La Terza Guerra Mondiale
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Re: La Terza Guerra Mondiale
LA CALDA ESTATE DEL 2016
CRONACA DI GIORNI DI GUERRA
Turchia, Barbara Spinelli lancia appello a istituzioni europee: “Dovete vigilare sul rispetto dei diritti fondamentali”
Diritti
Dopo le violenze in Turchia l'eurodeputata ha promosso un appello internazionale per chiedere ai rappresentanti delle istituzioni europee di vigilare sulla situazione interna al Paese sconvolto dalla repressione delle opposizioni, delle minoranze e delle libertà civili. Ecco il testo
di F. Q. | 24 luglio 2016
COMMENTI
Dopo le violenze in Turchia l’eurodeputata Barbara Spinelli ha promosso un appello internazionale per chiedere ai rappresentanti delle istituzioni europee di vigilare sulla situazione interna al Paese sconvolto dalla repressione delle opposizioni, delle minoranze e delle libertà civili innescata da Erdogan il golpe militare sventato il 15 luglio. La lettera, sottoscritta da importanti di accademici (Varoufakis, Etienne Balibar, e tanti altri) più un certo numero di parlamentari europei, è indirizzata a Federica Mogherini, Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, e al direttore generale del Consiglio d’Europa a Thorbjørn Jagland. Ecco il testo.
Gentile Alto Rappresentante /Vice Presidente Federica Mogherini,
Gentile Segretario Generale Thorbjørn Jagland,
Venerdì 15 luglio la Turchia è stata vittima di un tentativo di colpo di stato che ha provocato più di 200 vittime, per la maggior parte civili, e più di 1400 feriti. Subito dopo, il Governo turco ha avviato un’epurazione su larga scala e del tutto sproporzionata in seno all’apparato statale. Dal giorno in cui ha avuto luogo il fallito colpo di stato, fino al 20 luglio 2016, il numero complessivo di epurazioni (sospensione dagli incarichi e arresti) nel servizio pubblico ammonta a più di 61.000 persone. Le purghe hanno colpito in particolare i seguenti settori: ministero della Giustizia (2.875 giudici e pubblici ministeri); Ufficio del Primo ministro (257 dipendenti); ministero degli Affari interni (8.777 agenti di Polizia, Gendarmeria, governatori di distretti provinciali, governatori locali e personale); ministero dell’Istruzione nazionale (21.738 dipendenti sospesi); Consiglio dell’Educazione Superiore (116 professori, compresi 4 rettori, più 1.577 presidi di facoltà cui è stato chiesto di dimettersi); ministero della Famiglia e delle Politiche sociali (393 impiegati statali); ministero delle Finanze (1.500 dipendenti); Agenzia di Intelligence nazionale (100 dipendenti); Autorità di Regolamentazione del Mercato energetico (25 dipendenti); ministero dello Sviluppo (16 dipendenti); ministero delle Foreste e delle Risorse idriche (197 dipendenti); ministero dell’Energia e delle Risorse naturali (300 dipendenti); ministero dello Sport e della Gioventù (245 dipendenti); ministero dell’Ambiente e dell’Urbanizzazione (70 dipendenti); Consiglio supremo per Radio e Tv (29 dipendenti); Agenzia di Regolazione e Supervisione bancaria (86 dipendenti); ministero del Commercio e delle Dogane (176 dipendenti); Autorità garante della Concorrenza (8 dipendenti); Corte militare d’Appello (35 dipendenti); ministero della Difesa (7 dipendenti); Borsa di Istanbul (51 dipendenti).
É stata revocata la licenza di insegnamento a 21.000 docenti di scuole private.
É probabile che i prossimi saranno gli accademici. Migliaia di universitari erano già sotto inchiesta, con l’accusa di “dare sostegno” alle attività terroristiche, per aver difeso la popolazione curda nel Sud-Est della Turchia, sottoposta nel corso dell’ultimo anno a un attacco esteso e letale da parte delle forze regolari turche.
Secondo numerose fonti – tra queste il Commissario europeo per la Politica di vicinato e i Negoziati per l’allargamento Johannes Hahn – la lista delle persone da arrestare era già pronta prima che iniziasse il colpo di stato. Alcune di queste fonti asseriscono che il colpo di stato è stato messo in atto come extrema ratio contro tali liste.
Il Primo ministro turco ha sospeso le ferie di più di tre milioni di dipendenti pubblici in tutto il Paese, e ai dipendenti del settore pubblico è stato vietato di viaggiare all’estero. Inoltre, secondo un’intervista rilasciata alla CNN il 18 luglio 2016, il Presidente turco Recep Tayyip Erdoğan non ha escluso la possibilità di ripristinare la pena di morte nel Paese. Nel frattempo, il Governo ha dichiarato lo stato d’emergenza e la sospensione temporanea della Convenzione europea dei Diritti umani, come consentito dall’articolo 15 CEDU. Questo articolo non permette però di venir meno al rispetto dei principi fondamentali sanciti dalla Convenzione.
Non esiste più, in conclusione, un sistema di pesi e contrappesi. Secondo alcuni resoconti, le persone messe sotto custodia non riescono a trovare avvocati difensori, perché nessuno si esporrebbe al rischio di difenderle e di entrare così a far parte della lista delle epurazioni.
La Turchia è firmataria della Convenzione europea dei Diritti dell’Uomo e del Protocollo n. 6 della CEDU riguardante l’abolizione della pena di morte. Come Paese candidato all’adesione all’UE, la Turchia si è anche impegnata al pieno rispetto dei criteri di Copenhagen, tra cui la presenza di istituzioni stabili che garantiscano la democrazia, lo stato di diritto, i diritti umani e il rispetto e la protezione delle minoranze, oltre all’abolizione della pena capitale.
Noi, firmatari di questa lettera, condanniamo ogni tentativo di rovesciare l’ordinamento democratico attraverso colpi di stato militari. Al tempo stesso, tuttavia, condanniamo le purghe attuate dal Governo turco in violazione dei diritti umani e dello stato di diritto. Il principio di indipendenza e d’imparzialità del potere giudiziario – insieme alla libertà dei media – è alla base dello stato di diritto e della democrazia. L’indipendenza politica dei corpi insegnanti fa parte delle condizioni di esistenza di una società libera.
Chiediamo all’Alto Rappresentante / Vice Presidente Federica Mogherini, così come al Segretario generale del Consiglio d’Europa Thorbjørn Jagland, di seguire da vicino la situazione in Turchia per quanto riguarda il rispetto dei diritti umani e dello stato di diritto, e chiediamo di esigere l’immediata liberazione di tutti coloro che sono stati arbitrariamente arrestati e detenuti a seguito del fallito colpo di stato militare.
Ricordiamo il recente disegno di legge adottato dal Parlamento turco che revoca l’immunità dai procedimenti giudiziari per 138 parlamentari, appartenenti per lo più al partito di opposizione HDP e alla minoranza curda. Tutto sembra suggerire che il colpo di stato offra al Governo turco l’occasione di limitare ulteriormente il ruolo delle opposizioni
CRONACA DI GIORNI DI GUERRA
Turchia, Barbara Spinelli lancia appello a istituzioni europee: “Dovete vigilare sul rispetto dei diritti fondamentali”
Diritti
Dopo le violenze in Turchia l'eurodeputata ha promosso un appello internazionale per chiedere ai rappresentanti delle istituzioni europee di vigilare sulla situazione interna al Paese sconvolto dalla repressione delle opposizioni, delle minoranze e delle libertà civili. Ecco il testo
di F. Q. | 24 luglio 2016
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Dopo le violenze in Turchia l’eurodeputata Barbara Spinelli ha promosso un appello internazionale per chiedere ai rappresentanti delle istituzioni europee di vigilare sulla situazione interna al Paese sconvolto dalla repressione delle opposizioni, delle minoranze e delle libertà civili innescata da Erdogan il golpe militare sventato il 15 luglio. La lettera, sottoscritta da importanti di accademici (Varoufakis, Etienne Balibar, e tanti altri) più un certo numero di parlamentari europei, è indirizzata a Federica Mogherini, Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, e al direttore generale del Consiglio d’Europa a Thorbjørn Jagland. Ecco il testo.
