo
striscione: “Tagli al diritto
allo studio e alla democrazia:
ma anche No”. Di fronte al
ministero dell’Istr uzione,
decine di studenti reggono
un altro cartello: “Una generazione
che dice No”. A Bari
e a Lecce stanno in piedi sotto
la pioggia, capelli bagnati e
Renzi in ogni parola, in ogni
slogan. A Torino, in testa al
corteo, la richiesta è “Pren -
diamoci ciò che ci spetta” . A
Palermo, dove a protestare
erano almeno 4mila, “Ca cciare
Renziӏ la frase regina.
A Benvento e a Bologna, “De -
cidiamo NOi” è su ogni volantino
diffuso dai comitati,
Link e Unione degli Studenti
in testa.
“La giornata di oggi rappresenta
un segnale importante
al premier – spiega
Martina Carpani, coordinatrice
della Rete della Conoscenza
- che solo negli ultimi
giorni aveva espresso la volontà
di ‘riprendersi le scuole’
tramite i giovani del partito.
Le piazze di oggi dimostrano
che le scuole e le università
del nostro paese sanno
molto bene da che parte
stare, esprimendo un rifiuto
generalizzato delle politiche
del Partito Democratico così
come di una riforma costituzionale
autoritaria
Poi, la chiamata ad unirsi
insieme in piazza, l’appello a
tutte le forze sociali che stanno
organizzando la campagna
per il No, per organizzare
una giornata di mobilitazione
popolare proprio nella
data indicata dai comitati per
il 29 ottobre, giorno in cui
Renzi ha chiamato il fronte
del Sì a un momento pubblico
a Roma. “Se il premier
continua ad animare passerelle
e palchi, noi saremo ovunque
a costruire questo rifiuto
di massa verso le sue politiche
e la sua riforma”, dicono
gli studenti.
VDS
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Re: IL REFERENDUM COSTITUZIONALE
SCALFARI, UNA STRANA
IDEA DI DEMOCRAZIA
di ANTONIO ESPOSITO
Eugenio Scalfari, nel suo
editoriale su la Repubblicadi
domenica scorsa
dal titolo “Zagrebelsky è
un amico ma il match
con Renzi l’ha perduto”, sostiene
due tesi: la prima è che il dibattito
su La7 tra Renzi e Zagrebelsky sulla
riforma costituzionale si è concluso
con un 2-0 per di Renzi; la seconda
è che Zagrebelsky ritiene
erroneamente che la “politica renziana
tende all’o li g ar c hi a” e che
l’errore è dovuto al fatto che il costituzionalista
“forse non sa bene
che cosa significhi oligarchia”.
Entrambe le tesi sono profondamente
errate.
Quanto alla prima, è vero esattamente
il contrario: alla competenza
con cui il Presidente emerito
della Consulta ha spiegato e dimostrato,
con tono pacato e dialogante
e con ineccepibili argomentazioni,
i gravi errori della legge di riforma
e i pericoli che corre la democrazia
parlamentare ove la legge
venisse approvata
con il referendum, si è
contrapposta la “spoc -
chia”, l’arroganza e
l ’ i m p r o v v i s a z i o n e
dell’istrione Renzi che
ha eluso le domande,
ha fatto la solita demogagia
sui costi della politica,
ha cercato –(egli
che è il campione del
trasformismo) –di trovare
inesistenti contraddizioni
nei ragionamenti
lineari e coerenti
dell’altro, lo ha irriso
ripetendo beffardamente
“io ho studiato
sui suoi libri”, sicché
quanto mai appropriato
è l’invito a lui rivolto
su questo giornale da Antonio Padellaro
nell’articolo di domenica
scorsa “La ‘coglionella’ del mellifluo
rottamatore costituzionale”:
“Se davvero qualcosa ha letto (e
imparato) da Zagrebelsky cominci
a esibire il suo libretto universitario
e ci dia la possibilità di consultare
la sua tesi di laurea. Con rispetto
parlando”.
QUANTO alla seconda tesi, Scalfari
ci ha impartito una lezione su “che
cosa significhi oligarchia”. È partito
da Platone per passare a Pericle,
alle Repubbliche Marinare e ai
Comuni per arrivare nel “passato
p ro s s im o ” alla Dc e al Pci fino a
concludere che “oligarchia e democrazia
sono la stessa cosa”e che
“Renzi non è oligarchico, magari lo
fosse ma ancora non lo è. Sta ancora
nel cerchio magico dei suoi più
stretti collaboratori. Credo e spero
che alla fine senta la necessità di avere
intorno a sé una classe dirigente
che discute e a volte contrasti
le sue decisioni e poi cercare la necessaria
unità d’azione. Ci vuole
appunto una oligarchia”.
