Top News
-
- Messaggi: 1188
- Iscritto il: 21/02/2012, 22:55
Re: Top News
DIFFERENZE...
Due evasori con sensibilità diverse.
Il pentito Hoeness: "evadere le tasse è stato l'errore della mia vita.
Affronto le conseguenze".
L'incallito Berlusconi: «Felice di candidarmi (*)
e tra un anno e mezzo si vota»
(*) E' impossibile la cosa, e lui lo sa,
aspetta soltanto che qualcuno gli dica di no,
per fare il martire, e gridare al complotto
Due evasori con sensibilità diverse.
Il pentito Hoeness: "evadere le tasse è stato l'errore della mia vita.
Affronto le conseguenze".
L'incallito Berlusconi: «Felice di candidarmi (*)
e tra un anno e mezzo si vota»
(*) E' impossibile la cosa, e lui lo sa,
aspetta soltanto che qualcuno gli dica di no,
per fare il martire, e gridare al complotto
-
- Messaggi: 3688
- Iscritto il: 22/02/2012, 14:30
Re: Top News
IL mese prossimo se non sbaglio dovrebbe scegliere fra lavori utili ,o arresti domiciliari.
Berlusconi pensa a questo intanto.
Ciao
Paolo11
Berlusconi pensa a questo intanto.
Ciao
Paolo11
-
- Messaggi: 17353
- Iscritto il: 06/04/2012, 20:00
Re: Top News
paolo11 ha scritto:IL mese prossimo se non sbaglio dovrebbe scegliere fra lavori utili ,o arresti domiciliari.
Berlusconi pensa a questo intanto.
Ciao
Paolo11
La data stabilita dal tribunale è il 10 di aprile (peccato non fosse il primo di aprile)
E’ proprio per questo, caro Paolo, che ci pensa intensamente e sta studiandole tutte per schivare quella decisione.
-
- Messaggi: 3688
- Iscritto il: 22/02/2012, 14:30
Re: Top News
Insomma è mai possibile che dobbiamo avere un Duce ogni tanto.
SE vuoi vedere la diretta a Milano.
http://www.beppegrillo.it/la_cosa/
http://www.beppegrillo.it/2014/03/diret ... otour.html
Ciao
Paolo11
SE vuoi vedere la diretta a Milano.
http://www.beppegrillo.it/la_cosa/
http://www.beppegrillo.it/2014/03/diret ... otour.html
Ciao
Paolo11
-
- Messaggi: 17353
- Iscritto il: 06/04/2012, 20:00
Re: Top News
erding ha scritto:DIFFERENZE...
Due evasori con sensibilità diverse.
Il pentito Hoeness: "evadere le tasse è stato l'errore della mia vita.
Affronto le conseguenze".
L'incallito Berlusconi: «Felice di candidarmi (*)
e tra un anno e mezzo si vota»
(*) E' impossibile la cosa, e lui lo sa,
aspetta soltanto che qualcuno gli dica di no,
per fare il martire, e gridare al complotto
Fatti non fummo a viver come Uli
(Massimo Gramellini).
15/03/2014 di triskel182
Non mi considero un fan della rigidità tedesca, ma ci sono secoli di storia e di riforma protestante dietro le parole pronunciate da Uli Hoeness, campione del mondo di calcio nel 1974 e presidente del Bayern Monaco condannato in primo grado a tre anni e mezzo di carcere per evasione fiscale. «Ho chiesto ai miei avvocati di non presentare appello, in linea con la mia idea di decenza, comportamento e responsabilità personale. Evadere le tasse è stato l’errore della mia vita. Affronto le conseguenze di questo errore». Letto da qui, sembra uno squarcio di fantascienza, ma questo signore ha dato davvero le dimissioni e ora si accinge a entrare in carcere.
Con un esercizio di fantasia proviamo a supporre che un personaggio altrettanto popolare in Italia, magari anche lui presidente di un club, si ritrovasse coinvolto in un processo per evasione fiscale. Intanto esperirebbe tutti i gradi di giudizio, compreso il quarto che non esiste, utilizzando ogni espediente per procrastinare la resa dei conti. Nel frattempo attaccherebbe i giudici, prevenuti e corrotti, indossando i panni della vittima. Poi troverebbe un deputato, un avvocato, una commercialista o una sciampista, possibilmente imparentata con un Capo di Stato estero, in grado di testimoniare la sua completa estraneità ai fatti. Dopo di che si appellerebbe al popolo dei tifosi, rivendicando il diritto a un trattamento speciale. Infine si candiderebbe alle Europee, senza perdere fascino agli occhi di molti connazionali. E chi osasse criticarlo verrebbe bollato come moralista, quando in certe lande desolate del Nord Europa passerebbe banalmente per morale.
Da La Stampa del 15/03/2014.
-
- Messaggi: 17353
- Iscritto il: 06/04/2012, 20:00
-
- Messaggi: 17353
- Iscritto il: 06/04/2012, 20:00
Re: Top News
Quella Cecca pettegola di D'Agostino ci azzecca quasi sempre.
17 MAR 2014 15,23
1. A MILANO C’È UN’INCHIESTA SU APPALTI E OPERE PUBBLICHE DEFINITA “DELICATISSIMA”, COSI' RISERVATA E DAGLI ESITI POTENZIALMENTE ESPLOSIVI, DA NON ESSER STATA INDICATA SE NON DI STRISCIO NELL’ESPOSTO CHE IL PROCURATORE AGGIUNTO ALFREDO ROBLEDO HA SPEDITO AL CSM CONTRO IL SUO CAPO, EDMONDO BRUTI LIBERATI -
2. INVESTIGATORI ABBOTTONATISSIMI. ALLA SOLA PAROLA “EXPO 2015” SI CHIUDONO A RICCIO E SCUOTONO LA TESTA: “E’ UNA COSA MOLTO PIÙ COMPLESSA, ASPETTATE E VEDRETE” -
3. NELL'ESPOSTO AL CSM, ROBLEDO ELENCA UNA SERIE DI FASCICOLI DELICATISSIMI, DALL'INCHIESTA SUI DEPISTAGGI NEL CASO RUBY A QUELLA SULLA SEA E VITO GAMBERALE, CHE GLI SAREBBERO STATO SOTTRATTI ILLEGITTIMAMENTE, OPPURE CONSEGNATI CON COLPEVOLE RITARDO DOPO ESSERE PASSATI DA ALTRI UFFICI (FRANCESCO GRECO E ILDA BOCCASSINI, CARI A BRUTI) CHE NON ERANO COMPETENTI FIN DALL'INIZIO -
4. PARTITA IN SALITA PER ROBLEDO. ALMENO POLITICAMENTE. A DIFFERENZA DI BRUTI LIBERATI, È UNA TOGA SENZA ALCUN COLORE E SENZA CORDATE A PROTEGGERLO -
1. DAGOANALISI
A Milano c'è un'inchiesta su appalti e opere pubbliche definita "delicatissima", così riservata e dagli esiti potenzialmente esplosivi da non esser stata indicata se non di striscio nell'esposto che il procuratore aggiunto Alfredo Robledo ha spedito al Csm contro il suo capo, Edmondo Bruti Liberati. Gli investigatori sono abbottonatissimi e alla sola parola "Expo 2015" si chiudono ancora più a riccio e scuotono la testa: "E' una cosa molto più complessa, aspettate e vedrete".