Gentile Alto Rappresentante /Vice Presidente Federica Mogherini,
Gentile Segretario Generale Thorbjørn Jagland,
Venerdì 15 luglio la Turchia è stata vittima di un tentativo di colpo di stato che ha provocato più di 200 vittime, per la maggior parte civili, e più di 1400 feriti. Subito dopo, il Governo turco ha avviato un’epurazione su larga scala e del tutto sproporzionata in seno all’apparato statale. Dal giorno in cui ha avuto luogo il fallito colpo di stato, fino al 20 luglio 2016, il numero complessivo di epurazioni (sospensione dagli incarichi e arresti) nel servizio pubblico ammonta a più di 61.000 persone. Le purghe hanno colpito in particolare i seguenti settori: ministero della Giustizia (2.875 giudici e pubblici ministeri); Ufficio del Primo ministro (257 dipendenti); ministero degli Affari interni (8.777 agenti di Polizia, Gendarmeria, governatori di distretti provinciali, governatori locali e personale); ministero dell’Istruzione nazionale (21.738 dipendenti sospesi); Consiglio dell’Educazione Superiore (116 professori, compresi 4 rettori, più 1.577 presidi di facoltà cui è stato chiesto di dimettersi); ministero della Famiglia e delle Politiche sociali (393 impiegati statali); ministero delle Finanze (1.500 dipendenti); Agenzia di Intelligence nazionale (100 dipendenti); Autorità di Regolamentazione del Mercato energetico (25 dipendenti); ministero dello Sviluppo (16 dipendenti); ministero delle Foreste e delle Risorse idriche (197 dipendenti); ministero dell’Energia e delle Risorse naturali (300 dipendenti); ministero dello Sport e della Gioventù (245 dipendenti); ministero dell’Ambiente e dell’Urbanizzazione (70 dipendenti); Consiglio supremo per Radio e Tv (29 dipendenti); Agenzia di Regolazione e Supervisione bancaria (86 dipendenti); ministero del Commercio e delle Dogane (176 dipendenti); Autorità garante della Concorrenza (8 dipendenti); Corte militare d’Appello (35 dipendenti); ministero della Difesa (7 dipendenti); Borsa di Istanbul (51 dipendenti).
É stata revocata la licenza di insegnamento a 21.000 docenti di scuole private.
É probabile che i prossimi saranno gli accademici. Migliaia di universitari erano già sotto inchiesta, con l’accusa di “dare sostegno” alle attività terroristiche, per aver difeso la popolazione curda nel Sud-Est della Turchia, sottoposta nel corso dell’ultimo anno a un attacco esteso e letale da parte delle forze regolari turche.
Secondo numerose fonti – tra queste il Commissario europeo per la Politica di vicinato e i Negoziati per l’allargamento Johannes Hahn – la lista delle persone da arrestare era già pronta prima che iniziasse il colpo di stato. Alcune di queste fonti asseriscono che il colpo di stato è stato messo in atto come extrema ratio contro tali liste.
Il Primo ministro turco ha sospeso le ferie di più di tre milioni di dipendenti pubblici in tutto il Paese, e ai dipendenti del settore pubblico è stato vietato di viaggiare all’estero. Inoltre, secondo un’intervista rilasciata alla CNN il 18 luglio 2016, il Presidente turco Recep Tayyip Erdoğan non ha escluso la possibilità di ripristinare la pena di morte nel Paese. Nel frattempo, il Governo ha dichiarato lo stato d’emergenza e la sospensione temporanea della Convenzione europea dei Diritti umani, come consentito dall’articolo 15 CEDU. Questo articolo non permette però di venir meno al rispetto dei principi fondamentali sanciti dalla Convenzione.
Non esiste più, in conclusione, un sistema di pesi e contrappesi. Secondo alcuni resoconti, le persone messe sotto custodia non riescono a trovare avvocati difensori, perché nessuno si esporrebbe al rischio di difenderle e di entrare così a far parte della lista delle epurazioni.
La Turchia è firmataria della Convenzione europea dei Diritti dell’Uomo e del Protocollo n. 6 della CEDU riguardante l’abolizione della pena di morte. Come Paese candidato all’adesione all’UE, la Turchia si è anche impegnata al pieno rispetto dei criteri di Copenhagen, tra cui la presenza di istituzioni stabili che garantiscano la democrazia, lo stato di diritto, i diritti umani e il rispetto e la protezione delle minoranze, oltre all’abolizione della pena capitale.
Noi, firmatari di questa lettera, condanniamo ogni tentativo di rovesciare l’ordinamento democratico attraverso colpi di stato militari. Al tempo stesso, tuttavia, condanniamo le purghe attuate dal Governo turco in violazione dei diritti umani e dello stato di diritto. Il principio di indipendenza e d’imparzialità del potere giudiziario – insieme alla libertà dei media – è alla base dello stato di diritto e della democrazia. L’indipendenza politica dei corpi insegnanti fa parte delle condizioni di esistenza di una società libera.
Chiediamo all’Alto Rappresentante / Vice Presidente Federica Mogherini, così come al Segretario generale del Consiglio d’Europa Thorbjørn Jagland, di seguire da vicino la situazione in Turchia per quanto riguarda il rispetto dei diritti umani e dello stato di diritto, e chiediamo di esigere l’immediata liberazione di tutti coloro che sono stati arbitrariamente arrestati e detenuti a seguito del fallito colpo di stato militare.
Ricordiamo il recente disegno di legge adottato dal Parlamento turco che revoca l’immunità dai procedimenti giudiziari per 138 parlamentari, appartenenti per lo più al partito di opposizione HDP e alla minoranza curda. Tutto sembra suggerire che il colpo di stato offra al Governo turco l’occasione di limitare ulteriormente il ruolo delle opposizioni
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LA CALDA ESTATE DEL 2016
CRONACA DI GIORNI DI GUERRA
Bomba di migranti sulla Ue: l'arma segreta di Erdogan
Sale la tensione in Grecia di fronte al rischio che Ankara possa rompere il patto sui migranti e lasciare che centinaia di migliaia di uomini sbarchino in Grecia
Ivan Francese - Lun, 25/07/2016 - 15:41
Potrebbero essere i migranti l'ultima arma nelle mani del presidente turco Recep Tayyip Erdogan.
Come un arciere accarezza la freccia migliore riposta nella faretra, il Sultano medita con attenzione infatti l'atteggiamento da tenere rispetto alle centinaia di migliaia di profughi accolti nel territorio della Mezzaluna.
Le autorità greche segnalano l'arrivo di oltre settecento migranti sull'isola egea di Lesbo, nel Dodecaneso, dal giorno del fallito colpo di Stato in Anatolia. Come riporta il quotidiano ellenico To Vima, la guardia costiera greca ha arrestato nei giorni scorsi due scafisti sorpresi mentre tentavano di trasbordare ventisette migranti nelle isole di Kos e Samos.
Nell'ambito dell'accordo fra Turchia e Ue per il contenimento dell'immigrazione clandestina, in tutta la Grecia ci sono attualmente oltre 57mila migranti, di cui 3357 a Lesbo, 2474 a Chio e 1065 a Samo. La maggioranza di essi però - oltre 23mila - si trova nei vari campi profughi del nord del Paese.
In Turchia ci sono invece oltre un milione e ottocentomila migranti, spesso costretti in campi dell'est del Paese in cui le condizioni di vita sono molto precarie. Erdogan non perde occasione per ricordare all'Europa di come "nessuno possa dare lezioni di accoglienza alla Turchia".
Sotto pressione da parte della comunità internazionale per le accuse di illegalità e torture diffuse nei giorni della repressione seguita al tentato golpe dello scorso15 luglio, il presidente della Turchia sa bene che la principale carta che può giocarsi nelle trattative con Bruxelles è proprio quella dei migranti. Nonostante gli strali dell'Europa condannino a parole l'atteggiamento dei turchi nei confronti dei dissidenti, ai piani alti della Commissioni tutti sanno bene che se solo Erdogan volesse, la Grecia tornerebbe in men che non si dica ad essere il terreno privilegiato di arrivo di centinaia di migliaia di richiedenti asilo.
Questo lo sanno bene anche ad Ankara, dove intendono fare pesare fino in fondo il peso di questo vantaggio. Per ora Erdogan non ha annunciato né sembra intenzionato a cambiare linea nel breve periodo, ma la situazione può mutare molto rapidamente. E questo lo sanno tutti.
CRONACA DI GIORNI DI GUERRA
Bomba di migranti sulla Ue: l'arma segreta di Erdogan
Sale la tensione in Grecia di fronte al rischio che Ankara possa rompere il patto sui migranti e lasciare che centinaia di migliaia di uomini sbarchino in Grecia
Ivan Francese - Lun, 25/07/2016 - 15:41
Potrebbero essere i migranti l'ultima arma nelle mani del presidente turco Recep Tayyip Erdogan.
Come un arciere accarezza la freccia migliore riposta nella faretra, il Sultano medita con attenzione infatti l'atteggiamento da tenere rispetto alle centinaia di migliaia di profughi accolti nel territorio della Mezzaluna.
Le autorità greche segnalano l'arrivo di oltre settecento migranti sull'isola egea di Lesbo, nel Dodecaneso, dal giorno del fallito colpo di Stato in Anatolia. Come riporta il quotidiano ellenico To Vima, la guardia costiera greca ha arrestato nei giorni scorsi due scafisti sorpresi mentre tentavano di trasbordare ventisette migranti nelle isole di Kos e Samos.
Nell'ambito dell'accordo fra Turchia e Ue per il contenimento dell'immigrazione clandestina, in tutta la Grecia ci sono attualmente oltre 57mila migranti, di cui 3357 a Lesbo, 2474 a Chio e 1065 a Samo. La maggioranza di essi però - oltre 23mila - si trova nei vari campi profughi del nord del Paese.