Per anni è stato insegnato che
l’oligarchia –e, cioè, “il comando di
pochi”(“olìgoi”e“arché”), quel tipo
di governo i cui poteri sono accentrati
nelle mani di pochi – è
qualcosa di molto diverso dalla democrazia,
il “governo del popolo”
(“dèmos” e “Kràtos”) che si esercita,
negli Stati moderni, attraverso
la rappresentanza parlamentare.
Dall’Antichità al Medioevo, l’oligarchia
è stata considerata dal
pensiero politico (in primis Aristotele)
una forma di governo “catti -
va”. Parimenti, nell’età moderna e
contemporanea si è rafforzata la
tesi che un governo di pochi è un
“cattivo” governo. Il sistema oligarchico
è in antitesi a
quello democratico.
Orbene, non vi è
dubbio che nel nostro
Paese il Parlamento sia
stato, di fatto, esautorato
dall’esecutivo che
– legato a ben individuati
“poteri forti” che
hanno chiesto ed ottenuto
norme riduttive
dei diritti dei lavoratori
–ha esteso sempre più
la sua sfera di influenza
sulla informazione, sui
vertici della Pa, delle
forze di sicurezza, e
delle aziende pubbliche
e pone sistematicamente
in atto una campagna,
da un lato, di disinformazione
e, dall’altro, di propaganda
ingannevole.
Il Fatto Quotidiano, nel febbraio
di quest’anno (“Le Ragioni del no”,
9/2), denunciò che la riforma costituzionale
e la nuova legge elettorale
–le quali, nel loro perverso,
inestricabile intreccio, riducono il
ruolo dei contrappesi, azzerano la
rappresentatività del Senato, sottraggono
poteri alle Regioni, consentono
ad una minoranza di elettori
di conquistare la maggioranza
della Camera, unica rilevante (anche
per la fiducia al Governo) di
fronte ad un Senato delegittimato e
composto della peggiore classe politica
oggi esistente – a vr eb be ro
contribuito a portare a compimento
un disegno autoritario diretto a
concentrare tutto il potere nelle
mani dell’esecutivo e, segnatamente,
nel capo del Governo, (che
da tempo è anche segretario del
partito di maggioranza, e la doppia
carica preoccupa), e di un gruppo
di oligarchi da lui designati. Basti
pensare a quei personaggi, ben noti,
che lo stesso Scalfari inserisce
nel c.d. “cerchio magico”di Renzi e
che però, definisce, eufemisticamente,
“i suoi più stretti collaboratori”.
Questo spiega la impropria discesa
in campo degli oligarchi e del
loro capo –(che si sarebbero dovuti
astenere dal partecipare alla campagna
referendaria) –ed il loro attivismo,
(anche all’estero), ogni
giorno sempre più frenetico, ossessivo,
invasivo con la promessa –
da veri imbonitori – di stabilità e
benessere se vincerà il SÌ e con il
prospettare catastrofi e caos nel
caso opposto.
Solo votando NO sarà possibile
evitare la deriva autoritaria.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Da il Fatto Quotidiano - 8 ottobre 2016
IDEA DI DEMOCRAZIA
di ANTONIO ESPOSITO
Eugenio Scalfari, nel suo
editoriale su la Repubblicadi
domenica scorsa
dal titolo “Zagrebelsky è
un amico ma il match
con Renzi l’ha perduto”, sostiene
due tesi: la prima è che il dibattito
su La7 tra Renzi e Zagrebelsky sulla
riforma costituzionale si è concluso
con un 2-0 per di Renzi; la seconda
è che Zagrebelsky ritiene
erroneamente che la “politica renziana
tende all’o li g ar c hi a” e che
l’errore è dovuto al fatto che il costituzionalista
“forse non sa bene
che cosa significhi oligarchia”.
Entrambe le tesi sono profondamente
errate.
Quanto alla prima, è vero esattamente
il contrario: alla competenza
con cui il Presidente emerito
della Consulta ha spiegato e dimostrato,
con tono pacato e dialogante
e con ineccepibili argomentazioni,
i gravi errori della legge di riforma
e i pericoli che corre la democrazia
parlamentare ove la legge
venisse approvata
con il referendum, si è
contrapposta la “spoc -
chia”, l’arroganza e
l ’ i m p r o v v i s a z i o n e
dell’istrione Renzi che
ha eluso le domande,
ha fatto la solita demogagia
sui costi della politica,
ha cercato –(egli
che è il campione del
trasformismo) –di trovare
inesistenti contraddizioni
nei ragionamenti
lineari e coerenti
dell’altro, lo ha irriso
ripetendo beffardamente
“io ho studiato
sui suoi libri”, sicché
quanto mai appropriato
è l’invito a lui rivolto
su questo giornale da Antonio Padellaro
nell’articolo di domenica
scorsa “La ‘coglionella’ del mellifluo
rottamatore costituzionale”:
“Se davvero qualcosa ha letto (e
imparato) da Zagrebelsky cominci
a esibire il suo libretto universitario
e ci dia la possibilità di consultare
la sua tesi di laurea. Con rispetto
parlando”.
