Qui è anche il sistema che fa acqua. Per anni il pil, e non dico solo in Italia ma specie nell'Europa, è aumentato. Ma se oggi si vive alquanto meno bene di 30 anni fa (e sono false le affermazioni che i consumi sono come negli anni 70, perché a suo tempo con uno stipendio da impiegato uno stava bene e poteva anche comprarsi una casa, e comunque risparmiare) e se la prendono con tutta l'Europa perché non ha uno sviluppo annuo sopra il 5%, ritengo che siano da rivedere i parametri del benessere, non potendosi avere uno sviluppo all'infinito in un pianeta dove le risorse sono limitate. Anche l'Osce e dei politici di destra avevano proposto di superare il pil come è misurato adesso.camillobenso ha scritto:Per adesso......
ECONOMIA & LOBBY | di Matteo Cavallito | 17 aprile 2012
Fmi: “Due anni di recessione per l’Italia.
Ancora rischi default in Eurolandia” Secondo il rapporto "World Economic Outlook" il timore principale per la crescita mondiale è rappresentato dalla stabilità del Vecchio Continente. (...)
Dati che evidenziano un miglioramento rispetto alle stime precedenti (a gennaio si era ipotizzato un -2,2 per il 2012 seguito da un -0,6 per il 2013) ma che non cambiano la sostanza del problema. Quanto alla Spagna, le notizie non sono particolarmente migliori: l’economia di Madrid si contrarrà dell’1,8% nel corso di quest’anno per poi registrare una ripresa minima (+0,1%) nel 2013. L’eurozona registrerà un complessivo -0,3% nel 2012 e un +0,9% l’anno prossimo. Decisamente migliori le previsioni per l’economia globale: +3,5% nel 2012 (a gennaio si era parlato di un +3,3%) e +4,1% nel 2013. Il quadro complessivo, insomma, migliora. Ma per l’Europa la situazione resta ancora preoccupante. In un momento di rinnovata tensione sui mercati, con l’effetto Ltro (il maxi piano di prestiti alle banche da parte della Bce) ormai esaurito, il Fondo monetario torna ad esprimere la propria preoccupazione per quello che resta il grande anello debole dell’economia mondiale: l’area euro. (...)
Il Fatto Quotidiano
Come se ne viene fuori ?
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Re: Come se ne viene fuori ?
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Re: Come se ne viene fuori ?
DATI MOVIMPRESE SULLA NATI-MORTALITÀ DELLE IMPRESE ITALIANE NEL PRIMO TRIMESTRE DELL'ANNO
Unioncamere: nel 2012 chiuse 146mila imprese
Primo trimestre in salita: meno iscrizioni e più cessazioni, saldo -26.090. Il presidente Dardanello: «Servono politiche di sostegno»
MILANO - Il 2012 comincia in salita. Meno iscrizioni e più cessazioni: è così che, nel primo trimestre del 2012, si è allargata la forbice della vitalità delle imprese tra chi sceglie di entrare sul mercato creando una nuova attività (sono stati in 120.278 tra gennaio e marzo) e chi, al contrario, ne è uscito (in tutto, 146.368). In particolare, rispetto allo stesso periodo del 2011, le iscrizioni sono diminuite di 5mila unità mentre le cessazioni sono aumentate di ben 12mila unità, con il risultato di un saldo del periodo pari a -26.090 imprese. Praticamente il triplo rispetto ai primi tre mesi del 2011, quando erano mancate all'appello «solo» 9.638 imprese. In termini relativi, la riduzione dello stock delle imprese nel I trimestre è stata pari al -0,43%, contro il -0,16% del 2011. Questo, in sintesi, il quadro che emerge dai dati sulla nati-mortalità delle imprese italiane nel primo trimestre dell'anno, fotografati da Movimprese e resi noti oggi a Lecce dal presidente di Unioncamere, Ferruccio Dardanello, nel corso del convegno sullo sviluppo del Mezzogiorno, organizzato dalla Camera di commercio del capoluogo salentino.
«BRUSCA FRENATA» - La «macchina del tempo» dell'anagrafe delle imprese riporta quindi le lancette al primo trimestre del 2009, quando si registrò un saldo negativo pari a -30.706 unità e un tasso di crescita del -0,5%, allora risultato della fortissima crisi economico-finanziaria esplosa l'anno precedente. Oggi, «la brusca frenata della vitalità imprenditoriale è l'evidente risultato della fase di recessione avviatasi nella seconda metà dello scorso anno e dell'accresciuta e diffusa difficoltà ad entrare nel mercato», osserva Unioncamere. «I successi del Made in Italy nel mondo da soli, non bastano a sostenere l'occupazione e a ricostruire il benessere dei territori andato perso nella crisi di questi anni» ha commentato il presidente di Unioncamere, Ferruccio Dardanello. «L'anagrafe delle imprese - ha proseguito - è uno specchio fedele dell'immagine dell'economia reale che oggi ci viene restituita per quello che è: segnata da profonde difficoltà e da una diffusa incertezza nel futuro. C'è bisogno di politiche di sostegno dell'impresa più piccola, quella diffusa da cui dipende il destino di milioni di famiglie e di giovani. Oltre a credito e semplificazione servono azioni straordinarie sul fronte occupazionale e fiscale. Le Camere di commercio - ha concluso il presidente di Unioncamere - intensificheranno l'impegno a sostegno del tessuto economico, soprattutto di quello meridionale più in difficoltà in questo momento».
rEDAZIONE ONLINE
18 aprile 2012 | 15:35
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Corriere.it
Unioncamere: nel 2012 chiuse 146mila imprese
Primo trimestre in salita: meno iscrizioni e più cessazioni, saldo -26.090. Il presidente Dardanello: «Servono politiche di sostegno»
MILANO - Il 2012 comincia in salita. Meno iscrizioni e più cessazioni: è così che, nel primo trimestre del 2012, si è allargata la forbice della vitalità delle imprese tra chi sceglie di entrare sul mercato creando una nuova attività (sono stati in 120.278 tra gennaio e marzo) e chi, al contrario, ne è uscito (in tutto, 146.368). In particolare, rispetto allo stesso periodo del 2011, le iscrizioni sono diminuite di 5mila unità mentre le cessazioni sono aumentate di ben 12mila unità, con il risultato di un saldo del periodo pari a -26.090 imprese. Praticamente il triplo rispetto ai primi tre mesi del 2011, quando erano mancate all'appello «solo» 9.638 imprese. In termini relativi, la riduzione dello stock delle imprese nel I trimestre è stata pari al -0,43%, contro il -0,16% del 2011. Questo, in sintesi, il quadro che emerge dai dati sulla nati-mortalità delle imprese italiane nel primo trimestre dell'anno, fotografati da Movimprese e resi noti oggi a Lecce dal presidente di Unioncamere, Ferruccio Dardanello, nel corso del convegno sullo sviluppo del Mezzogiorno, organizzato dalla Camera di commercio del capoluogo salentino.
«BRUSCA FRENATA» - La «macchina del tempo» dell'anagrafe delle imprese riporta quindi le lancette al primo trimestre del 2009, quando si registrò un saldo negativo pari a -30.706 unità e un tasso di crescita del -0,5%, allora risultato della fortissima crisi economico-finanziaria esplosa l'anno precedente. Oggi, «la brusca frenata della vitalità imprenditoriale è l'evidente risultato della fase di recessione avviatasi nella seconda metà dello scorso anno e dell'accresciuta e diffusa difficoltà ad entrare nel mercato», osserva Unioncamere. «I successi del Made in Italy nel mondo da soli, non bastano a sostenere l'occupazione e a ricostruire il benessere dei territori andato perso nella crisi di questi anni» ha commentato il presidente di Unioncamere, Ferruccio Dardanello. «L'anagrafe delle imprese - ha proseguito - è uno specchio fedele dell'immagine dell'economia reale che oggi ci viene restituita per quello che è: segnata da profonde difficoltà e da una diffusa incertezza nel futuro. C'è bisogno di politiche di sostegno dell'impresa più piccola, quella diffusa da cui dipende il destino di milioni di famiglie e di giovani. Oltre a credito e semplificazione servono azioni straordinarie sul fronte occupazionale e fiscale. Le Camere di commercio - ha concluso il presidente di Unioncamere - intensificheranno l'impegno a sostegno del tessuto economico, soprattutto di quello meridionale più in difficoltà in questo momento».