In Turchia ci sono invece oltre un milione e ottocentomila migranti, spesso costretti in campi dell'est del Paese in cui le condizioni di vita sono molto precarie. Erdogan non perde occasione per ricordare all'Europa di come "nessuno possa dare lezioni di accoglienza alla Turchia".
Sotto pressione da parte della comunità internazionale per le accuse di illegalità e torture diffuse nei giorni della repressione seguita al tentato golpe dello scorso15 luglio, il presidente della Turchia sa bene che la principale carta che può giocarsi nelle trattative con Bruxelles è proprio quella dei migranti. Nonostante gli strali dell'Europa condannino a parole l'atteggiamento dei turchi nei confronti dei dissidenti, ai piani alti della Commissioni tutti sanno bene che se solo Erdogan volesse, la Grecia tornerebbe in men che non si dica ad essere il terreno privilegiato di arrivo di centinaia di migliaia di richiedenti asilo.
Questo lo sanno bene anche ad Ankara, dove intendono fare pesare fino in fondo il peso di questo vantaggio. Per ora Erdogan non ha annunciato né sembra intenzionato a cambiare linea nel breve periodo, ma la situazione può mutare molto rapidamente. E questo lo sanno tutti.
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Re: La Terza Guerra Mondiale
LA CALDA ESTATE DEL 2016
CRONACA DI GIORNI DI GUERRA
Allarme bomba a Milano, evacuata fermata della metro della Stazione centrale
milano metro evacuazione 4
< 1/4 >
<>
Cronaca
Le forze dell'ordine hanno trovato un pacco sospetto alla fermata sulla linea M2 in direzione Abbiategrasso. Circolazione interrotta. Un passeggero ha notato un pacco da cui fuoriuscivano dei fili. Sul posto le forze dell'ordine
di F. Q. | 25 luglio 2016
COMMENTI
Un pacco da cui fuoriuscivano dei fili. È stato un passeggero a notarlo e far scattare l’allarme bomba, intorno alle 16.45, nella fermata della metropolitana della Stazione centrale di Milano. Come da piano di emergenza è stata decisa una evacuazione. Il pacco sospetto è trovato alla fermata sulla linea M2 (linea verde) in direzione Abbiategrasso. Al momento la circolazione dei treni sulle linee M2 e M3 (linea gialla) della metropolitana di Milano è interrotta. Le due linee metropolitane sono state chiuse tra le fermate di Porta Garibaldi (dove si trova anche la stazione di Porta Garibaldi) e Cascina Gobba sulla M2 e da quelle di Repubblica e Sondrio sulla M3. I vagoni della metropolitana sono stati fatti evacuare con un suono prolungato della sirena ma senza alcuna comunicazione a voce.
Sul posto sia la polizia locale, che ha inviato 40 pattuglie per isolare la zona, che la polizia, che ha subito mandato sul posto gli artificieri. Sul posto sono presenti anche i carabinieri e personale della Croce Rossa. Al momento c’è molto disagio ma non particolare preoccupazione tra i cittadini e i viaggiatori che stanno collaborando alle operazioni di evacuazione. La Stazione Centrale di Milano è invece operativa al 100%. Il blocco della circolazione riguarda solo le linee della metropolitana, la fermata della metro e i negozi della stazione che si trovano all’altezza, della metro, cioè al piano interrato.
Questa mattina un falso allarme bomba ha creato disagi a Ventimiglia. L’allarme era scattato per due telefonate anonime che annunciavano la presenza di un ordigno al mercato coperto. Le forze dell’ordine hanno bonificato tutta l’area commerciale e hanno controllato tutte le auto che erano in sosta nella zona senza trovare tracce di esplosivo. Sempre questa mattina l’allarme è scattato al tribunale di Spoleto. Una chiamata ha avvisato della presenza di un ordigno quindi, come prevede il protocollo, l’edificio è stato evacuato.
di F. Q. | 25 luglio 2016
http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/07 ... a/2932094/
CRONACA DI GIORNI DI GUERRA
Allarme bomba a Milano, evacuata fermata della metro della Stazione centrale
milano metro evacuazione 4
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Cronaca
Le forze dell'ordine hanno trovato un pacco sospetto alla fermata sulla linea M2 in direzione Abbiategrasso. Circolazione interrotta. Un passeggero ha notato un pacco da cui fuoriuscivano dei fili. Sul posto le forze dell'ordine
di F. Q. | 25 luglio 2016
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Un pacco da cui fuoriuscivano dei fili. È stato un passeggero a notarlo e far scattare l’allarme bomba, intorno alle 16.45, nella fermata della metropolitana della Stazione centrale di Milano. Come da piano di emergenza è stata decisa una evacuazione. Il pacco sospetto è trovato alla fermata sulla linea M2 (linea verde) in direzione Abbiategrasso. Al momento la circolazione dei treni sulle linee M2 e M3 (linea gialla) della metropolitana di Milano è interrotta. Le due linee metropolitane sono state chiuse tra le fermate di Porta Garibaldi (dove si trova anche la stazione di Porta Garibaldi) e Cascina Gobba sulla M2 e da quelle di Repubblica e Sondrio sulla M3. I vagoni della metropolitana sono stati fatti evacuare con un suono prolungato della sirena ma senza alcuna comunicazione a voce.
Sul posto sia la polizia locale, che ha inviato 40 pattuglie per isolare la zona, che la polizia, che ha subito mandato sul posto gli artificieri. Sul posto sono presenti anche i carabinieri e personale della Croce Rossa. Al momento c’è molto disagio ma non particolare preoccupazione tra i cittadini e i viaggiatori che stanno collaborando alle operazioni di evacuazione. La Stazione Centrale di Milano è invece operativa al 100%. Il blocco della circolazione riguarda solo le linee della metropolitana, la fermata della metro e i negozi della stazione che si trovano all’altezza, della metro, cioè al piano interrato.
Questa mattina un falso allarme bomba ha creato disagi a Ventimiglia. L’allarme era scattato per due telefonate anonime che annunciavano la presenza di un ordigno al mercato coperto. Le forze dell’ordine hanno bonificato tutta l’area commerciale e hanno controllato tutte le auto che erano in sosta nella zona senza trovare tracce di esplosivo. Sempre questa mattina l’allarme è scattato al tribunale di Spoleto. Una chiamata ha avvisato della presenza di un ordigno quindi, come prevede il protocollo, l’edificio è stato evacuato.
di F. Q. | 25 luglio 2016
http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/07 ... a/2932094/
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Re: La Terza Guerra Mondiale
LA CALDA ESTATE DEL 2016
CRONACA DI GIORNI DI GUERRA
SPIEGATELO AD ALFANO & ROMINA, IL NOSTRO GENIO, IL NOSTRO FARO, COME LO HA DEFINITO TRAVAGLIO.
FARE ACCOGLIENZA SIGNIFICA ANCHE QUESTO, NON SOLO INTASCARE I DANE' DALLA MUCCA CAROLINA CHE SI CHIAMA STATO.
Rifugiati, Msf: “Oltre il 60% presenta disagio mentale”. Il medico: “Poche risorse, difficile seguirli tutti”
Società
Stress post traumatico, ansia, depressione. Sono questi i disturbi psicologici più diffusi tra i migranti. A registrarli un rapporto di Medici senza Frontiere, che segnala come in molti casi non esista uno screening attivo per valutare la necessità di un supporto nei centri che li accolgono. La psicoterapeuta Rosamaria Vitale: "Situazione molto diversa da regione a regione"
di Luisiana Gaita | 25 luglio 2016
COMMENTI
Riconoscere il malessere prima che esploda.
Perché guerre, viaggi della speranza, prigione, torture o anche solo lo rottura con la propria terra di origine non può non avere conseguenze psicologiche.
Solo che è difficile riconoscere e curare i sintomi del disagio mentale di qualcuno che è in un barcone in mezzo a migliaia di altre persone, a cui si cerca in primis di salvare la vita. È impossibile, poi, se nelle strutture di accoglienza non c’è personale specializzato. Psicologi e psicoterapeuti in grado di seguire durante l’accoglienza i rifugiati. A due giorni dalla strage di Monaco è stato un rifugiato siriano, non lontano da Stoccarda, a uccidere una donna a colpi di machete. E, nello stesso giorno, è stato un richiedente asilo anche lui siriano a farsi esplodere nel centro di Ansbach, a 40 chilometri da Norimberga. Aveva tentato il suicidio due volte ed era stato ricoverato in uno ospedale psichiatrico. Questi episodi si possono evitare? In Italia i centri di accoglienza possono fornire un’assistenza psichiatrica adeguata? La maggior parte dei richiedenti asilo in Italia viene ospitato dai Centri di accoglienza straordinaria. “La situazione è molto diversa da regione a regione e, anche all’interno della stessa città spesso si trovano realtà molto diverse l’una dall’altra” spiega a ilfattoquotidiano.it Rosamaria Vitale, medico chirurgo e psicoterapeuta, con una lunga esperienza alle spalle nell’accoglienza ai migranti. Oggi collabora con ‘Medici Volontari italiani’ e presta servizio sulle navi di Mare Nostrum, all’Hub (centro di accoglienza e smistamento) della stazione centrale di Milano e, attraverso una cooperativa, in un altro centro di Busto Arsizio.
