COME VA IL PD

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camillobenso
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L’APPUNTAMENTO
Renzi al Pd: basta, pretendo lealtà
Resa dei conti in assemblea



http://www.corriere.it/politica/14_dice ... c66f.shtml
camillobenso
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Re: COME VA IL PD

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#CAMBIAVERSO- STAI SERENO MATTEO



La Stampa 22.12.14
“Io, falsa iscritta Pd”
Una giornalista alla prova della tessera 20 euro e zero controlli

Nome di fantasia, niente documenti né codice fiscale: il numero di finti iscritti può crescere anche in questo modo
di Flavia Amabile

Da cinque giorni ho in tasca una tessera del Pd totalmente falsa. Non è stato poi troppo difficile ottenerla, mi è bastato dare il primo nome che mi è venuto in mente. Nessuno mi ha chiesto né una carta d’identità né una patente. Mi è stato specificato che anche il codice fiscale non è importante: conta solo versare i 20 euro necessari.

Vuol dire che due anni sono stati presi e buttati via. Era l’aprile del 2013 quando esplosero le polemiche intorno alle primarie per il sindaco di Roma con le file di rom fuori dai seggi denunciate da Cristiana Alicata - allora dirigente del partito nel Lazio - e ignorate. E poi lo scandalo delle tessere gonfiate, le rivelazioni dell’inchiesta Mafia Capitale e il commissariamento. Tutto questo non sembra aver ancora insegnato nulla al Pd romano.

Matteo Orfini, il presidente del partito mandato dal segretario Matteo Renzi a fare pulizia tra i circoli della capitale, dieci giorni fa aveva annunciato di voler iniziare il suo lavoro dagli 8mila iscritti nella capitale per passare le loro tessere ai raggi X. Ha ragione perché iscriversi al Pd in alcuni casi è davvero troppo semplice.
Molto dipende dal fatto che è l’ultimo partito ad avere una presenza davvero capillare sul territorio, oltre 6mila circoli, un punto di forza dal punto di vista elettorale ma anche un’opportunità per chi abbia voglia di sottrarsi ai controlli centrali e usare partito e tessere per i propri interessi.


La lista completa dei circoli non è semplice da trovare, sul sito del Pd c’è una mappa 2.0 molto bella ed avanzata con le regioni da cliccare. Peccato che non funzioni.
Per trovare l’elenco dei circoli della capitale è più utile andare a cercare sul sito del Pd Roma. Nella mia zona di residenza ne sono indicati almeno sei. Due sono semichiusi perché, fatta eccezione per i circoli storici, gli altri si appoggiano a strutture dove affittano spazi per poche ore a settimana: trovarli aperti al primo colpo è difficile. Il terzo tentativo è in via Galilei 57, un enorme locale al piano terra gestito da diverse associazioni. Per il Pd devo tornare di giovedì, dopo le 18.
Giovedì 18 dicembre alle sei sono lì, accolta con incredulità e una certa emozione da un giovane pieddino: deve essere trascorso molto tempo dall’ultimo nuovo tesserato arrivato a sostenere il partito. Mi fa entrare nella stanza a disposizione del partito una volta a settimana, racconta che pagano 400 euro al mese per averla e che 15 dei 20 euro della mia futura tessera andranno al circolo, gli altri 5 alla federazione. Mi spiega che è in corso l’ultimissima fase del tesseramento 2014 ma che per avere la tessera del 2015 bisognerà aspettare almeno sei mesi.


Lo rassicuro, voglio sostenere il Pd, verserò la mia quota comunque e inizio a compilare i moduli. Invento un nome, lo scrivo. Invento un numero di telefono, lo scrivo. Sbaglio il codice fiscale, sto per scriverlo di nuovo in base al nome che ho inventato ma il giovane mi spiega che non è necessario, a loro non serve. Scrivo di essere disoccupata, invento una mail che sarà uno scherzo aprire al ritorno a casa per ricevere le comunicazioni, firmo, pago, ringrazio, saluto, vado via. Flavia Alessi è iscritta: non una parola su di me, sui motivi che mi hanno portata a scegliere all’improvviso il Pd.