QUANTO alla seconda tesi, Scalfari
ci ha impartito una lezione su “che
cosa significhi oligarchia”. È partito
da Platone per passare a Pericle,
alle Repubbliche Marinare e ai
Comuni per arrivare nel “passato
p ro s s im o ” alla Dc e al Pci fino a
concludere che “oligarchia e democrazia
sono la stessa cosa”e che
“Renzi non è oligarchico, magari lo
fosse ma ancora non lo è. Sta ancora
nel cerchio magico dei suoi più
stretti collaboratori. Credo e spero
che alla fine senta la necessità di avere
intorno a sé una classe dirigente
che discute e a volte contrasti
le sue decisioni e poi cercare la necessaria
unità d’azione. Ci vuole
appunto una oligarchia”.
Per anni è stato insegnato che
l’oligarchia –e, cioè, “il comando di
pochi”(“olìgoi”e“arché”), quel tipo
di governo i cui poteri sono accentrati
nelle mani di pochi – è
qualcosa di molto diverso dalla democrazia,
il “governo del popolo”
(“dèmos” e “Kràtos”) che si esercita,
negli Stati moderni, attraverso
la rappresentanza parlamentare.
Dall’Antichità al Medioevo, l’oligarchia
è stata considerata dal
pensiero politico (in primis Aristotele)
una forma di governo “catti -
va”. Parimenti, nell’età moderna e
contemporanea si è rafforzata la
tesi che un governo di pochi è un
“cattivo” governo. Il sistema oligarchico
è in antitesi a
quello democratico.
Orbene, non vi è
dubbio che nel nostro
Paese il Parlamento sia
stato, di fatto, esautorato
dall’esecutivo che
– legato a ben individuati
“poteri forti” che
hanno chiesto ed ottenuto
norme riduttive
dei diritti dei lavoratori
–ha esteso sempre più
la sua sfera di influenza
sulla informazione, sui
vertici della Pa, delle
forze di sicurezza, e
delle aziende pubbliche
e pone sistematicamente
in atto una campagna,
da un lato, di disinformazione
e, dall’altro, di propaganda
ingannevole.
Il Fatto Quotidiano, nel febbraio
di quest’anno (“Le Ragioni del no”,
9/2), denunciò che la riforma costituzionale
e la nuova legge elettorale
–le quali, nel loro perverso,
inestricabile intreccio, riducono il
ruolo dei contrappesi, azzerano la
rappresentatività del Senato, sottraggono
poteri alle Regioni, consentono
ad una minoranza di elettori
di conquistare la maggioranza
della Camera, unica rilevante (anche
per la fiducia al Governo) di
fronte ad un Senato delegittimato e
composto della peggiore classe politica
oggi esistente – a vr eb be ro
contribuito a portare a compimento
un disegno autoritario diretto a
concentrare tutto il potere nelle
mani dell’esecutivo e, segnatamente,
nel capo del Governo, (che
da tempo è anche segretario del
partito di maggioranza, e la doppia
carica preoccupa), e di un gruppo
di oligarchi da lui designati. Basti
pensare a quei personaggi, ben noti,
che lo stesso Scalfari inserisce
nel c.d. “cerchio magico”di Renzi e
che però, definisce, eufemisticamente,
“i suoi più stretti collaboratori”.
Questo spiega la impropria discesa
in campo degli oligarchi e del
loro capo –(che si sarebbero dovuti
astenere dal partecipare alla campagna
referendaria) –ed il loro attivismo,
(anche all’estero), ogni
giorno sempre più frenetico, ossessivo,
invasivo con la promessa –
da veri imbonitori – di stabilità e
benessere se vincerà il SÌ e con il
prospettare catastrofi e caos nel
caso opposto.
Solo votando NO sarà possibile
evitare la deriva autoritaria.