Il rapporto coi ‘traumi ignorati’ – Il disagio mentale che vivono i profughi è stato oggetto di un dossier presentato proprio nei giorni scorsi da Medici senza Frontiere, frutto di una ricerca condotta in Italia tra luglio 2015 e febbraio 2016 in vari Centri di accoglienza straordinaria (Cas) di Roma, Trapani e Milano e dei dati raccolti durante le consultazioni realizzate nei Cas di Ragusa tra il 2014 e il 2015. “Tra i soggetti analizzati nello studio, il 60,5% mostrava problematiche di salute mentale – si legge nel rapporto – e, tra quelli presi in carico da Medici senza Frontiere, il 42% presentava disturbi compatibili con il disordine da stress post traumatico, il 27% soffriva d’ansia, il 19% di depressione”. E si tratta di persone con un’età media di 23-24 anni. E se molti di loro hanno affrontato situazioni drammatiche nei loro Paesi d’origine, è anche vero che “tra i pazienti presi in carico – rileva la ricerca – l’87% ha dichiarato di soffrire per le difficoltà legate alle condizioni di vita attuali”. Le cause del disagio nella vita post-migrazione? “La mancanza di attività quotidiane, la paura per il futuro, la solitudine e il timore per i familiari lasciati nel Paese di origine rappresentavano le principali problematiche”. Il confronto tra il gruppo di richiedenti asilo che mostrava disturbi di salute mentale e quello che non mostrava alcun disturbo ha permesso di rilevare un altro aspetto: la probabilità di avere disagi psicopatologici è risultata di 3,7 volte superiore tra i richiedenti asilo che avevano subìto eventi traumatici.
L’esperienza sul campo – La psicoterapeuta Rosamaria Vitale ha insegnato alla scuola di Psicoterapia transculturale fondata a Milano dalla professoressa Rosalba Terranova, insieme alla quale è autrice del libro ‘Accogliere il Migrante, tecniche di psicologia transculturale in situazioni di emergenza’. Secondo il medico, accorgersi del disagio si può e in Italia c’è chi lo fa, anche se le poche risorse a disposizione e l’alto numero di profughi che continuano ad arrivare sulle coste italiane spesso non consente di seguirli a uno a uno. Fondazione Progetto Arca e altre 14 associazioni tra cui Medici volontari italiani e Albero della Vita gestiscono l’hub di Milano che è il primo punto di accoglienza per i migranti, “dove ci sono due medici – spiega la psicoterapeuta – ed io che mi occupo anche di seguire alcuni casi che richiedono un supporto psicologico, ma non in tutti i centri di accoglienza è obbligatoria la presenza di uno psicologo”.
A Milano esiste una rete di accoglienza molto più forte rispetto ad altre realtà: “Ci sono sei centri della rete Sprar per richiedenti asilo e rifugiati, una trentina di Cas, tre ambulatori e al Niguarda c’è un ottimo centro di psicoterapia con un reparto dedicato agli immigrati”. Ma ci si può accorgere che qualcosa non va? “In una prima fase si tendono a privilegiare altri tipi di controllo medico – spiega – ma se ci sono dei casi di schizofrenia acuta, vengono segnalati già all’arrivo”. Basti pensare al caso di Adam Kabobo, il ghanese di 34 anni che nel maggio 2013 uccise tre passanti a colpi di piccone, nel quartiere Niguarda. “La diagnosi era già stata fatta tre anni prima ed era stato in un ospedale psichiatrico in Svizzera” racconta il medico, sottolineando che il problema in molti casi “non è tanto la diagnosi, quanto la difficoltà oggettiva di seguire tutte queste persone”. E se anche a Milano negli ultimi mesi sono state molte le difficoltà organizzative da superare per far fronte all’emergenza e al crescente numero di richiedenti asilo, la situazione è ancora più complessa laddove non ci sono risorse.
Il sistema accoglienza – Nel suo rapporto Medici senza Frontiere tira le somme su un sistema di accoglienza che ha diverse lacune: “Un sistema – scrive l’associazione – che, di fronte a una popolazione particolarmente disagiata, risponde in maniera emergenziale, senza un’adeguata preparazione”. In molti casi, ad esempio, non esiste uno screening attivo per valutare la necessità di un supporto della salute mentale tra gli ospiti dei centri. “I servizi sanitari territoriali spesso mancano di competenze e risorse necessarie – spiega Medici senza Frontiere – e non sono ancora in grado di riconoscere i segni del disagio”. Non solo: sono sporadiche, quando non del tutto assenti, figure come quella del mediatore culturale e la permanenza presso i centri è prolungata e sovente fonte di ulteriore disagio”. Eppure in Italia c’è chi prova a lavorare per migliorare la situazione. “A Busto lavoro in un centro con 120 immigrati e li conosco ormai tutti, dunque è più facile seguire chi ha crisi di panico, piange, ha incubi o è in depressione. Alcuni non vogliono parlare, ma poi se vengono seguiti si aprono” spiega Rosamaria Vitale. “Ho seguito il caso, ad esempio, di un ragazzo dello Sri Lanka – dice – che in carcere aveva subìto torture per otto anni, poi era andato in Svizzera dove aveva tentato il suicidio. Arrivato in Italia era molto depresso, ma ora sta molto meglio. Di casi così ce ne sono tanti, solo che c’è molto ancora da fare”.
di Luisiana Gaita | 25 luglio 2016
http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/07 ... i/2932061/
CRONACA DI GIORNI DI GUERRA
SPIEGATELO AD ALFANO & ROMINA, IL NOSTRO GENIO, IL NOSTRO FARO, COME LO HA DEFINITO TRAVAGLIO.
FARE ACCOGLIENZA SIGNIFICA ANCHE QUESTO, NON SOLO INTASCARE I DANE' DALLA MUCCA CAROLINA CHE SI CHIAMA STATO.
Rifugiati, Msf: “Oltre il 60% presenta disagio mentale”. Il medico: “Poche risorse, difficile seguirli tutti”
Società
Stress post traumatico, ansia, depressione. Sono questi i disturbi psicologici più diffusi tra i migranti. A registrarli un rapporto di Medici senza Frontiere, che segnala come in molti casi non esista uno screening attivo per valutare la necessità di un supporto nei centri che li accolgono. La psicoterapeuta Rosamaria Vitale: "Situazione molto diversa da regione a regione"
di Luisiana Gaita | 25 luglio 2016
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Riconoscere il malessere prima che esploda.
Perché guerre, viaggi della speranza, prigione, torture o anche solo lo rottura con la propria terra di origine non può non avere conseguenze psicologiche.
Solo che è difficile riconoscere e curare i sintomi del disagio mentale di qualcuno che è in un barcone in mezzo a migliaia di altre persone, a cui si cerca in primis di salvare la vita. È impossibile, poi, se nelle strutture di accoglienza non c’è personale specializzato. Psicologi e psicoterapeuti in grado di seguire durante l’accoglienza i rifugiati. A due giorni dalla strage di Monaco è stato un rifugiato siriano, non lontano da Stoccarda, a uccidere una donna a colpi di machete. E, nello stesso giorno, è stato un richiedente asilo anche lui siriano a farsi esplodere nel centro di Ansbach, a 40 chilometri da Norimberga. Aveva tentato il suicidio due volte ed era stato ricoverato in uno ospedale psichiatrico. Questi episodi si possono evitare? In Italia i centri di accoglienza possono fornire un’assistenza psichiatrica adeguata? La maggior parte dei richiedenti asilo in Italia viene ospitato dai Centri di accoglienza straordinaria. “La situazione è molto diversa da regione a regione e, anche all’interno della stessa città spesso si trovano realtà molto diverse l’una dall’altra” spiega a ilfattoquotidiano.it Rosamaria Vitale, medico chirurgo e psicoterapeuta, con una lunga esperienza alle spalle nell’accoglienza ai migranti. Oggi collabora con ‘Medici Volontari italiani’ e presta servizio sulle navi di Mare Nostrum, all’Hub (centro di accoglienza e smistamento) della stazione centrale di Milano e, attraverso una cooperativa, in un altro centro di Busto Arsizio.