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Re: Come se ne viene fuori ?
COMMENTO
La perdita dell'olfatto
di BARBARA SPINELLI
QUANDO il fascismo stava per finire, nel novembre 1944, un giornalista americano che conosceva bene l'Italia, Herbert Matthews, scrisse un articolo molto scomodo, sul mensile Mercurio diretto da Alba De Céspedes. S'intitolava "Non lo avete ucciso", e ci ritraeva, noi italiani e i nostri nuovi politici, incapaci di uccidere la bestia da cui in massa eravamo stati sedotti. Una vera epurazione era impossibile, soprattutto delle menti, dei costumi.
Troppo vasti i consensi dati al tiranno, i trasformismi dell'ultima ora. Matthews racconta un episodio significativo di quegli anni. Quando il governo militare alleato volle epurare l'Università di Roma, una delegazione del Comitato di liberazione nazionale (Cln) chiese che la riorganizzazione fosse compiuta da due membri di ciascun partito: "In altre parole, una politica di partito doveva essere introdotta nel dominio dell'alta cultura: il che, mi sembra, è fascismo bello e buono". Il giornalista conclude che la lotta al fascismo doveva durare tutta la vita: "È un mostro col capo d'idra, dai molti aspetti, ma con un unico corpo. Non crediate di averlo ucciso".
L'idra è tra noi, anche oggi. Nasce allo stesso modo, è il frutto amaro e terribile di mali che tendono a ripetersi eguali a se stessi e non vengono curati: come se non si volesse curarli, come se si preferisse sempre di nuovo nasconderli, lasciarli imputridire, poi dimenticarli. È uno dei lati più scuri dell'Italia, questo barcollare imbambolato lungo un baratro, dentro il quale non si guarda perché guardarlo significa conoscere e capire quel che racchiude: la politica che non vuol rigenerarsi; i partiti che non apprendono dai propri errori e si trasformano in cerchie chiuse, a null'altro interessate se non alla perpetuazione del proprio potere; la carenza spaventosa di una classe dirigente meno irresponsabile, meno immemore di quel che è accaduto in Italia in più di mezzo secolo.
E tuttavia distinguere si può, si deve: altrimenti prepariamoci alle esequie della politica. Ci sono uomini e partiti che si sono opposti e s'oppongono alla degenerazione, e ce ne sono che coscientemente hanno scommesso sul degrado. C'è la Costituzione, che protegge la politica e chi ne ha vocazione: compresi i partiti, che al caos oppongono l'organizzazione. Il molle non è equiparabile al colluso con la mafia, il mediocre non è un criminale. La politica è oggi invisa, ma a lei spetta ricominciare la Storia. I movimenti antipolitici denunciano una malattia che senz'altro corrode dal di dentro la democrazia, ma non hanno la forza e neanche il desiderio di governare. Chi voglia governare non può che rinobilitarla, la politica.
Se questo non avviene, se i partiti si limitano a denunciare l'antipolitica, avranno mancato per indolenza e autoconservazione l'appuntamento con la verità. Non avranno compreso in tempo l'essenziale: sono le loro malattie a suscitare i pifferai-taumaturghi (l'ultimo è stato Berlusconi). Il paese rischia di morire di demagogia, dice Bersani, ma questa morte è un remake: vale la pena rifletterci sopra. Guardiamola allora, questa politica sempre tentata dai remake. Non è solo questione di corruzione finanziaria, o del denaro pubblico dato perché i partiti non siano prede di lobby e che tuttavia è solo in piccola parte speso per opere indispensabili (il resto andrebbe restituito ai cittadini: questo è depurarsi). La corruzione è più antica, ha radici nelle menti e in memorie striminzite. Matthews denuncia lottizzazioni partitiche già nel '44. Un'altra cosa che smaschera è il ruolo della mafia nella Liberazione. Anche quest'idra è tra noi.
È lunga, la lista dei mali via via occultati, e spesso scordati. L'Anti-Stato che presto cominciò a crearsi accanto a quello ufficiale, e divenne il marchio comune a tante eversioni: mafiose, brigatiste, della politica quando si fa sommersa. Un Anti-Stato raramente ammesso, combattuto debolmente. E le stragi, a Portella della Ginestra nel '47 e a partire dal '69: restate impunite, anonime. L'ultima infamia risale alla sentenza sull'eccidio di Brescia del '74, sabato scorso: tutti assolti. È un conforto che Monti abbia deciso che spetta allo Stato e non alle vittime pagare 38 anni di inchieste e processi: l'ammissione di responsabilità gli fa onore. Poi la P2: una "trasversale sacca di resistenza alla democrazia", secondo Tina Anselmi. Berlusconi, tessera 1816 della Loggia, entrò in politica per attuare il controllo dell'informazione e della magistratura previsto nel Piano di Rinascita democratica di Gelli. Le mazzette a politici e giornalisti si chiamano, nel Piano, "sollecitazioni".
È corruzione anche la sordità a quel che i cittadini invocano da decenni, nei referendum. Nel '91 votarono contro una legge elettorale che consentiva ai partiti di piazzare nelle liste i propri preferiti. Nel '93 chiesero l'abbandono del sistema proporzionale, che in Italia aveva dilatato la partitocrazia. Il 90.3 per cento votò nel '93 contro il finanziamento pubblico dei partiti. I referendum sono stati sprezzati, con sfacciataggine. Il finanziamento è ripreso sostituendo il vocabolo: ora si dice rimborso. Da noi si cambia così: migliorando i sinonimi, non le leggi e i costumi.
Ma soprattutto, sono spesso svilite le battaglie dell'Italia migliore (antimafia, anticorruzione). Bisogna cadere ammazzati come Ambrosoli, Dalla Chiesa, Falcone, Borsellino, per non finire nel niente. Le commemorazioni stesse sono subdole forme di oblio. Si celebra Ambrosoli, non la sua lotta contro Sindona, mafia, P2. Disse di lui Andreotti, legato a Sindona: "È una persona che se l'andava cercando". Fu ascoltato in silenzio, e non possiamo stupirci se l'ex democristiano Scajola, nel 2002, dirà parole quasi identiche su Marco Biagi, reo d'aver chiesto la scorta prima d'essere ucciso: "Era un rompicoglioni che voleva il rinnovo del contratto di consulenza". Ci sono cose che, una volta dette, ti tolgono il diritto di rappresentare l'Italia.
Viene infine la dimenticanza pura, che dissolve come in un acido persone italiane eccelse. Tina Anselmi è un esempio. Gli italiani sanno qualcosa della straordinaria donna che guidò la commissione parlamentare sulla P2? È come fosse già morta, ed è commovente che alcuni amici la ricordino. Tra essi Anna Vinci, autrice di un libro di Chiarelettere sulla P2. Con Giuseppe Amari, la scrittrice ha appena pubblicato Le notti della democrazia, in cui la tenacia di Tina è paragonata a quella di Aung San Suu Kyi. Altro esempio: Federico Caffè, fautore solitario di un'economia alternativa ai trionfi liberisti, di rado nominato. Un mattino, il 15-4-87, si tolse di mezzo, scomparve come il fisico Majorana nel '38. Anosognosia è la condizione di chi soffre un male ma ne nega l'esistenza: è la patologia delle nostre teste senza memoria.
La letteratura è spesso più precisa dei cronisti. Nel numero citato di Mercurio è evocato il racconto che Moravia scrisse nel '44: L'Epidemia. Una malattia strana affligge il villaggio: gli abitanti cominciano a puzzare orribilmente, ma in assenza di cura l'odorato si corrompe e il puzzo vien presentato come profumo. Quindici anni dopo, Ionesco proporrà lo stesso apologo nei Rinoceronti. La malattia svanisce non perché sanata, ma perché negata: "Possiamo additare una particolarità di quella nazione come un effetto indubbio della pandemia: gli individui di quella nazione, tutti senza distinzione, mancano di olfatto". Non fanno più "differenza tra le immondizie e il resto".