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Da il Fatto Quotidiano - 8 ottobre 2016
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Re: IL REFERENDUM COSTITUZIONALE
11 ottobre 2016 | di Gisella Ruccia
Referendum, Taverna (M5s): “Il vero quesito è quello pubblicato oggi dal Fatto, non la favoletta di Renzi”
“Referendum? Il vero quesito è quello tradotto oggi da Il Fatto Quotidiano. Avrebbero dovuto scrivere quello sulla scheda, non la favoletta che mira esclusivamente ad avere un sì inconsapevole”. Sono le parole pronunciate ai microfoni di Ecg Regione (Radio Cusano Campus) dalla senatrice M5s, Paola Taverna, che sottolinea: “Spero che gli italiani non si facciano ulteriormente prendere in giro. Ormai Renzi è stato sgamato, di lui non ci si può fidare. E se non ti puoi fidare neanche della domanda, la risposta è ovvia: voti NO e vai sul sicuro“. E aggiunge: “Ormai ci manca che Renzi, per far vincere il SI’, prometta di mettere in Costituzione la resurrezione per tutti. Questo ormai dice qualsiasi cosa. Ma è il suo partito che ama farsi prendere in giro, vedi la promessa di modifica dell’Italicum dopo il referendum. La stessa minoranza dem è credibile quanto il segretario del Pd. Io faccio sempre questo esempio” – continua – “E’ come quando vai dal medico per dimagrire. Renzi è come il medico che ti suggerisce di tagliarti un braccio per perdere peso. Perdereste 10 kg facendovi tagliare un braccio? Questi stanno facendo così: volete risparmiare 50 milioni di costi sulla politica? E la gente risponde sì, così da farsi togliere un pezzo di democrazia”. Taverna, infine, si dichiara scettica su un faccia a faccia tra Grillo e Renzi prima del voto referendario: “Non lo so, ma più che a Grillo penso a un Di Battista o a un Morra o un Toninelli. I confronti non ci spaventano”
VIDEO
http://tv.ilfattoquotidiano.it/2016/10/ ... zi/566172/
Referendum, Taverna (M5s): “Il vero quesito è quello pubblicato oggi dal Fatto, non la favoletta di Renzi”
“Referendum? Il vero quesito è quello tradotto oggi da Il Fatto Quotidiano. Avrebbero dovuto scrivere quello sulla scheda, non la favoletta che mira esclusivamente ad avere un sì inconsapevole”. Sono le parole pronunciate ai microfoni di Ecg Regione (Radio Cusano Campus) dalla senatrice M5s, Paola Taverna, che sottolinea: “Spero che gli italiani non si facciano ulteriormente prendere in giro. Ormai Renzi è stato sgamato, di lui non ci si può fidare. E se non ti puoi fidare neanche della domanda, la risposta è ovvia: voti NO e vai sul sicuro“. E aggiunge: “Ormai ci manca che Renzi, per far vincere il SI’, prometta di mettere in Costituzione la resurrezione per tutti. Questo ormai dice qualsiasi cosa. Ma è il suo partito che ama farsi prendere in giro, vedi la promessa di modifica dell’Italicum dopo il referendum. La stessa minoranza dem è credibile quanto il segretario del Pd. Io faccio sempre questo esempio” – continua – “E’ come quando vai dal medico per dimagrire. Renzi è come il medico che ti suggerisce di tagliarti un braccio per perdere peso. Perdereste 10 kg facendovi tagliare un braccio? Questi stanno facendo così: volete risparmiare 50 milioni di costi sulla politica? E la gente risponde sì, così da farsi togliere un pezzo di democrazia”. Taverna, infine, si dichiara scettica su un faccia a faccia tra Grillo e Renzi prima del voto referendario: “Non lo so, ma più che a Grillo penso a un Di Battista o a un Morra o un Toninelli. I confronti non ci spaventano”
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http://tv.ilfattoquotidiano.it/2016/10/ ... zi/566172/
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Re: IL REFERENDUM COSTITUZIONALE
GLI ITALIANI SONO FATTI COSI'. VOLTAGABBANA ED OPPORTUNISTI, SEMPRE PRONTI A SALIRE SUL CARRO DEL VINCITORE.
LIBRE news
Benigni signorsì, adesso la super-Costituzione è un inferno
Scritto il 12/10/16 • nella Categoria: segnalazioni Condividi
Alcuni anni fa Benigni volle manifestare la propria venerazione per la Costituzione italiana dando vita a uno spettacolo dal titolo molto eloquente: “La più bella del mondo”. Lesse e commentò, con l’entusiasmo e le doti di trascinatore che tutti gli riconoscono, i primi dodici articoli del testo, quelli contenenti i “principi fondamentali”. Parlò con ammirazione della semplicità e forza poetica con cui si affermano due principi rivoluzionari: quello per cui “la sovranità appartiene al popolo” (art. 1) e “tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge” (art. 3). Si soffermò sulla magia che consentì a personalità politiche eccezionali, pur provenienti da culture politiche molto diverse, di produrre insieme un testo invidiatoci da tutto il mondo. Lo spettacolo venne trasmesso da mamma Rai nel dicembre 2012, quando era presidente del Consiglio Mario Monti, qualche giorno prima che il Parlamento decidesse con maggioranza bulgara di sfregiare “la più bella del mondo” costituzionalizzando il principio del pareggio di bilancio (art. 81). Ora però la geografia politica è cambiata: a Palazzo Chigi siede Renzi. E questi ha deciso di modificare profondamente la Costituzione italiana, riscrivendo ben 47 articoli su 139.