Quando il giorno dopo Flavia Alessi prova a forzare ancora di più il gioco iscrivendosi anche agli altri partiti si trova di fronte ad un’atmosfera molto diversa. Nessuno ha più soldi a sufficienza per tenere aperte tante strutture, i tesseramenti avvengono esclusivamente online oppure all’interno di circoli dove si è talmente pochi che tutti si conoscono e i nuovi arrivati vengono osservati con attenzione. Resta una possibilità aperta solo con Sel: nel tesseramento online non è richiesto alcun tipo di documento. Ma è più facile che in questo momento faccia gola un eventuale assalto al Pd che a Sel.
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La Stampa 23.12.14
Roma, il peggior Pd d’Italia riparte dai fischi in periferia
Troppi dirigenti da salotto, mentre Zingaretti prepara la fronda al premier

di Jacopo Iacoboni

«Buffoniii»... l’altra settimana Matteo Orfini, Nicola Zingaretti e Ignazio Marino sono stati fischiati così, al Laurentino 38, periferia Sud-Est di Roma, e non era la cosa peggiore che gli dicevano. Eppure, racconta Orfini, «ho voluto che andassimo lì, come ho voluto tre giorni fa che con tutti i coordinatori dei circoli andassimo a Corviale, perché se c’è una cosa che dobbiamo tornare a fare è essere nelle periferie, da dove eravamo spariti. Zingaretti e Marino mi guardavano, c’era un teatro di 250 posti e 600 persone fuori che rumoreggiavano... bene, siamo usciti e abbiamo parlato. Ci fischieranno, hanno ragione, prendiamo i fischi e parliamogli».
Questo per dire cos’è il Pd a Roma. O, meglio, cosa non è: i suoi tre principali dirigenti, il commissario, appena nominato da Matteo Renzi dopo lo scandalo mafia Capitale, il governatore e il sindaco, fanno però fatica ad affacciarsi in intere aree della città. Com’è potuto accadere, al partito erede di Petroselli – che fece uscire intere borgate dall’Ottocento – o, si parva licet, al partito erede dei fasti decaduti del «Modello Roma» del primo centrosinistra?
Le cause, se giri un po’ anche tra i circoli storici – Giubbonari, Trastevere, Mazzini – stanno innanzitutto in una totale alterazione della sua vita democratica. «Roma è il peggior Pd d’Italia», ha detto Renzi. Ma com’è successo? Un dirigente di primo piano che chiede l’anonimato racconta il quadro vero dei circoli: «A Roma esistono 150 circoli del Pd. Bene, un terzo sono veri, hanno iscritti veri e una dinamica reale, dibattito, sono contendibili. Un terzo sono totalmente falsi, non hanno attività, spesso neanche sede. E un terzo sono circoli proprietari, cioè interamente pagati da un consigliere. Questi circoli magari esistono, fanno attività, ma non sono contendibili». Insomma, quando si vota esprimono risultati tipo 100 a zero a favore di un candidato.

Alle ultime elezioni del segretario regionale Pd – ben prima dello scandalo – l’affluenza era già stata bassa. Aveva vinto Fabio Melilli, sostenuto da tutti i big del partito, Bettini, Zingaretti, il segretario romano Cosentino. Melilli è un sabino, fortissimo in provincia, con l’80%, mentre a Roma aveva prevalso la sua rivale, la renziana Lorenza Bonaccorsi. Ora lui dice: «I dirigenti del partito devono smettere di vedere nel Pd un mezzo per far carriera. E forse bisogna finirla con l’idea che conti solo l’amministrazione». Frecciata a Zingaretti?

Il governatore, vero avversario di Renzi in prospettiva, richiesto di un parere ci scrive «il mio unico compito è provare a governare bene. Del Pd mi occupo davvero poco o nulla». Singolare, il suo rivale Renzi ha del partito più o meno la stessa idea: starsene alla larga.

Ma questo lascia campo libero alle peggiori dinamiche. Il commissario Orfini: «A Roma abbiamo imbarcato qualunque cosa. Per questo faremo una roba violenta nella bonifica. Intanto faremo un vero database per tenere sotto controllo le iscrizioni. Se vuoi un partito aperto devi avere una comunità vera, per fermare l’arrivo dei barbari».