Ecco cosa urge: ritrovare l'olfatto, anche se "è davvero un vantaggio" vivere senza. Altrimenti dovremo ammettere che preferiamo la melma e i pifferai che secerne, alla "bellezza del fresco profumo di libertà che fa rifiutare il puzzo del compromesso morale, dell'indifferenza, della contiguità, e quindi della complicità". Il profumo che Borsellino si augurò e ci augurò il 23 giugno '92, a Palermo, pochi giorni prima d'essere assassinato.
(18 aprile 2012) © RIPRODUZIONE RISERVATA
http://www.repubblica.it/politica/2012/ ... ref=HREA-1
La perdita dell'olfatto
di BARBARA SPINELLI
QUANDO il fascismo stava per finire, nel novembre 1944, un giornalista americano che conosceva bene l'Italia, Herbert Matthews, scrisse un articolo molto scomodo, sul mensile Mercurio diretto da Alba De Céspedes. S'intitolava "Non lo avete ucciso", e ci ritraeva, noi italiani e i nostri nuovi politici, incapaci di uccidere la bestia da cui in massa eravamo stati sedotti. Una vera epurazione era impossibile, soprattutto delle menti, dei costumi.
Troppo vasti i consensi dati al tiranno, i trasformismi dell'ultima ora. Matthews racconta un episodio significativo di quegli anni. Quando il governo militare alleato volle epurare l'Università di Roma, una delegazione del Comitato di liberazione nazionale (Cln) chiese che la riorganizzazione fosse compiuta da due membri di ciascun partito: "In altre parole, una politica di partito doveva essere introdotta nel dominio dell'alta cultura: il che, mi sembra, è fascismo bello e buono". Il giornalista conclude che la lotta al fascismo doveva durare tutta la vita: "È un mostro col capo d'idra, dai molti aspetti, ma con un unico corpo. Non crediate di averlo ucciso".
L'idra è tra noi, anche oggi. Nasce allo stesso modo, è il frutto amaro e terribile di mali che tendono a ripetersi eguali a se stessi e non vengono curati: come se non si volesse curarli, come se si preferisse sempre di nuovo nasconderli, lasciarli imputridire, poi dimenticarli. È uno dei lati più scuri dell'Italia, questo barcollare imbambolato lungo un baratro, dentro il quale non si guarda perché guardarlo significa conoscere e capire quel che racchiude: la politica che non vuol rigenerarsi; i partiti che non apprendono dai propri errori e si trasformano in cerchie chiuse, a null'altro interessate se non alla perpetuazione del proprio potere; la carenza spaventosa di una classe dirigente meno irresponsabile, meno immemore di quel che è accaduto in Italia in più di mezzo secolo.
E tuttavia distinguere si può, si deve: altrimenti prepariamoci alle esequie della politica. Ci sono uomini e partiti che si sono opposti e s'oppongono alla degenerazione, e ce ne sono che coscientemente hanno scommesso sul degrado. C'è la Costituzione, che protegge la politica e chi ne ha vocazione: compresi i partiti, che al caos oppongono l'organizzazione. Il molle non è equiparabile al colluso con la mafia, il mediocre non è un criminale. La politica è oggi invisa, ma a lei spetta ricominciare la Storia. I movimenti antipolitici denunciano una malattia che senz'altro corrode dal di dentro la democrazia, ma non hanno la forza e neanche il desiderio di governare. Chi voglia governare non può che rinobilitarla, la politica.
Se questo non avviene, se i partiti si limitano a denunciare l'antipolitica, avranno mancato per indolenza e autoconservazione l'appuntamento con la verità. Non avranno compreso in tempo l'essenziale: sono le loro malattie a suscitare i pifferai-taumaturghi (l'ultimo è stato Berlusconi). Il paese rischia di morire di demagogia, dice Bersani, ma questa morte è un remake: vale la pena rifletterci sopra. Guardiamola allora, questa politica sempre tentata dai remake. Non è solo questione di corruzione finanziaria, o del denaro pubblico dato perché i partiti non siano prede di lobby e che tuttavia è solo in piccola parte speso per opere indispensabili (il resto andrebbe restituito ai cittadini: questo è depurarsi). La corruzione è più antica, ha radici nelle menti e in memorie striminzite. Matthews denuncia lottizzazioni partitiche già nel '44. Un'altra cosa che smaschera è il ruolo della mafia nella Liberazione. Anche quest'idra è tra noi.
È lunga, la lista dei mali via via occultati, e spesso scordati. L'Anti-Stato che presto cominciò a crearsi accanto a quello ufficiale, e divenne il marchio comune a tante eversioni: mafiose, brigatiste, della politica quando si fa sommersa. Un Anti-Stato raramente ammesso, combattuto debolmente. E le stragi, a Portella della Ginestra nel '47 e a partire dal '69: restate impunite, anonime. L'ultima infamia risale alla sentenza sull'eccidio di Brescia del '74, sabato scorso: tutti assolti. È un conforto che Monti abbia deciso che spetta allo Stato e non alle vittime pagare 38 anni di inchieste e processi: l'ammissione di responsabilità gli fa onore. Poi la P2: una "trasversale sacca di resistenza alla democrazia", secondo Tina Anselmi. Berlusconi, tessera 1816 della Loggia, entrò in politica per attuare il controllo dell'informazione e della magistratura previsto nel Piano di Rinascita democratica di Gelli. Le mazzette a politici e giornalisti si chiamano, nel Piano, "sollecitazioni".
È corruzione anche la sordità a quel che i cittadini invocano da decenni, nei referendum. Nel '91 votarono contro una legge elettorale che consentiva ai partiti di piazzare nelle liste i propri preferiti. Nel '93 chiesero l'abbandono del sistema proporzionale, che in Italia aveva dilatato la partitocrazia. Il 90.3 per cento votò nel '93 contro il finanziamento pubblico dei partiti. I referendum sono stati sprezzati, con sfacciataggine. Il finanziamento è ripreso sostituendo il vocabolo: ora si dice rimborso. Da noi si cambia così: migliorando i sinonimi, non le leggi e i costumi.
Ma soprattutto, sono spesso svilite le battaglie dell'Italia migliore (antimafia, anticorruzione). Bisogna cadere ammazzati come Ambrosoli, Dalla Chiesa, Falcone, Borsellino, per non finire nel niente. Le commemorazioni stesse sono subdole forme di oblio. Si celebra Ambrosoli, non la sua lotta contro Sindona, mafia, P2. Disse di lui Andreotti, legato a Sindona: "È una persona che se l'andava cercando". Fu ascoltato in silenzio, e non possiamo stupirci se l'ex democristiano Scajola, nel 2002, dirà parole quasi identiche su Marco Biagi, reo d'aver chiesto la scorta prima d'essere ucciso: "Era un rompicoglioni che voleva il rinnovo del contratto di consulenza". Ci sono cose che, una volta dette, ti tolgono il diritto di rappresentare l'Italia.
Viene infine la dimenticanza pura, che dissolve come in un acido persone italiane eccelse. Tina Anselmi è un esempio. Gli italiani sanno qualcosa della straordinaria donna che guidò la commissione parlamentare sulla P2? È come fosse già morta, ed è commovente che alcuni amici la ricordino. Tra essi Anna Vinci, autrice di un libro di Chiarelettere sulla P2. Con Giuseppe Amari, la scrittrice ha appena pubblicato Le notti della democrazia, in cui la tenacia di Tina è paragonata a quella di Aung San Suu Kyi. Altro esempio: Federico Caffè, fautore solitario di un'economia alternativa ai trionfi liberisti, di rado nominato. Un mattino, il 15-4-87, si tolse di mezzo, scomparve come il fisico Majorana nel '38. Anosognosia è la condizione di chi soffre un male ma ne nega l'esistenza: è la patologia delle nostre teste senza memoria.