Tutti gli articoli sono collocati nella seconda parte del testo, quella dedicata ai poteri dello Stato e agli enti territoriali, e dal canto suo il premier ripete sino alla soglia del dolore che la prima parte non viene in alcun modo toccata. La Rai, sebbene in Benigniepoca renziana sia oramai abituata a lavorare a briglia particolarmente stretta, non dovrebbe dunque avere problemi a ritrasmettere lo spettacolo di Benigni. Evidentemente, però, le cose non stanno in questi termini. Altrimenti Benigni non avrebbe fatto precedere la replica de “la più bella del mondo”, nel giugno scorso, da un messaggio imbarazzante. Ha infatti voluto ribadire che la riforma Boschi tocca solo la seconda parte della Costituzione e che questa può e anzi deve essere cambiata, giacché «un paradiso dal quale non si può uscire diventa un inferno». Il tutto accompagnato da una clamorosa retromarcia rispetto a quanto il comico toscano aveva in un primo momento incautamente affermato: che intendeva votare no al referendum costituzionale «per proteggere la nostra meravigliosa Costituzione». Era una posizione espressa con il cuore, ha poi precisato, e la mente porta a sostenere le regioni del sì.
A usare la mente, soprattutto se si è costruita la propria fortuna di artista sull’irruenza e la spontaneità, si fanno pasticci. Giacché porta a dimenticare che le Costituzioni si fanno e si cambiano con il contributo di tutte le forze politiche e non a colpi di maggioranza, magari dando ascolto a personalità meno affette da nanismo politico e scarsa dimestichezza con la scrittura. E porta a non vedere che la prima parte della Costituzione viene toccata, e molto, dalla riforma Boschi, esattamente come è stata toccata dall’introduzione del pareggio di bilancio: un principio che impedisce la redistribuzione della ricchezza così come viene richiesto dal principio di uguaglianza sostanziale (art. 3). La riforma Boschi si deve infatti leggere “in combinato disposto”, come si usa dire, con l’Italicum, la legge elettorale che presenta i medesimi vizi di costituzionalità del Porcellum. Con il premio di maggioranza abnorme che prevede, viola il principio per cui la sovranità appartiene al popolo, così come quello per cui tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge: il voto di chi sceglie il partito che vince le elezioni varrà il doppio o il triplo, o se si preferisce il voto di chi non lo sceglie varrà la metà o un terzo.
E c’è un modo solo per far fuori l’Italicum: votare no al referendum. Solo se salta la riforma Boschi il Parlamento è costretto a trovare un accordo per cambiare la legge elettorale, cosa che ora molti affermano di volere, senza però essere capaci di trovare un accordo di massima, o magari preferendo non farlo. Ma torniamo a Benigni. Poteva finire lì, e forse si sarebbero perdonati gli scivoloni di una personalità celebrata come una sorta di monumento nazionale. I perdonisti sono però messi a dura prova, a meno che non siano renziani, si intende. Giacché il comico, raggiunto nei giorni scorsi dalle “Iene”, ha voluto rincarare la dose e fare proprie le peggiori trovate propagandistiche dei sostenitori della riforma Boschi: ha detto che al referendum è Benigni con Renzi“indispensabile” che vinca il sì, altrimenti «è peggio della Brexit», e ha aggiunto che, se non si cambia ora la Costituzione, «non accadrà mai più». Anche il Roberto nazionale, insomma, ha voluto iscriversi al partito dei catastrofisti secondo cui il no porterà recessione economica, impedirà la lotta al terrorismo, e magari provocherà inondazioni e invasioni di cavallette.