Il rapporto coi ‘traumi ignorati’ – Il disagio mentale che vivono i profughi è stato oggetto di un dossier presentato proprio nei giorni scorsi da Medici senza Frontiere, frutto di una ricerca condotta in Italia tra luglio 2015 e febbraio 2016 in vari Centri di accoglienza straordinaria (Cas) di Roma, Trapani e Milano e dei dati raccolti durante le consultazioni realizzate nei Cas di Ragusa tra il 2014 e il 2015. “Tra i soggetti analizzati nello studio, il 60,5% mostrava problematiche di salute mentale – si legge nel rapporto – e, tra quelli presi in carico da Medici senza Frontiere, il 42% presentava disturbi compatibili con il disordine da stress post traumatico, il 27% soffriva d’ansia, il 19% di depressione”. E si tratta di persone con un’età media di 23-24 anni. E se molti di loro hanno affrontato situazioni drammatiche nei loro Paesi d’origine, è anche vero che “tra i pazienti presi in carico – rileva la ricerca – l’87% ha dichiarato di soffrire per le difficoltà legate alle condizioni di vita attuali”. Le cause del disagio nella vita post-migrazione? “La mancanza di attività quotidiane, la paura per il futuro, la solitudine e il timore per i familiari lasciati nel Paese di origine rappresentavano le principali problematiche”. Il confronto tra il gruppo di richiedenti asilo che mostrava disturbi di salute mentale e quello che non mostrava alcun disturbo ha permesso di rilevare un altro aspetto: la probabilità di avere disagi psicopatologici è risultata di 3,7 volte superiore tra i richiedenti asilo che avevano subìto eventi traumatici.
L’esperienza sul campo – La psicoterapeuta Rosamaria Vitale ha insegnato alla scuola di Psicoterapia transculturale fondata a Milano dalla professoressa Rosalba Terranova, insieme alla quale è autrice del libro ‘Accogliere il Migrante, tecniche di psicologia transculturale in situazioni di emergenza’. Secondo il medico, accorgersi del disagio si può e in Italia c’è chi lo fa, anche se le poche risorse a disposizione e l’alto numero di profughi che continuano ad arrivare sulle coste italiane spesso non consente di seguirli a uno a uno. Fondazione Progetto Arca e altre 14 associazioni tra cui Medici volontari italiani e Albero della Vita gestiscono l’hub di Milano che è il primo punto di accoglienza per i migranti, “dove ci sono due medici – spiega la psicoterapeuta – ed io che mi occupo anche di seguire alcuni casi che richiedono un supporto psicologico, ma non in tutti i centri di accoglienza è obbligatoria la presenza di uno psicologo”.
A Milano esiste una rete di accoglienza molto più forte rispetto ad altre realtà: “Ci sono sei centri della rete Sprar per richiedenti asilo e rifugiati, una trentina di Cas, tre ambulatori e al Niguarda c’è un ottimo centro di psicoterapia con un reparto dedicato agli immigrati”. Ma ci si può accorgere che qualcosa non va? “In una prima fase si tendono a privilegiare altri tipi di controllo medico – spiega – ma se ci sono dei casi di schizofrenia acuta, vengono segnalati già all’arrivo”. Basti pensare al caso di Adam Kabobo, il ghanese di 34 anni che nel maggio 2013 uccise tre passanti a colpi di piccone, nel quartiere Niguarda. “La diagnosi era già stata fatta tre anni prima ed era stato in un ospedale psichiatrico in Svizzera” racconta il medico, sottolineando che il problema in molti casi “non è tanto la diagnosi, quanto la difficoltà oggettiva di seguire tutte queste persone”. E se anche a Milano negli ultimi mesi sono state molte le difficoltà organizzative da superare per far fronte all’emergenza e al crescente numero di richiedenti asilo, la situazione è ancora più complessa laddove non ci sono risorse.
Il sistema accoglienza – Nel suo rapporto Medici senza Frontiere tira le somme su un sistema di accoglienza che ha diverse lacune: “Un sistema – scrive l’associazione – che, di fronte a una popolazione particolarmente disagiata, risponde in maniera emergenziale, senza un’adeguata preparazione”. In molti casi, ad esempio, non esiste uno screening attivo per valutare la necessità di un supporto della salute mentale tra gli ospiti dei centri. “I servizi sanitari territoriali spesso mancano di competenze e risorse necessarie – spiega Medici senza Frontiere – e non sono ancora in grado di riconoscere i segni del disagio”. Non solo: sono sporadiche, quando non del tutto assenti, figure come quella del mediatore culturale e la permanenza presso i centri è prolungata e sovente fonte di ulteriore disagio”. Eppure in Italia c’è chi prova a lavorare per migliorare la situazione. “A Busto lavoro in un centro con 120 immigrati e li conosco ormai tutti, dunque è più facile seguire chi ha crisi di panico, piange, ha incubi o è in depressione. Alcuni non vogliono parlare, ma poi se vengono seguiti si aprono” spiega Rosamaria Vitale. “Ho seguito il caso, ad esempio, di un ragazzo dello Sri Lanka – dice – che in carcere aveva subìto torture per otto anni, poi era andato in Svizzera dove aveva tentato il suicidio. Arrivato in Italia era molto depresso, ma ora sta molto meglio. Di casi così ce ne sono tanti, solo che c’è molto ancora da fare”.
di Luisiana Gaita | 25 luglio 2016
http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/07 ... i/2932061/
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Re: La Terza Guerra Mondiale
LA CALDA ESTATE DEL 2016
CRONACA DI GIORNI DI GUERRA
TORNANO I FANTASMI DEL PASSATO. ANCHE ALLA NOSTRA DESTRA PIACE IL MOTTO: ONORE, LIBERTA', PATRIA.
Le confraternite germaniche
che si oppongono ai migranti
Il loro motto è "Onore, Libertà e Patria". Combattono l'immigrazione e difendono la tradizione.
Reportage esclusivo
Le Confraternite anti-migranti
LUG 25, 2016
COSTANZA SPOCCI
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Decine di cappellini colorati sfilano di fronte all’Università di Vienna e si dirigono verso il Palazzo delle Wiener Korporationsring (WKR), dove ogni mercoledì si ritrovano tutte le Confraternite studentesche nazionaliste di Vienna – le Burschenschaften o B!B! – per trangugiare file di boccali di birra.
http://www.occhidellaguerra.it/le-confr ... -migranti/
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Re: La Terza Guerra Mondiale
LA CALDA ESTATE DEL 2016
CRONACA DI GIORNI DI GUERRA
A destra amano fomentare l'odio. L'Espresso e il Fatto Quotidiano si sono occupati di:l'Africa saccheggiata dalle offshore dei potenti e Panama Papers, l’Espresso: 1400 società offshore per saccheggiare l’Africa.
Ma i quotidiani di destra preferiscono ignorare la realtà e fomentare l'odio.
A volte i fantasmi ritornano.
Altro che fuga dalla guerra Il 97% sono finti rifugiati
A Padova, su 3600 richieste d'accoglienza presentate, la Commissione prefettizia ne ha ritenute idonee solo 100
Serenella Bettin - Mar, 26/07/2016 - 10:36
commenta
I migranti a Padova sono corpi che vagano. Naviganti nell'attesa di una decisione di un tribunale.
Intanto rimangono in Italia a spese dello Stato. E sono anche tanti.
I dati della Commissione prefettizia che esamina i richiedenti asilo che approdano a Padova, rivelano che il 97% di questi non ha diritto allo status di rifugiato. Delle 3.600 richieste, infatti, che la Commissione ha esaminato, dal giorno in cui si è insediata, il 16 marzo 2015, soltanto 108 sono stati ritenute idonee per ottenere il diritto all'asilo. Questo vuol dire che i profughi veri alla fine sono soltanto il 3%. Solo una minima parte dei richiedenti, quindi, ha diritto all'aiuto. Gli altri sono invece «semplici» migranti in cerca di fortuna nel nostro Paese.
Per ottenere lo status di rifugiato il percorso è lungo. Dopo che i migranti sbarcano sulle nostre coste, vengono presi e portati in un Cpsa (Centro primo soccorso e accoglienza), come quelli esistenti a Lampedusa. Poi vengono accompagnati nelle varie strutture temporanee e, con i pullman, nelle questure dove devono compilare il verbale per chiedere il riconoscimento dello status di rifugiato. Tutti i migranti poi devono passare attraverso la commissione territoriale composta da quattro membri: uno del Comune, uno della Prefettura, uno della Polizia e uno dell'Unhcr (l'Alto commissariato per i rifugiati dell'Onu). Chi ottiene l'asilo ha diritto al famoso permesso di soggiorno, con cui può cercare lavoro, avere la tessera sanitaria e in un secondo tempo anche ricongiungersi con la famiglia di origine. Se la commissione decide di dare lo status di rifugiato, allora questo è considerato un vero profugo. Altrimenti no. Per ottenere questo particolare status occorre dimostrare di fuggire da una persecuzione per razza, etnia o religione. Se non si ottiene il permesso di soggiorno si può ottenere la protezione sussidiaria o quella umanitaria.
A Padova la sussidiaria è andata a 144 migranti, quella umanitaria a 540. Tutti gli altri o si sono resi irreperibili o hanno visto la loro richiesta subito negata. E qui si apre un mondo che sta collassando. Chi è stato rifiutato può fare ricorso entro trenta giorni: basta cercarsi un avvocato, chiedere il gratuito patrocinio ed è fatta; viceversa il migrante «rifiutato» sarà espulso dal Prefetto e dovrà lasciare l'Italia entro quindici giorni. Se opta per il ricorso, invece, rimarrà in sospeso, in una sorta di «bolla» accolto e ospitato nelle varie strutture, fino alla sentenza del tribunale competente che in questo caso è la Corte d' Appello di Venezia.