La letteratura è spesso più precisa dei cronisti. Nel numero citato di Mercurio è evocato il racconto che Moravia scrisse nel '44: L'Epidemia. Una malattia strana affligge il villaggio: gli abitanti cominciano a puzzare orribilmente, ma in assenza di cura l'odorato si corrompe e il puzzo vien presentato come profumo. Quindici anni dopo, Ionesco proporrà lo stesso apologo nei Rinoceronti. La malattia svanisce non perché sanata, ma perché negata: "Possiamo additare una particolarità di quella nazione come un effetto indubbio della pandemia: gli individui di quella nazione, tutti senza distinzione, mancano di olfatto". Non fanno più "differenza tra le immondizie e il resto".
Ecco cosa urge: ritrovare l'olfatto, anche se "è davvero un vantaggio" vivere senza. Altrimenti dovremo ammettere che preferiamo la melma e i pifferai che secerne, alla "bellezza del fresco profumo di libertà che fa rifiutare il puzzo del compromesso morale, dell'indifferenza, della contiguità, e quindi della complicità". Il profumo che Borsellino si augurò e ci augurò il 23 giugno '92, a Palermo, pochi giorni prima d'essere assassinato.
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Re: Come se ne viene fuori ?
Gratta il Pepito ed esce il Peppone.
I nostri guai attuali non nascono solo dal cavaliere nero capo dei bucanieri, ma anche dal disegno di Pierazzurro che vuole rifare la Dc.
*******
IL CASO
Casini: "Ministri di Monti nel partito Nazione"
Il Pdl: "E' grave, non più governo tecnico"
Il leader Udc ne ha parlato a Otto e mezzo, la trasmissione su La7. Alla domanda se ci sia il nome di Passera ha risposto con un "E chi sa...". Il vicepresidente della Camera, il Pdl Maurizio Lupi: "Non mi sembra una buona notizia, a rischio il futuro dell'esecutivo"
ROMA - Annuncio a sorpresa di Pier Ferdinando Casini che accelera sul partito della Nazione, e fa sapere che sono in arrivo importanti novità per la "sua" creatura che avrà il battesimo in occasione delle prossime politiche: del nuovo partito faranno parte anche alcuni ministri dell'attuale governo tecnico guidato da Monti.
Il leader Udc ne ha parlato a Otto e mezzo e alla domanda se nel Partito della Nazione entreranno anche alcuni tecnici dell'attuale esecutivo, ha risposto sornione "penso di si". Ci sarà anche Corrado Passera? "E chi sa...' ha ribattuto Casini consapevole di scatenare così una grande curiosità ma anche allarme in alcuni settori della politica.
Ed infatti, a stretto giro, è arrivato la preoccupata reazione del Pdl che ha affidato a Maurizio Lupi vicepresidente della Camera, il compito di 'smontare' il progetto. "Le dichiarazioni di Pier Ferdinando Casini sono azzardate se non addirittura gravi e pericolose per il futuro del governo Monti", ha attaccato Lupi che ha aggiunto: "Se è vera infatti la notizia che ministri dell'attuale esecutivo sarebbero già pronti ad entrare nel suo Partito, mi sembra evidente che questo non è più un governo tecnico. E non mi sembra una buona notizià".
Ha gettato il sasso nello stagno, dunque, Casini che ha fatto intendere come i lavori in corso per la nuova formazione siano a buon punto: il partito della nazione sarà in pista per le politiche perchè "c'è bisogno di un nuovo soggetto", e quello sarà il banco di prova. "Penso che ci saranno novità nelle prossime ore", ha detto Casini dosando sapientemente le informazioni. "Già dei gesti ci sono stati all'interno dell'Udc - ha continuato - e noi dell'Udc e del terzo Polo siamo convinti che c'è bisogno di un nuovo soggetto politico, una cosa diversa che metta insieme tecnici e politici, sindacalisti intelligenti e imprenditori illuminati".
Il soggetto non verrà costruito prima delle amministrative "perchè - ha spiegato - è impossibile, visto che si vota domani l'altro, ma sarà pronto prima delle elezioni politiche".
(18 aprile 2012)
I nostri guai attuali non nascono solo dal cavaliere nero capo dei bucanieri, ma anche dal disegno di Pierazzurro che vuole rifare la Dc.
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IL CASO
Casini: "Ministri di Monti nel partito Nazione"
Il Pdl: "E' grave, non più governo tecnico"
Il leader Udc ne ha parlato a Otto e mezzo, la trasmissione su La7. Alla domanda se ci sia il nome di Passera ha risposto con un "E chi sa...". Il vicepresidente della Camera, il Pdl Maurizio Lupi: "Non mi sembra una buona notizia, a rischio il futuro dell'esecutivo"
ROMA - Annuncio a sorpresa di Pier Ferdinando Casini che accelera sul partito della Nazione, e fa sapere che sono in arrivo importanti novità per la "sua" creatura che avrà il battesimo in occasione delle prossime politiche: del nuovo partito faranno parte anche alcuni ministri dell'attuale governo tecnico guidato da Monti.
Il leader Udc ne ha parlato a Otto e mezzo e alla domanda se nel Partito della Nazione entreranno anche alcuni tecnici dell'attuale esecutivo, ha risposto sornione "penso di si". Ci sarà anche Corrado Passera? "E chi sa...' ha ribattuto Casini consapevole di scatenare così una grande curiosità ma anche allarme in alcuni settori della politica.
Ed infatti, a stretto giro, è arrivato la preoccupata reazione del Pdl che ha affidato a Maurizio Lupi vicepresidente della Camera, il compito di 'smontare' il progetto. "Le dichiarazioni di Pier Ferdinando Casini sono azzardate se non addirittura gravi e pericolose per il futuro del governo Monti", ha attaccato Lupi che ha aggiunto: "Se è vera infatti la notizia che ministri dell'attuale esecutivo sarebbero già pronti ad entrare nel suo Partito, mi sembra evidente che questo non è più un governo tecnico. E non mi sembra una buona notizià".
Ha gettato il sasso nello stagno, dunque, Casini che ha fatto intendere come i lavori in corso per la nuova formazione siano a buon punto: il partito della nazione sarà in pista per le politiche perchè "c'è bisogno di un nuovo soggetto", e quello sarà il banco di prova. "Penso che ci saranno novità nelle prossime ore", ha detto Casini dosando sapientemente le informazioni. "Già dei gesti ci sono stati all'interno dell'Udc - ha continuato - e noi dell'Udc e del terzo Polo siamo convinti che c'è bisogno di un nuovo soggetto politico, una cosa diversa che metta insieme tecnici e politici, sindacalisti intelligenti e imprenditori illuminati".
Il soggetto non verrà costruito prima delle amministrative "perchè - ha spiegato - è impossibile, visto che si vota domani l'altro, ma sarà pronto prima delle elezioni politiche".
(18 aprile 2012)
Re: Come se ne viene fuori ?
Spesa pubblica: non basta il freno, serve l’accetta
Enrico Zanetti
Dal 2000 al 2006, quando al governo c’erano forze di enunciata fede liberista e antistatalista, la spesa pubblica è sorprendentemente cresciuta in termini reali del 21,22%. Un’impennata priva di giustificazione. Staremo dunque vivendo un periodo di stabilizzazione della spesa pubblica senza precedenti, come dice il ministro Giarda, ma ora servono tagli se vogliamo provare ad avere una pressione fiscale da paese civile.
17 aprile 2012 - 08:47
Il Ministro Giarda, incaricato dal Governo per la spending review, ha dichiarato che da questa azione non potranno derivare tesoretti con i quali ridurre la pressione fiscale, ma al più razionalizzazioni idonee a rafforzare il contenimento della spesa e il raggiungimento dell’obiettivo del pareggio di bilancio sul 2013.
Secondo il Ministro Giarda, infatti, azioni più incisive sulla spesa implicherebbero rilevanti riflessi sul livello delle prestazioni, tra le quali anche servizi essenziali quali scuola, sanità e sicurezza, posto che interventi significativi sono già stati fatti e con essi si è ottenuto, per la prima volta nella storia del Paese, di stabilizzare il livello di spesa pubblica del 2009 fino a tutto il 2013. Dopo le considerazioni di carattere generale già sviluppate nei giorni scorsi (vedi il mio ultimo articolo), torniamo sull’argomento per dare conto più nel dettaglio delle evidenze numeriche che emergono dall’analisi comparata che abbiamo condotto sulla macrostruttura della spesa pubblica dal 2000 ad oggi.