E così si sono creati, a Roma, un Pd dei salotti e uno della strada (e della stradaccia, diciamo): con l’uno che si voltava dall’altra parte magari anche per non vedere ciò che faceva l’altro. Racconta Tobia Zevi, il candidato renziano, sconfitto, alle elezioni per la segreteria romana: «Lo scandalo nasce con la giunta di Alemanno. Ma siccome esponenti del centrosinistra sono coinvolti, non basta chiudere i circoli, dobbiamo chiederci: qual è la funzione del partito? Petroselli, e anni dopo Veltroni, avevano un modello di partito, ma noi oggi?».

Marino, che un mese fa il Pd voleva mettere sotto tutela, è improvvisamente diventato «l’argine contro la corruzione». Va a Tor Sapienza e, dove veniva cacciato, viene invitato a pranzo (ieri l’altro). Gli iscritti calano, nel 2012 erano dodicimila, oggi poco più di settemila. Mafia Capitale tocca un volume d’affari di 200 milioni, le vere partite in città sono altre, per esempio la metro C, impantanata, i cui costi sono lievitati da 1,6 a 4 miliardi: e pensate, su questa cosa dovrebbe vigilare il futuro Pd.
camillobenso
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Re: COME VA IL PD

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«Il Partito democratico è una "associazione per delinquere"?»
La Stampa 24.12.14
La metà della somma sequestrata riguarda il capogruppo del Pd Marco Monari
Sequestrate case e indennità ai politici per le spese pazze in Emilia Romagna
“Congelati” 1,2 milioni a 8 capigruppo: la metà della somma riguarda quello del Pd



Il conto più pesante è toccato all’ex capogruppo Pd in consiglio regionale Marco Monari, quello che secondo l’inchiesta «Spese pazze» pranzava nei ristoranti stellati a spese della regione Emilia Romagna: il nucleo tributario della Guardia di finanza è andato a sequestrargli beni immobili, crediti e indennità per 610mila euro, quasi la metà della cifra contestata complessivamente a tutti i responsabili dei gruppi coinvolti, cioè 1 milione 200 mila euro. Già, perché nella lista dei capigruppo raggiunti dal provvedimento deciso dalla Corte dei conti ci sono anche, in ordine di valore sequestrato, Liana Barbati dell’Idv con 147mila euro, Gian Guido Naldi di Sel-Verdi con 105mila, Luigi Giuseppe Villani del Pdl con 100mila, Matteo Riva del Gruppo misto con 96mila, Roberto Sconciaforni di Fds con 90mila, Andrea Defranceschi del M5S con 67mila euro e Silvia Noè dell’Udc con 45mila. Manca giusto l’ex capogruppo della Lega Nord, Mauro Manfredini, che nel frattempo è deceduto.
Atto cautelare
Si tratta di un atto cautelare, chiesto dalla procura regionale della Corte dei conti, dopo che l’assemblea regionale aveva agito in sede amministrativa in quanto ente danneggiato dal comportamento dei consiglieri. L’entità dell’importo è il frutto della quantificazione del danno patrimoniale subito dall’istituzione. I capigruppo sono chiamati a risponderne perché sono responsabili della rendicontazione, della tenuta documentale delle spese e della verifica della regolarità degli esborsi compiuti dai componenti dei gruppi. Gli accertamenti contabili della Finanza si sono concentrati sui soldi spesi da tutti i gruppi consiliari nel 2012: ne è risultato, spiegano le Fiamme gialle, un utilizzo dei contributi a carico del bilancio regionale per scopi «non inerenti all’attività istituzionale e al funzionamento dei gruppi». In particolare, ci sono costi sostenuti per spostamenti in taxi, auto private e treni, pedaggi autostradali, soggiorni in albergo, acquisto di giornali. E poi c’è la voce «consulenze», leit-motiv ricorrente anche nell’indagine della procura di Bologna, spese ritenute dalla magistratura contabile prive di giustificazione e collegamento con l’attività istituzionale. I provvedimenti eseguiti ieri sono altra cosa, anche se collegata, rispetto all’inchiesta che si è da poco conclusa con 41 avvisi di fine indagine per peculato a carico di altrettanti consiglieri della passata legislatura (il nuovo Consiglio è stato eletto il mese scorso e la giunta guidata da Stefano Bonaccini si è appena insediata, ndr). L’indagine penale infatti si riferisce ai rimborsi del periodo giugno 2010 - dicembre 2011.
Udienza in gennaio
Tornando al sequestro di ieri, la prossima tappa del procedimento amministrativo è fissata per fine gennaio, quando sarà fissata l’udienza davanti alla Corte dei conti. A breve dovrebbe essere anche decisa la data dell’udienza in cui si entrerà nel merito delle contestazioni. L’azione della magistratura contabile, coi relativi inviti a dedurre, riguarda peraltro quasi tutti i consiglieri uscenti, compreso l’attuale presidente della Regione Bonaccini. Gli ex capigruppo non commentano, lo fa per loro l’avvocato Antonio Carullo che definisce «abnorme» la richiesta della procura contabile, dato che le regole sarebbero state rispettate: «La Corte costituzionale ha annullato le deliberazioni della Corte dei conti assunte nel 2013 e relative proprio ai rendiconti 2012 dei gruppi assembleari». Quanto all’inchiesta penale, «varrebbe la pena precisare che su di essa si dovrà pronunciare il Gip, o con un rinvio a giudizio o con una richiesta di archiviazione».
cielo 70
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Re: COME VA IL PD

