Bersani avanti anche dopo il caso Mps.
Pdl in recupero, ma sempre sotto di 10 punti.
Nel sondaggio Demos calano gli indecisi.
Il centrosinistra mantiene un margine ampio:
al Senato arriva a 11 punti, ma l'incognita dei premi regionali rende ancora incerto l'esito finale.
La coalizione Monti sale al 18%.
M5S al 13%.
Renzi leader preferito.
A MENO di un mese dal voto, le distanze tra le coalizioni si riducono.
Ma di poco.
Le polemiche intorno alle vicende del Monte dei Paschi di Siena sembrano aver prodotto effetti, fin qui, limitati sulle intenzioni di voto.
È ciò che emerge dal sondaggio di Demos per Repubblica, realizzato negli ultimi giorni.
Per quanto coinvolto da critiche e sospetti, il Pd, alla Camera, ha ceduto meno di un punto e rimane appena sotto al 33%.
Mentre il Pdl ha recuperato un punto e supera, così, il 19%.
Il Centrosinistra, comunque, si attesta sul 36,4%, circa 10 punti più del Centrodestra (2 meno di una settimana fa).
Al Senato, il vantaggio risulta ancora più ampio: 38% a 27%.
Cioè, 11 punti.
A livello nazionale.
Tuttavia, la legge elettorale non permette previsioni, perché al Senato l'assegnazione dei premi di maggioranza avviene regione per regione.
LE TABELLE
Resta, quindi, l'impressione che lo scandalo Mps, nonostante abbia monopolizzato il dibattito pubblico, non sia riuscito a produrre una svolta decisa nel clima d'opinione.
Le intenzioni di voto, negli ultimi giorni, non hanno subito variazioni sensibili.
Così, le differenze osservate, rispetto a una settimana fa, sembrano dettate da altre ragioni.
Soprattutto, dal progressivo scongelamento degli indecisi - ancora numerosi: circa il 30%. Un processo che favorisce il Centrodestra - la cui "riserva" di delusi è molto ampia.
Ma anche la coalizione guidata da Monti.
Nell'insieme, ha guadagnato un punto e mezzo e si avvicina al 18%.
Spinta dalla formazione del premier, Scelta Civica, salita al 12,5% (cioè, di quasi un punto). Anche l'Udc, per la prima volta, recupera consensi (anch'essa quasi un punto).
E frena l'emorragia di voti che aveva subito, fino ad oggi, a favore della Lista Monti.
La principale indicazione offerta dal sondaggio di questa settimana, dunque, riguarda proprio il peso assunto dal Terzo Polo. Il quale, per la prima volta dopo il 1994, sembra interrompere, o comunque indebolire, la dinamica bipolare del sistema partitico e della competizione elettorale in Italia. D'altronde, altri indizi, raccolti dal sondaggio, concorrono a spiegare - e a confermare - questa tendenza. In primo luogo, l'immagine del leader.
La fiducia verso Monti, infatti, nell'ultimo mese è scesa di quasi 5 punti.
Ma resta comunque alta: 42,5%. Il premier è terzo, nella graduatoria dei leader. Peraltro, il 38% degli elettori lo considera il più "competente". E il 61%, soprattutto, lo riconosce in grado di "garantire la credibilità del Paese all'estero".
La capacità "competitiva" di Monti e della coalizione di Centro marca, dunque, la principale differenza rispetto alle ultime due elezioni.
In particolare, rispetto a quelle del 2006, quando il Centrodestra trascinato da Berlusconi, riuscì a rimontare tutto lo svantaggio accumulato in precedenza.
Fin quasi a pareggiare, con Prodi.
Ma allora il confronto (lo scontro?) era diretto.
Tra Berlusconi e Prodi:
non c'era nessuno.
Casini e l'Udc erano alleati con il Cavaliere.
Oggi, invece, "in mezzo" c'è Monti. Il quale, nell'ultima settimana, ha preso di mira il Centrosinistra. In modo aggressivo. Per rubare il mestiere - e la scena - a Berlusconi. Per apparire la vera alternativa a Bersani - e soprattutto a Vendola. Per chiudere e confinare il Cavaliere "a destra". E intercettare il flusso dei delusi del Pdl - tanti, ancora rifugiati fra gli indecisi. In attesa di decidere. Se votare e per chi.
Un altro segno delle difficoltà che incontra il "bipolarismo", in questa fase, è offerto dall'atteggiamento verso il "voto utile". Meno condiviso rispetto al passato. Certo, il 54% degli elettori ritiene ancora opportuno "concentrare il voto sulle due coalizioni maggiori". Ma nel 2008 l'orientamento "maggioritario" veniva espresso da un'area di cittadini superiore di quasi 9 punti.
In un sistema attraversato dall'alternativa pro/anti-berlusconiana, l'indebolirsi del bipolarismo danneggia proprio lui.
Berlusconi.
Il quale, non a caso, ha rifiutato di partecipare a un confronto in tivù con gli altri cinque leader.
Avrebbe significato porsi sul medesimo piano di tutti gli altri.
Ammettere e riprodurre la fine del bipolarismo - e del berlusconismo.
A Centrosinistra, Bersani (48,5%) è ancora il secondo tra i leader, nella valutazione degli elettori.
Dietro al suo avversario delle primarie, Matteo Renzi.
Che ottiene un giudizio positivo da quasi due terzi degli intervistati.
A conferma della grande fiducia di cui gode ben oltre i confini del centrosinistra. Evidentemente, la scelta di "volare basso", di tirarsi fuori dalla contesa per i posti al Parlamento, ne ha rafforzato ulteriormente la credibilità.
Tanto più in questa fase di distacco dalla politica.
Proprio per questo, però, diventa importante - e utile - per Bersani coinvolgere Renzi.
Come testimonial del proprio progetto.
Della propria leadership.
Il Centrodestra, come abbiamo visto, sta risalendo.
Ma, fin qui, non sfonda.
L'appeal del Cavaliere resta debole.
Ultimo nella graduatoria dei leader, per popolarità.
Fermo al 20%.
Nonostante la grande capacità di tenere la scena, in tivù.
E nonostante la tivù resti, per la larga maggioranza degli elettori (60%), il principale canale di informazione in questa campagna elettorale.
Il che contribuisce a spiegare la scelta, annunciata da Beppe Grillo, di tornare in televisione, in vista del voto.
Non si sa dove, come e quando. D'altronde, il M5S, nelle stime di voto, è accreditato del 13%. Tanto, ma meno di qualche mese fa. Così Grillo - l'unico a riempire le piazze, in questa campagna elettorale - ha deciso di tornare alle origini. In televisione.
Non so che pagherei per vederlo a un "faccia a faccia". Con Monti, Bersani, Berlusconi. E Vespa...
http://m.repubblica.it/mobile/r/wrap/po ... 9/?gx=e1s1