Al netto degli interessi passivi, la spesa pubblica nel 2009 è stata pari a 727 miliardi di euro, nel 2010 a 723 miliardi di euro, nel 2011 a 721 miliardi di euro, nel 2012 è prevista in misura pari a 719 miliardi di euro e nel 2013 a 720 miliardi di euro.
Cosa è successo però fino al 2009? Dal 1980 al 1991, la spesa pubblica è cresciuta in termini reali del 63,97%. Dal 1991 al 2000, è cresciuta molto meno, ma, nonostante il grande spavento della quasi bancarotta e i buoni propositi della Seconda Repubblica, è comunque cresciuta in termini reali del 6,95%. Nel 2000, la spesa pubblica al netto degli interessi passivi era pari a 475 miliardi di euro. Dal 2000 al 2006, quando al governo c’erano forze di enunciata fede liberista è antistatalista, la spesa pubblica al netto degli interessi passivi è sorprendentemente cresciuta in termini reali del 21,22%. Un’impennata priva di qualsivoglia giustificazione, in un’ottica di oculata gestione finanziaria e di rigore nei conti.
E infatti, se dal 1991 al 2000 l’aumento del 6,95% è stato accompagnato da una riduzione dell’incidenza della spesa pubblica (sempre al netto degli interessi passivi) sul PIL dal 42,80% al 39,64%, viceversa dal 2000 al 2006 la sua incidenza sul PIL è cresciuta dal 39,64% al 44,33%. Dal 2006 in poi, la folle cavalcata viene arrestata. Dal 2006 al 2008, la spesa pubblica diminuisce in termini reali dello 0,39%; dal 2008 al 2011 dello 0,13%; dal 2011 al 2014, dovrebbe diminuire, sempre in termini reali, del 2,78%.
Ha dunque ragione il Ministro Giarda quando sottolinea che stiamo vivendo un periodo di stabilizzazione della spesa pubblica che non ha precedenti nella storia della Repubblica. Resta però il fatto che gli interventi a tutt’oggi messi in campo hanno arrestato, ma non riassorbito i vertiginosi aumenti del passato, tanto è vero che il raffronto tra 2000 e 2011 evidenza ancora un incremento in termini reali del 20,59%. Prendiamo appunto la spesa pubblica al netto degli interessi passivi del 2000, pari, come detto, a 475 miliardi di euro. Attualizzata con l’inflazione, si tradurrebbe nel 2011 in 598 miliardi di euro, ossia 124 miliardi di euro in meno dei 722 che sono stati effettivamente spesi. Affermare che mettere in discussione quei 124 miliardi di euro significherebbe incidere sul livello di prestazioni di servizi anche essenziali, come scuola, sanità e sicurezza, significa ritenere che il livello generale delle prestazioni e della protezione sociale offerte dallo Stato nel 2011 è cresciuto in modo proporzionale a detto incremento rispetto ai corrispondenti livelli dell’anno 2000.
È indubbio che una parte di quell’incremento non sia agevolmente comprimibile e trovi anzi giustificazioni macroeconomiche e sociali: si pensi, in particolare, ai maggiori costi connessi al progressivo innalzamento dell’età media della popolazione. In particolare, la spesa per protezione è passata dai 195 miliardi del 2000 ai 306 miliardi del 2011: una crescita nominale del 56,64%, cui corrisponde una crescita reale del 24,30%, pari a 60 miliardi di euro.
È però difficile pensare, come invece le affermazioni del Ministro Giarda lasciano implicitamente intendere, che i restanti 64 miliardi di euro di quell’incremento complessivo di 124, generatosi per intero anni tra il 2000 e il 2006 e solo in minima parte riassorbito dal 2006 in avanti, non possa essere in buona parte ascritto più a sprechi, inefficienze e sperperi da tagliare che non ad accrescimento qualitativo del livello delle altre prestazioni erogate ai cittadini. Nel dettaglio, questi 64 miliardi di incremento reale della spesa sono riconducibili per 14 alle retribuzioni dei lavoratori del pubblico impiego; per 63 ai cosiddetti consumi intermedi, ossia gli acquisti di beni e servizi da parte dello Stato; per 8 alla spesa per investimenti.
Il totale fa 85, ma sono appunto 21 i miliardi di complessiva riduzione in termini reali delle altre voci di spesa, quali ad esempio ammortamenti, contributi alla produzione e imposte che le amministrazioni pubbliche devono esse stesse pagare. È del tutto evidente quanto spazio di azione vi possa essere in quei 63 miliardi di incremento reale dei consumi intermedi, rispetto al livello cui essi si attestavano nel 2000.
Si noti per altro come questo importo si allinea perfettamente con la stima di 60 miliardi più volte rilanciata in questi ultimi mesi dal Presidente della Corte dei conti, in merito al costo per la collettività degli sprechi, delle inefficienze e degli sperperi che caratterizzano un settore pubblico ove è sempre più evidente la dilagante corruzione. Sul fronte dei consumi e della produzione, il Paese è suo malgrado già tornato sui livelli di oltre dieci anni fa. Perché, torniamo dunque a chiederci, mentre il Paese soffre e arretra, lo Stato dovrebbe considerarsi già bravo a limitarsi a non avanzare oltre?
http://www.linkiesta.it/spesa-pubblica
Enrico Zanetti
Dal 2000 al 2006, quando al governo c’erano forze di enunciata fede liberista e antistatalista, la spesa pubblica è sorprendentemente cresciuta in termini reali del 21,22%. Un’impennata priva di giustificazione. Staremo dunque vivendo un periodo di stabilizzazione della spesa pubblica senza precedenti, come dice il ministro Giarda, ma ora servono tagli se vogliamo provare ad avere una pressione fiscale da paese civile.
17 aprile 2012 - 08:47
Il Ministro Giarda, incaricato dal Governo per la spending review, ha dichiarato che da questa azione non potranno derivare tesoretti con i quali ridurre la pressione fiscale, ma al più razionalizzazioni idonee a rafforzare il contenimento della spesa e il raggiungimento dell’obiettivo del pareggio di bilancio sul 2013.
Secondo il Ministro Giarda, infatti, azioni più incisive sulla spesa implicherebbero rilevanti riflessi sul livello delle prestazioni, tra le quali anche servizi essenziali quali scuola, sanità e sicurezza, posto che interventi significativi sono già stati fatti e con essi si è ottenuto, per la prima volta nella storia del Paese, di stabilizzare il livello di spesa pubblica del 2009 fino a tutto il 2013. Dopo le considerazioni di carattere generale già sviluppate nei giorni scorsi (vedi il mio ultimo articolo), torniamo sull’argomento per dare conto più nel dettaglio delle evidenze numeriche che emergono dall’analisi comparata che abbiamo condotto sulla macrostruttura della spesa pubblica dal 2000 ad oggi.
Al netto degli interessi passivi, la spesa pubblica nel 2009 è stata pari a 727 miliardi di euro, nel 2010 a 723 miliardi di euro, nel 2011 a 721 miliardi di euro, nel 2012 è prevista in misura pari a 719 miliardi di euro e nel 2013 a 720 miliardi di euro.
Cosa è successo però fino al 2009? Dal 1980 al 1991, la spesa pubblica è cresciuta in termini reali del 63,97%. Dal 1991 al 2000, è cresciuta molto meno, ma, nonostante il grande spavento della quasi bancarotta e i buoni propositi della Seconda Repubblica, è comunque cresciuta in termini reali del 6,95%. Nel 2000, la spesa pubblica al netto degli interessi passivi era pari a 475 miliardi di euro. Dal 2000 al 2006, quando al governo c’erano forze di enunciata fede liberista è antistatalista, la spesa pubblica al netto degli interessi passivi è sorprendentemente cresciuta in termini reali del 21,22%. Un’impennata priva di qualsivoglia giustificazione, in un’ottica di oculata gestione finanziaria e di rigore nei conti.