Ma intanto non poteva più aspettare lo scontro sotterraneo tra due magistrati troppo diversi. E' stato sollevato nell'unico modo corretto a disposizione, ovvero con il procuratore aggiunto Robledo che ha investito per iscritto il Csm delle presunte mancanze del suo procuratore capo.
Nell'esposto all'organo di autogoverno della magistratura, il magistrato alla guida del Pool che indaga sui reati contro la Pubblica amministrazione ha elencato una serie di fascicoli delicatissimi, dall'inchiesta sui depistaggi nel caso Ruby a quella sulla Sea e Vito Gamberale, che gli sarebbero stato sottratti illegittimamente, oppure consegnati con colpevole ritardo dopo essere passati da altri uffici che chiaramente non erano competenti fin dall'inizio. In un caso, come racconta Luigi Ferrarella oggi sul Corriere, un fascicolo sarebbe stato addirittura dimenticato nella cassaforte di Bruti.
Ma c'è di più. Ci sono almeno due inchieste di Robledo, che ha già portato alla sbarra Roberto Formigoni e ha inchiodato la Lega Nord, che potrebbero essere danneggiate da inchieste simili degli uomini di Francesco Greco e Ilda Boccassini, che invece con Bruti Liberati vanno d'amore e d'accordo.
In particolare, ci sono intercettazioni telefoniche delicatissime che rischiano di diventare inutilizzabili. La vera bomba a orologeria di questa storia forse è proprio qui. In quest'indagine così pesante da non poter finire neppure citata di striscio in un carteggio riservato tra magistrati.
La partita, per Robledo, si presenta in salita. Almeno politicamente. A differenza di Bruti Liberati, che è stato al Csm ed è un antico notabile di Magistratura democratica, il magistrato napoletano è una toga senza alcun colore e senza cordate a proteggerlo.
Allergico a qualsiasi gestione "politica" dei fascicoli, ha spesso duellato con Bruti su tempi e modi delle iscrizioni al registro degli indagati dei personaggi che contano a Milano. Ma molti scontri, specialmente con il parigrado Greco, sono andati in scena anche sul modo di trattare i poteri forti locali, dalla Telecom Italia dell'era Tronchetti Provera alla Mediobanca di Nego Nagel.
Il fatto poi che nell'esposto si parli anche del caso Ruby, e che Robledo abbia recentemente attaccato sull'Espresso il "correntismo" esasperato dei magistrati italiani, finirà fatalmente per attirare l'attenzione delle truppe berlusconiane. Sempre speranzose di riaprire in qualche modo la partita giudiziaria del Capo. Anche con questo dovrà fare i conti il Csm di Michele Vietti, al momento di valutare l'operato di Bruti Liberati. E decidere se ha ragione lui o ha ragione il suo vice. In queste partite, il pareggio esce raramente.
2. MILANO, IL PM ANTI CORRUZIONE ACCUSA IL CAPO DELLA PROCURA
Luigi Ferrarella per il "Corriere della Sera"
Nella Procura di Milano il vicecapo «denuncia» al Csm il capo. E nella gestione di due segrete nuove inchieste di tangenti, che si starebbero danneggiando a vicenda a causa della violazione dei criteri organizzativi di specializzazione tra i pool di pm, il procuratore aggiunto Alfredo Robledo indica l'ultimo dei «non più episodici comportamenti» con i quali, a suo avviso, il procuratore capo Edmondo Bruti Liberati «ha turbato e turba la regolarità e la normale conduzione dell'ufficio».
Come? Svuotando il pool reati contro la pubblica amministrazione di Robledo, e privilegiando invece l'assegnazione dei fascicoli più delicati in questa materia (tra i quali il processo Ruby a Silvio Berlusconi per concussione, l'indagine su Formigoni-San Raffaele per corruzione, e il fascicolo sulla turbativa d'asta Sea-Gamberale) ad altri due procuratori aggiunti di sua maggior fiducia, il capo dell'antimafia Ilda Boccassini e il capo del pool reati finanziari Francesco Greco.
Al punto che Robledo, con una iniziativa senza precedenti nella Procura che fu di Borrelli e D'Ambrosio, giunge a denunciare l'asserita «violazione dei criteri di organizzazione vigenti nell'ufficio sulla competenza interna» al Consiglio superiore della magistratura vicepresieduto da Michele Vietti, alla diramazione distrettuale milanese e cioè al Consiglio giudiziario guidato dal presidente della Corte d'Appello Giovanni Canzio, e al capo della Procura generale di Milano, Manlio Minale.
Un profluvio di circolari e risoluzioni del Csm, complesse tabelle e dettagliati criteri organizzativi d'ufficio sono il denominatore comune della missiva in cui Robledo di fatto lamenta l'aggiramento o la violazione delle regole che dovrebbero far passare da lui le notizie di reato rientranti nella competenza specializzata del suo dipartimento.
È il caso ad esempio del difetto di coordinamento che Robledo addita appunto in una nuova misteriosa inchiesta avviata dall'antimafia nell'aprile 2012, poi coassegnata a due pm dei pool di Boccassini e Robledo, ma (lamenta Robledo) fatta «per opportunità» coordinare da Bruti a Boccassini benché ad avviso di Robledo sembri riguardare nulla di mafia e tutto invece di corruzione.
E siccome il pool di Robledo avrebbe in corso una precedente indagine su persone nel mirino anche di quella di Boccassini, «evidente è il rischio che importanti informazioni, quali quelle emerse da intercettazioni telefoniche e ambientali, non potranno essere utilizzate ove non confluiscano nel medesimo procedimento».
Ma a ben vedere il vero motivo di attrito con Bruti appare una differente concezione dei limiti entro i quali abbiano asilo considerazioni di opportunità nelle tempistiche e modalità di trattazione dei fascicoli. Lo si intuisce dal riassunto delle divergenze nel luglio 2011 all'inizio del procedimento sul dissesto del San Raffaele di don Verzé, partito come fascicolo di bancarotta su Daccò e sfociato poi nel processo per corruzione al presidente della Regione Formigoni, sempre ad opera del pool finanziario di Greco.
Robledo, di fronte ad articoli di stampa che già nel luglio 2011 collegavano un giro di fatture false alla creazione di disponibilità per un importante politico, dice che propose al pool di Greco di coordinarsi subito per indagini urgenti, ma che Bruti, preoccupato che esse potessero influire sulle trattative economiche in corso per scongiurare il fallimento dell'ospedale e il licenziamento di migliaia di persone, il 25 luglio gli ingiunse di non indagare alcuno e di non svolgere alcun atto di indagine «nel frattempo», e cioè «fino a una riunione in settembre» (poi non più fatta).
Questa scelta per Robledo si è posta «in insanabile contrasto con il dettato costituzionale dell'obbligatorietà dell'azione penale», aprendo a «valutazioni di opportunità estranee allo specifico ruolo istituzionale del pm»: soprattutto perché questi «non consentiti spazi di discrezionalità» avrebbero potuto «contribuire a creare zone di opacità», a loro volta passibili di «consentire una strumentalizzazione del ruolo del pm, sia pure involontariamente subìta».