E ha fatto proprio il mantra secondo cui non si può perdere l’occasione storica di vedere finalmente riformata la Costituzione italiana: come se un paese massacrato dall’austerità davvero non aspettasse altro e come se la vittoria del no condannasse a convivere con una Costituzione orribile, e non con “la più bella del mondo”. Pensando forse di mettersi al riparo dalle critiche, Benigni ha voluto precisare, fin dai giorni in cui ha renzianamente “cambiato verso”, che vota sì nonostante non sia convinto fino in fondo della bontà della riforma. Anche qui il comico toscano finisce per riprodurre una formula sulla bocca di molti tra i sostenitori del sì, alcuni particolarmente espliciti: la riforma fa “schifo”, ma occorre votarla ugualmente. Forse è questo ciò che non si può perdonare a uno come Benigni: aver deciso senza cuore, come lui stesso ha detto, senza passione, come se “la più bella del mondo” potesse essere sfregiata da chi neppure è convinto di quello che fa.
(Alessandro Somma, “Benigni, la Costituzione e la Brexit”, da “Micromega” del 6 ottobre 2016).
LIBRE news
Benigni signorsì, adesso la super-Costituzione è un inferno
Scritto il 12/10/16 • nella Categoria: segnalazioni Condividi
Alcuni anni fa Benigni volle manifestare la propria venerazione per la Costituzione italiana dando vita a uno spettacolo dal titolo molto eloquente: “La più bella del mondo”. Lesse e commentò, con l’entusiasmo e le doti di trascinatore che tutti gli riconoscono, i primi dodici articoli del testo, quelli contenenti i “principi fondamentali”. Parlò con ammirazione della semplicità e forza poetica con cui si affermano due principi rivoluzionari: quello per cui “la sovranità appartiene al popolo” (art. 1) e “tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge” (art. 3). Si soffermò sulla magia che consentì a personalità politiche eccezionali, pur provenienti da culture politiche molto diverse, di produrre insieme un testo invidiatoci da tutto il mondo. Lo spettacolo venne trasmesso da mamma Rai nel dicembre 2012, quando era presidente del Consiglio Mario Monti, qualche giorno prima che il Parlamento decidesse con maggioranza bulgara di sfregiare “la più bella del mondo” costituzionalizzando il principio del pareggio di bilancio (art. 81). Ora però la geografia politica è cambiata: a Palazzo Chigi siede Renzi. E questi ha deciso di modificare profondamente la Costituzione italiana, riscrivendo ben 47 articoli su 139.
Tutti gli articoli sono collocati nella seconda parte del testo, quella dedicata ai poteri dello Stato e agli enti territoriali, e dal canto suo il premier ripete sino alla soglia del dolore che la prima parte non viene in alcun modo toccata. La Rai, sebbene in Benigniepoca renziana sia oramai abituata a lavorare a briglia particolarmente stretta, non dovrebbe dunque avere problemi a ritrasmettere lo spettacolo di Benigni. Evidentemente, però, le cose non stanno in questi termini. Altrimenti Benigni non avrebbe fatto precedere la replica de “la più bella del mondo”, nel giugno scorso, da un messaggio imbarazzante. Ha infatti voluto ribadire che la riforma Boschi tocca solo la seconda parte della Costituzione e che questa può e anzi deve essere cambiata, giacché «un paradiso dal quale non si può uscire diventa un inferno». Il tutto accompagnato da una clamorosa retromarcia rispetto a quanto il comico toscano aveva in un primo momento incautamente affermato: che intendeva votare no al referendum costituzionale «per proteggere la nostra meravigliosa Costituzione». Era una posizione espressa con il cuore, ha poi precisato, e la mente porta a sostenere le regioni del sì.
A usare la mente, soprattutto se si è costruita la propria fortuna di artista sull’irruenza e la spontaneità, si fanno pasticci. Giacché porta a dimenticare che le Costituzioni si fanno e si cambiano con il contributo di tutte le forze politiche e non a colpi di maggioranza, magari dando ascolto a personalità meno affette da nanismo politico e scarsa dimestichezza con la scrittura. E porta a non vedere che la prima parte della Costituzione viene toccata, e molto, dalla riforma Boschi, esattamente come è stata toccata dall’introduzione del pareggio di bilancio: un principio che impedisce la redistribuzione della ricchezza così come viene richiesto dal principio di uguaglianza sostanziale (art. 3). La riforma Boschi si deve infatti leggere “in combinato disposto”, come si usa dire, con l’Italicum, la legge elettorale che presenta i medesimi vizi di costituzionalità del Porcellum. Con il premio di maggioranza abnorme che prevede, viola il principio per cui la sovranità appartiene al popolo, così come quello per cui tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge: il voto di chi sceglie il partito che vince le elezioni varrà il doppio o il triplo, o se si preferisce il voto di chi non lo sceglie varrà la metà o un terzo.