E infatti, se dal 1991 al 2000 l’aumento del 6,95% è stato accompagnato da una riduzione dell’incidenza della spesa pubblica (sempre al netto degli interessi passivi) sul PIL dal 42,80% al 39,64%, viceversa dal 2000 al 2006 la sua incidenza sul PIL è cresciuta dal 39,64% al 44,33%. Dal 2006 in poi, la folle cavalcata viene arrestata. Dal 2006 al 2008, la spesa pubblica diminuisce in termini reali dello 0,39%; dal 2008 al 2011 dello 0,13%; dal 2011 al 2014, dovrebbe diminuire, sempre in termini reali, del 2,78%.
Ha dunque ragione il Ministro Giarda quando sottolinea che stiamo vivendo un periodo di stabilizzazione della spesa pubblica che non ha precedenti nella storia della Repubblica. Resta però il fatto che gli interventi a tutt’oggi messi in campo hanno arrestato, ma non riassorbito i vertiginosi aumenti del passato, tanto è vero che il raffronto tra 2000 e 2011 evidenza ancora un incremento in termini reali del 20,59%. Prendiamo appunto la spesa pubblica al netto degli interessi passivi del 2000, pari, come detto, a 475 miliardi di euro. Attualizzata con l’inflazione, si tradurrebbe nel 2011 in 598 miliardi di euro, ossia 124 miliardi di euro in meno dei 722 che sono stati effettivamente spesi. Affermare che mettere in discussione quei 124 miliardi di euro significherebbe incidere sul livello di prestazioni di servizi anche essenziali, come scuola, sanità e sicurezza, significa ritenere che il livello generale delle prestazioni e della protezione sociale offerte dallo Stato nel 2011 è cresciuto in modo proporzionale a detto incremento rispetto ai corrispondenti livelli dell’anno 2000.
È indubbio che una parte di quell’incremento non sia agevolmente comprimibile e trovi anzi giustificazioni macroeconomiche e sociali: si pensi, in particolare, ai maggiori costi connessi al progressivo innalzamento dell’età media della popolazione. In particolare, la spesa per protezione è passata dai 195 miliardi del 2000 ai 306 miliardi del 2011: una crescita nominale del 56,64%, cui corrisponde una crescita reale del 24,30%, pari a 60 miliardi di euro.
È però difficile pensare, come invece le affermazioni del Ministro Giarda lasciano implicitamente intendere, che i restanti 64 miliardi di euro di quell’incremento complessivo di 124, generatosi per intero anni tra il 2000 e il 2006 e solo in minima parte riassorbito dal 2006 in avanti, non possa essere in buona parte ascritto più a sprechi, inefficienze e sperperi da tagliare che non ad accrescimento qualitativo del livello delle altre prestazioni erogate ai cittadini. Nel dettaglio, questi 64 miliardi di incremento reale della spesa sono riconducibili per 14 alle retribuzioni dei lavoratori del pubblico impiego; per 63 ai cosiddetti consumi intermedi, ossia gli acquisti di beni e servizi da parte dello Stato; per 8 alla spesa per investimenti.
Il totale fa 85, ma sono appunto 21 i miliardi di complessiva riduzione in termini reali delle altre voci di spesa, quali ad esempio ammortamenti, contributi alla produzione e imposte che le amministrazioni pubbliche devono esse stesse pagare. È del tutto evidente quanto spazio di azione vi possa essere in quei 63 miliardi di incremento reale dei consumi intermedi, rispetto al livello cui essi si attestavano nel 2000.
Si noti per altro come questo importo si allinea perfettamente con la stima di 60 miliardi più volte rilanciata in questi ultimi mesi dal Presidente della Corte dei conti, in merito al costo per la collettività degli sprechi, delle inefficienze e degli sperperi che caratterizzano un settore pubblico ove è sempre più evidente la dilagante corruzione. Sul fronte dei consumi e della produzione, il Paese è suo malgrado già tornato sui livelli di oltre dieci anni fa. Perché, torniamo dunque a chiederci, mentre il Paese soffre e arretra, lo Stato dovrebbe considerarsi già bravo a limitarsi a non avanzare oltre?
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Re: Come se ne viene fuori ?
Casini: «Mi faccio un partito
con i tecnici di Monti»
«Novità nelle prossime ore», ha detto Casini sulla nascita del Partito della Nazione. Ci saranno tecnici del governo Monti? «Penso di sì». Anche Passera? «E chi lo sa...».
18 aprile 2012 A - A «Penso che ci saranno novità nelle prossime ore», ha detto Casini in merito alla fondazione del Partito della Nazione. «Già dei gesti ci sono stati all'interno dell'Udc - spiega Casini - e noi dell'Udc e del terzo Polo siamo convinti che c'è bisogno di un nuovo soggetto politico, una cosa diversa che metta insieme tecnici e politici, sindacalisti intelligenti e imprenditori illuminati».
Il soggetto non verrà costruito prima delle amministrative «perché - sottolinea - è impossibile, visto che si vota domani l'altro, ma prima delle elezioni politiche». Il partito della nazione sarà in pista per le politiche perché «c'è bisogno di un nuovo soggetto», ha annunciato Pier Ferdinando Casini a Otto e mezzo. E alla domanda di Lilli Gruber se ne faranno parte anche tecnici del governo Monti, il leader dell'Udc ha risposto: «Penso di sì». Anche il ministro Passera? «E chi lo sa», ha ribattuto.
«Mi preoccupano sempre il populismo, il qualunquismo e la demogagia e ricordo che chi semina vento raccoglie tempesta» . Lo ha affermato il leader dell' Udc Pier Ferdinando Casini, parlando a Otto e Mezzo del successo attribuito dai sondaggi al movimento di Beppe Grillo. «Tutti i populisti della storia d'Italia hanno trovato qualcuno più populista di loro e queste non sono mai le risposte che servono all'Italia. Il populismo di chi mostra i cappi in Parlamento 20 anni fa, oggi si confronta con i casi che che sono all'ordine del giorno della Lega: erano loro i populisti all'epoca e la fine è questa», ha detto ancora Casini. «Rispetto le persone che lo votano e che sicuramente lo fanno in buona fede - ha concluso il leader Udc su Grillo - ma è un grande errore. E soprattutto non è una risposta per l'Italia: l'unico antidoto all'antipolitica è migliorare la politica».
L'Unità
con i tecnici di Monti»
«Novità nelle prossime ore», ha detto Casini sulla nascita del Partito della Nazione. Ci saranno tecnici del governo Monti? «Penso di sì». Anche Passera? «E chi lo sa...».
18 aprile 2012 A - A «Penso che ci saranno novità nelle prossime ore», ha detto Casini in merito alla fondazione del Partito della Nazione. «Già dei gesti ci sono stati all'interno dell'Udc - spiega Casini - e noi dell'Udc e del terzo Polo siamo convinti che c'è bisogno di un nuovo soggetto politico, una cosa diversa che metta insieme tecnici e politici, sindacalisti intelligenti e imprenditori illuminati».
Il soggetto non verrà costruito prima delle amministrative «perché - sottolinea - è impossibile, visto che si vota domani l'altro, ma prima delle elezioni politiche». Il partito della nazione sarà in pista per le politiche perché «c'è bisogno di un nuovo soggetto», ha annunciato Pier Ferdinando Casini a Otto e mezzo. E alla domanda di Lilli Gruber se ne faranno parte anche tecnici del governo Monti, il leader dell'Udc ha risposto: «Penso di sì». Anche il ministro Passera? «E chi lo sa», ha ribattuto.
«Mi preoccupano sempre il populismo, il qualunquismo e la demogagia e ricordo che chi semina vento raccoglie tempesta» . Lo ha affermato il leader dell' Udc Pier Ferdinando Casini, parlando a Otto e Mezzo del successo attribuito dai sondaggi al movimento di Beppe Grillo. «Tutti i populisti della storia d'Italia hanno trovato qualcuno più populista di loro e queste non sono mai le risposte che servono all'Italia. Il populismo di chi mostra i cappi in Parlamento 20 anni fa, oggi si confronta con i casi che che sono all'ordine del giorno della Lega: erano loro i populisti all'epoca e la fine è questa», ha detto ancora Casini. «Rispetto le persone che lo votano e che sicuramente lo fanno in buona fede - ha concluso il leader Udc su Grillo - ma è un grande errore. E soprattutto non è una risposta per l'Italia: l'unico antidoto all'antipolitica è migliorare la politica».