Robledo contesta anche che l'iscrizione di Berlusconi il 14 gennaio 2011 per concussione e prostituzione minorile nel processo Ruby sia avvenuta in un fascicolo assegnato (senza motivazioni) non al proprio dipartimento competente sul più grave reato di concussione, ma ai pm Boccassini (capo dell'antimafia), Forno (capo del pool reati sessuali) e Sangermano (che dal pool criminalità comune stava passando all'antimafia). E contesta che lo stesso stia accadendo adesso anche per il fascicolo (falsa testimonianza e corruzione in atti giudiziari) scaturito dalle motivazioni delle sentenze Ruby riguardo 30 testimoni, Berlusconi e i suoi avvocati, e assegnato ai pm Forno e Gaglio (pool reati sessuali).
Infine c'è il già noto (Corriere della Sera 16 marzo 2012) caso dell'intercettazione di Vito Gamberale il 14 luglio 2011 sull'asta Sea-Comune di Milano, che i pm fiorentini Turco e Mione inviarono per competenza a Milano il 25 ottobre 2011 perché pareva captare un tentativo di far disegnare il bando su misura per il fondo F2i di Gamberale.
È già noto che il 27 ottobre 2011 Bruti lo assegnò a Greco, il quale lo registrò nel modello «atti non costituenti notizie di reato» coaffidandolo il 2 novembre nel proprio pool al pm Fusco, che il 9 dicembre (sei giorni dopo le indiscrezioni di Reuters e Sole 24 Ore ) segnalò a Bruti che poteva trattarsi di un'ipotesi (turbativa d'asta) di competenza del pool di Robledo.
Quello che invece ora Robledo aggiunge al Csm è che, sebbene il 9 dicembre Bruti lo avesse chiamato per anticipargli che gli avrebbe girato il fascicolo (anche perché l'asta da cui potevano dipendere i conti del Comune di Milano del sindaco Pisapia si teneva di lì a poco, il 16 dicembre), egli ricevette il fascicolo solo a distanza di tre mesi, il 16 marzo 2012, dopo che l' Espresso online e i quotidiani avevano scritto del fascicolo desaparecido. E Robledo afferma che, quando ne chiese la ragione, Bruti il 23 marzo gli avrebbe risposto di averlo «dimenticato in cassaforte».
17 MAR 2014 15,23
1. A MILANO C’È UN’INCHIESTA SU APPALTI E OPERE PUBBLICHE DEFINITA “DELICATISSIMA”, COSI' RISERVATA E DAGLI ESITI POTENZIALMENTE ESPLOSIVI, DA NON ESSER STATA INDICATA SE NON DI STRISCIO NELL’ESPOSTO CHE IL PROCURATORE AGGIUNTO ALFREDO ROBLEDO HA SPEDITO AL CSM CONTRO IL SUO CAPO, EDMONDO BRUTI LIBERATI -
2. INVESTIGATORI ABBOTTONATISSIMI. ALLA SOLA PAROLA “EXPO 2015” SI CHIUDONO A RICCIO E SCUOTONO LA TESTA: “E’ UNA COSA MOLTO PIÙ COMPLESSA, ASPETTATE E VEDRETE” -
3. NELL'ESPOSTO AL CSM, ROBLEDO ELENCA UNA SERIE DI FASCICOLI DELICATISSIMI, DALL'INCHIESTA SUI DEPISTAGGI NEL CASO RUBY A QUELLA SULLA SEA E VITO GAMBERALE, CHE GLI SAREBBERO STATO SOTTRATTI ILLEGITTIMAMENTE, OPPURE CONSEGNATI CON COLPEVOLE RITARDO DOPO ESSERE PASSATI DA ALTRI UFFICI (FRANCESCO GRECO E ILDA BOCCASSINI, CARI A BRUTI) CHE NON ERANO COMPETENTI FIN DALL'INIZIO -
4. PARTITA IN SALITA PER ROBLEDO. ALMENO POLITICAMENTE. A DIFFERENZA DI BRUTI LIBERATI, È UNA TOGA SENZA ALCUN COLORE E SENZA CORDATE A PROTEGGERLO -
1. DAGOANALISI
A Milano c'è un'inchiesta su appalti e opere pubbliche definita "delicatissima", così riservata e dagli esiti potenzialmente esplosivi da non esser stata indicata se non di striscio nell'esposto che il procuratore aggiunto Alfredo Robledo ha spedito al Csm contro il suo capo, Edmondo Bruti Liberati. Gli investigatori sono abbottonatissimi e alla sola parola "Expo 2015" si chiudono ancora più a riccio e scuotono la testa: "E' una cosa molto più complessa, aspettate e vedrete".
Ma intanto non poteva più aspettare lo scontro sotterraneo tra due magistrati troppo diversi. E' stato sollevato nell'unico modo corretto a disposizione, ovvero con il procuratore aggiunto Robledo che ha investito per iscritto il Csm delle presunte mancanze del suo procuratore capo.
Nell'esposto all'organo di autogoverno della magistratura, il magistrato alla guida del Pool che indaga sui reati contro la Pubblica amministrazione ha elencato una serie di fascicoli delicatissimi, dall'inchiesta sui depistaggi nel caso Ruby a quella sulla Sea e Vito Gamberale, che gli sarebbero stato sottratti illegittimamente, oppure consegnati con colpevole ritardo dopo essere passati da altri uffici che chiaramente non erano competenti fin dall'inizio. In un caso, come racconta Luigi Ferrarella oggi sul Corriere, un fascicolo sarebbe stato addirittura dimenticato nella cassaforte di Bruti.
Ma c'è di più. Ci sono almeno due inchieste di Robledo, che ha già portato alla sbarra Roberto Formigoni e ha inchiodato la Lega Nord, che potrebbero essere danneggiate da inchieste simili degli uomini di Francesco Greco e Ilda Boccassini, che invece con Bruti Liberati vanno d'amore e d'accordo.
In particolare, ci sono intercettazioni telefoniche delicatissime che rischiano di diventare inutilizzabili. La vera bomba a orologeria di questa storia forse è proprio qui. In quest'indagine così pesante da non poter finire neppure citata di striscio in un carteggio riservato tra magistrati.
La partita, per Robledo, si presenta in salita. Almeno politicamente. A differenza di Bruti Liberati, che è stato al Csm ed è un antico notabile di Magistratura democratica, il magistrato napoletano è una toga senza alcun colore e senza cordate a proteggerlo.
Allergico a qualsiasi gestione "politica" dei fascicoli, ha spesso duellato con Bruti su tempi e modi delle iscrizioni al registro degli indagati dei personaggi che contano a Milano. Ma molti scontri, specialmente con il parigrado Greco, sono andati in scena anche sul modo di trattare i poteri forti locali, dalla Telecom Italia dell'era Tronchetti Provera alla Mediobanca di Nego Nagel.
Il fatto poi che nell'esposto si parli anche del caso Ruby, e che Robledo abbia recentemente attaccato sull'Espresso il "correntismo" esasperato dei magistrati italiani, finirà fatalmente per attirare l'attenzione delle truppe berlusconiane. Sempre speranzose di riaprire in qualche modo la partita giudiziaria del Capo. Anche con questo dovrà fare i conti il Csm di Michele Vietti, al momento di valutare l'operato di Bruti Liberati. E decidere se ha ragione lui o ha ragione il suo vice. In queste partite, il pareggio esce raramente.
2. MILANO, IL PM ANTI CORRUZIONE ACCUSA IL CAPO DELLA PROCURA
Luigi Ferrarella per il "Corriere della Sera"
Nella Procura di Milano il vicecapo «denuncia» al Csm il capo. E nella gestione di due segrete nuove inchieste di tangenti, che si starebbero danneggiando a vicenda a causa della violazione dei criteri organizzativi di specializzazione tra i pool di pm, il procuratore aggiunto Alfredo Robledo indica l'ultimo dei «non più episodici comportamenti» con i quali, a suo avviso, il procuratore capo Edmondo Bruti Liberati «ha turbato e turba la regolarità e la normale conduzione dell'ufficio».
