E questo ci porterà al "governo del cambiamento"?
L'ORDINE AI PARLAMENTARI PDL DI SMETTERLA CON LE DICHIARAZIONI PRO-RENZI
Tra il Cavaliere e il leader del Pd
prove di trattativa sui nodi-chiave
Summit tra 7 giorni: comuni preoccupazioni
sul «Rottamatore»
ROMA - Ufficialmente, non è ancora fissato un incontro tra Berlusconi e Bersani. Ufficiosamente, si parla della prossima settimana, tra giovedì e venerdì. Perché «si sta muovendo tutto» dicono dallo stato maggiore del Pdl. Anche se, per ora, non si è arrivati ancora «a niente», e dunque non è il caso di anticipare un faccia a faccia che potrebbe essere quello decisivo.
La novità insomma è che si tratta. Che, dopo l'uscita durissima di Renzi arrivata «non a caso - dice un fedelissimo del Cavaliere - proprio quando sono cominciati i contatti tra noi e Bersani, con l'intento di farli saltare», Silvio Berlusconi e il suo avversario hanno capito che forse per battere quello che allo stato minaccia di diventare il nemico comune, bisogna provarci.
Sì perché, dopo l'entusiasmo iniziale per le parole di Renzi che «la pensa esattamente come noi, dice cose giuste», ai piani alti di via dell'Umiltà hanno realizzato che era il caso di frenare gli ardori. Ed è partito l'ordine ai parlamentari di smetterla con le dichiarazioni di plauso e giubilo verso il sindaco di Firenze. Piano - è stata la linea indicata -, perché, per dirla con Maurizio Gasparri, «Renzi può diventare il nostro sfidante se si va alle elezioni, e visto che è abbastanza vuoto da non dire mai nulla può piacere a destra, a sinistra, al centro...». Un modo per esorcizzare un pericolo reale: «Renzi ha fatto capire che se si va al voto in queste condizioni lui ci sarà», dice Cicchitto. E dunque, calma e gesso.
Insomma, Berlusconi non intende schierarsi tra i due litiganti del Pd prima di capire chi sarà il vincitore. Ma intanto le diplomazie hanno intensificato il lavoro. Fra Gianni Letta, Alfano, Verdini, direttamente con Bersani e con Enrico Letta, con Migliavacca, con Errani, fervono i contatti. Riservati, ma continui. E il Pdl ha fissato i punti ufficiali della trattativa, anche se ovviamente si lavora anche a soluzioni intermedie. Sulla carta, le ipotesi di intesa che soddisfano Berlusconi sono due. La prima prevede un accordo complessivo per l'elezione congiunta di un presidente di garanzia, anche espresso dal Pd (si parte da nomi e identikit del tipo Amato o Marini, fino a un più forte Violante, che ha il vantaggio di essere vicino al «partito dei giudici») e il governo assieme, con Bersani premier e ministri del Pdl. La seconda è una sorta di spartizione: se il Pd vuole farsi il governo autonomamente, con noi fuori (astensione, non partecipazione al voto, governo di minoranza) allora il capo dello Stato deve essere chiara espressione del centrodestra.
Poi ci sarebbe anche la terza ipotesi, ovvero la rottura: perché in cambio di un mero capo dello Stato di garanzia, il Pdl non ci starebbe a restare fuori dai giochi e dal governo: a quel punto, meglio il voto. «Fra pateracchi, soluzioni pasticciate e il voto, è sicuro che Berlusconi preferisce le urne», dice Cicchitto. E, è il non detto, se si andasse al voto a giugno in fondo potrebbe non dispiacere né al Cavaliere né a Bersani in questo quadro, perché «sarebbero loro a sfidarsi, e Renzi resterebbe fuori».
Però è chiaro che si ragiona anche su subordinate. La richiesta del Pdl di essere coinvolti nel governo non prevede per forza la presenza di ministri politici: secondo alcuni, si potrebbe arrivare anche a «ministri scelti da Bersani, esterni, se non di area nostra a noi non sgraditi», e in quel caso il governo - con un programma condiviso - sarebbe comunque votabile. Ma è proprio questo il punto su cui al momento non decolla la trattativa: perché allo stato per Bersani fare un governo con il Pdl, più o meno esplicito o mascherato, è «molto difficile», ammettono da via dell'Umiltà. E insomma ci sarà da lavorarci perché il no di Bersani allo stato «resta fermo, aperture ufficiali non sono ancora arrivate».
Certo, lo stesso Berlusconi è convinto che a Bersani convenga scendere a patti: «Per lui il rischio di una spaccatura nel partito se si va al voto è altissimo. Mentre avrebbe la possibilità, governando da premier il Paese e facendo cose buone grazie anche al nostro contributo, di allontanare dalla scena Renzi e di frenare con i fatti l'antipolitica di Grillo». In più, aggiungono da via dell'Umiltà, Bersani potrebbe stare tranquillo: nessuno nel Pdl gli chiederebbe «cose strane sulla giustizia». Ormai, spiegano, la strategia di Berlusconi è quella di difendersi dalla «persecuzione giudiziaria» attraverso «le prescrizioni dei processi: questa è la sua strategia, non salvacondotti che non esistono, e ha la possibilità di portarla in porto». Insomma, Bersani potrebbe anche «mettere in programma l'anticorruzione, non c'è problema, non sono leggi retroattive». Berlusconi in pratica chiederebbe «solo un presidente della Repubblica che non gli sia ostile» e che permetta che la sua strategia di rallentamento dei processi - fatta di legittimi impedimenti, ricorsi, richieste di spostamenti delle sedi dei processi - non venga ostacolata o messa all'indice.
Così si tenta la via dell'intesa, ma serve massima cautela, serve lasciare che - come dice il Cavaliere - «la partita in corso nel Pd si chiarisca, non entriamo nelle loro divisioni» e serve tenere aperte tutte le strade. Dall'abbraccio alle urne, il passo resta sempre breve.
Paola Di Caro
5 aprile 2013 | 9:24
http://www.corriere.it/politica/13_apri ... 8cb2.shtml