L'Unità
Re: Come se ne viene fuori ?
OBIETTIVO: SUPERARE L'ESPERIENZA DEL PDL E DAR VITA AD UN'ALLEANZA CON IL TERZO POLO
Nuova casa dei centristi, Pisanu guida la fronda
Una trentina di parlamentari del Pdl pronti a seguire l'ex ministro nella creazione di un nuovo soggetto politico
ROMA - Una nuova casa dei liberaldemocratici che porti al superamento dell'esperienza del Pdl e che abbia tra i suoi interlocutori privilegiati tutti coloro che fanno capo all'area centrista, a partire dal Terzo Polo di Fini, Casini e Rutelli. E' il progetto a cui starebbe lavorando l'ex ministro dell'Interno, Beppe Pisanu, democristiano di lungo corso e tra i primi ad assumere ruoli di responsabilità e istituzionali nelle fila di Forza Italia. Ma anche, nell'ultimo anno, tra i principali critici, dall'interno della maggioranza, delle politiche del governo di fronte alla recessione e degli equilibri precari su cui si è retta la coalizione dopo la fuoriuscita dei finiani. Proprio Pisanu, lo scorso novembre, era stato considerato il leader del fronte polista favorevole all'avvicendamento a Palazzo Chigi e alla nascita del governo Monti.
«NUOVA LEGGE ELETTORALE» - Con Pisanu ci sarebbero già una trentina di parlamentari pronti a dare vita alla nuova avventura politica. Lo stesso Pisanu, mercoledì, nel corso di un incontro al Senato tra alcuni big del partito alla presenza di Ignazio La Russa, avrebbe tenuto un intervento durato una quarantina di minuti e chiesto una nuova legge elettorale e il superamento dell'attuale fase politica. Proprio oggi dovrebbe essere presentato un documento in tal senso che potrebbe essere la prima base programmatica del nuovo movimento.
Redazione Online
19 aprile 2012 | 12:46
http://www.corriere.it/politica/12_apri ... 698e.shtml
Nuova casa dei centristi, Pisanu guida la fronda
Una trentina di parlamentari del Pdl pronti a seguire l'ex ministro nella creazione di un nuovo soggetto politico
ROMA - Una nuova casa dei liberaldemocratici che porti al superamento dell'esperienza del Pdl e che abbia tra i suoi interlocutori privilegiati tutti coloro che fanno capo all'area centrista, a partire dal Terzo Polo di Fini, Casini e Rutelli. E' il progetto a cui starebbe lavorando l'ex ministro dell'Interno, Beppe Pisanu, democristiano di lungo corso e tra i primi ad assumere ruoli di responsabilità e istituzionali nelle fila di Forza Italia. Ma anche, nell'ultimo anno, tra i principali critici, dall'interno della maggioranza, delle politiche del governo di fronte alla recessione e degli equilibri precari su cui si è retta la coalizione dopo la fuoriuscita dei finiani. Proprio Pisanu, lo scorso novembre, era stato considerato il leader del fronte polista favorevole all'avvicendamento a Palazzo Chigi e alla nascita del governo Monti.
«NUOVA LEGGE ELETTORALE» - Con Pisanu ci sarebbero già una trentina di parlamentari pronti a dare vita alla nuova avventura politica. Lo stesso Pisanu, mercoledì, nel corso di un incontro al Senato tra alcuni big del partito alla presenza di Ignazio La Russa, avrebbe tenuto un intervento durato una quarantina di minuti e chiesto una nuova legge elettorale e il superamento dell'attuale fase politica. Proprio oggi dovrebbe essere presentato un documento in tal senso che potrebbe essere la prima base programmatica del nuovo movimento.
Redazione Online
19 aprile 2012 | 12:46
http://www.corriere.it/politica/12_apri ... 698e.shtml
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Re: Come se ne viene fuori ?
I signori della truffa non dormono mai
Sostiene il Divo Giulio: “ A pensar male si fa peccato ma,….quasi sempre ci si azzecca.”
Ed io sto pensando male per tutto quanto sta accadendo in Italia da tre mesi a questa parte. E’ pur vero che alcune indagini della magistratura hanno una scadenza naturale, ma per quanto stiamo assistendo mi sembra esagerato supporre ad una coincidenza.
Le notizie degli abusi dei politici si susseguono con scadenza giornaliera.
Ieri sotto i riflettori ci stava il Celeste dei Memores domini votato alla castità e alla povertà.
Oggi ritorna il solito Berlusconi indagato a Bari perché indusse Tarantini a mentire sulle feste e sulle escort, Calderoli in versione Tremontiana e guarda caso Errani in Emilia-Romagna.
Allora possiamo non pensar male?
Tutto sembra seguire un copione già scritto. La chiave di lettura di tutto questo è l’annuncio di ieri dalla Gruber del lancio del nuovo Partito della Nazione da parte del gattopardo-squalo, Pierazzurro Casini in Caltagirone.
Per gli studiosi dei costumi tricolori questa è l’ennesima conferma che l’Italia è permanentemente composta da una minoranza di gattopardi-squalo e dalla maggioranza di merli fessi.
Che il partito dello squalo Pierazzurro, l’Udc, non valga una cicca, sono i dati a dimostrarlo con la stabilità di consensi negli ultimi tre anni.
L’Udc oscilla sempre tra un 6,5 ed un massimo del 7,8 % a secondo dell’istituto di rilevamento.
E’ pur vero che il consenso del partito cattolico è quasi raddoppiato rispetto alle origini, ma da tempo ha subito uno stop tecnico dovuto alla povertà dei contenuti del Casini pensiero.
Pierazzurro ha ricominciato ad agitarsi quando Gianfrà è stato cacciato dal Pdl nel 2010. Con Fini e quei due campioni di Rutelli e di Lombardo si è inventato il Terzo Polo. Nei sondaggi però il mitico Terzo Pollo non è stato capace di andare oltre il 17 %.
Troppo poco per combinare qualcosa, soprattutto oggi che con le vicende di Rutellix e Lombardo occorre sommare i voti affinché Api e Mpa possano raggiungere l’iperbolica cifra dello 0,3 %.
Pier lo squalo ha bisogno d’altro. Si è quindi inventato il Partito della Nazione, un nome roboante e pretenzioso. Anche sui nomi dei partiti oramai siamo alla frutta.
Pier in tutti questi anni non è riuscito ad agganciare Giulia Sofia e Montezemolo con la sua organizzazione di “Italia futura” per via di reciproche incomprensioni.
Il presidente della Ferrari gli preferisce Gianfrà che si sta prodigando per convincerlo a scendere nell’agone politico.
Ma l’obiettivo finale di Casini, come appare evidente, è rifare la Dc, anche se sotto mentite spoglie del Partito della Nazione.
Per ottenere tutto questo Pier deve spaccare sia il Pd che il Pdl. L’attacco della magistratura al Pdl è evidente. Se poi distrugge la Lega si toglie al cavaliere nero la possibilità di formare prossimamente alleanze che possano concorrere alla vittoria.
Le bottarelle a sinistra servono allo stesso scopo.
Diventa pertanto strano che la magistratura riprenda in questa fase il caso Errani dopo quello Vendola e taccia completamente sul il caso Finmeccanica – Udc. Solo l’Idv non è alla ribalta delle cronache giudiziarie, ma quello che appare molto strano è che si disinteressi completamente dell’Udc. Il Fli è limpido e immacolato come il Celeste Formigoni?
E i Re Magi che hanno portato per 14 volte dall’azienda di Stato solo oro nella grotta del’Udc che fine hanno fatto? Solo Belsito, Il Celeste ed Errani sono degni di attenzione?