Come? Svuotando il pool reati contro la pubblica amministrazione di Robledo, e privilegiando invece l'assegnazione dei fascicoli più delicati in questa materia (tra i quali il processo Ruby a Silvio Berlusconi per concussione, l'indagine su Formigoni-San Raffaele per corruzione, e il fascicolo sulla turbativa d'asta Sea-Gamberale) ad altri due procuratori aggiunti di sua maggior fiducia, il capo dell'antimafia Ilda Boccassini e il capo del pool reati finanziari Francesco Greco.
Al punto che Robledo, con una iniziativa senza precedenti nella Procura che fu di Borrelli e D'Ambrosio, giunge a denunciare l'asserita «violazione dei criteri di organizzazione vigenti nell'ufficio sulla competenza interna» al Consiglio superiore della magistratura vicepresieduto da Michele Vietti, alla diramazione distrettuale milanese e cioè al Consiglio giudiziario guidato dal presidente della Corte d'Appello Giovanni Canzio, e al capo della Procura generale di Milano, Manlio Minale.
Un profluvio di circolari e risoluzioni del Csm, complesse tabelle e dettagliati criteri organizzativi d'ufficio sono il denominatore comune della missiva in cui Robledo di fatto lamenta l'aggiramento o la violazione delle regole che dovrebbero far passare da lui le notizie di reato rientranti nella competenza specializzata del suo dipartimento.
È il caso ad esempio del difetto di coordinamento che Robledo addita appunto in una nuova misteriosa inchiesta avviata dall'antimafia nell'aprile 2012, poi coassegnata a due pm dei pool di Boccassini e Robledo, ma (lamenta Robledo) fatta «per opportunità» coordinare da Bruti a Boccassini benché ad avviso di Robledo sembri riguardare nulla di mafia e tutto invece di corruzione.
E siccome il pool di Robledo avrebbe in corso una precedente indagine su persone nel mirino anche di quella di Boccassini, «evidente è il rischio che importanti informazioni, quali quelle emerse da intercettazioni telefoniche e ambientali, non potranno essere utilizzate ove non confluiscano nel medesimo procedimento».
Ma a ben vedere il vero motivo di attrito con Bruti appare una differente concezione dei limiti entro i quali abbiano asilo considerazioni di opportunità nelle tempistiche e modalità di trattazione dei fascicoli. Lo si intuisce dal riassunto delle divergenze nel luglio 2011 all'inizio del procedimento sul dissesto del San Raffaele di don Verzé, partito come fascicolo di bancarotta su Daccò e sfociato poi nel processo per corruzione al presidente della Regione Formigoni, sempre ad opera del pool finanziario di Greco.
Robledo, di fronte ad articoli di stampa che già nel luglio 2011 collegavano un giro di fatture false alla creazione di disponibilità per un importante politico, dice che propose al pool di Greco di coordinarsi subito per indagini urgenti, ma che Bruti, preoccupato che esse potessero influire sulle trattative economiche in corso per scongiurare il fallimento dell'ospedale e il licenziamento di migliaia di persone, il 25 luglio gli ingiunse di non indagare alcuno e di non svolgere alcun atto di indagine «nel frattempo», e cioè «fino a una riunione in settembre» (poi non più fatta).
Questa scelta per Robledo si è posta «in insanabile contrasto con il dettato costituzionale dell'obbligatorietà dell'azione penale», aprendo a «valutazioni di opportunità estranee allo specifico ruolo istituzionale del pm»: soprattutto perché questi «non consentiti spazi di discrezionalità» avrebbero potuto «contribuire a creare zone di opacità», a loro volta passibili di «consentire una strumentalizzazione del ruolo del pm, sia pure involontariamente subìta».
Robledo contesta anche che l'iscrizione di Berlusconi il 14 gennaio 2011 per concussione e prostituzione minorile nel processo Ruby sia avvenuta in un fascicolo assegnato (senza motivazioni) non al proprio dipartimento competente sul più grave reato di concussione, ma ai pm Boccassini (capo dell'antimafia), Forno (capo del pool reati sessuali) e Sangermano (che dal pool criminalità comune stava passando all'antimafia). E contesta che lo stesso stia accadendo adesso anche per il fascicolo (falsa testimonianza e corruzione in atti giudiziari) scaturito dalle motivazioni delle sentenze Ruby riguardo 30 testimoni, Berlusconi e i suoi avvocati, e assegnato ai pm Forno e Gaglio (pool reati sessuali).
Infine c'è il già noto (Corriere della Sera 16 marzo 2012) caso dell'intercettazione di Vito Gamberale il 14 luglio 2011 sull'asta Sea-Comune di Milano, che i pm fiorentini Turco e Mione inviarono per competenza a Milano il 25 ottobre 2011 perché pareva captare un tentativo di far disegnare il bando su misura per il fondo F2i di Gamberale.
È già noto che il 27 ottobre 2011 Bruti lo assegnò a Greco, il quale lo registrò nel modello «atti non costituenti notizie di reato» coaffidandolo il 2 novembre nel proprio pool al pm Fusco, che il 9 dicembre (sei giorni dopo le indiscrezioni di Reuters e Sole 24 Ore ) segnalò a Bruti che poteva trattarsi di un'ipotesi (turbativa d'asta) di competenza del pool di Robledo.
Quello che invece ora Robledo aggiunge al Csm è che, sebbene il 9 dicembre Bruti lo avesse chiamato per anticipargli che gli avrebbe girato il fascicolo (anche perché l'asta da cui potevano dipendere i conti del Comune di Milano del sindaco Pisapia si teneva di lì a poco, il 16 dicembre), egli ricevette il fascicolo solo a distanza di tre mesi, il 16 marzo 2012, dopo che l' Espresso online e i quotidiani avevano scritto del fascicolo desaparecido. E Robledo afferma che, quando ne chiese la ragione, Bruti il 23 marzo gli avrebbe risposto di averlo «dimenticato in cassaforte».
-
- Messaggi: 17353
- Iscritto il: 06/04/2012, 20:00
Re: Top News
Quella Cecca pettegola di D'Agostino ci azzecca quasi sempre.
