I sondaggi, quelli veri, girano solo nello stretto entourage del leader.
L’ordine di scuderia è infatti quello di mistificare una cruda realtà che ormai da giorni ha preso il posto degli incubi peggiori nelle notti dei centristi Udc, ovvero il partito che non riesce ad arrivare alla Camera neppure al 4%.
Mario Monti, con la sua nuova aggressività in campagna elettorale, si sta portando via dall’Udc quella parte di elettorato cattolico e conservatore che il partito di Pier Ferdinando Casini non riusciva più a convincere, né a trattenere.
E il leader dello scudo crociato, ora, si morde le mani;
la benedizione politica e la spinta propulsiva alla credibilità della Lista Monti verso il suo elettorato gliela ha data proprio lui al Professore.
E ora, invece, Monti sta facendo un gioco tutto personale, quasi una manovra ad escludendum di quelli che dovrebbero essere i suoi principali alleati, ossia Casini e Fini.
Dopo il voltafaccia con Napolitano, adesso Monti sta facendo la stessa cosa con i suoi compagni di viaggio:
tradisce.
Qualcuno sospetta che il Professore, una volta saccheggiato il bacino elettorale Udc a suo esclusivo vantaggio, poi sia tentato dal gettare a mare i principali alleati, ormai considerati inutili zavorre.
Tarpando per sempre le ali al vero sogno di Casini del momento:
la presidenza del Senato.
Il leader Udc questo progetto lo ha capito e – dicono – non ci stia dormendo la notte;
è fin troppo evidente.
I sondaggi, reali, che ha in mano, parlano di un partito che solo a fatica potrà raggiungere il 4%.
Se la cifra fosse addirittura più bassa, un 3,8% (che è invece proprio il dato più credibile) allora per Casini la sconfitta sarebbe doppia:
perderebbe la possibilità di competere per lo scranno più alto di palazzo Madama e al contempo dovrebbe dare addio al partito, che gli si sfarinerebbe tra le mani, sepolto dalle macerie elettorali.
Un quadro che sta smuovendo con forza le acque in casa della Lista Monti.
Casini e il Professore si sentono poco.
Fonti interne al partito di via dei Due Macelli parlano platealmente di gelo tra i due.
A Casini non sarebbe poi piaciuto l’eccesso di foga di Monti contro il Pd, anche in considerazione del fatto che con Bersani si dovrà fare un patto di governo subito dopo le elezioni, dunque meglio sarebbe non spargere troppo veleno.
Il professore non lo ascolta.
Per questo, per lanciare segnali di fumo al Pd – ma anche per reagire ad un’emorragia di voti che terrorizza -, il capo dell’Udc ha deciso di intraprendere una campagna tv che lo porterà a Ballarò, Porta a Porta e Otto e mezzo.
La tensione, però, è già molto alta e lo scontro dentro il listone centrista sta infiammando le truppe.
Sembra che Casini abbia consegnato agli ambasciatori del Professore un messaggio:
“Se puntate a rendermi irrilevante, io sono pronto a fare un gruppo autonomo al Senato…”.
Certo, lo scenario scissionista è giudicato dai centristi più avveduti solo una provocazione per evitare di “prendere un’altra fregatura dopo il voto”.
Non solo perché i candidati del listone di Palazzo Madama hanno sottoscritto un impegno ad aderire al gruppo unico, ma anche perché solo se l’area Monti infrangerà la soglia del 18%, allora i casiniani avranno la speranza di eleggere 10 senatori, il minimo per formare un gruppo autonomo.
Monti, a quanto sostengono i suoi, non ha alcun interesse a cedere fette di sovranità “conquistata sul campo” in questi primi momenti della campagna elettorale.
Se gli altri, si sostiene, continueranno a fare battaglia insieme, allora ne avranno tutti da guadagnare, altrimenti chi ha da perdere, in questo caso, saranno solo Casini e Fini.
“E’ bene ricordare – diceva l’altro giorno il ministro Riccardi a chi chiedeva un commento sulle difficoltà interne alla coalizione – che Monti è senatore a vita e che mira ad un disegno complessivo di centro che va ben oltre le semplici poltrone della prossima legislatura”.
Come a dire:
se Casini alza troppo la posta, può darsi che il nuovo partito di centro (che nascerà ad elezioni consumate) possa fare anche a meno di lui.