Le prime sentenze sono arrivate a marzo scorso e, fatto paradossale, i giudici, nella maggior parte dei casi, hanno ribaltato il niet delle commissioni. Come a dire: se escono dalla porta, possono rientrare dalla finestra.
CRONACA DI GIORNI DI GUERRA
A destra amano fomentare l'odio. L'Espresso e il Fatto Quotidiano si sono occupati di:l'Africa saccheggiata dalle offshore dei potenti e Panama Papers, l’Espresso: 1400 società offshore per saccheggiare l’Africa.
Ma i quotidiani di destra preferiscono ignorare la realtà e fomentare l'odio.
A volte i fantasmi ritornano.
Altro che fuga dalla guerra Il 97% sono finti rifugiati
A Padova, su 3600 richieste d'accoglienza presentate, la Commissione prefettizia ne ha ritenute idonee solo 100
Serenella Bettin - Mar, 26/07/2016 - 10:36
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I migranti a Padova sono corpi che vagano. Naviganti nell'attesa di una decisione di un tribunale.
Intanto rimangono in Italia a spese dello Stato. E sono anche tanti.
I dati della Commissione prefettizia che esamina i richiedenti asilo che approdano a Padova, rivelano che il 97% di questi non ha diritto allo status di rifugiato. Delle 3.600 richieste, infatti, che la Commissione ha esaminato, dal giorno in cui si è insediata, il 16 marzo 2015, soltanto 108 sono stati ritenute idonee per ottenere il diritto all'asilo. Questo vuol dire che i profughi veri alla fine sono soltanto il 3%. Solo una minima parte dei richiedenti, quindi, ha diritto all'aiuto. Gli altri sono invece «semplici» migranti in cerca di fortuna nel nostro Paese.
Per ottenere lo status di rifugiato il percorso è lungo. Dopo che i migranti sbarcano sulle nostre coste, vengono presi e portati in un Cpsa (Centro primo soccorso e accoglienza), come quelli esistenti a Lampedusa. Poi vengono accompagnati nelle varie strutture temporanee e, con i pullman, nelle questure dove devono compilare il verbale per chiedere il riconoscimento dello status di rifugiato. Tutti i migranti poi devono passare attraverso la commissione territoriale composta da quattro membri: uno del Comune, uno della Prefettura, uno della Polizia e uno dell'Unhcr (l'Alto commissariato per i rifugiati dell'Onu). Chi ottiene l'asilo ha diritto al famoso permesso di soggiorno, con cui può cercare lavoro, avere la tessera sanitaria e in un secondo tempo anche ricongiungersi con la famiglia di origine. Se la commissione decide di dare lo status di rifugiato, allora questo è considerato un vero profugo. Altrimenti no. Per ottenere questo particolare status occorre dimostrare di fuggire da una persecuzione per razza, etnia o religione. Se non si ottiene il permesso di soggiorno si può ottenere la protezione sussidiaria o quella umanitaria.
A Padova la sussidiaria è andata a 144 migranti, quella umanitaria a 540. Tutti gli altri o si sono resi irreperibili o hanno visto la loro richiesta subito negata. E qui si apre un mondo che sta collassando. Chi è stato rifiutato può fare ricorso entro trenta giorni: basta cercarsi un avvocato, chiedere il gratuito patrocinio ed è fatta; viceversa il migrante «rifiutato» sarà espulso dal Prefetto e dovrà lasciare l'Italia entro quindici giorni. Se opta per il ricorso, invece, rimarrà in sospeso, in una sorta di «bolla» accolto e ospitato nelle varie strutture, fino alla sentenza del tribunale competente che in questo caso è la Corte d' Appello di Venezia.
Le prime sentenze sono arrivate a marzo scorso e, fatto paradossale, i giudici, nella maggior parte dei casi, hanno ribaltato il niet delle commissioni. Come a dire: se escono dalla porta, possono rientrare dalla finestra.
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Re: La Terza Guerra Mondiale
LA CALDA ESTATE DEL 2016
CRONACA DI GIORNI DI GUERRA
Francia, prendono in ostaggio religiosi in chiesa
Prete sgozzato, fedele ferito. Uccisi gli assalitori
Secondo i media, i due aggressori che hanno fatto irruzione durante una messa a Rouen in Normandia gridavano “Daesh” e uno indossava un copricapo tunisino. “Squilibrati”. Il sacerdote aveva 86 anni
chiesa francia 990
Mondo
Sono stati uccisi dalle forze speciali di polizia dopo avere sgozzato un sacerdote e ferito gravemente un’altra persona, presi in ostaggio durante la messa insieme a due suore e due fedeli in una chiesa di Saint-Etienne-du Rouvray, vicino Rouen. Due uomini armati di coltelli, definiti “squilibrati” da un’altra suora che ha dato l’allarme, hanno fatto irruzione nella chiesa in Normandia intorno alle 9.43, entrando dal retro. Fonti di polizia riportate da Le Figaro riferiscono che almeno uno dei due sequestratori aveva la barba e indossava una chachia, copricapo tunisino, mentre Le Point scrive che i due avrebbero gridato Daesh, acronimo arabo che è sinonimo di Stato islamico
^^^^^^^
Normandia, due uomini prendono ostaggi in chiesa vicino a Rouen: uccisi dalla polizia. ‘Prete sgozzato, un ferito grave’
Normandia, due uomini prendono ostaggi in chiesa vicino a Rouen: uccisi dalla polizia. ‘Prete sgozzato, un ferito grave’
Mondo
Due uomini, definiti "squilibrati" da una suora che è fuggita e ha dato l'allarme, hanno fatto irruzione nell'edificio religioso a Saint-Etienne-du-Rouvray. Media francesi riferiscono che almeno uno dei due sequestratori aveva la barba e indossava una chachia, berretto di lana indossato dai musulmani. E uno di loro ha gridato 'Daesh', acronimo arabo di Isis
di F. Q. | 26 luglio 2016
COMMENTI
Sono stati uccisi dalle forze speciali di polizia dopo avere “sgozzato un sacerdote e un’altra persona”, presi in ostaggio durante la messa insieme a due suore e due fedeli in una chiesa di Saint-Etienne-du-Rouvray, a sud di Rouen. Armati di coltelli, nel corso dei circa 50 minuti di sequestro prima dell’intervento delle teste di cuoio due uomini, definiti “squilibrati” da un’altra suora che ha dato l’allarme, hanno fatto irruzione nella chiesa nel dipartimento di Seine-Maritime intorno alle 9.43, entrando dal retro. Una persona è rimasta gravemente ferita. Fonti di polizia riportate da Le Figaro riferiscono che almeno uno dei due sequestratori aveva la barba e indossava una chachia, copricapo tunisino, mentre Le Point scrive che i due avrebbero gridato Daesh, acronimo arabo per Stato islamico. Il religioso si chiamava Jacques Hamel. Aveva 86 anni ed era il prete ausiliario della parrocchia. Era stato ordinato nel 1958.
0:00
Il presidente francese Francois Hollande – che è nato a Rouen, a una decina di chilometri dal luogo in cui è avvenuto il sequestro – sta arrivando sul posto insieme al ministro dell’Interno Bernard Cazeneuve. Il premier francese, Manuel Valls, in un messaggio su Twitter, esprime “orrore di fronte al barbaro attacco nella chiesa di Seine-Maritime. La Francia intera e tutti i cattolici sono stati colpiti. Faremo blocco”. Le indagini sul caso, che avviene a dodici giorni dalla strage di Nizza dopo la quale è stato prorogato per altri sei mesi lo stato di emergenza, sono state affidate alla procura antiterrorismo. E su Twitter interviene anche la leader del Front national Marine Le Pen che scrive: “Terrore ancora a #SaintEtienneduRouvray. Il modus operandi fa evidentemente temere un nuovo attentato dei terroristi islamisti”.