17 MAR 2014 15,23
1. A MILANO C’È UN’INCHIESTA SU APPALTI E OPERE PUBBLICHE DEFINITA “DELICATISSIMA”, COSI' RISERVATA E DAGLI ESITI POTENZIALMENTE ESPLOSIVI, DA NON ESSER STATA INDICATA SE NON DI STRISCIO NELL’ESPOSTO CHE IL PROCURATORE AGGIUNTO ALFREDO ROBLEDO HA SPEDITO AL CSM CONTRO IL SUO CAPO, EDMONDO BRUTI LIBERATI -
2. INVESTIGATORI ABBOTTONATISSIMI. ALLA SOLA PAROLA “EXPO 2015” SI CHIUDONO A RICCIO E SCUOTONO LA TESTA: “E’ UNA COSA MOLTO PIÙ COMPLESSA, ASPETTATE E VEDRETE” -
3. NELL'ESPOSTO AL CSM, ROBLEDO ELENCA UNA SERIE DI FASCICOLI DELICATISSIMI, DALL'INCHIESTA SUI DEPISTAGGI NEL CASO RUBY A QUELLA SULLA SEA E VITO GAMBERALE, CHE GLI SAREBBERO STATO SOTTRATTI ILLEGITTIMAMENTE, OPPURE CONSEGNATI CON COLPEVOLE RITARDO DOPO ESSERE PASSATI DA ALTRI UFFICI (FRANCESCO GRECO E ILDA BOCCASSINI, CARI A BRUTI) CHE NON ERANO COMPETENTI FIN DALL'INIZIO -
4. PARTITA IN SALITA PER ROBLEDO. ALMENO POLITICAMENTE. A DIFFERENZA DI BRUTI LIBERATI, È UNA TOGA SENZA ALCUN COLORE E SENZA CORDATE A PROTEGGERLO -
1. DAGOANALISI
A Milano c'è un'inchiesta su appalti e opere pubbliche definita "delicatissima", così riservata e dagli esiti potenzialmente esplosivi da non esser stata indicata se non di striscio nell'esposto che il procuratore aggiunto Alfredo Robledo ha spedito al Csm contro il suo capo, Edmondo Bruti Liberati. Gli investigatori sono abbottonatissimi e alla sola parola "Expo 2015" si chiudono ancora più a riccio e scuotono la testa: "E' una cosa molto più complessa, aspettate e vedrete".
Ma intanto non poteva più aspettare lo scontro sotterraneo tra due magistrati troppo diversi. E' stato sollevato nell'unico modo corretto a disposizione, ovvero con il procuratore aggiunto Robledo che ha investito per iscritto il Csm delle presunte mancanze del suo procuratore capo.
Nell'esposto all'organo di autogoverno della magistratura, il magistrato alla guida del Pool che indaga sui reati contro la Pubblica amministrazione ha elencato una serie di fascicoli delicatissimi, dall'inchiesta sui depistaggi nel caso Ruby a quella sulla Sea e Vito Gamberale, che gli sarebbero stato sottratti illegittimamente, oppure consegnati con colpevole ritardo dopo essere passati da altri uffici che chiaramente non erano competenti fin dall'inizio. In un caso, come racconta Luigi Ferrarella oggi sul Corriere, un fascicolo sarebbe stato addirittura dimenticato nella cassaforte di Bruti.
Ma c'è di più. Ci sono almeno due inchieste di Robledo, che ha già portato alla sbarra Roberto Formigoni e ha inchiodato la Lega Nord, che potrebbero essere danneggiate da inchieste simili degli uomini di Francesco Greco e Ilda Boccassini, che invece con Bruti Liberati vanno d'amore e d'accordo.
In particolare, ci sono intercettazioni telefoniche delicatissime che rischiano di diventare inutilizzabili. La vera bomba a orologeria di questa storia forse è proprio qui. In quest'indagine così pesante da non poter finire neppure citata di striscio in un carteggio riservato tra magistrati.
La partita, per Robledo, si presenta in salita. Almeno politicamente. A differenza di Bruti Liberati, che è stato al Csm ed è un antico notabile di Magistratura democratica, il magistrato napoletano è una toga senza alcun colore e senza cordate a proteggerlo.
Allergico a qualsiasi gestione "politica" dei fascicoli, ha spesso duellato con Bruti su tempi e modi delle iscrizioni al registro degli indagati dei personaggi che contano a Milano. Ma molti scontri, specialmente con il parigrado Greco, sono andati in scena anche sul modo di trattare i poteri forti locali, dalla Telecom Italia dell'era Tronchetti Provera alla Mediobanca di Nego Nagel.
Il fatto poi che nell'esposto si parli anche del caso Ruby, e che Robledo abbia recentemente attaccato sull'Espresso il "correntismo" esasperato dei magistrati italiani, finirà fatalmente per attirare l'attenzione delle truppe berlusconiane. Sempre speranzose di riaprire in qualche modo la partita giudiziaria del Capo. Anche con questo dovrà fare i conti il Csm di Michele Vietti, al momento di valutare l'operato di Bruti Liberati. E decidere se ha ragione lui o ha ragione il suo vice. In queste partite, il pareggio esce raramente.
2. MILANO, IL PM ANTI CORRUZIONE ACCUSA IL CAPO DELLA PROCURA
Luigi Ferrarella per il "Corriere della Sera"
Nella Procura di Milano il vicecapo «denuncia» al Csm il capo. E nella gestione di due segrete nuove inchieste di tangenti, che si starebbero danneggiando a vicenda a causa della violazione dei criteri organizzativi di specializzazione tra i pool di pm, il procuratore aggiunto Alfredo Robledo indica l'ultimo dei «non più episodici comportamenti» con i quali, a suo avviso, il procuratore capo Edmondo Bruti Liberati «ha turbato e turba la regolarità e la normale conduzione dell'ufficio».
Come? Svuotando il pool reati contro la pubblica amministrazione di Robledo, e privilegiando invece l'assegnazione dei fascicoli più delicati in questa materia (tra i quali il processo Ruby a Silvio Berlusconi per concussione, l'indagine su Formigoni-San Raffaele per corruzione, e il fascicolo sulla turbativa d'asta Sea-Gamberale) ad altri due procuratori aggiunti di sua maggior fiducia, il capo dell'antimafia Ilda Boccassini e il capo del pool reati finanziari Francesco Greco.
Al punto che Robledo, con una iniziativa senza precedenti nella Procura che fu di Borrelli e D'Ambrosio, giunge a denunciare l'asserita «violazione dei criteri di organizzazione vigenti nell'ufficio sulla competenza interna» al Consiglio superiore della magistratura vicepresieduto da Michele Vietti, alla diramazione distrettuale milanese e cioè al Consiglio giudiziario guidato dal presidente della Corte d'Appello Giovanni Canzio, e al capo della Procura generale di Milano, Manlio Minale.
Un profluvio di circolari e risoluzioni del Csm, complesse tabelle e dettagliati criteri organizzativi d'ufficio sono il denominatore comune della missiva in cui Robledo di fatto lamenta l'aggiramento o la violazione delle regole che dovrebbero far passare da lui le notizie di reato rientranti nella competenza specializzata del suo dipartimento.
È il caso ad esempio del difetto di coordinamento che Robledo addita appunto in una nuova misteriosa inchiesta avviata dall'antimafia nell'aprile 2012, poi coassegnata a due pm dei pool di Boccassini e Robledo, ma (lamenta Robledo) fatta «per opportunità» coordinare da Bruti a Boccassini benché ad avviso di Robledo sembri riguardare nulla di mafia e tutto invece di corruzione.
E siccome il pool di Robledo avrebbe in corso una precedente indagine su persone nel mirino anche di quella di Boccassini, «evidente è il rischio che importanti informazioni, quali quelle emerse da intercettazioni telefoniche e ambientali, non potranno essere utilizzate ove non confluiscano nel medesimo procedimento».
Ma a ben vedere il vero motivo di attrito con Bruti appare una differente concezione dei limiti entro i quali abbiano asilo considerazioni di opportunità nelle tempistiche e modalità di trattazione dei fascicoli. Lo si intuisce dal riassunto delle divergenze nel luglio 2011 all'inizio del procedimento sul dissesto del San Raffaele di don Verzé, partito come fascicolo di bancarotta su Daccò e sfociato poi nel processo per corruzione al presidente della Regione Formigoni, sempre ad opera del pool finanziario di Greco.