E c’è un modo solo per far fuori l’Italicum: votare no al referendum. Solo se salta la riforma Boschi il Parlamento è costretto a trovare un accordo per cambiare la legge elettorale, cosa che ora molti affermano di volere, senza però essere capaci di trovare un accordo di massima, o magari preferendo non farlo. Ma torniamo a Benigni. Poteva finire lì, e forse si sarebbero perdonati gli scivoloni di una personalità celebrata come una sorta di monumento nazionale. I perdonisti sono però messi a dura prova, a meno che non siano renziani, si intende. Giacché il comico, raggiunto nei giorni scorsi dalle “Iene”, ha voluto rincarare la dose e fare proprie le peggiori trovate propagandistiche dei sostenitori della riforma Boschi: ha detto che al referendum è Benigni con Renzi“indispensabile” che vinca il sì, altrimenti «è peggio della Brexit», e ha aggiunto che, se non si cambia ora la Costituzione, «non accadrà mai più». Anche il Roberto nazionale, insomma, ha voluto iscriversi al partito dei catastrofisti secondo cui il no porterà recessione economica, impedirà la lotta al terrorismo, e magari provocherà inondazioni e invasioni di cavallette.
E ha fatto proprio il mantra secondo cui non si può perdere l’occasione storica di vedere finalmente riformata la Costituzione italiana: come se un paese massacrato dall’austerità davvero non aspettasse altro e come se la vittoria del no condannasse a convivere con una Costituzione orribile, e non con “la più bella del mondo”. Pensando forse di mettersi al riparo dalle critiche, Benigni ha voluto precisare, fin dai giorni in cui ha renzianamente “cambiato verso”, che vota sì nonostante non sia convinto fino in fondo della bontà della riforma. Anche qui il comico toscano finisce per riprodurre una formula sulla bocca di molti tra i sostenitori del sì, alcuni particolarmente espliciti: la riforma fa “schifo”, ma occorre votarla ugualmente. Forse è questo ciò che non si può perdonare a uno come Benigni: aver deciso senza cuore, come lui stesso ha detto, senza passione, come se “la più bella del mondo” potesse essere sfregiata da chi neppure è convinto di quello che fa.
(Alessandro Somma, “Benigni, la Costituzione e la Brexit”, da “Micromega” del 6 ottobre 2016).
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Re: IL REFERENDUM COSTITUZIONALE
PINOCCHIO MUSSOLONI DUCE D'ITALIA
12 OTT 2016 18:27
D'ALEMA ATTACK: "LO SCHIERAMENTO DEL SÌ AL REFERENDUM E’ UN BLOCCO POLITICO MINACCIOSO"
- L’AFFONDO SU RENZI: “IL SUO POPULISMO DALL’ALTO E’ PERICOLOSO"
- ALL’INIZIATIVA PROMOSSA DA BAFFINO CON QUAGLIARIELLO LE "ALL STAR" DEL NO: FINI, CIVATI, RODOTÀ, ZOGGIA E LEVA, I LEGHISTI FEDRIGA E GIORGETTI -
Sergio Rame per www.ilgiornale.it
"Non solo non mi ritengo un pericoloso fomentatore di disordine ma penso di difendere i valori fondamentali del partito al quale sono iscritto, ancorché chi lo dirige li ha dimenticati".
Massimo D'Alema lo mette subito in chiaro. E lo fa, pur senza mai nominare Matteo Renzi, durante un appuntamento importante per il dibattito sul referendum costituzionale: l'iniziativa delle fondazioni Magna Carta e Italianieuropei per una riforma della costituzione alternativa a quella del ddl Boschi.
"Per il Sì c'è uno schieramento abbastanza vasto - denuncia - e capita di avvertire un clima di paura e intimidazione per il quale chi non è d'accordo si deve sentire colpevole di spingere il Paese verso il baratro".
Che a D'Alema non piaccia la riforma della Costituzione che porta il nome del ministro Maria Elena Boschi è cosa ormai nota. Le divisioni con Renzi si sono acuite di settimana in settimana e la frattura è pressoché insanabile. Tanto che tra i tanti che marciano per il "no" al referendum l'ex premier è sicuramente alla testa del corteo.
Va detto che, all'interno del Partito democratico, è in buona compagnia. Anche se la minoranza dem non ha ancora avuto il coraggio di rompere definitivamente con il segretario-premier, non è affatto detto che non ci riserverà sorprese al momento di votare sul ddl Boschi
Per D'Alema la riforma è"sbagliata" perché "non supera il bicameralismo" ma "lo mantiene con una sorta di Camera di serie B". Ed è certo che "la vittoria del No", che lui stesso auspica, non avrà "gli effetti catastrofici annunciati né il precipitare della crisi politica". E avverte: "Non lo stesso si può dire in caso di vittoria del Sì che, sulla spinta plebiscitaria, potrebbe dare la tentazione di ricorrere alle urne. La vittoria del 'no' è una garanzia in sé".