Messaggio da cielo 70 »

Da quando è iniziata questa mutazione genetica? Una volta nelle regioni rosse la cose andavano bene. Anche nel centro c'era un divario fra quelle gestite dalla sinistra e quelle governate dagli altri.
camillobenso
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Re: COME VA IL PD

Messaggio da camillobenso »

cielo 70 ha scritto:Da quando è iniziata questa mutazione genetica? Una volta nelle regioni rosse la cose andavano bene. Anche nel centro c'era un divario fra quelle gestite dalla sinistra e quelle governate dagli altri.



Già, "Da quando è iniziata questa mutazione genetica?"

Io propenderei, al di là di qualsiasi santificazione, dalla morte di Enrico Berlinguer.
camillobenso
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Re: COME VA IL PD

Messaggio da camillobenso »

"Da quando è iniziata questa mutazione genetica?"
cielo 70



Per capire il transitorio del primo dopo Berlinguer, con il cambio del nome del partito e non solo, ci può aiutare Furio Colombo.



POLITICA & PALAZZO
Occhetto: l’ira di Achille verso la sinistra
di Furio Colombo | 24 settembre 2013 COMMENTI


La storia dovrebbe essere divisa in prima di Achille Occhetto e dopo Achille Occhetto. Non sto parlando della storia del Pci. Sto parlando della storia italiana. Occhetto è stato il primo, e forse il solo, a capire che un grande partito con un immenso patrimonio di legami popolari non si tiene immobile fingendo che non sia accaduto nulla, ma anche non lo si liquida nascondendo le bandiere, smontando le feste e mandando tutti a casa, con il modesto espediente che non c’è bisogno di tutta quella gente in piazza.

Ecco da dove parte il nuovo e – in un certo senso – unico libro di Achille Occhetto, il suo ripercorrere gli eventi dall’origine ai giorni nostri, con lo stesso coraggio, allo stesso tempo ingenuo e visionario di allora, quando ha detto l’indimenticata frase a lungo usata contro di lui, che adesso (spiritosamente) è il titolo del libro (La gioiosa macchina da guerra, Editori Riuniti). Colpo di genio usare quella frase, tanto ridicolizzata e strappata dal suo contesto.

Cominciamo dunque dal tempo della dissoluzione dei partiti, così come li avevamo conosciuti fino a quel momento. Spostiamoci nei primi anni Novanta. È un paesaggio estremamente animato.

C’era chi fuggiva dalle finestre di piazza del Gesù, gloriosa sede della Democrazia cristiana, e chi si calava dai lampioni della luce intorno all’edificio del Psi, per allontanarsi nel buio.