Robledo, di fronte ad articoli di stampa che già nel luglio 2011 collegavano un giro di fatture false alla creazione di disponibilità per un importante politico, dice che propose al pool di Greco di coordinarsi subito per indagini urgenti, ma che Bruti, preoccupato che esse potessero influire sulle trattative economiche in corso per scongiurare il fallimento dell'ospedale e il licenziamento di migliaia di persone, il 25 luglio gli ingiunse di non indagare alcuno e di non svolgere alcun atto di indagine «nel frattempo», e cioè «fino a una riunione in settembre» (poi non più fatta).
Questa scelta per Robledo si è posta «in insanabile contrasto con il dettato costituzionale dell'obbligatorietà dell'azione penale», aprendo a «valutazioni di opportunità estranee allo specifico ruolo istituzionale del pm»: soprattutto perché questi «non consentiti spazi di discrezionalità» avrebbero potuto «contribuire a creare zone di opacità», a loro volta passibili di «consentire una strumentalizzazione del ruolo del pm, sia pure involontariamente subìta».
Robledo contesta anche che l'iscrizione di Berlusconi il 14 gennaio 2011 per concussione e prostituzione minorile nel processo Ruby sia avvenuta in un fascicolo assegnato (senza motivazioni) non al proprio dipartimento competente sul più grave reato di concussione, ma ai pm Boccassini (capo dell'antimafia), Forno (capo del pool reati sessuali) e Sangermano (che dal pool criminalità comune stava passando all'antimafia). E contesta che lo stesso stia accadendo adesso anche per il fascicolo (falsa testimonianza e corruzione in atti giudiziari) scaturito dalle motivazioni delle sentenze Ruby riguardo 30 testimoni, Berlusconi e i suoi avvocati, e assegnato ai pm Forno e Gaglio (pool reati sessuali).
Infine c'è il già noto (Corriere della Sera 16 marzo 2012) caso dell'intercettazione di Vito Gamberale il 14 luglio 2011 sull'asta Sea-Comune di Milano, che i pm fiorentini Turco e Mione inviarono per competenza a Milano il 25 ottobre 2011 perché pareva captare un tentativo di far disegnare il bando su misura per il fondo F2i di Gamberale.
È già noto che il 27 ottobre 2011 Bruti lo assegnò a Greco, il quale lo registrò nel modello «atti non costituenti notizie di reato» coaffidandolo il 2 novembre nel proprio pool al pm Fusco, che il 9 dicembre (sei giorni dopo le indiscrezioni di Reuters e Sole 24 Ore ) segnalò a Bruti che poteva trattarsi di un'ipotesi (turbativa d'asta) di competenza del pool di Robledo.
Quello che invece ora Robledo aggiunge al Csm è che, sebbene il 9 dicembre Bruti lo avesse chiamato per anticipargli che gli avrebbe girato il fascicolo (anche perché l'asta da cui potevano dipendere i conti del Comune di Milano del sindaco Pisapia si teneva di lì a poco, il 16 dicembre), egli ricevette il fascicolo solo a distanza di tre mesi, il 16 marzo 2012, dopo che l' Espresso online e i quotidiani avevano scritto del fascicolo desaparecido. E Robledo afferma che, quando ne chiese la ragione, Bruti il 23 marzo gli avrebbe risposto di averlo «dimenticato in cassaforte».
17 MAR 2014 15,23
1. A MILANO C’È UN’INCHIESTA SU APPALTI E OPERE PUBBLICHE DEFINITA “DELICATISSIMA”, COSI' RISERVATA E DAGLI ESITI POTENZIALMENTE ESPLOSIVI, DA NON ESSER STATA INDICATA SE NON DI STRISCIO NELL’ESPOSTO CHE IL PROCURATORE AGGIUNTO ALFREDO ROBLEDO HA SPEDITO AL CSM CONTRO IL SUO CAPO, EDMONDO BRUTI LIBERATI -
2. INVESTIGATORI ABBOTTONATISSIMI. ALLA SOLA PAROLA “EXPO 2015” SI CHIUDONO A RICCIO E SCUOTONO LA TESTA: “E’ UNA COSA MOLTO PIÙ COMPLESSA, ASPETTATE E VEDRETE” -
3. NELL'ESPOSTO AL CSM, ROBLEDO ELENCA UNA SERIE DI FASCICOLI DELICATISSIMI, DALL'INCHIESTA SUI DEPISTAGGI NEL CASO RUBY A QUELLA SULLA SEA E VITO GAMBERALE, CHE GLI SAREBBERO STATO SOTTRATTI ILLEGITTIMAMENTE, OPPURE CONSEGNATI CON COLPEVOLE RITARDO DOPO ESSERE PASSATI DA ALTRI UFFICI (FRANCESCO GRECO E ILDA BOCCASSINI, CARI A BRUTI) CHE NON ERANO COMPETENTI FIN DALL'INIZIO -
4. PARTITA IN SALITA PER ROBLEDO. ALMENO POLITICAMENTE. A DIFFERENZA DI BRUTI LIBERATI, È UNA TOGA SENZA ALCUN COLORE E SENZA CORDATE A PROTEGGERLO -
1. DAGOANALISI
A Milano c'è un'inchiesta su appalti e opere pubbliche definita "delicatissima", così riservata e dagli esiti potenzialmente esplosivi da non esser stata indicata se non di striscio nell'esposto che il procuratore aggiunto Alfredo Robledo ha spedito al Csm contro il suo capo, Edmondo Bruti Liberati. Gli investigatori sono abbottonatissimi e alla sola parola "Expo 2015" si chiudono ancora più a riccio e scuotono la testa: "E' una cosa molto più complessa, aspettate e vedrete".
Ma intanto non poteva più aspettare lo scontro sotterraneo tra due magistrati troppo diversi. E' stato sollevato nell'unico modo corretto a disposizione, ovvero con il procuratore aggiunto Robledo che ha investito per iscritto il Csm delle presunte mancanze del suo procuratore capo.
Nell'esposto all'organo di autogoverno della magistratura, il magistrato alla guida del Pool che indaga sui reati contro la Pubblica amministrazione ha elencato una serie di fascicoli delicatissimi, dall'inchiesta sui depistaggi nel caso Ruby a quella sulla Sea e Vito Gamberale, che gli sarebbero stato sottratti illegittimamente, oppure consegnati con colpevole ritardo dopo essere passati da altri uffici che chiaramente non erano competenti fin dall'inizio. In un caso, come racconta Luigi Ferrarella oggi sul Corriere, un fascicolo sarebbe stato addirittura dimenticato nella cassaforte di Bruti.
Ma c'è di più. Ci sono almeno due inchieste di Robledo, che ha già portato alla sbarra Roberto Formigoni e ha inchiodato la Lega Nord, che potrebbero essere danneggiate da inchieste simili degli uomini di Francesco Greco e Ilda Boccassini, che invece con Bruti Liberati vanno d'amore e d'accordo.
In particolare, ci sono intercettazioni telefoniche delicatissime che rischiano di diventare inutilizzabili. La vera bomba a orologeria di questa storia forse è proprio qui. In quest'indagine così pesante da non poter finire neppure citata di striscio in un carteggio riservato tra magistrati.
La partita, per Robledo, si presenta in salita. Almeno politicamente. A differenza di Bruti Liberati, che è stato al Csm ed è un antico notabile di Magistratura democratica, il magistrato napoletano è una toga senza alcun colore e senza cordate a proteggerlo.