Video e completamento dell'articolo, in :
http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/07 ... i/2933565/
CRONACA DI GIORNI DI GUERRA
Francia, prendono in ostaggio religiosi in chiesa
Prete sgozzato, fedele ferito. Uccisi gli assalitori
Secondo i media, i due aggressori che hanno fatto irruzione durante una messa a Rouen in Normandia gridavano “Daesh” e uno indossava un copricapo tunisino. “Squilibrati”. Il sacerdote aveva 86 anni
chiesa francia 990
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Sono stati uccisi dalle forze speciali di polizia dopo avere sgozzato un sacerdote e ferito gravemente un’altra persona, presi in ostaggio durante la messa insieme a due suore e due fedeli in una chiesa di Saint-Etienne-du Rouvray, vicino Rouen. Due uomini armati di coltelli, definiti “squilibrati” da un’altra suora che ha dato l’allarme, hanno fatto irruzione nella chiesa in Normandia intorno alle 9.43, entrando dal retro. Fonti di polizia riportate da Le Figaro riferiscono che almeno uno dei due sequestratori aveva la barba e indossava una chachia, copricapo tunisino, mentre Le Point scrive che i due avrebbero gridato Daesh, acronimo arabo che è sinonimo di Stato islamico
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Normandia, due uomini prendono ostaggi in chiesa vicino a Rouen: uccisi dalla polizia. ‘Prete sgozzato, un ferito grave’
Normandia, due uomini prendono ostaggi in chiesa vicino a Rouen: uccisi dalla polizia. ‘Prete sgozzato, un ferito grave’
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Due uomini, definiti "squilibrati" da una suora che è fuggita e ha dato l'allarme, hanno fatto irruzione nell'edificio religioso a Saint-Etienne-du-Rouvray. Media francesi riferiscono che almeno uno dei due sequestratori aveva la barba e indossava una chachia, berretto di lana indossato dai musulmani. E uno di loro ha gridato 'Daesh', acronimo arabo di Isis
di F. Q. | 26 luglio 2016
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Sono stati uccisi dalle forze speciali di polizia dopo avere “sgozzato un sacerdote e un’altra persona”, presi in ostaggio durante la messa insieme a due suore e due fedeli in una chiesa di Saint-Etienne-du-Rouvray, a sud di Rouen. Armati di coltelli, nel corso dei circa 50 minuti di sequestro prima dell’intervento delle teste di cuoio due uomini, definiti “squilibrati” da un’altra suora che ha dato l’allarme, hanno fatto irruzione nella chiesa nel dipartimento di Seine-Maritime intorno alle 9.43, entrando dal retro. Una persona è rimasta gravemente ferita. Fonti di polizia riportate da Le Figaro riferiscono che almeno uno dei due sequestratori aveva la barba e indossava una chachia, copricapo tunisino, mentre Le Point scrive che i due avrebbero gridato Daesh, acronimo arabo per Stato islamico. Il religioso si chiamava Jacques Hamel. Aveva 86 anni ed era il prete ausiliario della parrocchia. Era stato ordinato nel 1958.
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Il presidente francese Francois Hollande – che è nato a Rouen, a una decina di chilometri dal luogo in cui è avvenuto il sequestro – sta arrivando sul posto insieme al ministro dell’Interno Bernard Cazeneuve. Il premier francese, Manuel Valls, in un messaggio su Twitter, esprime “orrore di fronte al barbaro attacco nella chiesa di Seine-Maritime. La Francia intera e tutti i cattolici sono stati colpiti. Faremo blocco”. Le indagini sul caso, che avviene a dodici giorni dalla strage di Nizza dopo la quale è stato prorogato per altri sei mesi lo stato di emergenza, sono state affidate alla procura antiterrorismo. E su Twitter interviene anche la leader del Front national Marine Le Pen che scrive: “Terrore ancora a #SaintEtienneduRouvray. Il modus operandi fa evidentemente temere un nuovo attentato dei terroristi islamisti”.
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Re: La Terza Guerra Mondiale
Panama Papers, l'Africa saccheggiata dalle offshore dei potenti
La nuova inchiesta giornalistica internazionale svela 1.400 società anonime utilizzate per spogliare le risorse naturali del continente nero. Petrolio, gas, oro, diamanti: ecco come i soldi sottratti alle popolazioni in miseria finiscono nei paradisi fiscali. Tra corruzioni, guerre, colpi di stato e riciclaggio di denaro sporco.
L'ONU, le potenze mondiali, cosiddette democratiche, hanno la possibilità di eliminare i paradisi fiscali e se c'è questa possibilità hanno il dovere di realizzarla.
Tutti questi stati che hanno il grave problema dell'immigrazione devono affrontarlo eliminando le vere cause .
Quali sono le vere cause ?
- vendita incontrollata di armamenti;
- corruzione e arrichimento di boss locali e nostrani;
- spogliazione delle risorse naturali e devastazione di territori;
-- paradisi fiscali che permettono di nascondere guadagni illeciti;
altro
ma gli stati e i politici di destra vogliono vedere solo ciò che li interessa senza intervenire sulle vere cause, che invece fanno parte della loro libera politica.
La nuova inchiesta giornalistica internazionale svela 1.400 società anonime utilizzate per spogliare le risorse naturali del continente nero. Petrolio, gas, oro, diamanti: ecco come i soldi sottratti alle popolazioni in miseria finiscono nei paradisi fiscali. Tra corruzioni, guerre, colpi di stato e riciclaggio di denaro sporco.
L'ONU, le potenze mondiali, cosiddette democratiche, hanno la possibilità di eliminare i paradisi fiscali e se c'è questa possibilità hanno il dovere di realizzarla.
Tutti questi stati che hanno il grave problema dell'immigrazione devono affrontarlo eliminando le vere cause .
Quali sono le vere cause ?
- vendita incontrollata di armamenti;
- corruzione e arrichimento di boss locali e nostrani;
- spogliazione delle risorse naturali e devastazione di territori;
-- paradisi fiscali che permettono di nascondere guadagni illeciti;
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Re: La Terza Guerra Mondiale
LA CALDA ESTATE DEL 2016
CRONACA DI GIORNI DI GUERRA
Francia, prete sgozzato in chiesa. Isis rivendica
Killer sono francesi, ‘hanno filmato l’esecuzione’
E’ successo a Rouen, dove erano nati gli assalitori. Fermato 16enne. La suora sfuggita: “Sermone in arabo”
Parente del killer 19enne: ‘Giurò su Corano che l’avrebbe fatto’. Madre: ‘Radicalizzato dopo Charlie Hebdo’
Mondo
I due killer di Saint-Etienne-du-Rouvray, secondo i media, erano francesi nati a Rouen. Uno di loro, poi, voleva partire per la Siria, era stato fermato in Turchia e rimandato in Francia. Dove, dopo un anno di carcere, era agli arresti domiciliari col braccialetto elettronico e in attesa di processo. Sono queste le prime informazioni sui due assalitori che nella chiesa della Normandia, prima di essere uccisi dalle teste di cuoio, hanno sgozzato un sacerdote 86enne e ferito gravemente un’altra persona (leggi la cronaca). Le indagini sul caso sono state affidate all’antiterrorismo, mentre iniziano a emergere dettagli sugli aggressori, che durante l’attacco hanno gridato ‘Allah Akbar’ e ‘Daesh’, acronimo di Is
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Rouen, prete sgozzato in Chiesa: Isis rivendica. Uccisi due killer, uno era agli arresti domiciliari – DIRETTA ORA PER ORA (Foto e video)
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CRONACA DI GIORNI DI GUERRA
Francia, prete sgozzato in chiesa. Isis rivendica
Killer sono francesi, ‘hanno filmato l’esecuzione’
E’ successo a Rouen, dove erano nati gli assalitori. Fermato 16enne. La suora sfuggita: “Sermone in arabo”
Parente del killer 19enne: ‘Giurò su Corano che l’avrebbe fatto’. Madre: ‘Radicalizzato dopo Charlie Hebdo’
Mondo
I due killer di Saint-Etienne-du-Rouvray, secondo i media, erano francesi nati a Rouen. Uno di loro, poi, voleva partire per la Siria, era stato fermato in Turchia e rimandato in Francia. Dove, dopo un anno di carcere, era agli arresti domiciliari col braccialetto elettronico e in attesa di processo. Sono queste le prime informazioni sui due assalitori che nella chiesa della Normandia, prima di essere uccisi dalle teste di cuoio, hanno sgozzato un sacerdote 86enne e ferito gravemente un’altra persona (leggi la cronaca). Le indagini sul caso sono state affidate all’antiterrorismo, mentre iniziano a emergere dettagli sugli aggressori, che durante l’attacco hanno gridato ‘Allah Akbar’ e ‘Daesh’, acronimo di Is
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Rouen, prete sgozzato in Chiesa: Isis rivendica. Uccisi due killer, uno era agli arresti domiciliari – DIRETTA ORA PER ORA (Foto e video)
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Re: La Terza Guerra Mondiale
LA CALDA ESTATE DEL 2016
CRONACA DI GIORNI DI GUERRA
ADESSO LO SCONTRO SI FA DRAMMATICO ANCHE NEL BEL PAESE.
LA DESTRA, FORSE CATTOLICA MA MAI CRISTIANA, SPINGE SUL FUOCO DELLA GUERRA DI RELIGIONE.
Ora è guerra di religione Attaccano le chiese per colpire i nostri valori
L'attentato di ieri fa parte di una strategia precisa: conquistare Roma tramite il terrore
Gian Micalessin - Mer, 27/07/2016 - 08:07
Chi vuole continuare a chiamarli pazzi o squilibrati è libero di farlo. Ma il vero pazzo, l'incapace d'intendere, volere e persino vedere è solo lui.