Privilegiato da un grande accidente accaduto un po’ prima (la caduta del Muro di Berlino) Occhetto ha capito più in fretta e meglio dei pretenziosi saggi del suo partito, che in condizioni simili non puoi restare immobile e non devi fuggire. E che il cambiamento della storia non fa cambiare come camaleonti i protagonisti del prima affinché possano entrare, come nuovi, nel dopo.

Occhetto chiede visibilità fino al rischio non per dei transfughi, ma per dei protagonisti che entrano insieme a tutto il loro popolo di militanti ancora intatto, in una storia diversa in cui, però, le radici continuavano a essere la Resistenza e la Costituzione e il leader-simbolo Berlinguer.

Da questo punto in poi, la sua narrazione si muove come se fosse inevitabile tenere conto della forza, della tradizione, della rispettabilità e del peso di un partito di popolo come il suo. Non prevedeva una sorta di colpo di stato interno.

In esso, gli ufficiali del vecchio Pci si sono impadroniti di ciò che restava del partito (e che era molto, perché era volontario e non di convenienza, lo hanno preso in mano secondo la persuasione che tutto spetta al ceto professionale (“i professionisti della politica”) e niente all’area di ascolto politico. E hanno respinto, anche con un certo sdegno, tutti i tentativi popolari (ovvero della massa volontaria di iscritti e simpatizzanti) di tornare in piazza, di tornare a contare, persino di formare un corteo, con una bandiera e uno striscione. S’intende che un riferimento di Occhetto, il politico e di Occhetto lo scrittore, è per forza D’Alema.

Ma è vero che D’Alema (questa è un’osservazione del recensore, non dell’autore) ha avuto la forza di prevalere su tutti gli ufficiali ex Pci, nell’imporre il principio che “politica” è solo ciò che detta il Quartier generale.


Tutti gli altri sono peones, in Parlamento, in piazza e nell’urna.


Per forza, allora, la frase di Occhetto finisce per sembrare risibile. Svela ingenuità non sulla valutazione degli ostacoli per vincere fuori, ma su quelli ben più duri, del vincere dentro. Ovvero di contare e controllare il partito di cui, in teoria, era ancora il segretario.

Giudicando da fatti che sono accaduti dopo, non credo che il destino di Occhetto, segretario deposto senza tante formalità dal circolo ufficiali del suo partito, avrebbe avuto un destino diverso.

Altri estranei (vedi Romano Prodi) sono stati accompagnati all’uscita in quanto non “interni” al circolo. E la stessa sorte, fare in modo che non avessero alcuno spazio e alcun ruolo, è stato riservato a buoni e volonterosi compagni di strada che intanto si erano associati all’avventura pensando a una partecipazione politica che, invece, era stata prontamente vietata, a sinistra, sia in piazza che nel partito.


Adesso la macchina voleva la normalità impossibile della collaborazione con Berlusconi.


Perciò ha tagliato via di netto una parte notevole di elettorato e trasformato in limitato sostegno locale un’altra.


Resta il fatto, narrato nel libro, che Achille Occhetto ha dovuto uscire di scena senza neppure un commiato.



Con fastidio per l’ingiustizia subita, ma rimpianti (ci dice nel libro) solo per ciò che poteva accadere. Ma nessuna vendetta, tranne La Gioiosa Macchina da Guerra che sta per essere pubblicato.

il Fatto Quotidiano, 24 Settembre 2013

http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/09 ... ra/721280/
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Noi abbiamo percepito il conte Max negli anni successivi al golpe interno al Pds, come un difensore della sinistra. In modo particolare all’interno dei talk dell’epoca. Vent’anni dopo non viene più percepito in questo modo. Non sono solo io a vederlo in modo diverso, ma lo hanno visto in modo diverso anche gli scioperanti di Bari, di cui, incautamente, l’altra settimana baffino ha cercato di strumentalizzare pro domo sua. Credendo di essere ancora il più furbo del reame, e che i sudditi – schiavi non si fossero accorti della storia ventennale precedente.