La storia si ripete all’infinito. Prima il protetto dal fascismo finanziario era il Cavaliere di Predappio, poi c’è stata la Dc per mezzo secolo e alla sua caduta ha appoggiato il cavaliere appassionato di bunga – bunga. Ora che anche lui è strabollito, il fascismo finanziario cambia cavallo scegliendo Pier lo squalo che ipotizza il ritorno della balena bianca. Se gli dovesse andare bene dopo aver spezzato le ali estreme dell’attuale bipolarismo la nuova Dc potrebbe tentare il bis, visto che a sinistra si è in altomare per dare vita ad una sinistra di governo che possa contrastare il nascente Partito della Nazione.
Sostiene il Divo Giulio: “ A pensar male si fa peccato ma,….quasi sempre ci si azzecca.”
Ed io sto pensando male per tutto quanto sta accadendo in Italia da tre mesi a questa parte. E’ pur vero che alcune indagini della magistratura hanno una scadenza naturale, ma per quanto stiamo assistendo mi sembra esagerato supporre ad una coincidenza.
Le notizie degli abusi dei politici si susseguono con scadenza giornaliera.
Ieri sotto i riflettori ci stava il Celeste dei Memores domini votato alla castità e alla povertà.
Oggi ritorna il solito Berlusconi indagato a Bari perché indusse Tarantini a mentire sulle feste e sulle escort, Calderoli in versione Tremontiana e guarda caso Errani in Emilia-Romagna.
Allora possiamo non pensar male?
Tutto sembra seguire un copione già scritto. La chiave di lettura di tutto questo è l’annuncio di ieri dalla Gruber del lancio del nuovo Partito della Nazione da parte del gattopardo-squalo, Pierazzurro Casini in Caltagirone.
Per gli studiosi dei costumi tricolori questa è l’ennesima conferma che l’Italia è permanentemente composta da una minoranza di gattopardi-squalo e dalla maggioranza di merli fessi.
Che il partito dello squalo Pierazzurro, l’Udc, non valga una cicca, sono i dati a dimostrarlo con la stabilità di consensi negli ultimi tre anni.
L’Udc oscilla sempre tra un 6,5 ed un massimo del 7,8 % a secondo dell’istituto di rilevamento.
E’ pur vero che il consenso del partito cattolico è quasi raddoppiato rispetto alle origini, ma da tempo ha subito uno stop tecnico dovuto alla povertà dei contenuti del Casini pensiero.
Pierazzurro ha ricominciato ad agitarsi quando Gianfrà è stato cacciato dal Pdl nel 2010. Con Fini e quei due campioni di Rutelli e di Lombardo si è inventato il Terzo Polo. Nei sondaggi però il mitico Terzo Pollo non è stato capace di andare oltre il 17 %.
Troppo poco per combinare qualcosa, soprattutto oggi che con le vicende di Rutellix e Lombardo occorre sommare i voti affinché Api e Mpa possano raggiungere l’iperbolica cifra dello 0,3 %.
Pier lo squalo ha bisogno d’altro. Si è quindi inventato il Partito della Nazione, un nome roboante e pretenzioso. Anche sui nomi dei partiti oramai siamo alla frutta.
Pier in tutti questi anni non è riuscito ad agganciare Giulia Sofia e Montezemolo con la sua organizzazione di “Italia futura” per via di reciproche incomprensioni.
Il presidente della Ferrari gli preferisce Gianfrà che si sta prodigando per convincerlo a scendere nell’agone politico.
Ma l’obiettivo finale di Casini, come appare evidente, è rifare la Dc, anche se sotto mentite spoglie del Partito della Nazione.
Per ottenere tutto questo Pier deve spaccare sia il Pd che il Pdl. L’attacco della magistratura al Pdl è evidente. Se poi distrugge la Lega si toglie al cavaliere nero la possibilità di formare prossimamente alleanze che possano concorrere alla vittoria.
Le bottarelle a sinistra servono allo stesso scopo.
Diventa pertanto strano che la magistratura riprenda in questa fase il caso Errani dopo quello Vendola e taccia completamente sul il caso Finmeccanica – Udc. Solo l’Idv non è alla ribalta delle cronache giudiziarie, ma quello che appare molto strano è che si disinteressi completamente dell’Udc. Il Fli è limpido e immacolato come il Celeste Formigoni?
E i Re Magi che hanno portato per 14 volte dall’azienda di Stato solo oro nella grotta del’Udc che fine hanno fatto? Solo Belsito, Il Celeste ed Errani sono degni di attenzione?
La storia si ripete all’infinito. Prima il protetto dal fascismo finanziario era il Cavaliere di Predappio, poi c’è stata la Dc per mezzo secolo e alla sua caduta ha appoggiato il cavaliere appassionato di bunga – bunga. Ora che anche lui è strabollito, il fascismo finanziario cambia cavallo scegliendo Pier lo squalo che ipotizza il ritorno della balena bianca. Se gli dovesse andare bene dopo aver spezzato le ali estreme dell’attuale bipolarismo la nuova Dc potrebbe tentare il bis, visto che a sinistra si è in altomare per dare vita ad una sinistra di governo che possa contrastare il nascente Partito della Nazione.
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Re: Come se ne viene fuori ?
............cielo 70 ha scritto:camillobenso ha scritto:Per adesso......
ECONOMIA & LOBBY | di Matteo Cavallito | 17 aprile 2012
Fmi: “Due anni di recessione per l’Italia.
Ancora rischi default in Eurolandia” Secondo il rapporto "World Economic Outlook" il timore principale per la crescita mondiale è rappresentato dalla stabilità del Vecchio Continente. (...)
Dati che evidenziano un miglioramento rispetto alle stime precedenti (a gennaio si era ipotizzato un -2,2 per il 2012 seguito da un -0,6 per il 2013) ma che non cambiano la sostanza del problema. Quanto alla Spagna, le notizie non sono particolarmente migliori: l’economia di Madrid si contrarrà dell’1,8% nel corso di quest’anno per poi registrare una ripresa minima (+0,1%) nel 2013. L’eurozona registrerà un complessivo -0,3% nel 2012 e un +0,9% l’anno prossimo. Decisamente migliori le previsioni per l’economia globale: +3,5% nel 2012 (a gennaio si era parlato di un +3,3%) e +4,1% nel 2013. Il quadro complessivo, insomma, migliora. Ma per l’Europa la situazione resta ancora preoccupante. In un momento di rinnovata tensione sui mercati, con l’effetto Ltro (il maxi piano di prestiti alle banche da parte della Bce) ormai esaurito, il Fondo monetario torna ad esprimere la propria preoccupazione per quello che resta il grande anello debole dell’economia mondiale: l’area euro. (...)
Il Fatto QuotidianoQui è anche il sistema che fa acqua. Per anni il pil, e non dico solo in Italia ma specie nell'Europa, è aumentato. Ma se oggi si vive alquanto meno bene di 30 anni fa (e sono false le affermazioni che i consumi sono come negli anni 70, perché a suo tempo con uno stipendio da impiegato uno stava bene e poteva anche comprarsi una casa, e comunque risparmiare)[/quote] e se la prendono con tutta l'Europa perché non ha uno sviluppo annuo sopra il 5%, ritengo che siano da rivedere i parametri del benessere, non potendosi avere uno sviluppo all'infinito in un pianeta dove le risorse sono limitate. Anche l'Osce e dei politici di destra avevano proposto di superare il pil come è misurato adesso.
Caro camillobenso. Io mi sono sposato nel 1970 avevo 23 anni.Percepivo uno stipendio di 80.000 lire e la moglie casalinga, a quei tempi si viveva bene.
La maggioranza le mogli rimanevano a casa.Negli USA lavoravano all'epoca in due in famiglia per avere un certo reddito decente.Negli anni sucessivi per vivere come negli anni citati sopra bisognava lavorare tutti e due in famiglia.All'epoca mi ero comperato una 128 nuova celeste, poi l'ho cambiata con una Opel Manta cupè, colore aragosta, le cambiavo quando arrivavano a 35.000KM.Questo per dire che con un solo reddito si viveva come adesso con due redditi.
Ciao
Paolo11
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- Iscritto il: 22/02/2012, 10:21
Re: Come se ne viene fuori ?
E se provassimo a vedere il mondo sotto un'ottica diversa da quella economica?
Mah! ... che pensieri strani che mi vengono in mente!
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«Non si discute per aver ragione, ma per capire» (Peanuts)
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