Dopo l'assassinio rituale dell'84enne padre Jacques Hamel, sgozzato sull'altare di Saint-Etienne-du Rouvray, il bandolo della matassa è sotto gli occhi di tutti. Per capire il piano dei nostri nemici, per scorgerne ragioni e finalità basta seguirne la trama.
S'inizia nel 2014 con le decapitazioni di ostaggi decise per fare a pezzi la risolutezza occidentale. Si continua nel 2015 con gli attacchi di Parigi e Bruxelles messi in atto per portare la paura nelle nostre case. Si finisce con un terrore nelle chiese che vuole spingerci a nascondere la nostra fede, a rinunciare alla nostra identità, a rinnegare i nostri valori. Che punta insomma a farci morire in ginocchio e a conquistarci definitivamente. Ma partiamo dall'inizio, partiamo dalla Siria.
Lì tra agosto e ottobre 2014 «Jihadi John», un islamista cresciuto nei quartieri eleganti di Londra, fa rotolare le teste di James Foley, Steven Sotloff, David Haines ed Alan Henning. Lo sgozzamento, in meno di 45 giorni, di quattro ostaggi occidentali prigionieri dell'Isis da mesi, se non anni, ha un significato ben preciso. Con quella raffica d'esecuzioni lo Stato Islamico vuole seminare la paura nei cuori occidentali, convincere gli americani e i loro alleati che hanno appena iniziato a bombardare l'Irak a starsene alla larga. Sono esecuzioni basate sulla certezza di fronteggiare un nemico debole e pusillanime. Esecuzioni rivolte non tanto a far smettere dei raid aerei a cui l'Isis sa di poter sopravvivere, ma a convincerci a non mandare forze di terra, a non combattere il nemico faccia a faccia, a non scegliere l'unica forma possibile di guerra al terrorismo.
Quell'errore capitale, quell'arretramento innegabile rispetto alle decisioni assunte dopo l'11 settembre quando si diede la caccia ad Al Qaida nel cuore dell'Afghanistan regala all'Isis la certezza di poter compiere un altro passo avanti, spingendolo a portare il terrore nelle nostre città. Con gli attentati di Parigi e Bruxelles lo Stato Islamico trasferisce la prima linea nel cuore dell'Occidente. E noi ancora una volta non sappiamo far di meglio che chinar la testa e fare un altro passo indietro. Quando, in quei giorni, rinunciamo a chiamare i nostri nemici «islamici», seppur «estremisti», seppur «fanatici», perdiamo la capacità di far notare la differenza tra noi e loro. La differenza tra chi giustifica odio e violenza con la parole di un Profeta che consentono di praticarli e chi - come noi - s'identifica nei principi ben diversi del Cristianesimo.
Ma dopo l'assassinio sull'altare di ieri il piano è già ad una tappa successiva. E non è una tappa segreta. Il primo luglio 2014 - quando proclama il Califfato in una moschea di Mosul - Abu Bakr Al Baghdadi lo spiega esplicitamente «La prossima mossa annuncia quel giorno l'autoproclamato Califfo - sarà la conquista di Roma». La conquista di Roma, ovvero la distruzione dell'identità cristiana ed europea, passa obbligatoriamente dalle chiese.
Dopo averci spinti a chiuderci in casa e a muoverci tremanti nelle nostre città, dopo averci intimorito fino renderci incapaci di chiamare il nostro nemico con il suo nome il Califfo punta ad allontanarci dai simboli della fede trasformandoli in luoghi del terrore. I suoi sgherri sono già al lavoro. E lo sgozzamento di padre Jacques Hamel non è neppure il primo colpo.
Il 19 aprile del 2015 l'Isis c'aveva provato a Villejuif, sempre in Francia. Lì il 25enne Sid Ahmed Ghlam, un suo militante algerino, sognava di falciare a colpi di kalashnikov i fedeli in uscita da due chiese cattoliche. Non ci riuscì soltanto perché due colpi partiti accidentalmente gli trapassarono una coscia. Ma il piano c'è ed è ben chiaro. Non appena le chiese saranno vuote, non appena la maggior parte dei fedeli avranno rinunciato a frequentarle e a dirsi cristiani la conquista di Roma potrà dirsi compiuta.
CRONACA DI GIORNI DI GUERRA
ADESSO LO SCONTRO SI FA DRAMMATICO ANCHE NEL BEL PAESE.
LA DESTRA, FORSE CATTOLICA MA MAI CRISTIANA, SPINGE SUL FUOCO DELLA GUERRA DI RELIGIONE.
Ora è guerra di religione Attaccano le chiese per colpire i nostri valori
L'attentato di ieri fa parte di una strategia precisa: conquistare Roma tramite il terrore
Gian Micalessin - Mer, 27/07/2016 - 08:07
Chi vuole continuare a chiamarli pazzi o squilibrati è libero di farlo. Ma il vero pazzo, l'incapace d'intendere, volere e persino vedere è solo lui.
Dopo l'assassinio rituale dell'84enne padre Jacques Hamel, sgozzato sull'altare di Saint-Etienne-du Rouvray, il bandolo della matassa è sotto gli occhi di tutti. Per capire il piano dei nostri nemici, per scorgerne ragioni e finalità basta seguirne la trama.
S'inizia nel 2014 con le decapitazioni di ostaggi decise per fare a pezzi la risolutezza occidentale. Si continua nel 2015 con gli attacchi di Parigi e Bruxelles messi in atto per portare la paura nelle nostre case. Si finisce con un terrore nelle chiese che vuole spingerci a nascondere la nostra fede, a rinunciare alla nostra identità, a rinnegare i nostri valori. Che punta insomma a farci morire in ginocchio e a conquistarci definitivamente. Ma partiamo dall'inizio, partiamo dalla Siria.
Lì tra agosto e ottobre 2014 «Jihadi John», un islamista cresciuto nei quartieri eleganti di Londra, fa rotolare le teste di James Foley, Steven Sotloff, David Haines ed Alan Henning. Lo sgozzamento, in meno di 45 giorni, di quattro ostaggi occidentali prigionieri dell'Isis da mesi, se non anni, ha un significato ben preciso. Con quella raffica d'esecuzioni lo Stato Islamico vuole seminare la paura nei cuori occidentali, convincere gli americani e i loro alleati che hanno appena iniziato a bombardare l'Irak a starsene alla larga. Sono esecuzioni basate sulla certezza di fronteggiare un nemico debole e pusillanime. Esecuzioni rivolte non tanto a far smettere dei raid aerei a cui l'Isis sa di poter sopravvivere, ma a convincerci a non mandare forze di terra, a non combattere il nemico faccia a faccia, a non scegliere l'unica forma possibile di guerra al terrorismo.
Quell'errore capitale, quell'arretramento innegabile rispetto alle decisioni assunte dopo l'11 settembre quando si diede la caccia ad Al Qaida nel cuore dell'Afghanistan regala all'Isis la certezza di poter compiere un altro passo avanti, spingendolo a portare il terrore nelle nostre città. Con gli attentati di Parigi e Bruxelles lo Stato Islamico trasferisce la prima linea nel cuore dell'Occidente. E noi ancora una volta non sappiamo far di meglio che chinar la testa e fare un altro passo indietro. Quando, in quei giorni, rinunciamo a chiamare i nostri nemici «islamici», seppur «estremisti», seppur «fanatici», perdiamo la capacità di far notare la differenza tra noi e loro. La differenza tra chi giustifica odio e violenza con la parole di un Profeta che consentono di praticarli e chi - come noi - s'identifica nei principi ben diversi del Cristianesimo.
Ma dopo l'assassinio sull'altare di ieri il piano è già ad una tappa successiva. E non è una tappa segreta. Il primo luglio 2014 - quando proclama il Califfato in una moschea di Mosul - Abu Bakr Al Baghdadi lo spiega esplicitamente «La prossima mossa annuncia quel giorno l'autoproclamato Califfo - sarà la conquista di Roma». La conquista di Roma, ovvero la distruzione dell'identità cristiana ed europea, passa obbligatoriamente dalle chiese.
Dopo averci spinti a chiuderci in casa e a muoverci tremanti nelle nostre città, dopo averci intimorito fino renderci incapaci di chiamare il nostro nemico con il suo nome il Califfo punta ad allontanarci dai simboli della fede trasformandoli in luoghi del terrore. I suoi sgherri sono già al lavoro. E lo sgozzamento di padre Jacques Hamel non è neppure il primo colpo.
Il 19 aprile del 2015 l'Isis c'aveva provato a Villejuif, sempre in Francia. Lì il 25enne Sid Ahmed Ghlam, un suo militante algerino, sognava di falciare a colpi di kalashnikov i fedeli in uscita da due chiese cattoliche. Non ci riuscì soltanto perché due colpi partiti accidentalmente gli trapassarono una coscia. Ma il piano c'è ed è ben chiaro. Non appena le chiese saranno vuote, non appena la maggior parte dei fedeli avranno rinunciato a frequentarle e a dirsi cristiani la conquista di Roma potrà dirsi compiuta.
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