Il conte Max, viene ora percepito come tutti gli altri attori del ventennio berlusconiano, come i responsabili del fallimento del Paese, in concorso con l’ex Caimano.

Nanni Moretti, più sensibile di altri nell’intuire gli avvenimenti, non aveva esitato in Piazza Navona il 2 febbraio 2002 a metterci la faccia denunciando lo stato maggiore dell’Ulivo con la famosa frase : “Con questi dirigenti non vinceremo mai”. Frase più che profetica.

• Nanni Moretti a Piazza Navona Roma ... con questi dirigenti ...
► 4:07► 4:07
http://www.youtube.com/watch?v=LZ-J3eaHEO0
01 apr 2010 - Caricato da Sull'amaca
Nanni Moretti a Piazza Navona Roma ... con questi dirigenti non vinceremo ... <a href="/channel ...
• la Repubblica/politica: L'ultimo urlo di Nanni 'Corteo inutile ...
http://www.repubblica.it/online/politic ... denti.html
Nanni Moretti cammina svelto dentro al suo loden, si volta appena quando lo ... Navona: "E' stata una serata inutile, con questi dirigenti non vinceremo mai", ... "poi ho sentito gli ultimi due interventi e ho pensato: no, anche questa è stata una ...

Se uno pensa che nel Pci fossero tutti angioletti, o, di qua i buoni e di là i cattivi,…..si sbaglia di grosso.

Erano solo meno avidi di tutto il resto della compagnia dei “Mal tra insema”

Se non hai una guida, se non hai un punto di riferimento, come ha fatto rilevare giustamente l’altra domenica sul Fatto Massimo Cacciari, tutto si trasforma, tutto va in vacca.

A mio avviso, la dirigenza emiliana, che per anni è stata indicata come coloro che attuavano una buona politica sociale, non in senso assoluto, ma in senso relativo, ad un certo punto, da sbandati si sono adeguati alla realtà romana. A sua volta connivente con Berlusconi.

Roma chiudeva un occhio, in cambio della chiusura di tutte e due gli occhi degli emiliano romagnoli.

Fino ai giorni nostri.

Non si tratta di essere o fare i moralisti, ma stiamo assistendo oggi al contrasto che sta vivendo la Chiesa Cattolica con l’arrivo di Francesco. Una chiesa che per l’ennesima volta nella sua bi millenaria storia, aveva toccato il fondo.

E se il fondo l’hanno toccato loro che hanno fatto voto di povertà e con quel po’ po’ di storia alle spalle, potete immaginarvi cosa succede tra chi quel voto non l’ha mai fatto.
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Re: COME VA IL PD

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Pd e scandali, Felice Casson (Pd): “Basta politicanti, ma la lotta si fa dall’interno”
Politica & Palazzo
L'ex magistrato e membro dei Democratici: "La ferita più profonda? Il no del mio partito all'uso delle intercettazioni per Antonio Azzolini, contro i nostri ideali". Ora si candida per le primarie del centrosinistra a Venezia: "In Parlamento incidiamo poco, me ne torno in Laguna. Scissione? La contemplo solo se non ci sono più strade"
di Andrea Scanzi | 27 dicembre 2014 COMMENTI


Servirebbero più persone esterne alla politica. Farebbero bene al Paese. Meglio gli esterni di tanti politici politicanti, interessati soltanto alla cadrega.

Alludo anche a parte del Pd”.

Felice Casson si sente ancora un “esterno” ed è con questo approccio che, dopo otto anni da senatore, affronta le primarie come sindaco di Venezia.

Un incarico che perse per duecento voti nel 2003, quando a vincere fu Massimo Cacciari: il primo a criticare questa sua decisione.

“La situazione stava degenerando già prima degli arresti.

Orsoni era discusso anche all’interno del Pd. L’evidenza dello scandalo ha reso manifesta una situazione drammatica. Venezia è una città quasi in macerie, governata da ‘tecnici’ e poteri forti che non fermano il disastro. Anzi”.