All'iniziativa promossa dalle fondazioni Italianieuropei e Magna Carta, sono presenti, tra gli altri, l'ex presidente della Camera Gianfranco Fini, il costituzionalista Stefano Rodotà, i deputati della minoranza Pd Davide Zoggia e Danilo Leva, il capogruppo della Lega alla Camera, Massimo Fedriga, il deputato del Carroccio Giancarlo Giorgetti e il deputato, fondatore del movimento Possibile, Pippo Civati. "Se una riforma invece di far fare un passo avanti, fa fare un passo indietro al Paese - ha tuonato il senatore di Idea Gaetano Quagliariello - bisogna votare No".
Per D'Alema, poi, non è deleteria solo la riforma in sé, ma anche il significato con cui Renzi sta caricando il referendum. "'Cacciamo i politici' come slogan del capo dei politici è inquietante - accusa l'ex premier - il populismo dall'alto è molto più pericoloso del populismo del cittadino comune".
12 OTT 2016 18:27
D'ALEMA ATTACK: "LO SCHIERAMENTO DEL SÌ AL REFERENDUM E’ UN BLOCCO POLITICO MINACCIOSO"
- L’AFFONDO SU RENZI: “IL SUO POPULISMO DALL’ALTO E’ PERICOLOSO"
- ALL’INIZIATIVA PROMOSSA DA BAFFINO CON QUAGLIARIELLO LE "ALL STAR" DEL NO: FINI, CIVATI, RODOTÀ, ZOGGIA E LEVA, I LEGHISTI FEDRIGA E GIORGETTI -
Sergio Rame per www.ilgiornale.it
"Non solo non mi ritengo un pericoloso fomentatore di disordine ma penso di difendere i valori fondamentali del partito al quale sono iscritto, ancorché chi lo dirige li ha dimenticati".
Massimo D'Alema lo mette subito in chiaro. E lo fa, pur senza mai nominare Matteo Renzi, durante un appuntamento importante per il dibattito sul referendum costituzionale: l'iniziativa delle fondazioni Magna Carta e Italianieuropei per una riforma della costituzione alternativa a quella del ddl Boschi.
"Per il Sì c'è uno schieramento abbastanza vasto - denuncia - e capita di avvertire un clima di paura e intimidazione per il quale chi non è d'accordo si deve sentire colpevole di spingere il Paese verso il baratro".
Che a D'Alema non piaccia la riforma della Costituzione che porta il nome del ministro Maria Elena Boschi è cosa ormai nota. Le divisioni con Renzi si sono acuite di settimana in settimana e la frattura è pressoché insanabile. Tanto che tra i tanti che marciano per il "no" al referendum l'ex premier è sicuramente alla testa del corteo.
Va detto che, all'interno del Partito democratico, è in buona compagnia. Anche se la minoranza dem non ha ancora avuto il coraggio di rompere definitivamente con il segretario-premier, non è affatto detto che non ci riserverà sorprese al momento di votare sul ddl Boschi
Per D'Alema la riforma è"sbagliata" perché "non supera il bicameralismo" ma "lo mantiene con una sorta di Camera di serie B". Ed è certo che "la vittoria del No", che lui stesso auspica, non avrà "gli effetti catastrofici annunciati né il precipitare della crisi politica". E avverte: "Non lo stesso si può dire in caso di vittoria del Sì che, sulla spinta plebiscitaria, potrebbe dare la tentazione di ricorrere alle urne. La vittoria del 'no' è una garanzia in sé".
All'iniziativa promossa dalle fondazioni Italianieuropei e Magna Carta, sono presenti, tra gli altri, l'ex presidente della Camera Gianfranco Fini, il costituzionalista Stefano Rodotà, i deputati della minoranza Pd Davide Zoggia e Danilo Leva, il capogruppo della Lega alla Camera, Massimo Fedriga, il deputato del Carroccio Giancarlo Giorgetti e il deputato, fondatore del movimento Possibile, Pippo Civati. "Se una riforma invece di far fare un passo avanti, fa fare un passo indietro al Paese - ha tuonato il senatore di Idea Gaetano Quagliariello - bisogna votare No".
Per D'Alema, poi, non è deleteria solo la riforma in sé, ma anche il significato con cui Renzi sta caricando il referendum. "'Cacciamo i politici' come slogan del capo dei politici è inquietante - accusa l'ex premier - il populismo dall'alto è molto più pericoloso del populismo del cittadino comune".
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