Allergico a qualsiasi gestione "politica" dei fascicoli, ha spesso duellato con Bruti su tempi e modi delle iscrizioni al registro degli indagati dei personaggi che contano a Milano. Ma molti scontri, specialmente con il parigrado Greco, sono andati in scena anche sul modo di trattare i poteri forti locali, dalla Telecom Italia dell'era Tronchetti Provera alla Mediobanca di Nego Nagel.
Il fatto poi che nell'esposto si parli anche del caso Ruby, e che Robledo abbia recentemente attaccato sull'Espresso il "correntismo" esasperato dei magistrati italiani, finirà fatalmente per attirare l'attenzione delle truppe berlusconiane. Sempre speranzose di riaprire in qualche modo la partita giudiziaria del Capo. Anche con questo dovrà fare i conti il Csm di Michele Vietti, al momento di valutare l'operato di Bruti Liberati. E decidere se ha ragione lui o ha ragione il suo vice. In queste partite, il pareggio esce raramente.
2. MILANO, IL PM ANTI CORRUZIONE ACCUSA IL CAPO DELLA PROCURA
Luigi Ferrarella per il "Corriere della Sera"
Nella Procura di Milano il vicecapo «denuncia» al Csm il capo. E nella gestione di due segrete nuove inchieste di tangenti, che si starebbero danneggiando a vicenda a causa della violazione dei criteri organizzativi di specializzazione tra i pool di pm, il procuratore aggiunto Alfredo Robledo indica l'ultimo dei «non più episodici comportamenti» con i quali, a suo avviso, il procuratore capo Edmondo Bruti Liberati «ha turbato e turba la regolarità e la normale conduzione dell'ufficio».
Come? Svuotando il pool reati contro la pubblica amministrazione di Robledo, e privilegiando invece l'assegnazione dei fascicoli più delicati in questa materia (tra i quali il processo Ruby a Silvio Berlusconi per concussione, l'indagine su Formigoni-San Raffaele per corruzione, e il fascicolo sulla turbativa d'asta Sea-Gamberale) ad altri due procuratori aggiunti di sua maggior fiducia, il capo dell'antimafia Ilda Boccassini e il capo del pool reati finanziari Francesco Greco.
Al punto che Robledo, con una iniziativa senza precedenti nella Procura che fu di Borrelli e D'Ambrosio, giunge a denunciare l'asserita «violazione dei criteri di organizzazione vigenti nell'ufficio sulla competenza interna» al Consiglio superiore della magistratura vicepresieduto da Michele Vietti, alla diramazione distrettuale milanese e cioè al Consiglio giudiziario guidato dal presidente della Corte d'Appello Giovanni Canzio, e al capo della Procura generale di Milano, Manlio Minale.
Un profluvio di circolari e risoluzioni del Csm, complesse tabelle e dettagliati criteri organizzativi d'ufficio sono il denominatore comune della missiva in cui Robledo di fatto lamenta l'aggiramento o la violazione delle regole che dovrebbero far passare da lui le notizie di reato rientranti nella competenza specializzata del suo dipartimento.
È il caso ad esempio del difetto di coordinamento che Robledo addita appunto in una nuova misteriosa inchiesta avviata dall'antimafia nell'aprile 2012, poi coassegnata a due pm dei pool di Boccassini e Robledo, ma (lamenta Robledo) fatta «per opportunità» coordinare da Bruti a Boccassini benché ad avviso di Robledo sembri riguardare nulla di mafia e tutto invece di corruzione.
E siccome il pool di Robledo avrebbe in corso una precedente indagine su persone nel mirino anche di quella di Boccassini, «evidente è il rischio che importanti informazioni, quali quelle emerse da intercettazioni telefoniche e ambientali, non potranno essere utilizzate ove non confluiscano nel medesimo procedimento».
Ma a ben vedere il vero motivo di attrito con Bruti appare una differente concezione dei limiti entro i quali abbiano asilo considerazioni di opportunità nelle tempistiche e modalità di trattazione dei fascicoli. Lo si intuisce dal riassunto delle divergenze nel luglio 2011 all'inizio del procedimento sul dissesto del San Raffaele di don Verzé, partito come fascicolo di bancarotta su Daccò e sfociato poi nel processo per corruzione al presidente della Regione Formigoni, sempre ad opera del pool finanziario di Greco.
Robledo, di fronte ad articoli di stampa che già nel luglio 2011 collegavano un giro di fatture false alla creazione di disponibilità per un importante politico, dice che propose al pool di Greco di coordinarsi subito per indagini urgenti, ma che Bruti, preoccupato che esse potessero influire sulle trattative economiche in corso per scongiurare il fallimento dell'ospedale e il licenziamento di migliaia di persone, il 25 luglio gli ingiunse di non indagare alcuno e di non svolgere alcun atto di indagine «nel frattempo», e cioè «fino a una riunione in settembre» (poi non più fatta).
Questa scelta per Robledo si è posta «in insanabile contrasto con il dettato costituzionale dell'obbligatorietà dell'azione penale», aprendo a «valutazioni di opportunità estranee allo specifico ruolo istituzionale del pm»: soprattutto perché questi «non consentiti spazi di discrezionalità» avrebbero potuto «contribuire a creare zone di opacità», a loro volta passibili di «consentire una strumentalizzazione del ruolo del pm, sia pure involontariamente subìta».
Robledo contesta anche che l'iscrizione di Berlusconi il 14 gennaio 2011 per concussione e prostituzione minorile nel processo Ruby sia avvenuta in un fascicolo assegnato (senza motivazioni) non al proprio dipartimento competente sul più grave reato di concussione, ma ai pm Boccassini (capo dell'antimafia), Forno (capo del pool reati sessuali) e Sangermano (che dal pool criminalità comune stava passando all'antimafia). E contesta che lo stesso stia accadendo adesso anche per il fascicolo (falsa testimonianza e corruzione in atti giudiziari) scaturito dalle motivazioni delle sentenze Ruby riguardo 30 testimoni, Berlusconi e i suoi avvocati, e assegnato ai pm Forno e Gaglio (pool reati sessuali).
Infine c'è il già noto (Corriere della Sera 16 marzo 2012) caso dell'intercettazione di Vito Gamberale il 14 luglio 2011 sull'asta Sea-Comune di Milano, che i pm fiorentini Turco e Mione inviarono per competenza a Milano il 25 ottobre 2011 perché pareva captare un tentativo di far disegnare il bando su misura per il fondo F2i di Gamberale.
È già noto che il 27 ottobre 2011 Bruti lo assegnò a Greco, il quale lo registrò nel modello «atti non costituenti notizie di reato» coaffidandolo il 2 novembre nel proprio pool al pm Fusco, che il 9 dicembre (sei giorni dopo le indiscrezioni di Reuters e Sole 24 Ore ) segnalò a Bruti che poteva trattarsi di un'ipotesi (turbativa d'asta) di competenza del pool di Robledo.
Quello che invece ora Robledo aggiunge al Csm è che, sebbene il 9 dicembre Bruti lo avesse chiamato per anticipargli che gli avrebbe girato il fascicolo (anche perché l'asta da cui potevano dipendere i conti del Comune di Milano del sindaco Pisapia si teneva di lì a poco, il 16 dicembre), egli ricevette il fascicolo solo a distanza di tre mesi, il 16 marzo 2012, dopo che l' Espresso online e i quotidiani avevano scritto del fascicolo desaparecido. E Robledo afferma che, quando ne chiese la ragione, Bruti il 23 marzo gli avrebbe risposto di averlo «dimenticato in cassaforte».