Come si esce dallo scandalo Mose?
Con una politica radicalmente diversa, che abbia ampio respiro e non pensi solo a domani ma anche a quel che sarà tra vent’anni. Maggiore attenzione al territorio, all’ambiente, ai temi etici. E lotta serrata alla corruzione.

Tutte cose non esattamente urgenti per Renzi.
Anche il Patto di Stabilità è un colpo durissimo. Il calcolo è stato fatto su dati del 2007, quando Venezia stava molto meglio e poteva per esempio beneficiare dei tanti soldi che arrivavano dal Casinò. Un tale calcolo errato provoca tagli terribili a discapito dei servizi sociali basilari per i cittadini.

Sta criticando una politica nazionale voluta dal leader del suo stesso partito.
Le mie divergenze dalla politica del Pd sono note. Riguardano la lotta alla corruzione, la difesa della Costituzione, il Jobs Act.

Praticamente tutto. Perdoni, ma lei e Civati nel Pd che ci state a fare?
Per combattere dall’interno e perché la scissione la contemplo solo se non ci sono più strade. Se ci fossero cento persone in più come me o Civati, potremmo condizionare la politica del partito. Lo abbiamo fatto quando si è discussa la decadenza da senatore di Berlusconi e lo facevamo di continuo nella passata legislatura con D’Ambrosio e altri.

Con Renzi è un’utopia: comanda solo lui.
Sono ottimista per natura, ma ammetto oggi di essere più ottimista su scala locale che nazionale. A Venezia posso incidere molto di più.

Scappa da Roma perché la lotta in Parlamento non ha più senso per quelli come lei?
Non scappo. Se fallirò a Venezia, continuerò le mie battaglie in Senato. Non mi sono mai pentito di avere abbandonato la magistratura e Venezia non è un’esperienza minore. Poi, certo, un po’ di disillusione per quello che la politica poteva fare e non ha fatto, anzitutto per ciò che concerne la legalità, c’è.


Quale è la stata la sua ferita maggiore come membro del Pd nel tempo di Renzi?
Il no all’uso delle intercettazioni per Azzollini (Ncd). Mi sono autosospeso. Siamo andati radicalmente contro programmi e ideali del Pd. Una cosa così, ai militanti, non puoi spiegarla.

Cacciari dice che la sua decisione è sbagliata e doveva limitarsi a fare “il padre nobile”.
Non faccio polemiche, ma non mi sento vecchio e continuerò a giocare su più campi finché mi sentirò all’altezza. E poi non si sa neanche chi parteciperà alle primarie.

Il renziano Molina, il rifondataro Bonzio, l’ex vicesindaco Simionato. E lei.
I soli sicuri siamo io e Molina, con il quale peraltro eravamo dalla stessa parte al Congresso. Continuo a credere che a Venezia sia possibile unire parti politiche diverse, legate da idee comuni in grado di salvare e rilanciare la città.

E Casson è la persona giusta.
Se non mi sentissi all’altezza del compito, non avrei deciso di concorrere alle primarie. E nella mia lista ci saranno solo incensurati.

Ha seguito il caso Marghera. Sentenze come quella sull’amianto dimostrano che poco o nulla è cambiato.
Abbiamo fatto decine di emendamenti per permettere la punibilità di determinati reati, proprio pensando a Marghera. Ma la sentenza Eternit è diversa: sono stato tra i pochi ad avere il coraggio di dire che quella della Cassazione è una sentenza per nulla ‘dovuta’, ma dettata da valutazioni politiche. La prescrizione non era certo obbligatoria.

Lei ha indagato su stragi, servizi deviati, disastri ambientali.
Occupandomi di inquinamento ambientale ho toccato con mano il dramma delle famiglie colpite e questo mi ha arricchito umanamente. Trovando i responsabili della strage di Peteano scoprimmo anche Gladio. E proprio indagando su Gladio capii sin dall’inizio che, nelle istituzioni, accanto a persone straordinarie ci sono anche autentici banditi.

Da Il Fatto Quotidiano del 27 dicembre 2014

http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/12 ... o/1298694/
camillobenso
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Re: COME VA IL PD

Messaggio da camillobenso »

Così abbiamo iscritto Benito Mussolini al Pd


http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... 79390.html
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