-
- Messaggi: 17353
- Iscritto il: 06/04/2012, 20:00
Re: Top News
La Cecca pettegola aveva ragione.
Il Tg regionale della Lombardia delle 19,30, ha aperto con un servizio dal titolo:
VELENI A PALAZZO DI GIUSTIZIA.
Il Tg regionale della Lombardia delle 19,30, ha aperto con un servizio dal titolo:
VELENI A PALAZZO DI GIUSTIZIA.
-
- Messaggi: 17353
- Iscritto il: 06/04/2012, 20:00
Re: Top News
Morto a 83 anni Gerardo D’Ambrosio, magistrato Mani pulite ed ex senatore Pd
Lo storico pm della Procura milanese, che ha anche guidato, è deceduto al Policlinico di Milano, dopo che le sue condizioni si erano improvvisamente aggravate. In passato aveva subito un trapianto di cuore. Lavorò allo scandalo Tangentopoli con Borrelli, Di Pietro, Davigo e Colombo
di Redazione Il Fatto Quotidiano | 30 marzo 2014Commenti (63)
E’ morto a 83 anni Gerardo D’Ambrosio, storico magistrato della Procura di Milano, che ha anche guidato, e protagonista dell’inchiesta Mani pulite. L’ex senatore, ricoverato da due giorni nel reparto di medicina d’urgenza del Policlinico di Milano per una gravissima insufficienza cardio-respiratoria, è deceduto nel pomeriggio di domenica, dopo che le sue condizioni si erano improvvisamente aggravate. All’inizio degli anni ’90 era stato sottoposto a un trapianto di cuore.
“E’ una cosa che sconvolge e scombussola”, ha commentato ai microfoni di RaiNews24 Gherardo Colombo, ex magistrato Mani pulite. Mentre una nota del procuratore Edmondo Bruti Liberati afferma che ”i magistrati della Procura della Repubblica di Milano si uniscono al dolore dei familiari per la scomparsa di D’Ambrosio e ne ricordano con immenso rimpianto le straordinarie qualità professionali e umane”.
Quella di D’Ambrosio è una vita tra magistratura e politica. Nato a Santa Maria a Vico (Caserta) il 29 novembre 1930, diplomato al liceo Classico e laureato a pieni voti in Giurisprudenza a Napoli con una tesi in diritto amministrativo, approda alla magistratura nel 1957 e arriva a Milano poco dopo. Il suo nome e la storia del Palazzo di giustizia milanese sono legati in modo indissolubile: si occupa dell’istruttoria sulla strage di Piazza Fontana e della morte dell’anarchico Giuseppe Pinelli. Nel 1981 assume la funzione di sostituto procuratore generale e si occupa dei primi processi per terrorismo, oltre che delle istruttorie relative alla bancarotta del Banco Ambrosiano che vede tra gli imputati Roberto Calvi (trovato morto a Londra nel 1982).
Qualche anno dopo, nel 1989, viene nominato Procuratore aggiunto di Milano dove dirige prima il Dipartimento criminalità organizzata poi quello dei reati contro la pubblica amministrazione. Dal 1992 è tra i protagonisti (insieme a Francesco Saverio Borrelli, Antonio Di Pietro, Piercamillo Davigo e Gherardo Colombo) del pool che si occupa dell’inchiesta Mani pulite. Negli anni di Tangentopoli gli occhi di tutto il paese sono puntati sul palazzo di giustizia di Milano.
Nel 1999 viene nominato Procuratore capo della Procura della Repubblica di Milano, nel 2002 lascia per limiti di età ma la sua avventura prosegue nel campo della politica: in occasione delle elezioni 2006, accetta la candidatura proposta dai Democratici di Sinistra, di un seggio al Senato, risultando eletto nella Regione Lombardia. E’ stato anche componente della II Commissione permanente (Giustizia) del Senato. Alle elezioni del 2008 è stato confermato senatore del Pd.
Lo storico pm della Procura milanese, che ha anche guidato, è deceduto al Policlinico di Milano, dopo che le sue condizioni si erano improvvisamente aggravate. In passato aveva subito un trapianto di cuore. Lavorò allo scandalo Tangentopoli con Borrelli, Di Pietro, Davigo e Colombo
di Redazione Il Fatto Quotidiano | 30 marzo 2014Commenti (63)
E’ morto a 83 anni Gerardo D’Ambrosio, storico magistrato della Procura di Milano, che ha anche guidato, e protagonista dell’inchiesta Mani pulite. L’ex senatore, ricoverato da due giorni nel reparto di medicina d’urgenza del Policlinico di Milano per una gravissima insufficienza cardio-respiratoria, è deceduto nel pomeriggio di domenica, dopo che le sue condizioni si erano improvvisamente aggravate. All’inizio degli anni ’90 era stato sottoposto a un trapianto di cuore.
“E’ una cosa che sconvolge e scombussola”, ha commentato ai microfoni di RaiNews24 Gherardo Colombo, ex magistrato Mani pulite. Mentre una nota del procuratore Edmondo Bruti Liberati afferma che ”i magistrati della Procura della Repubblica di Milano si uniscono al dolore dei familiari per la scomparsa di D’Ambrosio e ne ricordano con immenso rimpianto le straordinarie qualità professionali e umane”.
Quella di D’Ambrosio è una vita tra magistratura e politica. Nato a Santa Maria a Vico (Caserta) il 29 novembre 1930, diplomato al liceo Classico e laureato a pieni voti in Giurisprudenza a Napoli con una tesi in diritto amministrativo, approda alla magistratura nel 1957 e arriva a Milano poco dopo. Il suo nome e la storia del Palazzo di giustizia milanese sono legati in modo indissolubile: si occupa dell’istruttoria sulla strage di Piazza Fontana e della morte dell’anarchico Giuseppe Pinelli. Nel 1981 assume la funzione di sostituto procuratore generale e si occupa dei primi processi per terrorismo, oltre che delle istruttorie relative alla bancarotta del Banco Ambrosiano che vede tra gli imputati Roberto Calvi (trovato morto a Londra nel 1982).
Qualche anno dopo, nel 1989, viene nominato Procuratore aggiunto di Milano dove dirige prima il Dipartimento criminalità organizzata poi quello dei reati contro la pubblica amministrazione. Dal 1992 è tra i protagonisti (insieme a Francesco Saverio Borrelli, Antonio Di Pietro, Piercamillo Davigo e Gherardo Colombo) del pool che si occupa dell’inchiesta Mani pulite. Negli anni di Tangentopoli gli occhi di tutto il paese sono puntati sul palazzo di giustizia di Milano.
Nel 1999 viene nominato Procuratore capo della Procura della Repubblica di Milano, nel 2002 lascia per limiti di età ma la sua avventura prosegue nel campo della politica: in occasione delle elezioni 2006, accetta la candidatura proposta dai Democratici di Sinistra, di un seggio al Senato, risultando eletto nella Regione Lombardia. E’ stato anche componente della II Commissione permanente (Giustizia) del Senato. Alle elezioni del 2008 è stato confermato senatore del Pd.
Chi c’è in linea
Visitano il forum: Google [Bot] e 0 ospiti